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Approfondimenti

Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nelle società quotate

16 Novembre 2018

Avv. Andrea Aiello, partner, Avv. Caterina Pistocchi, associate, Dipartimento Societario, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Rappresenta oramai un dato normativo e interpretativo consolidato quello secondo cui il presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a. non è un amministratore come gli altri in quanto gli è attribuito dall’ordinamento societario e finanziario un ruolo sempre più specifico e autonomo rispetto a quello degli altri consiglieri – esecutivi e non – in ragione dei poteri, doveri e responsabilità affidati alla funzione presidenziale.

Oltre al primo comma dell’art. 2381 cod. civ., depongono in tal senso anche le raccomandazioni del codice di autodisciplina delle società quotate nonché, in ambito settoriale, le disposizioni di vigilanza contenute nella circolare della Banca d’Italia n. 285 (in recepimento della direttiva 2013/36/UE) e il recente regolamento IVASS n. 38 del 3 luglio 2018.

Tutte le fonti normative appena menzionate perseguono l’obiettivo di declinare le funzioni organizzative del presidente del consiglio di amministrazione, affinché contribuisca all’efficienza dei lavori consiliari, anche attraverso una migliore dialettica tra amministratori esecutivi e non [1].

2. Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nel codice civile

La riforma societaria del 2003 ha per la prima volta disciplinato a livello legislativo le funzioni del presidente del consiglio di amministrazione, tentando di recepire istanze provenienti dal dibattito internazionale in materia [2].

In particolare, al presidente è stato attribuito, quale compito principale, quello di coordinare le attività del consiglio di amministrazione [3], «garantendo a tutti i consiglieri una partecipazione effettiva e informata ai lavori dell’organo collegiale, così da potervi apportare le specifiche competenze individuali nonché bilanciare il potere gestorio degli amministratori esecutivi» [4].

Come noto, l’art. 2381, primo comma, cod. civ. attribuisce al presidente poteri di impulso, coordinamento e guida dell’attività del consiglio di amministrazione e ha carattere dispositivo, ben potendo lo statuto delle società fornire una più specifica elencazione delle funzioni e dei doveri propri del presidente, o derogare a specifiche competenze ivi previste [5].

I poteri riconosciuti al presidente ex lege sono ritenuti intangibili tenuto conto che essiderivano direttamente dalla legge e non da una delega; pertanto, a differenza di quanto previsto dall’art. 2381, comma terzo, cod. civ. con riferimento agli organi delegati, sui poteri del presidente di fonte legale il consiglio di amministrazione non ha alcun potere di indirizzo, limitazione, modifica o avocazione [6].

L’art. 2381, comma primo, cod. civ. prende in esame le competenze organizzative tipiche del presidente del c.d.a., disponendo, in particolare, che «il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all’ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri».

Il potere riconosciuto al presidente del c.d.a. di convocare le riunioni consiliari e fissarne il relativo ordine del giorno ha una valenza tale da «condizionare l’amministratore delegato, il quale – essendo subordinato alle direttive ed alle decisioni del consiglio (v. art. 2381 c.c.) – può vedere il suo ruolo ridimensionato nella misura in cui il presidente decida di far prendere al consiglio ogni decisione, anche non rientrante nella delega conferita» [7].

Al fine di individuare quali materie inserire nell’ordine del giorno, il presidente, di prassi, instaura un rapporto di collaborazione diretto e continuativo con l’amministratore delegato, nonché con le strutture e le funzioni direttive e gestionali della società. Inoltre, il presidente al fine di stabilire l’ordine del giorno, può richiedere ed ottenere informazioni anche dagli altri amministratori, non trovando applicazione nei suoi confronti l’art. 2381, ultimo comma, cod. civ., ai sensi del quale i consiglieri possono chiedere informazioni solo in consiglio e solo agli organi delegati [8].

Il presidente è poi tenuto a fornire adeguate informazioni a tutti i consiglieri sulle materie all’ordine del giorno. L’informativa deve essere preventiva (con congruo anticipo) e tale da consentire a chi la riceve di poter prendere una decisione ponderata in sede consiliare.

Oltre a quanto sopra indicato, molto spesso i documenti societari attribuiscono al «presidente una funzione “morale” di rappresentanza – in senso non giuridico – “nei confronti del mondo esterno e delle istituzioni”, con qualche assonanza, nel suo complesso, ai poteri che la nostra Costituzione assegna al Presidente della Repubblica» [9].

Infine, si ricorda che diversi statuti prevedono il c.d. casting vote, ossia la prevalenza del voto espresso dal presidente in caso di parità di voti nelle deliberazioni consiliari.

3. Il ruolo del presidente nel codice di autodisciplina

Rispetto a quanto previsto nel codice civile, le raccomandazioni del codice di autodisciplina delle società quotate accentuano il ruolo di “regista” che al presidente del c.d.a. è affidato all’interno dell’organo amministrativo. In particolare, tali previsioni «ampliano e caratterizzano ancora di più il ruolo di garanzia e di contrappeso del presidente del consiglio di amministrazione» [10].

Anzitutto, giova rammentare come nel codice di autodisciplina sia espressamente riconosciuta alla figura del presidente una “fondamentale importanza”, atteso che ad esso «la legge e la prassi affidano compiti di organizzazione dei lavori del consiglio e di raccordo tra amministratori esecutivi e amministratori non esecutivi» [11]. In tal modo, seppur con minore enfasi rispetto a quanto previsto nelle disposizioni di Banca d’Italia e IVASS (su cui, v. infra), il ruolo del presidente acquisisce una autonomia propria.

A conferma di quanto dianzi osservato, l’art. 1.C.5. del codice di autodisciplina inquadra il presidente quale “guardiano dell’informativa[12] dovendosi questi adoperare al fine di garantire che gli amministratori ricevano la documentazione relativa agli argomenti all’ordine del giorno con congruo anticipo rispetto alla data della riunione consiliare. Ebbene, il codice di autodisciplina raccomanda di fornire informazioni sulla tempestività e completezza dell’informativa pre-consiliare nella relazione sul governo societario specificando, inter alia, il preavviso ritenuto generalmente congruo per l’invio della documentazione e indicando se tale termine sia stato normalmente rispettato [13].

Inoltre, ai sensi dell’art. 1.C.6. il presidente del consiglio di amministrazione, anche su richiesta di uno o più amministratori, può chiedere agli amministratori delegati che i dirigenti dell’emittente e quelli delle società del gruppo che ad esso fa capo, responsabili delle funzioni aziendali competenti secondo la materia, intervengano alle riunioni consiliari al fine di fornire gli opportuni approfondimenti sugli argomenti posti all’ordine del giorno [14].

Il codice di autodisciplina raccomanda, poi, di evitare, in linea con le best practice internazionali, la concentrazione di cariche in una sola persona senza adeguati contrappesi. Ciò che si raccomanda al riguardo è la separazione dei ruoli di presidente e di amministratore delegato; in tal modo, secondo il Comitato per la governance, è possibile «rafforzare le caratteristiche di imparzialità ed equilibrio che si richiedono al presidente del consiglio di amministrazione» [15].

Il Comitato per la governance, prendendo spunto dalla prassi – in cui spesso sussistono, soprattutto nelle realtà imprenditoriali medio-piccole, casi di concentrazione e cumulo dei ruoli di presidente e amministratore delegato nella stessa persona (su cui, v. infra, nota 19) – raccomanda di istituire, nelle realtà anzidette, la figura del lead independent director [16].

Nel codice di autodisciplina, a differenza di quanto previsto nelle disposizioni di Banca d’Italia e IVASS, non è richiesto espressamente che il presidente sia un amministratore “non esecutivo”. Nel contesto delle società quotate, il numero di presidenti che oltre ad essere non esecutivi posseggano anche il requisito di indipendenza è piuttosto basso, tenuto conto che il presidente, dopo il primo mandato triennale, secondo i dettami dell’autodisciplina, di norma perde la propria indipendenza [17].

4. Il ruolo del presidente nelle disposizioni di vigilanza bancarie e assicurative

Come anticipato, la figura del presidente del consiglio di amministrazione trova una propria specifica disciplina per le società bancarie e per quelle assicurative.

La regolamentazione di riferimento in materia bancaria è costituita dalle disposizioni in materia di “governo societario, controlli interni, gestione dei rischi” emanate dalla Banca d’Italia contenute nella Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, come successivamente aggiornata, in recepimento delle novità introdotte dalla CRD IV sul punto (direttiva 2013/36/UE). Tale interesse per la figura del presidente era già contenuto nelle disposizioni in materia di governance emanate dalla Banca d’Italia il 4 marzo 2008. Entrambe le versioni delle disposizioni condividono il ruolo del presidente quale “perno” degli assetti organizzativi e di governo societario delle banche «in funzione dell’obiettivo generale della sana e prudente gestione» [18].

Con riferimento alle società assicurative, le disposizioni in materia sono contenute nel regolamento IVASS n. 38 del 3 luglio 2018 (regolamento recante disposizioni in materia di sistema di governo societario). Come si legge nella relazione illustrativa al predetto regolamento, l’obiettivo dell’intervento disciplinare è quello di garantire una struttura organizzativa adeguata, una chiara assegnazione e ripartizione dei compiti e delle responsabilità, un’adeguata dialettica tra i diversi attori del sistema di governo societario, nonché il rafforzamento della centralità dell’organo amministrativo in termini di ultimo responsabile del sistema di governance.

Nello specifico, sia nelle disposizioni di vigilanza di Banca d’Italia che nel recente regolamento IVASS, al presidente sono riservati i compiti in tema di organizzazione dei lavori del consiglio e di flussi informativi (altresì previsti nel Codice di autodisciplina); tuttavia Banca d’Italia e IVASS hanno posto accento sulle caratteristiche personali e professionali del presidente, richiedendo che questi possegga requisiti rafforzati rispetto agli altri amministratori. In particolare, il presidente del c.d.a. di una banca ovvero di una impresa assicurativa deve qualificarsi quale amministratore non esecutivo e non svolgere, neppure di fatto, funzioni gestionali; egli deve, cioè, essere equidistante e terzo rispetto agli altri consiglieri e rispetto al socio di maggioranza [19].

Nel settore bancario e assicurativo, dunque, emerge una figura del presidente del c.d.a. con caratteristiche da “regista” [20], chiamato sia a coordinare l’attività del consiglio, sia ad assicurare, in qualità di raccordo imparziale, la sussistenza di un adeguato flusso informativo tra i vari organi e funzioni aziendali, «assurgendo dunque a garante dell’efficiente funzionamento del sistema di governo societario» [21]. In tale prospettiva si comprende la ragione per cui, nonostante il suo ruolo “non esecutivo” da un punto di vista meramente gestionale, al presidente del consiglio di amministrazione di una banca e/o di una impresa assicurativa sono richiesti requisiti di professionalità più pregnanti rispetto a quelli degli altri amministratori non esecutivi, ponendosi altrimenti in pericolo l’effettività dell’attività di coordinamento ad esso affidata. Del resto, «solamente un presidente (molto) “esperto” può garantire un efficace funzionamento del board, la cui centralità è rimarcata a discapito di un modello che faccia perno sulla figura dell’imperial CEO» [22].

5. Segue: cenni in tema di responsabilità del presidente

Stante la tipicità del ruolo e delle funzioni che la legge e la normativa di settore affidano al presidente del c.d.a., è oggetto di analisi specifica anche l’ambito della relativa responsabilità.

In particolare, il presidente del c.d.a., al pari degli altri amministratori, sarà responsabile per eventuali illeciti ovvero per possibili inadempienze ai compiti che gli sono attribuiti, e che – come dianzi brevemente illustrato – sono principalmente attinenti all’organizzazione dei lavori consiliari e alla circolazione delle informazioni all’interno del c.d.a.

Inoltre, il presidente, in virtù delle funzioni allo stesso attribuite, è tipicamente l’unico consigliere non esecutivo che viene a contatto diretto con le strutture aziendali da cui potrebbe venire a conoscenza di malfunzionamenti o inadeguatezze degli assetti organizzativi o, persino, di episodi di mala gestio.

Come illustrato in precedenza, infatti, il presidente nel decidere i punti all’ordine del giorno instaura sovente un dialogo “privilegiato” con le funzioni manageriali, «da cui possono emergere quei “segnali di allarme” o vera e propria “conoscenza” di fatti censurabili che ne attiva l’obbligo di intervento, da assolversi rimettendo la decisione sul punto agli organi e alle funzioni competenti» [23].

Di conseguenza, al fine di stabilire se il presidente abbia correttamente adempiuto ai propri doveri imposti «con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze» ai sensi dell’art. 2392, comma 1, cod. civ., occorrerà verificare se sulla base di un corretto espletamento delle proprie funzioni, il presidente avrebbe potuto rilevare il “sospetto” o avrebbe potuto avere conoscenza di eventuali fatti illeciti posti in essere da altri amministratori [24]. In tema di responsabilità del presidente, occorrerà pertanto tenere a mente il principio generale per cui lo standard of care richiesto agli amministratori esclusi dalla gestione diretta dell’impresa «si modella in base al genere di potere/dovere di cui siano forniti» [25].

Di conseguenza, ai fini che qui interessano non sarà sufficiente applicare lo stesso criterio utilizzato per delineare la responsabilità degli amministratori non esecutivi “ordinari” (cioè diversi dal presidente) – e cioè limitarsi semplicemente a verificare che l’amministratore abbia acquisito sufficienti informazioni dagli amministratori esecutivi – ma occorrerà valutare altresì altri fattori che derivano dal concreto espletamento delle specifiche funzioni che la legge affida al presidente del c.d.a.

6. Sintetiche conclusioni

Come dianzi illustrato, alla luce delle previsioni normative, il presidente del c.d.a. beneficia di poteri individuali di natura organizzativa (e non gestionale) di ampia e significativa portata, che favoriscono un efficiente funzionamento del consiglio di amministrazione «senza sconfinare in prerogative manageriali vere e proprie (che rimangono di competenza degli amministratori esecutivi)» [26].

In virtù di ciò si comprende la ragione per cui il presidente, pur rivestendo un ruolo di preminenza all’interno del consiglio, ai fini della ripartizione dei poteri gestionali resta, comunque, un amministratore “non esecutivo”, al quale, però, si applica un paradigma normativo speciale, con responsabilità specifiche in virtù del ruolo svolto.

Come si è detto in precedenza, il ruolo del presidente del c.d.a. è senza dubbio fondamentale per il corretto funzionamento del consiglio stesso. Difatti, una buona governance non può prescindere dalla presenza in consiglio di un presidente che svolga un efficace e costante ruolo di promotore e coordinatore delle più rilevanti attività che ne caratterizzano la qualità. Proprio in tale prospettiva, al fine di garantire una buona governance occorrerebbe “ripensare” il ruolo del presidente e renderlo più prossimo non solo alle istanze provenienti dalle best practices internazionali, ma anche alla normativa di settore bancaria e assicurativa, che, come detto, riconoscono al presidente un ruolo ancor più autonomo.

Alla luce di quanto precede, ciò che sarebbe auspicabile è che anche nelle società industriali il presidente del c.d.a. venisse a rivestire un ruolo super partes con competenze professionali specifiche. Per fare ciò potrebbe risultare utile prevedere che anche il presidente del c.d.a., in linea con quanto già oggi accade nelle società quotate in relazione al presidente del collegio sindacale, sia espressione della minoranza azionaria.

Tale rinnovato ruolo del presidente del c.d.a. potrebbe inizialmente essere declinato attraverso specifiche clausole statutarie ovvero mediante il ruolo propulsivo dei codici di comportamento (in grado di tradurre in raccomandazioni le esigenze già avvertite sul mercato e, nel caso di specie, già previste nella regolamentazione del settore bancario e assicurativo). Tali luoghi, operando quali “laboratori di sperimentazione”, potrebbero anticipare un successivo intervento normativo del legislatore o del regolatore finanziario.

 

[1] In arg. di recente cfr. R. Casiraghi, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nelle società quotate, in Rivista dei Dottori Commercialisti, 2016, 429 e ss.

[2] In proposito, cfr. P.M. Sanfilippo, Il presidente del consiglio di amministrazione nelle società per azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, UTET, 2006, 442.

[3] Si v. F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a.: poteri e responsabilità, in Giur. comm., 2013, 215.

[4] Così A. SaccoGinevri, Ruolo del presidente di società bancaria e gestione dei servizi di investimento, in Rivista trimestrale di diritto dell’economia, 2015, II, 45.

[5] Per maggiori approfondimenti cfr., ex multis, P.M. Sanfilippo, Il presidente del consiglio di amministrazione nelle società per azioni, cit., 474 ss.; G. Strampelli, Sistemi di controllo e indipendenza nelle società per azioni, EGEA, 2013, 281 e ss.

[6] Si ricorda in proposito che l’art. 2381, terzo comma, cod. civ. prevede che il consiglio di amministrazione “può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega” e “valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione”.

[7] Così F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a.: poteri e responsabilità, cit., 218. Nello stesso senso, M. Irrera, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nella governance delle banche, in Il nuovo diritto delle società, 2015, fasc. 6, 7 e ss.

[8] Come correttamente osservato, l’art. 2381, ultimo comma, cod. civ. impedisce ai consiglieri di intrattenere interlocuzioni con le strutture operative della società al fine di garantire una parità informativa. Tuttavia, tale norma non vincola il presidente «il quale deve poter acquisire liberamente dalle strutture della società i dati e le informazioni necessari per adempiere ai compiti previsti dall’art. 2381, comma 1. Naturalmente il presidente, nel fissare l’ordine del giorno e nel fornire ai consiglieri le relative informazioni,, deve coordinarsi con l’amministratore delegato responsabile della gestione, dovendo evitare di anticipare la trattazione di argomenti ancora riservati, dovendo cercare di evitare contrapposizioni sulle materie gestionali di competenza dell’amministratore delegato, ecc.»,in questi termini,F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a.: poteri e responsabilità, in Giur. comm., 2013, 219.

[9] In questi termini,M. Irrera, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nella governance delle banche, cit., 7 e ss..

[10] In questi termini,M. Irrera, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nella governance delle banche, cit., 7 e ss.

[11] Cfr. commento all’art. 2 del codice di autodisciplina.

[12] Cfr. R .Casiraghi, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nelle società quotate, cit., 429 e ss.

[13] Nella prassi (cfr. Assonime, La corporate governance in Italia: autodisciplina, remunerazioni e comply or explain (anno 2017), Note e Studi, febbraio 2018) si riscontra che il 96% delle società quotate italiane forniscono indicazioni in merito alla circolazione dell’informazione pre-consiliare, che tuttavia sono limitate a semplici dichiarazioni degli amministratori di conferma circa l’effettiva recezione dell’informativa con congruo anticipo rispetto alla riunione. L’informazione è fornita con frequenza lievemente più elevata dalle società maggiori (76% delle società appartenenti all’indice FTSE Mib) e presso le banche (ove la percentuale è pari al 78%). Con riferimento al preavviso ritenuto congruo, si riscontrano variazioni a seconda dello specifico argomento all’ordine del giorno. Secondo quanto riportato nelle Note e Studi Assonime, il preavviso mediamente indicato con riferimento ai singoli argomenti varia tra 2,9 e 3,4 giorni. Nel 68% dei casi gli emittenti indicano esplicitamente che il preavviso individuato come congruo è stato normalmente rispettato. La trasparenza su tale punto è tuttora bassa, anche se in ulteriore, lieve crescita (analoga dichiarazione era fornita dal 65% delle società nel 2016, dal 51% nel 2015). Tale indicazione è più frequente nelle società maggiori (è fornita dall’88% delle società del FTSE Mib). Si tratta tuttavia di un punto per cui la qualità delle informazioni fornite è ancora suscettibile di miglioramento. Il Comitato per la Corporate Governance ha invitato gli emittenti a una maggiore valorizzazione del ruolo del Presidente con riferimento ai casi specifici in cui non sia stato possibile fornire la necessaria informativa con congruo anticipo, come indicato nel commento all’articolo 1 del Codice. A tale riguardo, peraltro, l’informazione è cresciuta molto poco. Informazioni esplicite sulla valorizzazione del ruolo del presidente sono state fornite nel 35% dei casi (erano il 31% nel 2016); il dato migliora lievemente tra le società di maggiori dimensioni (53% tra le società del FTSE Mib, in aumento rispetto al 44% del 2016).

[14] Le Note e Studi Assonime riportano che l’indicazione per cui nell’ultimo anno si è riscontrato un apparente incremento della partecipazione dei dirigenti alle riunioni consiliari: indicazioni in tal senso sono state fornite da 164 società (pari al 74% del totale; erano 135, pari al 60% del totale nel 2016); il dato sale al 79% tra le società del FTSE Mib (erano il 67% nel 2016). Si tratta, comunque, di un punto su cui l’informazione è suscettibile di miglioramento da parte delle società che aderiscono al Codice, anche perché non di rado gli emittenti continuano a fornire informazioni usando formule non del tutto esplicite.

[15] Cfr. commento all’art. 2 del codice di autodisciplina.

[16] Secondo gli ultimi dati Assonime, le società nelle quali la figura del CEO coincide col presidente sono 56 (pari al 25% del totale). Il presidente coincide con la persona che controlla la società in 46 casi (pari al 21% del totale). Le società che si trovano in una delle situazioni (Chairman-CEO o Presidente-azionista di controllo) in cui è raccomandata la nomina di un Lead Independent Director sono in lieve diminuzione rispetto al passato: si tratta di 78 emittenti, pari al 35% del totale (erano 81 nel 2016, 93 nel 2015, 96 nel 2014). Come negli anni passati, si tratta esclusivamente di società non finanziarie. La frequenza di tali situazioni è inversamente proporzionale rispetto alla dimensione della società: è pari al 45% nelle società appartenenti all’indice Small cap; scende progressivamente al 32% nelle società appartenenti all’indice Mid cap e in quelle appartenenti all’indice FTSE Mib, dove l’istituzione del LID risulta raccomandata nel 9% dei casi). Il Lead Independent Director è stato nominato da 95 emittenti (pari al 43% del totale). Come prevedibile, la nomina del LID è riscontrabile prevalentemente nei settori non finanziari (in 93 casi su 95). Il LID è designato con maggior frequenza (79%) laddove si verificano ambedue le situazioni in cui il Codice di autodisciplina ne raccomanda la designazione, ossia dove il presidente coincide con l’azionista di controllo ed è qualificabile come CEO, con 5 eccezioni. In altri 36 casi la figura del LID è stata istituita su base meramente volontaria.

[17] Cfr. in particolare l’art. 3 del codice di autodisciplina, ove è specificato che il presidente del c.d.a. è classificato quale esponente di rilievo della società. Essere stato esponente di rilievo nei tre anni precedenti risulta una delle situazioni per cui un soggetto non appare più indipendente. Il presidente potrebbe, invece, continuare a dichiararsi indipendente ai sensi del TUF, sempre che lo statuto non abbia recepito le indicazioni del codice di autodisciplina.

[18] Sul punto, L. Ardizzone, Il ruolo del presidente delle società bancarie, in Riv. soc., 2014, 1309.

[19] In proposito, si segnala il recente caso deciso dal Tribunale dell’Unione Europea (sentenza del 24 aprile 2018, caso Crédit Agricole v/BCE cause riunite T-133/16 – T-136/16), ove l’ente giudicante ha dichiarato che, negli enti creditizi sottoposti a vigilanza prudenziale, la stessa persona non può ricoprire contemporaneamente l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione e quello di “dirigente effettivo”. In particolare, il Tribunale ha avuto modo di analizzare la nozione di “dirigente effettivo” alla luce dell’art. 13 della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) e, sulla base di un’interpretazione letterale, storica, teleologica e contestuale, ha ritenuto che detta nozione riguarda i membri dell’organo di gestione che fanno parte dell’alta dirigenza dell’ente creditizio. Secondo il Tribunale, infatti, l’obiettivo perseguito dal legislatore europeo in materia di governance degli enti creditizi comporta la ricerca di una supervisione efficace sull’alta dirigenza da parte dei membri non esecutivi del medesimo organo di gestione. A detta del Tribunale (e della BCE) quanto precede, implicherebbe un equilibrio dei poteri all’interno dell’organo di gestione che potrebbe essere compromesso laddove il presidente dell’organo di gestione nella sua funzione di vigilanza – pur non ricoprendo formalmente l’incarico di direttore generale – fosse congiuntamente incaricato della direzione effettiva dell’attività dell’ente creditizio.

[20] Il termine è ripreso da L. Ardizzone, cit., 1308.

[21] Cfr. A. SaccoGinevri, Ruolo del presidente di società bancaria e gestione dei servizi di investimento, cit., 48.

[22] Così, L. Ardizzone, cit., 1334.

[23] Cfr. A. SaccoGinevri, Ruolo del presidente di società bancaria e gestione dei servizi di investimento, cit., 49.

[24] Per una più ampia trattazione, cfr. F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a.: poteri e responsabilità, cit., 218 e ss.

[25] Cfr., D. Regoli, Poteri di informazione e controllo degli amministratori non esecutivi, in Riv. dir. soc., 2014, 387.

[26] M. Irrera, Il ruolo del presidente del consiglio di amministrazione nella governance delle banche, cit., 7 e ss.

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