Sommario[*]: 1. Inquadramento del fenomeno e diffusione – 2. Il nuovo quadro normativo delineato ad esito delle Consultazioni – 2.1. Principali elementi innovativi: riduzione degli oneri e facilitazione del modello click and trade – 2.2. Principali criticità irrisolte – 3. Conclusioni e spunti di riflessione
1. Inquadramento del fenomeno e diffusione
L’equity crowdfunding, concepito come strumento di finanziamento alternativo o complementare al finanziamento bancario, è stato oggetto – in Italia – di una regolamentazione d’avanguardia introdotta dal legislatore primario nel 2012 e completata dalla disciplina secondaria nel 2013, molto prima che altri paesi iniziassero a introdurre discipline specifiche del fenomeno, a tutt’oggi mancanti in molti paesi avanzati[1].
Nonostante ciò, i risultati relativi all’utilizzo dell’equity crowdfunding in Italia non possono essere considerati ancora soddisfacenti[2]. Per dare ulteriore impulso al fenomeno, il legislatore è intervenuto di nuovo con il D.L. 3/2015, convertito in L. 33/2015 estendendo il noverodelle società legittimate ad offrire strumenti finanziari mediante portali online che, oltre alle start-up innovative, annoverano oggi anche le PMI innovative e gli OICR e società di capitali che investono prevalentemente in start-up e PMI innovative[3]. La Consob, cogliendo l’occasione dettata dalla necessità di recepire tali modifiche nel proprio regolamento n. 18592 del 26 giugno 2013 (il “Regolamento”), ha sottoposto lo stesso a una articolata procedura di revisione, attraverso due consultazioni pubbliche (le “Consultazioni”)[4], con l’obiettivo di ridurre i costi di raccolta e di ampliare la platea dei soggetti che possono partecipare al finanziamento dei progetti presentati sui portali.
2. Il nuovo quadro normativo delineato ad esito delle Consultazioni
2.1. Principali elementi innovativi: riduzione degli oneri e facilitazione del modello click and trade
Il nuovo testo del Regolamento, frutto delle Consultazioni, oltre a garantire l’allineamento alle nuove disposizioni introdotte a livello legislativo, è stato opportunamente modificato dalla Consob per tenere conto di alcune esigenze emerse in sede di vigilanza, nonché per accogliere le esigenze e i suggerimenti emersi in sede di Consultazioni.
In relazione alle esigenze emerse in sede di vigilanza, si segnala il chiarimento offerto dalla Consob con riferimento alla nozione di “attività”, rilevante ai fini della sospensione dell’autorizzazione. Ad avviso dell’Autorità, l’inizio dell’attività non necessariamente coincide con la pubblicazione di un’offerta, ritenendosi tale condizione già soddisfatta quando il gestore “renda attiva e accessibile la propria piattaforma on-line, cominciando a porre in essere, anche attraverso la stessa piattaforma, le attività propedeutiche alla pubblicazione delle offerte vere e proprie”. Ad esito di tale chiarimento, certamente opportuno, risulta ancor più evidente la necessità che gli operatori mantengano adeguata registrazione dell’attività svolta in fase antecedente alla pubblicazione delle offerte.
Tra le esigenze e i suggerimenti emersi in sede di Consultazioni, particolare importanza riveste la revisione, ad opera dell’Autorità di vigilanza, della disciplina di esecuzione degli ordini.
La Consob ha infatti voluto limitare le negative conseguenze in termini di operatività, derivanti dalla circostanza per cui gli investitori, in relazione alle modalità di stipula dei contratti di investimento, non potevano concludere l’operazione completamente online[5]; l’impossibilità di aderire pienamente ad un modello click and trade ha infatti rappresentato, ad oggi, una delle principali cause della mancata diffusione del fenomeno dell’equity crowdfunding.
La modifica alla disciplina di esecuzione degli ordini consente oggi ai gestori di effettuare autonomamente la verifica di appropriatezza[6] (opt-in), dotandosi dei requisiti e delle strutture necessarie[7], permettendo quindi agli investitori di concludere l’ordine completamente online. In caso di verifica autonoma da parte dei gestori dell’appropriatezza dell’operazione, la Consob ha precisato che “la banca o l’impresa di investimento che riceve gli ordini per la loro esecuzione non si trova nella necessità di dover stipulare un contratto quadro con gli aderenti all’offerta e le relative operazioni potranno essere eseguite in assenza del requisito della forma scritta”.
I gestori già operativi possono pertanto optare per l’esecuzione diretta dell’attività di profilazione della clientela, adeguando le proprie procedure interne, e comunicando alla Consob tale intenzione almeno 60 giorni prima dell’avvio della relativa attività, congiuntamente alla descrizione delle relative procedure. Tale scelta troverà applicazione per tutte le offerte pubblicate sul portale.
Diversamente, qualora i gestori non intendano fornire questo servizio, la verifica di appropriatezza continuerà ad essere svolta dalle banche e dalle imprese di investimento incaricate dell’esecuzione degli ordini. Anche tale procedura è stata oggetto di semplificazione, grazie all’eliminazione dell’inutile sovrapposizione della verifica di appropriatezza ai sensi della MiFID con quella da effettuarsi mediante la compilazione – da parte del cliente – del “questionario” disponibile sul sito internet del portale[8].
Ulteriore profilo di novità favorevolmente accolto dal mercato è riferibile all’estensione del novero degli investitori professionali anche agli “investitori professionali su richiesta”, così classificati ai sensi della MiFID dall’intermediario di cui sono clienti; tale modifica, infatti, amplia la platea dei soggetti chiamati a sottoscrivere la quota del 5% dell’offerta, rendendo meno onerosa la ricerca di un soggetto interessato all’operazione proposta. In aggiunta, rispetto alla bozza di Regolamento oggetto della consultazione preliminare, la Consob, superando l’iniziale scetticismo legato alla loro difficile qualificazione giuridica, ha ricompreso tra i soggetti cui riservare la tranche del 5% dell’offerta anche i c.d. business angel, così riconoscendo il ruolo che tali soggetti hanno nella fase di raccolta di provvista da parte delle start-up e PMI[9]. L’inclusione dei cd. business angel è avvenuta mediante la previsione di un’ulteriore categoria di soggetti, gli “investitori a supporto dell’innovazione”, dotati di requisiti similari ai clienti professionali su richiesta individuati ai sensi della MiFID, ma calibrati in ragione delle specificità delle operazioni. Nello specifico, la Consob ha riconosciuto l’esistenza di due diversi profili rilevanti di business angel: i c.d. “finanziatori” e i “custodi”, che si differenziano tra loro per il fatto che, mentre ai primi è demandato l’apporto di capitale a titolo di rischio o di debito, i secondi contribuiscono nella fase di amministrazione della società mediante l’apporto di esperienza e rete di contatti, a beneficio del c.d. “capitale relazionale” dell’impresa[10].
Da ultimo, certamente positivo è stato il rafforzamento del vincolo di destinazione delle somme versate dagli investitori, in relazione alle manifestazioni di interesse, al fine di evitare una confusione con i beni dell’offerente e una conseguente possibile aggressione da parte dei creditori di quest’ultimo. A tal proposito, è stato previsto che “la provvista necessaria […] è costituita in un conto indisponibile destinato[11] all’offerente acceso presso le banche o le imprese di investimento a cui sono trasmessi gli ordini” e che i relativi fondi saranno trasferiti all’offerente solo successivamente al perfezionamento delle condizioni cui l’offerta è subordinata.
2.2. Principali criticità irrisolte
Nonostante il Regolamento contenga una serie di elementi innovativi, rispondenti anche alle principali esigenze manifestate dagli operatori del settore nel corso delle Consultazioni, permangono ancora elementi di criticità, non superati alla luce delle modifiche recentemente apportate dalla Consob.
La principale criticità è, probabilmente, quella relativa al regime delle soglie rilevanti ai fini dell’applicazione, da parte delle banche e delle imprese di investimento che ricevono gli ordini di esecuzione, della disciplina dettata di tutela degli investitori dettata dalla Parte II del TUF e dalle relative norme di attuazione.
L’importo delle soglie è stato, infatti, ritenuto eccessivamente basso dagli operatori del settore (anche in fase di consultazione finale), soprattutto se parametrato all’importo medio oggetto di investimento da parte dei clienti[12]. Particolarmente limitativa è la previsione di una soglia annuale complessiva di 1.000 euro per investitore, se paragonata al valore medio dell’investimento sui portali.
Inoltre, sarebbe stato opportuno superare la distinzione delle soglie di rilevanza per le persone fisiche e per le persone giuridiche, prevedendo invece un’unica soglia, di importo più elevato, calcolata alla luce del valore medio degli investimenti storicamente registrati sui portali di equity crowdfunding..
3. Conclusioni e spunti di riflessione
A seguito delle modifiche adottate, il Regolamento sembra oggi rispondere maggiormente all’esigenza del mercato di semplificare il processo di investimento tramite un portale online di equity crowdfunding, la cui complessità operativa è stata finora ritenuta motivo di scarso successo dello strumento.
Particolare attenzione prospettica merita il contesto normativo europeo nel cui ambito la normativa primaria e regolamentare italiana si inserisce.
L’esenzione facoltativa prevista dalla MiFID (Direttiva 2004/39/CE) sulla cui base operano i gestori “puri”[13] è, infatti, oggetto di revisione ad opera della c.d. MiFID II (Direttiva 2014/65/UE), che sostituendo la precedente direttiva, richiede agli stati membri di integrare la legislazione nazionale prevedendo, per i gestori che operano in esenzione, l’obbligo di adesione a sistemi di indennizzo. Come riportato dalla stessa Consob nel documento di pubblicazione pubblicato il 3 dicembre 2015, “coerentemente con il processo di revisione della MiFID II […] dovrà necessariamente essere rafforzata l’attività di vigilanza sui gestori di portali che operano in esenzione, la cui attività assumerà caratteristiche più simili, sotto il profilo del rapporto con i clienti, a quelle degli intermediari autorizzati (SIM e banche), fermo restando che gli stessi non sono autorizzati a maneggiare fondi e strumenti finanziari per conto dei clienti medesimi”.
In questo quadro assumono particolare rilievo le proposte, in via di elaborazione, per una regolamentazione a livello europeo del crowdfunding, specifica ed autonoma rispetto alla generale disciplina dei servizi di investimento.
[*] Gli Autori ringraziano Michele Vangelisti per il contributo alla stesura di questo articolo.
[1] La materia è regolata in Italia dal D.Lgs. 58/1998 (il “TUF”), dal D.L 179/2012 (convertito dalla L. 221/2012), dal D.L. 3/2015 (convertito dalla L. 33/2015) e dal Regolamento attuativo adottato dalla Consob con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013.
[2] Al 17 marzo 2016, 18 gestori di portali risultano iscritti nella sezione ordinaria del registro dei gestori di portali tenuto dalla Consob ai sensi dell’art. 50-quinquies del TUF. Cfr. Consob “Documento esiti della consultazione del 25 febbraio 2016”, p. 1.; Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, “Il Crowdfunding in Italia – Report 2015”; Politecnico di Milano, Osservatorio sull’Equity Crowdfunding. In base alle informazioni riportate nel report dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, alla cui indagine hanno partecipato 51 piattaforme, di cui 40 attive, che complessivamente, hanno permesso il finanziamento di progetti per un valore complessivamente pari a circa Euro 57 milioni, solo il 2.9% di questi, per un controvalore pari a circa Euro 2 milioni è riconducibile all’equity crowdfunding.
[3] In ragione di tale ampliamento soggettivo di applicazione della normativa, la definizione di “emittente” è stata sostituita da quella di “offerente”.
[4] Nei mesi di giugno e luglio 2015 e, successivamente, dal 3 dicembre 2015 all’11 gennaio 2016.
[5] L’investitore era, infatti, tenuto a farsi profilare dalla banca previa stipula di un contratto quadro di investimento (per iscritto).
[6] Il giudizio di appropriatezza si fonda su dati retrospettivi quali (i) l’esperienza e (ii) la conoscenza dell’investitore; diversamente dalla valutazione di adeguatezza (che caratterizza il servizio di consulenza in materia di investimenti, nonché la gestione di portafogli), nel giudizio di appropriatezza non si tiene conto di elementi prospettici, quali obiettivi di investimento e profili di rischio dell’investitore. Ai gestori di portali “puri” (che operano in regime di esenzione facoltativa dalla disciplina MiFID) è preclusa la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti.
[7] In risposta ai quesiti posti in sede di consultazione finale, la Consob ha fornito chiarimenti in merito ai “requisiti organizzativi proporzionati” richiesti ai gestori diversi da banche e SIM che optino per effettuareautonomamente alla valutazione di appropriatezza; in particolare, l’Autorità – richiamando una sostanziale analogia delle previsioni a quelle di derivazione MiFID e fatti salvi gli adattamenti necessari in ragione della diversa struttura dei gestori e della loro specifica attività – ha invitato i gestori a sottoporre per l’approvazione apposite linee guida, per il tramite di AIEC (Associazione Italiana dell’Equity Crowdfunding), loro associazione di categoria.
[8] Con ciò superando il previgente modello che richiedeva (i) al gestore di somministrare il questionario comprovante la piena comprensione delle caratteristiche essenziali e dei rischi principali connessi all’investimento; e (ii) all’intermediario che riceve gli ordini dal portale al fine di dar loro esecuzione, di valutare anche l’appropriatezza dell’operazione ovvero, in caso di raccomandazione personalizzata da parte dell’intermediario al cliente con riferimento all’investimento sul portale, l’adeguatezza della stessa operazione.
[9] Cfr. art. 24, comma 2, del Regolamento che prevede, ai fini del perfezionamento dell’offerta, la sottoscrizione di almeno il 5% degli strumenti finanziari offerti da parte di investitori professionali, fondazioni bancarie, incubatori di start-up o investitori a supporto dell’innovazione. La ragione di tale requisito risiede nell’affidamento implicito ingenerato dalla partecipazione di tali soggetti. all’operazione.
[10] In ragione della diversità di contributo apportato dalle due tipologie di business angel, la Consob ha giustamente modulato i requisiti richiesti prevedendo tra l’altro che tali soggetti debbano alternativamente (i) aver effettuato nell’ultimo biennio almeno tre investimenti nel capitale o a titolo di finanziamento soci in start-up innovative o PMI innovative, ciascuno dei quali per un importo pari almeno ad Euro 15.000 o (ii) aver ricoperto per almeno 1 anno cariche sociali in qualità di amministratore esecutivo nelle medesime realtà (diverse dall’offerente).
[11] Modificando il precedente participio in base al quale il conto era intestato all’offerente.
[12] Pari a circa Euro 10.000 (in base ai dati citati da AIEC in sede di consultazione preliminare e riportati da Consob tra le proposte di revisione regolamentare nel documento di consultazione finale).
[13] Cfr. art. 3 della MiFID.