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Cartolarizzazioni di crediti da appalti pubblici: sul consenso non necessario della pubblica amministrazione alla cessione del credito

2 Novembre 2020

Filippo Brunetti e Gregorio Consoli, Chiomenti

Di cosa si parla in questo articolo

L’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130/1999 è legge eccezionale (nel senso che è legge che, per le sole operazioni di cartolarizzazione, reca eccezione a regole generali o ad altre leggi, secondo la nozione di cui all’art. 14 delle c.d. “preleggi”) rispetto agli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 alla stessa stregua dell’art. 106 del D.lgs 50/2016 che, limitatamente alle operazioni di cessione alle quali sia applicabile la legge n. 52/1991, si pone ugualmente in rapporto di eccezione rispetto alle medesime norme. Ciò con la conseguenza che alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti verso la pubblica amministrazione derivanti da contratti di appalto pubblico rientranti nell’ambito oggettivo e soggettivo di applicabilità della Legge 130/1999 (e che non abbiano ad oggetti crediti “certificati” e/o derivanti da accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992) non si applicano formalità ulteriori rispetto a quelle previsti dalla medesima Legge 130/1999 e quindi neanche quelle sulla forma dell’atto, sulla notifica e, in particolare, sull’adesione della Pubblica Amministrazione ceduta, acquisibile anche con il meccanismo del silenzio assenso di cui all’art. 106, comma 13, del D.lgs 50/2016 e non necessariamente per provvedimento espresso.

1. Premessa

Con il presente scritto si vuole indagare l’ambito di applicabilità dell’art. 4, comma 4 bis, della Legge n. 130 del 30 aprile 1999 (di seguito indicata come “Legge 130”) alle operazioni di cartolarizzazione che abbiano ad oggetto crediti derivanti da somministrazioni, forniture ed appalti pubblici in corso di esecuzione[1] regolati dal D.Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 (di seguito indicato come il “Codice”) e dunque i rapporti intercorrenti tra il citato art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 e le disposizioni in materia di cessione di crediti di cui all’art. 106, comma 13, del Codice.

Il combinato disposto derivante dalle due normative, infatti, non appare del tutto chiaro e si ritiene utile approfondire, in particolare, se per il perfezionamento di operazioni di cartolarizzazione che abbiano ad oggetto crediti derivanti da contratti pubblici regolati dal Codice, ancora in corso di esecuzione, si possano seguire le sole formalità previste dalla Legge 130 o se la Legge 130 debba essere coordinata con le previsioni dell’art. 106, comma 13, del Codice e dunque sia comunque richiesta una forma di adesione/assenso alla cessione da parte del debitore ceduto mediante il mancato esercizio della facoltà di rifiuto nel termine di 45 giorni dalla notifica della cessione.

L’analisi che si vuole svolgere non comprende l’approfondimento della disciplina del regime della certificazione dei crediti nei confronti della PA e le conseguenze in termini di disciplina della cessione per i crediti ricadenti in tale regime.

A tale riguardo si deve infatti notare che, per espressa previsione di legge, nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione che hanno ad oggetto crediti certificati, le cessioni di crediti derivanti da appalti pubblici si intendono notificate e sono efficaci ed opponibili nei confronti delle amministrazioni cedute dalla data di comunicazione della cessione alla pubblica amministrazione attraverso la piattaforma elettronica, che costituisce data certa, qualora queste non le rifiutino entro sette giorni dalla ricezione di tale comunicazione. In altri termini, è prevista una forma eccezionale di adesione per silenzio assenso diversa da quella di cui all’art. 70 del RD n. 2440/1923 e da quella semplificata prevista dall’art. 106 del Codice.

Si deve anche aggiungere che l’art. 117, comma 4-bis del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto un ulteriore regime speciale (caratterizzato da specifiche condizioni) per la cessione di crediti commerciali vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza degli accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992[2]. Si tratta quindi di una disposizione di legge che ha come esclusivo e limitato ambito oggettivo di applicabilità i rapporti contrattuali conseguenti all’accreditamento istituzionale di cui all’art. 8-quater del medesimo D.Lgs n. 502/1992 e dunque rapporti contrattuali estranei all’ambito di applicazione del D.lgs n. 50/2016

L’art. 117, comma 4 bis in esame prevede, in particolare, che i suddetti crediti, ove non certificati mediante piattaforma elettronica, possano essere ceduti – anche nell’ambito di operazioni di cartolarizzazioni ex legge n. 130/1999 – solo a seguito di notifica della cessione agli enti debitori e di espressa accettazione da parte degli stessi. Gli enti debitori avranno 45 giorni dalla data di notifica per comunicare l’accettazione o il rifiuto alla cessione del credito, decorsi inutilmente i quali la cessione si intenderà rifiutata. Inoltre, in caso di cessione di tale tipologia di crediti, anche se certificati mediante piattaforma elettronica, l’atto di cessione deve essere in ogni caso notificata agli enti debitori, i quali non rispondono dei pagamenti effettuati al cedente prima della notifica dell’atto di cessione.

In altri termini, è prevista una ulteriore forma eccezionale di adesione, diversa da quella di cui all’art. 70 del RD n. 2440/1923 e da quella semplificata prevista dall’art. 106 del Codice. In tale ipotesi, infatti, è differentemente previsto un inedito meccanismo di silenzio-rigetto (i.e: necessità di adesione espressa), tale per cui decorsi inutilmente quarantacinque giorni dalla notificazione della cessione, la medesima si deve intendere rifiutata.

Si anticipa sin da subito che, ragionando sulla base degli ordinari criteri ermeneutici, appare ragionevole affermare che l’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 è legge eccezionale (nel senso che è legge che, per le sole operazioni di cartolarizzazione, reca eccezione a regole generali o ad altre leggi, secondo la nozione di cui all’art. 14 delle c.d. “preleggi”) rispetto agli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 alla stessa stregua dell’art. 106 del Codice che, limitatamente alle operazioni di cessione alle quali sia applicabile la legge n. 52/1991, si pone ugualmente in rapporto di eccezione rispetto alle medesime norme. Ciò con la conseguenza che alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti verso la pubblica amministrazione derivanti da contratti di appalto pubblico rientranti nell’ambito oggettivo e soggettivo di applicabilità della Legge 130 (e che non abbiano ad oggetti crediti “certificati” e/o derivanti da accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992) non si applicano formalità ulteriori rispetto a quelle previsti dalla medesima Legge 130 e quindi neanche quelle sulla forma dell’atto, sulla notifica e, in particolare, sull’adesione della Pubblica Amministrazione ceduta, acquisibile anche con il meccanismo del silenzio assenso di cui all’art. 106, comma 13, del Codice e non necessariamente per provvedimento espresso.

Di seguito si espone il percorso interpretativo che, ad avviso di chi scrive, conduce a tale conclusione

2. Il quadro normativo di riferimento

Per procedere con la disamina prospettata si rende necessario anzitutto riportare il contenuto letterale delle disposizioni di legge rilevanti che, nel tempo, si sono succedute e sovrapposte in relazione alla cessione di crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione e derivanti da contratti di appalto in corso.

Detto questo le disposizioni rilevanti sono di seguito elencate e trascritte per pronto riferimento.

L’art. 9 della l. n. 20.03.1865, n. 2248 – All. E (non abrogato formalmente) prevede che: “Sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”.

L’art. 339 della l. n. 20.03.1865 – All. F (abrogato dall’art. 231 del Dpr 554/1999) prevede(va) che: “E’ vietata qualunque cessione di credito e qualunque procura, le quali non siano riconosciute”.

L’ art. 69 del R.D. 18.11.1923 n. 2440 prevede che: “Le cessioni, le delegazioni, le costituzioni di pegno, i pignoramenti, i sequestri e le opposizioni relative a somme dovute dallo Stato, nei casi in cui sono ammesse dalle leggi, debbono essere notificate all’amministrazione centrale ovvero all’ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento. La notifica rimane priva di effetto riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi. Potrà, per altro, il creditore fare tale notificazione all’ufficiale, tesoriere o agente incaricato di eseguire il pagamento degli ordini o di effettuare la consegna degli assegni di cui all’art. 54, lettera a). Le cessioni, le delegazioni, le costituzioni di pegno e gli atti di revoca, rinuncia o modificazione di vincoli devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio. I pignoramenti, i sequestri e le opposizioni hanno efficacia soltanto se fatti nei modi e nei casi espressamente stabiliti dalla legge. Nessun impedimento può essere costituito mediante semplici inibitorie o diffide. Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo. Tra le amministrazioni dello Stato devono intendersi le Agenzie da esso istituite, anche quando dotate di personalità giuridica. Alle predette amministrazioni devono intendersi equiparate l’Agenzia del demanio e l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in considerazione sia della natura delle funzioni svolte, di rilevanza statale e riferibili direttamente allo Stato, sia della qualità, relativamente all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni”

L’art.70 del medesimo R.D. prevede che: “gli atti considerati nel precedente articolo 69, debbono indicare il titolo e l’oggetto del credito verso lo Stato, che si intende colpire, cedere o delegare. Con un solo atto non si possono colpire, cedere o delegare crediti verso amministrazioni diverse. Per le somme dovute dallo Stato per somministrazioni, forniture ed appalti, devono essere osservate le disposizioni dell’art. 9, allegato E, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, e degli articoli 351 e 355, allegato F, della legge medesima”.

L’art. 1 (ambito di applicazione), commi 1 e 2, della legge 21.02.1991, n. 52 (c.d. “legge factoring) prevede: “1. La cessione di crediti pecuniari verso corrispettivo è disciplinata dalla presente legge, quando concorrono le seguenti condizioni: a) il cedente è un imprenditore; b) i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa; c) il cessionario è una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato ai sensi dell’art. 25 comma 2, della legge 19 febbraio 1992, n. 142, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa o un soggetto, costituito in forma di società di capitali, che svolge l’attività di acquisto di crediti, vantati nei confronti di terzi, da soggetti del gruppo di appartenenza che non siano intermediari finanziari oppure di crediti vantati da terzi nei confronti di soggetti del gruppo di appartenenza, ferme restando le riserve di attività previste ai sensi del citato testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. 2. Resta salva l’applicazione delle norme del codice civile per le cessioni di credito prive dei requisiti di cui al comma 1.”

L’art. 26, comma 5,della legge 11.02.1994, n. 109 (abrogato dall’art. 256 del D.lgs. n. 163/2006) prevede(va) che: “Le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici, di concessione di lavori pubblici e da contratti di progettazione nell’ambito della realizzazione di lavori pubblici”.

L’art. 115 del DPR 21.12.1999, n. 554 (abrogato dall’art. 256 del D.lgs 163/2006) prevede(va) che: “Ai sensi dell’articolo 26, comma 5, della Legge, le cessioni di crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche a titolo di corrispettivo di appalto possono essere effettuate dagli appaltatori a banche o intermediari finanziari disciplinati dalle leggi in materia bancaria e creditizia, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti di impresa. La cessione deve essere stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere notificata all’amministrazione debitrice. La cessione del credito da corrispettivo di appalto è efficace ed opponibile alla pubblica amministrazione qualora questa non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente ed al cessionario entro quindici giorni dalla notifica di cui al comma 2. L’amministrazione pubblica, al momento della stipula del contratto o contestualmente, può preventivamente riconoscere la cessione da parte dell’appaltatore di tutti o di parte dei crediti che devono venire a maturazione. In ogni caso, l’amministrazione ceduta può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto di appalto”.

L’art. 117 del D.lgs 12.04.2006, n. 163 (abrogato dall’art. 217 del Codice) prevede(va): “Le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le stazioni appaltanti derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori di cui al presente codice, ivi compresi i concorsi di progettazione e gli incarichi di progettazione. Le cessioni di crediti possono essere effettuate a banche o intermediari finanziari disciplinati dalle leggi in materia bancaria e creditizia, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti di impresa. Ai fini dell’opponibilità alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche, le cessioni di crediti devono essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e devono essere notificate alle amministrazioni debitrici. Le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione, concorso di progettazione, sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione”.

L’art. 1 (ambito di applicazione), comma 2, della Legge 130 prevede: “La presente legge si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti, quando ricorrono i seguenti requisiti: a) il cessionario sia una società prevista dall’articolo 3; b) le somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti siano destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione”.

Il comma 4 bis dell’art. 4 della Legge 130 (comma introdotto con D.L. n. 145/2013) prevede che: “Alle cessioni effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, nonche’ le altre disposizioni che richiedano formalita’ diverse o ulteriori rispetto a quelle di cui alla presente legge. Dell’affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all’ articolo 2, comma 3, lettera c), a soggetti diversi dal cedente e’ dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale nonche’ comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici”[3].

Analoga disposizione (che però non contiene il riferimento a “le altre disposizioni che richiedano formalità diverse o ulteriori rispetto a quelle della presente legge”) è contenuta, in relazione alle obbligazioni bancarie garantite, all’art. 7 bis, comma 4[4], della Legge 130[5].

L’art. 37, comma 7 bis, del DL 66/2014 prevede che: “Le cessioni dei crediti certificati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui al comma 1 dell’articolo 7 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, possono essere stipulate mediante scrittura privata e possono essere effettuate a favore di banche o intermediari finanziari autorizzati, ovvero da questi ultimi alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. o a istituzioni finanziarie dell’Unione europea e internazionali. Le suddette cessioni dei crediti certificati si intendono notificate e sono efficaci ed opponibili nei confronti delle amministrazioni cedute dalla data di comunicazione della cessione alla pubblica amministrazione attraverso la piattaforma elettronica, che costituisce data certa, qualora queste non le rifiutino entro sette giorni dalla ricezione di tale comunicazione. Non si applicano alle predette cessioni dei crediti le disposizioni di cui all’articolo 117, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e di cui agli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, nonché le disposizioni di cui all’articolo 7 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, e all’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle cessioni effettuate dai suddetti cessionari in favore dei soggetti ai quali si applicano le disposizioni della legge 30 aprile 1999, n. 130”.

L’art. 106, comma 13, del Codice prevede che: “Si applicano le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52. Ai fini dell’opponibilità alle stazioni appaltanti, le cessioni di crediti devono essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e devono essere notificate alle amministrazioni debitrici. Fatto salvo il rispetto degli obblighi di tracciabilità, le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione, concorso di progettazione, sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione. Le amministrazioni pubbliche, nel contratto stipulato o in atto separato contestuale, possono preventivamente accettare la cessione da parte dell’esecutore di tutti o di parte dei crediti che devono venire a maturazione. In ogni caso l’amministrazione cui è stata notificata la cessione può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto relativo a lavori, servizi, forniture, progettazione, con questo stipulato”.

L’art.117, comma 4 bis, del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77 prevede: “I crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili, vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza di accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ove non certificati mediante la piattaforma elettronica di cui all’articolo 7 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, possono essere ceduti, anche ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, solo a seguito di notificazione della cessione all’ente debitore e di espressa accettazione da parte di esso. L’ente debitore, effettuate le occorrenti verifiche, comunica al cedente e al cessionario l’accettazione o il rifiuto della cessione del credito entro quarantacinque giorni dalla data della notificazione, decorsi inutilmente i quali la cessione si intende rifiutata. In ogni caso la cessione dei crediti, anche se certificati mediante la citata piattaforma elettronica, deve essere notificata all’ente debitore con l’indicazione puntuale degli estremi delle singole partite creditorie cedute. L’ente debitore non risponde dei pagamenti effettuati al cedente prima della notificazione dell’atto di cessione”.

Nella prospettiva d’analisi qui in rilievo è utile evidenziare che, per quanto si apprende dalla relazione illustrativa al Decreto Legge n. 145/2013 (denominato: “Destinazione Italia”), l’introduzione del comma 4 bis nell’art. 4 della Legge 130 è strumentale allo scopo di “semplificare le modalità di cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione, equiparando le stesse alle cessioni di crediti nei confronti di soggetti privati”[6].

Tuttavia, successivamente all’introduzione del citato art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 (il cui ambito oggettivo di applicazione è limitato alle operazioni di cartolarizzazione di cui alla Legge 130) è stato adottato il Codice, che ha abrogato il d.lgs 163/2006 e con esso il richiamato art. 117.

L’art. 106, comma 13, del Codice nel disciplinare nuovamente la cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione degli appalti pubblici, sostanzialmente ricalca il disposto dell’abrogato art. 117 del D.lgs 163/2006 e nuovamente richiama espressamente la legge n. 52/1991, ma nulla dice con riferimento alla legge n. 130/2009.

Si aggiunge l’art. 37, comma 7 bis, del D.L. n. 66/2014 che, con riferimento alle cessioni di crediti verso la pubblica amministrazione derivanti dall’esecuzione di appaltati pubblici e che siano “certificati” prevede specifiche formalità e modalità operative tramite una piattaforma elettronica ed anche una forma di adesione per silenzio assenso (i.e.: per mancato rifiuto entro 7 giorni dalla comunicazione della cessione) che si applicano anche quando la cessione di tali crediti avvenga nel contesto di operazioni di cartolarizzazione.

Inoltre, l’art.117, comma 4 bis, del D.L. n. 34/2020 prevede addirittura un diverso meccanismo di silenzio-rigetto in relazione alla cessione dei crediti derivanti dagli accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ove non certificati.

La semplice elencazione delle disposizioni rilevanti rende evidente la disorganicità e complessità del quadro normativo di riferimento.

Appare evidente, anche ad una prima lettura delle disposizioni, che la tecnica normativa utilizzata non brilla per chiarezza e linearità, imponendo agli operatori uno sforzo interpretativo che, per definizione, presenta margini di opinabilità.

Il percorso esegetico deve essere volto alla risoluzione di antinomie tra le norme dianzi richiamate che, ad un attento esame, si rivelano solo apparenti. Tale percorso esegetico deve essere orientato dal criterio cronologico (lex posterior derogat priori) e, soprattutto, dal criterio di specialità (lex specialis derogat generali), ciò con la precisazione che appare corretto affermare che nel caso di una antinomia tra una norma speciale e anteriore, e una norma generale e successiva, la norma prevalente applicabile sarà diversa a seconda che si faccia ricorso al criterio cronologico o a quello di specialità (si tratta di una c.d. antinomia di secondo grado)[7]. Al riguardo è altresì utile ricordare che l’abrogazione tacita riguarda solo la norma o le norme incompatibili con la norma successiva, senza travolgere necessariamente anche altre norme derivabili dalla disposizione che la esprime e comunque lasciando intatta tale disposizione.

3. Il regime generale della cessione dei crediti ed il regime speciale della cessione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione e le relative deroghe

3.1. La legge n. 2248/1965 e il RD 2440/1923

Per l’interpretazione, secondo gli ordinari criteri ermeneutici, del combinato disposto delle norme dianzi citate è utile, anche in una prospettiva sistematica, ripercorrere brevemente l’evoluzione del regime speciale della cessione dei crediti derivanti da appalti pubblici.

Si tratta di una normativa speciale, in quanto applicabile esclusivamente alle Pubbliche Amministrazioni, divergente rispetto a quella generale contenuta negli artt. 1260 e ss. del codice civile.

La norma di partenza è il richiamato art. 9 della l. n. 2248/1865 il quale prevede che: “Sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”. Il connesso art. 339 della medesima legge n. 2248/1865 – All. F (dianzi riportato) è stato abrogato.

A tali disposizioni hanno fatto seguito gli artt. 69 e 70 del RD n. 2240/1923.

L’art. 69 prevede che la cessione debba essere formalizzata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata; l’art. 70, per quanto qui interessa, prevede altresì che “per le somme dovute dallo Stato per somministrazioni, forniture ed appalti, devono essere osservate le disposizioni dell’art. 9, allegato E, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, e degli articoli 351 e 355, allegato F, della legge medesima”. Tale ultima disposizione a sua volta prevede che: “sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, nè convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”.

La Cassazione, sulla base dell’art. 14 delle preleggi, ha ritenuto che con l’adozione dell’art. 70 cit. il legislatore abbia inteso restringere la portata applicativa dell’art. 9 allegato E, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, limitando la necessità dell’adesione della P.A. solo per determinati crediti, cioè appunto per quelli derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura.

Osserva la Cassazione che l’abrogazione implicita dell’art. 9 cit è predicabile: “essenzialmente in base al rilievo che la disciplina speciale in questione deroga a quella ordinaria, secondo la quale la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto in base alla semplice accettazione o notificazione. Tale soluzione è anche conforme al principio per cui, nei rapporti nei quali lo Stato agisce “jure privatorum”, le disposizioni che definiscono l’area di incidenza dei privilegi della p.a., comportanti una restrizione dell’autonomia negoziale dei privati, vanno interpretate in senso restrittivo, in linea col precetto di cui all’art. 41 1 comma della Costituzione”[8].

Ciò comporta che la disciplina di cui all’art. 9 cit. deve ritenersi implicitamente abrogata, ai sensi dell’art. 15 disp. sulla legge in generale, per tutti i casi nei quali non è espressamente richiamata dall’art. 70 del R.D. n. 2440 del 1923[9].

3.2. L’art. 26 della legge n. 109/1994 e la legge n. 52/1991

Una prima disciplina derogatoria del contenuto dispositivo degli artt. 69 e 70 del RD n. 2240/1923 è stata introdotta con l’art. 26, comma 5 della legge n. 109/1994 (c.d. “legge Merloni”), che, come ricordato dianzi, si limitata a prevedere che: “Le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici, di concessione di lavori pubblici e da contratti di progettazione nell’ambito della realizzazione di lavori pubblici”.

Tale legge nella sua prima formulazione quindi rendeva direttamente applicabile la legge n. 52/1991 anche ai crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici (non servizi e forniture) e ciò con l’effetto di derogare in toto le previsioni di cui agli artt. 69 e 70 del RD n. 2240/1923 (ivi compresa quella relativa all’adesione alla cessione).

Successivamente, l’eccezionalità, rispetto alla normativa speciale sulla cessione dei crediti vantanti verso la P.A., prevista da tali ultime disposizioni è stata temperata con l’introduzione dell’art. 115 del DPR 554/1999, che per le cessioni di crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici effettuate ai sensi della legge n. 52/1991 ha previsto un regime ad hoc, assimilabile a quello di cui agli art. 69 e 70 del RD n. 2440/1923, ma più semplice. Si tratta di un regime divergente sia da quello generale di cui agli artt. 1260 e ss cod. civ., sia da quello speciale di cui agli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923, sia da quello speciale di cui alla l. n. 52/1991 relativo al factoring.

Infatti, l’art. 115 del DPR 554/1999 (che però è una fonte regolamentare) ha previsto l’obbligo di stipula della cessione mediante scrittura privata autenticata o atto pubblico e l’obbligo della notifica (in questo ricalcando il contenuto dell’art. 69 del RD n. 2440/1923), nonchè l’adesione della PA, seppure non nella forma esplicita e preventiva di cui all’art. 70 RD n. 2240/1923, ma mediante un meccanismo di silenzio assenso (mancata rifiuto entro 15 giorni dalla notifica).

L’art. 115 cit., per quanto qui interessa, al comma 3 prevede(va) che: “la cessione del credito da corrispettivo di appalto è efficace ed opponibile alla pubblica amministrazione qualora questa non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente ed al cessionario entro quindici giorni dalla notifica di cui al comma 2”.

Sulle ragioni della deroga alla disciplina di cui agli artt. 69 e 70 del RD n. 2240/1923 operata dall’art. 26 della l. n. 109/1994 in dottrina si è evidenziato che la l. n. 52/1991 prevede che la cessione avvenga “verso corrispettivo” in ciò distinguendosi dalla cessione civilistica ex art. 1260 cod. civ. che può avvenire anche a scopo di donazione (oltre che di garanzia o di vendita). Per conseguenza il richiamo operato dalla normativa sugli appalti alla l. n. 52/1991 starebbe ad evidenziare che:“il tradizionale disfavore da parte del legislatore verso la cessione dei corrispettivi d’appalto, un tempo giustificato con l’esigenza di non indebolire – in corso di esecuzione – l’appaltatore, in tanto può dirsi superato in quanto, per un verso i soggetti cessionari offrano adeguate garanzie di serietà, affidabilità e controllo (anche attraverso il meccanismo dell’iscrizione all’albo e della vigilanza all’uopo istituita) e per altro verso la cessione assicuri all’appaltatore comunque un corrispettivo, di talchè la cessione non comporti un effettivo depauperamento”[10].

Schematicamente, a seguito dell’introduzione nell’ordinamento dell’art. 26, comma 5, della l. n. 109/1994 e dell’art. 115 del DPR 554/1999 (sostanzialmente riprodotti, da ultimo, dall’art. 106 del Codice) in ragione delle norme di diritto privato speciale applicabili all’amministrazione pubblica per le cessioni di crediti vantati nei confronti dell’amministrazione pubblica si possono avere le seguenti situazioni:

  • cessione a soggetto non qualificato, ai sensi della legge n. 52 del 1991, di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, derivanti da contratti non relativi a “somministrazioni, forniture ed appalti” ovvero, pur rientranti in tale categoria, non più in corso di esecuzione: la cessione, ai sensi dell’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923, ha efficacia quando, redatta in forma solenne, è notificata all’amministrazione centrale ovvero all’ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento;
  •  cessione a soggetto non qualificato, ai sensi della legge n. 52 del 1991, di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione derivanti da contratti relativi a “somministrazioni, forniture ed appalti” ancora in corso di esecuzione: la cessione, ai sensi dell’art. 70 del r.d. n. 2240 del 1923 e dell’art. 9, allegato E della legge n. 2248 del 1865, ha efficacia solo a seguito dell’accettazione da parte dell’amministrazione pubblica;
  • cessione a soggetto qualificato, ai sensi della legge n. 52 del 1991, di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori: la cessione, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs n. 50/2016 (analogo all’art. 117 del d.lgs. n. 163 del 2006), ha efficacia se è stata preventivamente accettata dall’amministrazione nel contratto di appalto o in altro atto separato e contestuale ovvero, se stipulata in forma solenne e notificata all’amministrazione, non sia da questa rifiutata nel termine normativamente previsto;
  • cessione a soggetto qualificato, ai sensi della legge n. 52 del 1991, di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione non derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori: è applicabile la disciplina di cui all’art. 69 del r.d. n. 2240 del 1923, per cui la cessione redatta in forma solenne deve essere semplicemente notificata all’amministrazione[11].

In altri termini, la normativa sul factoring (il cui ambito di applicazione è definito all’art. 1 della legge n. 52/1991) è normativa speciale rispetto a quella generale di cui al codice civile sulla cessione di crediti.

Altrettanto speciale è la disciplina che regola la cessione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione. In tale ambito, il combinato disposto degli artt. 26 della l. n. 109/1994 e art. 115 del DPR 554/1999 (sostanzialmente trasposto, da ultimo, nell’art. 106 del Codice) si pone come normativa di collegamento e contemperamento tra le due predette discipline.

Del resto la natura derogatoria ed eccezionale delle disposizioni dell’art. 26 della l. n. 109/1994 e del successivo art. 117 del dlgs 163/2006 è espressamente riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 7 giugno 2013, n. 131[12].

In questa medesima prospettiva d’analisi, la Cassazione ha ritenuto che qualora in relazione ad una cessione di crediti verso pubbliche amministrazioni derivanti da appalti pubblici non possa trovare applicazione la disciplina eccezionale di cui alla legge n. 52/1991 (espressamente richiamata da detto art 26), difettando il requisito della particolare qualificazione dell’impresa cessionaria (banca o intermediario finanziario)[13], conseguentemente non possano trovare applicazione le previsioni della comune disciplina codicistica (cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore: art. 1260 c.c.) contenute nella L. 21 febbraio 1991, n. 52 e deve invece trovare applicazione il divieto di cessione dei crediti senza l’adesione della P.A., riguardante i rapporti di durata come l’appalto e la somministrazione o fornitura e quindi gli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923[14].

Tale precedente giurisprudenziale richiama la sentenza Cass. Civ. Sez. I 24.09.2007, n. 19571[15] la quale ha rilevato che la disciplina concernente la cessione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione ha natura derogatoria rispetto alla comune disciplina della cessione dei crediti prevista dal codice civile, “la cui ratio va individuata nella necessità di evitare che, durante l’esecuzione del contratto, possano venire meno i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione a favore della P.A. (somministrante, fornitore o appaltatore)”[16].

A sua volta, la disciplina della cessione dei crediti di impresa di cui alla L. n. 52 del 1991 costituisce una normativa derogatoria rispetto alla disciplina comune in tema di cessione di crediti, quale risultante dal Codice Civile, tanto che l’art. 1, comma 2, della legge factoring prevede espressamente che, in caso di non applicabilità della disciplina di cui al comma 1 per le cessioni prive dei requisiti prescritti dal medesimo comma, “resta salva l’applicazione delle norme del codice civile”.

Su questi presupposti evidenzia la ora citata sentenza di Cassazione che: “Deve quindi ritenersi che la L. n. 109 del 1994, art. 26, comma 5, nel rendere applicabile ai contratti di appalto di lavori pubblici la disciplina della L. n. 52 del 1991, abbia inteso rendere operante la disciplina derogatoria posta da tale legge per i crediti di impresa, ma non anche procedere all’abrogazione delle norme speciali che regolavano in precedenza la cessione dei crediti nei confronti della p.a., rendendo applicabile, per le cessioni non rispondenti alle prescrizioni di cui alla L. n. 52 del 1991, la disciplina codicistica”.

La sentenza in questione afferma altresì che il medesimo percorso argomentativo si applica anche per l’art. 117 del dlgs 163/2006 che (alla stessa stregua dell’art. 106 del Codice) ugualmente contiene un riferimento esplicito alla legge n. 52/1991.

3.3. Il rapporto tra l’art. 4, comma 4 bis, della legge 130 e l’art. 106 del Codice alla luce del principio di specialità di cui all’art. 14 delle c.d. “preleggi”

Le esposte coordinate ermeneutiche possono dunque ritenersi sostanzialmente valide anche per valutare il rapporto intercorrente tra la previsione di cui all’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 e la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 106, comma 13, del Codice.

L’art. 106, comma 13, del Codice è norma che, per le operazioni regolate dalla legge factoring, introduce una “eccezione” alle previsioni di cui agli artt. 69 e 70 del RD 2440/1923 che, secondo il disposto dell’art. 14 delle c.d. “preleggi”, non può applicarsi oltre i casi ed i tempi in essa considerati.

L’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 pone una medesima eccezione che però si applica alle operazioni di cartolarizzazione (che non rientrano nell’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge factoring).

Il citato comma 4 bis (introdotto nel 2013) esclude espressamente l’applicabilità degli artt. 69 e 70 del RD 2440/1923 “nonche’ (del)le altre disposizioni che richiedano formalita’ diverse o ulteriori rispetto a quelle di cui alla presente legge”.

L’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della Legge 130 è ovviamente diverso dall’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge n. 52/1991 richiamata dall’art. 106, comma 13, del Codice. Tanto ciò più è vero che dove il legislatore ha voluto estendere applicabilità della disciplina factoring a specifiche cessioni di credito operate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, lo ha fatto espressamente con le previsioni contenute nell’articolo 4 della stessa legge che consentono alle parti di assoggettare la cessione dei crediti posta in essere nell’ambito della cartolarizzazione alle previsioni di cui all’articolo 5, commi 1, 1-bis e 2 della legge factoring.

Dunque, in difetto della deroga di cui all’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130, alle cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione derivanti da appalti pubblici in corso di esecuzione che siano oggetto di operazioni di cartolarizzazione si applicherebbero, per quanto detto, gli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 e non l’art. 106 del Codice.

Ne consegue che si può ragionevolmente ritenere che l’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 rimanga fermo ed invariato anche ad esito dell’adozione dell’art. 106 del Codice, nonostante questa sia norma successiva all’introduzione (avvenuta nel 2013) del comma 4 bis dell’art. 4 della Legge 130.

La Corte di Cassazione, come detto, ha sottolineato che le disposizioni che definiscono l’area di incidenza dei privilegi della p.a., comportanti una limitazione dell’autonomia negoziale dei privati, vanno interpretate in senso restrittivo, in linea col precetto di cui all’art. 41 1 comma della Costituzione.

Tale statuizione è da collegare al divieto di applicazione analogica delle norme di natura eccezionale di cui all’art. 14 delle preleggi.

Il divieto di applicazione analogica non esclude l’applicazione estensiva in quanto quest’ultima si limita a ricondurre nell’ambito di applicazione della norma quei casi che solo apparentemente ne sembrano esclusi, ma che in realtà il legislatore, stando all’obiettiva ratio della disposizione, ha inteso ricomprendervi (cfr. Cass. Civ. n. 9205/1999; Id., 8605/1993; Id., 10304/1991). Tuttavia, nel caso di specie non si ravvisano argomenti per ritenere che il legislatore abbia voluto ricomprendere nell’ambito di applicazione dell’art. 106 del Codice (e/o dell’art. 37, comma 7 bis, del D.L. 66/2014) anche le operazioni di cartolarizzazione disciplinate dalla Legge 130 e quindi abrogare e/o modificare implicitamente l’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130.

In ultima analisi risulterebbe contraria a detti criteri ermeneutici l’interpretazione del combinato disposto delle normative in questione che intendesse affermare l’integrazione dell’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 ad opera dell’art. 106 del Codice e quindi il riespandersi “implicito”, anche per le operazioni di cartolarizzazione, delle formalità ivi previste e, soprattutto, del principio della necessaria adesione della PA alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura che però è oggetto di espressa deroga in virtù del riferimento all’art. 70 del RD n. 2440/1923.

Si deve anche aggiungere che l’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 prevede espressamente anche una clausola generale di chiusura (introdotta nella consapevolezza della frammentarietà e disomogeneità della normativa di riferimento) secondo cui sono derogate anche le “altre disposizioni che richiedano formalita’ diverse o ulteriori rispetto a quelle di cui alla presente legge”.

Tale inciso ulteriormente rafforza l’opinione che sia da escludere una lettura interpretativa volta a reintrodurre surrettiziamente le formalità previste dall’art. 106 del Codice e quindi anche quella dell’adesione della PA (anche mediante silenzio assenso) nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione di crediti non certificati derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura nei confronti della PA.

3.4. Il rapporto tra l’art. 4, comma 4 bis, della legge 130 e l’art. 106 del Codice alla luce del principio di specialità di cui all’art. 15 delle c.d. “preleggi”

La suesposta lettura interpretativa trova conferma anche alla luce di ulteriori argomenti e rilievi. L’art. 106, comma 13, del Codice, come detto, è norma speciale che deroga al regime generale della cessione dei crediti di cui al codice civile, diversamente declinando, per le sole cessioni soggette alla legge factoring, il principio di cui all’art. 70 del RD n. 2440/1923 sulla necessaria adesione della PA alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura.

L’art. 4, comma 4 bis della Legge 130 nella parte in cui, per le sole operazioni di cartolarizzazione, deroga espressamente, inter alia, agli art. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 e quindi anche al principio della necessaria adesione della PA alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura, costituisce norma derogatoria di carattere eccezionale (in quanto la sua applicabilità è strettamente limitata alle operazioni di cartolarizzazione di crediti) che, per un ambito soggettivo ed oggettivo diverso, assolve alla medesima funzione assolta dall’art. 106, comma 13, del Codice per le cessioni rientrati nell’ambito di applicabilità della legge factoring.

Dunque le due disposizioni sono parimenti derogatorie (per ambiti oggettivi e soggettivi del tutto diversi) delle medesime disposizioni di cui agli artt. 69 e 70 RD n. 2440/1923 e dunque fanno “eccezione” a tali disposizioni.

Per conseguenza, la circostanza che l’art. 106 comma 13 del Codice, sopravvenuto rispetto al comma 4 bis dell’art. 4 della Legge 130, richiami la legge n. 52/199, ma non anche la Legge 130, non consente di ritenere abrogata implicitamente la previsione di cui comma 4 bis in discorso, con reviviscenza dell’applicabilità anche alle operazioni di cartolarizzazione del principio della necessaria adesione della PA alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura.

Si perviene a tale conclusione anche in virtù dell’art. 15 delle c.d. “preleggi” il quale prevede che: “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

Notoriamente, nello stabilire l’effetto della successione delle leggi nel tempo il criterio cronologico è recessivo rispetto a quello di specialità; pertanto, la norma posteriore generale non abroga la norma anteriore speciale (principio espresso dal brocardo “lex posterior generalis non derogat priori speciali”), salvo che dalla lettera o dalla ratio della prima si evinca la volontà di abrogare la seconda o la discordanza tra le due norme sia tale da rendere inconcepibile la loro coesistenza. Altrettanto vale anche nei rapporti tra legge posteriore speciale e anteriore speciale (o “eccezionale”, se si vuole utilizzare l’espressione di cui all’art. 14 delle preleggi) riferite ad ambiti di applicazione differenti.

Tale rilievo ulteriormente avvalora la lettura interpretativa secondo cui l’art. 106 del Codice, in quanto norma speciale sopravvenuta relativa alla legge sul factoring, non incide sull’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 in quanto norma speciale previgente relativa alle cartolarizzazioni. Peraltro, l’art. 106 non contiene alcuno specifico riferimento alla Legge 130.

In questa prospettiva è utile osservare che la relazione illustrativa al Codice nulla dice in ordine all’eventuale volontà di abrogazione della disposizione di cui al richiamato art. 4, comma 4 bis, della Legge 130.

Su di un piano anche sistematico e di ragionevolezza non risulterebbe quindi corretto ritenere che il Legislatore con l’adozione dell’art. 106 del Codice abbia voluto compiere una scelta diametralmente opposta a quella compiuta con l’adozione dell’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 che, come detto, nel limitato ambito delle operazioni di cartolarizzazione assolve dichiaratamente allo scopo di “semplificare le modalità di cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione, equiparando le stesse alle cessioni di crediti nei confronti di soggetti privati”.

Il contenuto della relazione illustrativa del progetto di legge che ha dato vita alla disposizione di cui all’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 fornisce, quindi, un ulteriore sostegno alla suesposta lettura interpretativa di detta disposizione[17].

In ultima analisi, alla luce di tali criteri d’interpretazione della legge appare ragionevole ritenere che la nuova disciplina speciale della cessione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione di cui all’art. 106 del Codice (anche in quanto sostanzialmente riproduttiva di quella già vigente al momento di adozione dell’art. 4, comma 4 bis della Legge 130) non incida, con abrogazione tacita o implicita, su tale ultima previsione, in quanto normativa di carattere speciale (o eccezionale, se più piace) che si applica alle sole operazioni di cartolarizzazione di crediti che coinvolgono crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura.

Se ne può dedurre che nel caso in cui la cessione del credito verso la PA derivante da appalto pubblico rientri nell’ambito di applicazione della Legge 130 non sono necessarie le formalità previste dall’art. 106, comma 13, del Codice e, in particolare, non è necessaria l’adesione della Pubblica Amministrazione, quindi la stessa non può rifiutare l’adesione ai sensi di detta disposizione (cioè mediante il rifiuto da formalizzare, a pena di decadenza, entro 45 giorni dalla notifica della cessione).

3.5. La conferma giurisprudenziale che l’art. 4, comma 4 bis, della legge 130 non richiede formalità diverse da quelle previste dalla medesima legge 130 e, in particolare, l’adesione della p.a. alla cessione.

Quanto si è andato esponendo trova conferma in giurisprudenza. Al riguardo, infatti, seppure senza particolare sforzo motivazionale, il TAR Campania ha affermato che le operazioni di cessione di credito rientranti tra quelle c.d. di “cartolarizzazione” sono soggette alla disciplina speciale dettata dall’art. 4, co. bis, L. 130/1999 (introdotto dall’art. 12 D.L. 145/2013 e convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), in base alla quale sono escluse tutte le formalità previste per la cessione di crediti verso la P.A. e a questa non è consentito negare l’adesione[18].

La sentenza TAR Campania n. 1701/2019 è stata recentemente confermata in appello con sentenza Cons. Stato, Sez. III, 24/09/2020, n. 5561[19].

Nella motivazione di tale ultima sentenza si legge che nel caso di cessioni di credito rientranti nell’ambito oggettivo e soggettivo di applicabilità della L. 130/199 l’unica disciplina applicabile, in base al criterio di specialità, è quella recata dalla L. 130/1999, in quanto facente eccezione alla comune disciplina relativa alle cessioni del credito, “come è agevole rilevare dalla semplice lettura della citata disposizione”.

Il Consiglio di Stato arriva a tale conclusione rilevando che è erroneo ritenere che l’art. 106, comma 13, del Codice avrebbe abrogato implicitamente la norma recata del comma 4-bis dell’art. 4 della L. 130/1999 in quanto successiva, poiché la norma in questione è meramente riproduttiva della precedente disposizione recata dall’art. 117 del d.lgs. n. 163/06 che era ad essa antecedente.

In questa medesima prospettiva il Consiglio di Stato evidenzia anche che non risulta convincente “la tesi secondo cui la norma del codice degli appalti prevarrebbe, in base al principio di specialità, sulla disposizione recata dall’art. 4, comma 4 bis, della L. 130/1999, in quanto tale disposizione si appalesa speciale rispetto alla disciplina codicistica, mentre la norma recata dal comma 4-bis dell’art. 4 cit. è norma speciale rispetto a tutte le disposizioni che disciplinano le formalità per la cessione dei crediti, con la conseguenza che l’art. 106, comma 13, del d.lgs. 50/2016, che richiama le sole “cessione dei crediti” e non contiene un espresso riferimento alla “cartolarizzazione” è inapplicabile, essendo prevalente la disciplina speciale recata dall’art. 4, comma 4-bis, della L. 130/1999”.

La sentenza in questione aggiunge anche che sarebbe erroneo anche procedere ad “un’interpretazione estensiva dell’art. 106, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016, facendo rientrare le “cartolarizzazioni” nell’ambito delle “cessione dei crediti”, in quanto, essendo tale disposizione derogatoria rispetto alla disciplina comune, deve essere interpretata restrittivamente.

Infine, viene ivi osservato, sul piano dell’interpretazione sistematica, che l’omesso espresso riferimento nell’art. 106 del Codice allo strumento delle cartolarizzazioni “può ragionevolmente spiegarsi in considerazione della ratio della norma relativa alle cartolarizzazioni, che è quella di favorire la competitività delle imprese, consentendo alle imprese cedenti di conseguire il pagamento delle proprie fatture in termini rapidissimi, assicurando una regolarità di cash flow indispensabile per il finanziamento dell’attività”.

4. L’art. 4, comma 4 bis, della legge 130, l’art. 37 comma 7 bis del dl 66/2014 e l’art. 117, comma 4 bis del dl 34/2020

Per completezza espositiva deve darsi atto del fatto che non si ritiene che la suesposta lettura interpretativa delle disposizioni in commento possa essere inficiata dal rilievo che per espressa previsione dell’art. 37, comma 7 bis, del D.L. 24.04.2014, n. 66 (introdotto, nella formulazione vigente, con legge 11.08.2014, n. 116) anche nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione che hanno ad oggetto crediti certificati, le cessioni si intendono notificate e sono efficaci ed opponibili nei confronti delle amministrazioni cedute dalla data di comunicazione della cessione alla pubblica amministrazione attraverso la piattaforma elettronica, che costituisce data certa, qualora queste non le rifiutino entro sette giorni dalla ricezione di tale comunicazione.

Anche in questo caso si tratta di una norma speciale che costituisce eccezione alle previsioni di cui agli artt. 69 e 70 RD 2440/1923 limitatamente alle cessioni di crediti per somministrazioni, forniture ed appalti che siano “certificati” dalla Pubblica Amministrazione. In questo caso la previsione dell’adesione (mediante mancato rifiuto entro sette giorni dalla comunicazione mediante piattaforma elettronica) è collegata alla circostanza che il credito sia “certificato” e quindi, ove ricorra tale speciale presupposto di fatto, si applica (anche nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione) la, del tutto eccezionale, modalità di adesione mediante mancato rifiuto nel termine di 7 giorni dalla comunicazione de qua, che è norma comunque diversa ed eccezionale anche rispetto a quella contenuta nell’art. 106 del Codice (la quale per l’adozione del provvedimento di rifiuto prevede un termine di 45 giorni decorrenti dalla notifica della cessione).

Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alla previsione di cui all’art. 117, comma 4 bis, del DL 34/2020. Anche in questo caso si tratta di norma speciale. Infatti, come detto, tale disposizione ha introdotto precetti il cui ambito di applicabilità è limitato alla cessione di crediti commerciali non “certificati” vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza degli accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992. Si tratta, cioè, di accordi contrattuali estranei all’ambito di applicazione del Codice, atteso che tali accordi vengono stipulati non ad esito di procedura ad evidenza pubblica, ma ad esito del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie di cui all’art. 8-ter del medesimo D.lgs, nonché ad esito del successivo accreditamento istituzionale[20] riconosciuto ai sensi del successivo art. 8-quater.

Per le medesime ragioni sinora esposte non si ritiene quindi che tali disposizioni possano essere intese nel senso che l’adesione della PA (per mancato rifiuto ex art. 37 comma 7 bis o per provvedimento espresso ex art. 117, comma 4 bis) è reintrodotta anche per le operazioni di cartolarizzazione che hanno ad oggetto cessioni di crediti per somministrazioni, forniture ed appalti pubblici semplici (cioè non certificati e relativi a rapporti contrattuali del tutto estranei all’ambito di applicazione dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992).

5. Conclusioni

In conclusione, dandosi atto che la tecnica di normazione utilizzata per definire il regime della cessione dei crediti maturati verso la Pubblica Amministrazione per somministrazioni, forniture ed appalti non è contraddistinta da linearità e chiarezza, in via interpretativa ed alla luce di quanto esposto appare corretto ritenere che:

  1. l’art. 106, comma 13, del Codice è norma che, in relazione alle cessioni di credito soggette alla legge factoring, costituisce eccezione rispetto al regime speciale di cui agli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 (che a loro volta sono norme speciali rispetto al regime generale della cessione dei crediti di cui al codice civile) ribadendo la necessità di alcuni requisiti di forma ed il principio della necessaria adesione della PA (seppure per silenzio assenso) alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura.
  2. L’art. 4, comma 4 bis della Legge 130 nella parte in cui – per le sole operazioni di cartolarizzazione dei crediti non certificati – deroga espressamente agli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 e quindi, inter alia, per quanto qui interessa, alle formalità previste da tali norme quindi anche al principio della necessaria adesione della PA alla cessione dei crediti derivanti dall’esecuzione di contratti di somministrazione, di appalto o di fornitura, costituisce norma “eccezionale” (rispetto alla normativa speciale di cui ai citati artt. 69 e 70) che per le operazioni di cartolarizzazione assolve al medesimo scopo al quale assolve, per le cessioni soggette alla legge factoring, l’art. 106, comma 13, del Codice.
  3. Le due disposizioni sono quindi distinte e separate. Il sopravvenire dell’art. 106 comma 13 del Codice non consente di ritenere implicitamente e/o tacitamente abrogata e/o integrata la previsione di cui all’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130.
  4. Per le medesime ragioni di distinzione e separatezza, il sopravvenire dell’art. 37, comma 7 bis, del DL 24.04.2014, n. 66, relativo ai crediti certificati, in quanto norma applicabile alle sole cessioni di crediti certificati assistiti dalla garanzia dello Stato, nel prevedere una forma di adesione della PA per silenzio assenso (con modalità comunque diverse da quelle previste dall’art. 106 del Codice) anche per le operazioni di cartolarizzazione che hanno ad oggetto crediti certificati, non consente di ritenere implicitamente abrogata e/o integrata la previsione di cui all’art. 4, comma 4 bis, della Legge 130 e dunque ripristinato per tutte le operazioni di cartolarizzazione in tale ambito (quindi anche quelle che non abbiano ad oggetto crediti certificati) il principio della necessaria adesione della PA, seppure nelle forme semplificate previste dall’art. 106 del Codice.
  5. Conclusione del tutto analoga vale anche per la previsione di cui all’art. 117, comma 4 bis, del DL 34/2020. Anche in questo caso si tratta di norma speciale poichè tale disposizione ha introdotto precetti il cui ambito di applicabilità è limitato alla cessione di crediti commerciali non “certificati” vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale e sorti esclusivamente nel contesto degli accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992, il cui affidamento non è sottoposto alla normativa del Codice.

In virtù di tutto quanto precede, in ultima analisi, appare corretto concludere che alle operazioni di cartolarizzazione di crediti derivanti da appalti pubblici in corso di esecuzione disciplinate dalla Legge 130 (e che non siano oggetto di certificazione da parte della P.A. debitrice ceduta o alla cessione di crediti commerciali non “certificati” vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza degli accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992) non si applicano le formalità previste dagli artt. 69 e 70 del RD n. 2440/1923 e dunque l’adesione della Pubblica Amministrazione ceduta espressa mediante provvedimento esplicito e/o anche nelle forme del “mancato rifiuto” (i.e.: silenzio assenso) nel termine di 45 giorni dalla notifica della cessione, siccome prevede (per le operazioni disciplinate dalla legge factoring) l’art. 106 del Codice.

 


[1] “Per i crediti dello Stato e degli enti pubblici territoriali il principio della generale cedibilità anche senza il consenso del creditore, sancito dall’articolo 1260 del Cc, è derogato dall’articolo 9 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato E, che in tali casi richiede la previa adesione dell’amministrazione interessata. Tale deroga, tuttavia, essendo intesa a evitare che, durante l’esecuzione del contratto, possano venire a mancare i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione in favore della Pa, opera solo fino a quando il contatto è in corso e cessa alla conclusione del rapporto contrattuale, conclusione che, in tema di appalto di opere pubbliche, può ritenersi realizzata soltanto a seguito dell’espletamento e dell’approvazione del collaudo da parte della Pa.” (così Cass. civ. sez. I, 21/12/2018, n.33344, in Guida al diritto 2019, 21, 50

[2] L’articolo 8-quinquies del d.lgs. 502/92 s.m.i. disciplina la fase conclusiva di un procedimento che si articola sostanzialmente in tre fasi: autorizzazione, accreditamento istituzionale, accordo contrattuale. In forza di tale accordo, la Regione e le AUSL, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulano contratti con quelle private. Tali contratti stabiliscono le modalità, i criteri, le tipologie e i volumi delle prestazioni che le Aziende (o le Regioni) acquistano dalle strutture private o dai professionisti accreditati. In quanto tale, il contratto ha natura sinallagmatica e prevede l’individuazione di un corrispettivo determinato sulla scorta dei limiti di spesa stabiliti in sede regionale.

[3] L’antecedente di tale disposizione è l’art. 15 della legge n. 448/1998 (come modificato nel 2003), il quale per le sole cartolarizzazioni statali prevede che: “Alle cessioni dei crediti effettuate nell’ ambito di operazioni di cartolarizzazione dello Stato e di altri enti pubblici, previste dalla legge ovvero approvate con provvedimenti dell’ Amministrazione dello Stato, non si applicano gli articoli 69 , commi 1, 2 e 3, e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440

[4] Tale comma prevede che: “Alle cessioni di cui al comma 1 non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 . Dell’affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all’ articolo 2, comma 3, lettera c) , a soggetti diversi dalla banca cedente, è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici. Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l’ articolo 67, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 , e successive modificazioni , ovvero, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, l’articolo 166, comma 4, del medesimo decreto legislativo

[5] Al riguardo E Galanti e M. Marangoni nel Quaderno giuridico n. 58 della Banca d’Italia “La disciplina italiana dei covered bond”, a pag 59 osservano: “primo periodo del comma 4 dell’art. 7-bis della legge stabilisce che: “Alle cessioni di cui al comma 1 non si applicano gli art. 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.”. Siamo qui di fronte ad una norma agevolativa (analoga a quella prevista dall’art. 58.3 t.u.b. in materia di trasferimento delle garanzie) che consente di prescindere dalle rigide formalità previste dalle norme sulla contabilità di Stato affnché le cessioni di crediti nei confronti delle amministrazioni statali possano essere opposte a quest’ultime.

[6] Camera dei Deputati, Disegno di Legge n. 1920 del 23 dicembre 2013, p. 23.

[7] Cfr. ex multis; G. Gavazzi, Delle antinomie, Torino, Giappichelli, 1959, pp. 104-109; T. Mazzarese, Antinomia, in Digesto delle discipline privatistiche, vol. I, 1987, pp. 347-353, p. 352; A. Celotto, Coerenza dell’ordinamento e soluzione delle antinomie nell’applicazione giurisprudenziale, in F. Modugno, Appunti per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, Torino, Giappichelli, 20003, pp. 131-270 (225-260), R. Bin, G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2012, , pp. 306-309.

[8] Cass. Civ. sez. III, 28/01/2002, n.981, in Dir. e prat. soc. 2002, 24, 82. In applicazione del medesimo principio di tassatività delle disposizioni del diritto privato speciale applicabile nei rapporti con la P.A. è stato affermato che: “Alla cessione dei crediti da corrispettivo di appalto vantati nei confronti degli enti locali, effettuata prima dell’entrata in vigore del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 – che all’art. 115 prevede espressamente la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e la notifica alle Amministrazioni pubbliche debitrici ai fini dell’efficacia ed opponibilità alle stesse – non si applica l’art. 69, terzo comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, che pure richiede la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, ma riguarda la sola Amministrazione statale, stante il mancato esplicito richiamo nell’ordinamento degli enti locali, ed essendone, inoltre, preclusa l’applicazione analogica, in ragione del carattere eccezionale rispetto al regime generale della cessione dei crediti (artt. 1260 e segg. cod. civ.). Cass. Civ., Sez. I, 26/06/2008, n. 17496, in Giust. civ. 2009, 6, I, 1376.

[9] In altri termini, l’atto di adesione alla cessione del credito si configura come un semplice requisito di efficacia, sia per la lettera della fonte normativa che per la mancanza di una struttura di un provvedimento di autorizzazione o di approvazione, che è richiesto per soli contratti di durata ancora in corso. Con la cessazione del rapporto contrattuale (collaudo), infatti, non trova più applicazione la disciplina del combinato disposto dell’ art. 70 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e dell’art. 9 della legge n. 2248 del 1865 e non è più necessaria l’adesione (Cass. 3 ottobre 2000, n. 13075, in Giust. civ. Mass. 2000, 2078; Cass. 1 febbraio 2007, n. 2209 in Giust. civ. Mass. 2007, 2; Cass., sez. I, 8 maggio 2008, n. 11475, in Giust. civ. Mass. 2008, 5, 686).

[10] Così A. Manzi, “Cessione dei crediti derivanti dal contratto”, in Trattato Contratti Pubblici, Vol. V, pag. 3465 e ss

[11] Così Tribunale ordinario di Catanzaro, l’ordinanza del 22 novembre 2010, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2012, di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 46 della legge della Regione Calabria 4 febbraio 2002, n. 8 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione Calabria).

[12] Nella motivazione della citata sentenza della Corte Costituzionale, in Giur. Cost. 2013, 3, 2022 si legge: “(…) la cessione dei crediti è un istituto proprio del diritto civile e trova la sua prima fonte di disciplina nel relativo codice (artt. da 1260 a 1267). Essa rientra nel novero delle modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio dal lato attivo e risponde all’esigenza di regolare le fattispecie nelle quali si debba trasferire non una cosa ma un diritto di credito. Dalla stessa esigenza è nata la possibilità di incorporare il credito in un documento, attuando la cessione con la semplice dazione del documento stesso: è il caso dei titoli di credito e, segnatamente, della cambiale. In particolare, l’art. 1260, primo comma, cod. civ., dispone che «Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge». L’art. 1264, primo comma, cod. civ. stabilisce che «La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata». A fianco della citata disciplina generale del codice, l’ordinamento civile prevede varie normative speciali, dirette a regolare determinate categorie di crediti. Si possono ricordare, oltre al settore dei titoli di credito cui dianzi si è fatto cenno, i crediti d’impresa per i quali la cessione è disciplinata dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52 (Disciplina della cessione dei crediti di impresa), le cui disposizioni sono richiamate dall’art. 117 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e l’articolata regolamentazione statale della cessione dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione (richiamata nell’ordinanza di rimessione e in narrativa). Con riferimento a tale ultima categoria di crediti, si deve sottolineare che le loro caratteristiche peculiari non giovano a sottrarli alla materia dell’ordinamento civile. Tali caratteristiche, infatti, attengono alla necessità di particolari requisiti di forma, oppure a talune deroghe alla disciplina stabilita dalle norme del codice civile, ma non incidono sullo schema legale della cessione e, soprattutto, non fanno venir meno la natura negoziale di essa”.

[13] L’applicabilità della disciplina di alcune previsioni della legge n. 52/1991 è stata estesa alle cessioni di crediti aventi natura analoga a quelli definiti dall’articolo 1 della legge factoring effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione in forza delle previsioni contenute nell’articolo 4 della legge 130/1999

[14] Cfr Cass. Civ., Sez. I, 21.12.2018, n. 33344, in Guida al diritto 2019, 21, 50.

[15] Pubblicata inForo it. 2009, 3, I, 896.

[16] Vedi anche Cass., n. 13075 del 2000 in Giust. civ. Mass. 2000, 2078; nonché Cass., n. 18610 del 2005,in Giust. civ. Mass. 2005, 9.

[17] Autorevole dottrina evidenzia che la motivazione, anche implicita, delle leggi presenti «una sua propria rilevanza giuridica […] agli effetti, principalmente, della interpretazione»: muovendo dal testo della norma allora collocata nell’art. 3 delle disposizioni preliminari al codice civile, che – impiegando una formula pressoché identica a quella ora presente nell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice del 1942 – dava rilievo all’intenzione del legislatore, tale dottrina è dell’avviso che la motivazione legislativa che possa qualificarsi come tale in senso proprio risulti idonea a vincolare l’opera dell’interprete, irrigidendo così «la naturale elasticità, mai però del tutto eliminabile, della interpretazione ed, in particolare, della interpretazione giudiziale» Così V. Crisafulli, Sulla motivazione degli atti legislativi, in Riv. dir. pubbl., 1937, I, 415 ss.

[18] Cfr TAR Campania, Napoli, Sez. I, 15.05.2019, n. 2583; Id., 27.03.2019, n. 1701, inedite e disponibili sul sito www.giustizia-ammistrativa.it.

[19] Inedita, disponibile sul sito www.giustizia-ammistrativa.it.

[20] L’accreditamento istituzionale richiede l’osservanza di standard qualitativi ulteriori rispetto a quelli necessari per il rilascio dell’autorizzazione e, quindi, si pone come un atto di abilitazione di secondo grado, essendo riferito all’attività e, più precisamente, all’accertata qualità delle prestazioni erogate (cfr T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 23.01.2017, n. 454).

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