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NPL

NPLs secured in Italia: profili e problematiche valutative dei soggetti specializzati nell’acquisto mirato e nella gestione giudiziale

16 Marzo 2016

Carlo Felice Maggi, Dipartimento di Management, Università di Torino, Stefano Angelino, Board Members, SUITS NPL Tailored Investments

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione

Nel mercato creditizio italiano si sono create e vi sono tuttora condizioni complesse di accesso al credito e di sostenibilità del debito. La causa di ciò si può trovare in parte nel permanere di aspettative prudenti se non negative sui redditi futuri, dipendenti da una ripresa economica attuale e attesa ancora troppo flebile e instabile. La conclusione del 2015 ha portato alcuni timidi dati positivi in merito alla concessione di credito di Italia, ma ciò che appare sicuramente un dato strutturale, che continuerà a pesare sugli sviluppi futuri, è la netta riduzione riscontrata nei tassi di risparmio.

In parallelo, il mercato del real estate italiano sta mostrando i primi segnali di ripresa, localizzati principalmente nelle grandi città, dopo una crisi constante e prolungata di 7 anni che ha portato ad una riduzione del numero di transazioni del 53,6%. Nello specifico, il numero di transazioni normalizzate del comparto residenziale nel 2013 era sceso sotto il livello nel 1985, a 407.000 NTN (numero di transazioni normalizzate), per poi assistere ad un’inversione di tendenza nel 2014, con 421.000 compravendite[1]. In attesa dei dati ufficiali, anche per il 2015 sembra confermata questa macro-tendenza.

In tale contesto paiono evidenti le motivazioni che hanno spinto i soggetti specializzati a livello internazionale nell’acquisto e gestione di non performing loans ad acquistare volumi sempre maggiori di Npls secured italiani, andandosi a sommare alle realtà nazionali già attive da tempo nel settore.

Gli Npls italiani risultano essere molto appetibili per gli investitori esteri, sia da un punto di vista opportunistico, per le condizioni stesse del “terreno di gioco”, sia da un punto di vista “dimensionale”, poiché le sole sofferenze lorde degli istituti della penisola sono arrivati nel novembre 2015 a superare la soglia psicologica di 200 miliardi, con un valore ufficiale di 201 mld di euro[2]. Di questa considerevole massa critica, circa il 40% è garantita quantomeno parzialmente da immobili. Non bisogna inoltre dimenticare che una considerevole parte dei restanti non-performing (incagli e ristrutturati in primis), come anche una parte dei crediti in bonis, sono fisiologicamente destinati in tale contesto a trasformarsi in ulteriori sofferenze nei prossimi anni.

La maggior parte dei crediti deteriorati che si vendono nel mercato sono rappresentati da crediti al consumo con un prezzo che si aggira tra l’1% e il 6% del valore nominale. I crediti secured invece, negli anni passati marginalmente ceduti, stanno diventando sempre più oggetto d’interesse dei maggiori players del settore.

La causa della storica sterilità di tale particolare mercato risiede nell’elevato bid-ask spread che l’ha sempre caratterizzato. Questo mismatching tra domanda e offerta deriva soprattutto dalla riluttanza delle banche italiane ad iscrivere perdite definitive a bilancio su poste in parte o totalmente garantite, oltre che dall’elevato IRR richiesto dagli investitori. Il rendimento richiesto però è sempre apparso giustificato in larga parte dalla complessità e dalle forti incertezze derivanti dalla procedura di esecuzione immobiliare italiana, influenti sia sui tempi che sui valori di recupero.

Gli interventi di Banca d’Italia e della BCE hanno favorito una diminuzione del divario, poiché le banche italiane hanno dovuto iniziare a svalutare maggiormente i crediti deteriorati. Tali maggiori accantonamenti, uniti ad una seppur lieve diminuzione dei rendimenti attesi dagli investitori, hanno quindi comportato un maggior avvicinamento tra domanda e offerta, permettendo il closing di un sempre maggior numero di contratti.

Inoltre, il recente cammino iniziato dal Governo Italiano atto a semplificare e velocizzare il processo di recupero del credito deteriorato[3] e la ricerca di una strategia condivisa con l’UE in materia di smaltimento di Npls (con la garanzia pubblica sulle tranche senior di cartolarizzazioni di crediti non performing – Gacs), sono ulteriori passi avanti nella riduzione del bid-ask spread.

2. Metodologia di ricerca

Il presente studio mira all’individuazione degli elementi che influiscono sul pricing di NPLs Secured, diversi da quelli strettamente legati all’estimo immobiliare (relativo all’immobile ipotecato); gli aspetti indagati sono quelli maggiormente influenzati sia dalla normativa in materia di esecuzioni, sia dalla prassi e dalle eccezioni riscontrabili nel processo esecutivo.

Oggetto di analisi è quindi la valutazione finalizzata all’acquisto di NPLs Secured con a monte una procedura di esecuzione immobiliare già avviata, ceduti a titolo oneroso da Istituti di Credito, che spesso non possiedono le risorse o le conoscenze necessarie a seguire tutte le fasi del recupero (totale o parziale) del credito. L’approccio non è quello dell’acquisto di portafogli di grosse dimensioni e fortemente disomogenei, bensì la ricerca del singolo credito ipotecario – o pool di crediti strettamente selezionati – con a garanzia immobili di pregio e/o commerciabilità elevati. A supporto delle considerazioni esposte nel prosieguo, saranno presentati alcuni dati aggregati, relativi alle aggiudicazioni in aste giudiziarie immobiliari, al fine di meglio comprendere le dinamiche in atto nella realtà italiana.

Obbiettivo finale del lavoro è quello di delineare un modello valutativo di NPL Secured che, con le dovute ponderazioni derivanti dagli aspetti prettamente soggettivi del singolo caso, possa fornire agli operatori specializzati del settore una tecnica valutativa e decisionale chiara e il più possibile standardizzata.

La metodologia di ricerca utilizzata unisce un lavoro di studio teorico di dati, normative e regolamenti in materia di cessione crediti e esecuzioni immobiliari, a conoscenze ed esperienze acquisite nella collaborazione con società operanti nella valutazione, acquisto e gestione di crediti deteriorati garantiti da immobili.

Dovendo trattare per l’acquisto di NPLs Secured, risulta di aiuto la consapevolezza delle motivazioni che stanno alla base della cessione da parte degli istituti creditizi di assets deteriorati a terzi; inoltre, andando a considerare quegli attivi già sotto procedura esecutiva, diventa un presupposto fondamentale la comprensione a livello professionale del processo di vendita forzata normato dal diritto italiano, come anche le prassi, le differenze e le eccezioni che contraddistinguono i vari Tribunali italiani. La stima di alcuni parametri necessari alla valutazione di convenienza economica e finanziaria dell’operazione di acquisto del credito che si vuole porre in essere, legati appunto alla vendita all’asta del bene, come si vedrà può rivelarsi difficoltosa, oltre che estremamente aleatoria. La capacità di stimare altre variabili invece può essere affinata attraverso l’esperienza e lo studio degli aspetti legislativi, degli andamenti del libero mercato, delle statistiche, delle prassi utilizzate nei singoli Tribunali ed attraverso la gestione ottimale dei canali informativi a disposizione dei soggetti interessati all’acquisto.

3. Le motivazioni alla base della cessione di crediti deteriorati garantiti

In situazioni congiunturali come quella attuale, caratterizzata cioè da una crescita economica debole, dalla contrazione della redditività del settore bancario, dalla stretta dei vincoli normativi e dall’aumento delle sofferenze del sistema, gli intermediari finanziari creditizi si trovano a dover affrontare volumi di crediti deteriorati in continuo e inesorabile aumento. La gestione di tali asset, nello specifico la componente secured, comporta un notevole impiego di risorse, con l’applicazione di strumenti di monitoraggio e di previsione delle performance, skills in ambito Real Estate, un sistema informativo adeguato e una notevole focalizzazione sugli aspetti legali, in primis derivanti dall’interazione con la procedura esecutiva.

Di conseguenza, gli istituti creditizi, attraverso la cessione a terzi di poste deteriorate, possono ottenere benefici in quattro differenti direzioni:

3.1 Risorse e organizzazione necessarie alla gestione

Per la gestione delle posizioni problematiche l’istituto bancario, soprattutto se non di notevoli dimensioni, è costretto ad effettuare ingenti investimenti e riorganizzazioni al fine di creare delle aree gestionali non-core con un’elevata focalizzazione sugli NPL. In tal senso la banca si trova a dover implementare le risorse legali, anche e soprattutto per la gestione delle procedure esecutive, creare delle strutture apposite e assumere personale specializzato che si occupi della valutazione delle garanzie prestate e che decida quale modello operativo applicare al singolo caso. Per ovviare a tale problematica molti istituti di medio/piccole dimensioni optano per la gestione in outsourcing, ma spesso la complessità organizzativa necessaria all’impostazione di tale servizio scoraggia il proseguimento e conduce a valutare l’opzione della cessione.

3.2 Requisiti di bilancio introdotti dalla Vigilanza Bancaria

Cedendo asset deteriorati si abbassa il valore di Risk Weighted Asset[4] generato dall’attivo, comportando in tal modo una riduzione dell’ammontare di patrimonio di vigilanza richiesto dalle regole introdotte dal Comitato di Basilea. Questo processo permette all’istituto bancario di liberarsi di alcuni asset più rischiosi, “sbloccando” capitale e permettendo l’investimento in nuove attività con migliori performance.

Oltretutto, il miglioramento di alcuni parametri del Bilancio, anche se a discapito del consolidamento di perdite nello stesso, può produrre un effetto positivo sulla reputation dell’intermediario, verso cui i mercati potrebbero avere miglior riguardo.

3.3 Liquidità

Attraverso la cessione di crediti la banca “fa cassa”, riceve immediatamente liquidità che può investire in nuove attività più sicure a maggiormente profittevoli.

La vendita degli NPL da parte degli istituti di credito, negli altri paesi europei, è risultata strategica per la ripartenza dell’economia del Paese stesso e per il finanziamento di nuove iniziative. Infatti, la vendita di asset problematici consente agli istituti di credito di generare liquidità da destinare a nuovi investimenti, oltre all’immediata riduzione delle spese di gestione delle poste deteriorate.

Nel caso poi di asset assistiti da garanzie immobiliari, il ricorso alla procedura esecutiva può comportare l’attesa di svariati anni prima di poter ottenere un recupero monetario, comunque tendenzialmente molto più basso dell’effettivo valore della garanzia venduta forzatamente. Le forti disomogeneità ed eccezioni riscontrabili a livello dei vari Tribunali italiani poi, aumentano ancora di più la richiesta di personale dedicato e strutture legali efficienti.

3.4 Consolidamento di perdite

In una situazione di forte incertezza economica, le previsioni di svalutazioni sui crediti possono col tempo peggiorare. Consolidando posizioni in perdita comunque già accertate, dato il conclamato stato d’insolvenza del debitore, si evita l’eventuale ulteriore deterioramento che si potrebbe avere nel tempo.

La cessione quindi può avvenire per motivazioni differenti, ma sicuramente la complessità della procedura esecutiva italiana, la quale arriva a superare spesso i cinque anni per giungere a termine, assume un ruolo fondamentale nella decisione di cessione.

4. Procedimento di esecuzione immobiliare italiano – Fondamenti

La procedura di esecuzione immobiliare avviene attraverso tre distinte macro-fasi: pignoramento, vendita o assegnazione del bene pignorato, distribuzione del ricavato. Esso ha come finalità l’attuazione coattiva di un diritto già accertato. I soggetti minimi coinvolti nel rapporto processuale sono il creditore, il debitore e l’organo esecutivo, ai quali poi si aggiungono alte figure altrettanto importanti quali il custode del bene pignorato, il perito incaricato della valutazione del bene e il delegato alla vendita, nel caso in cui il giudice decida di delegare le operazioni di vendita.

Tralasciando le fasi iniziali del processo, qui si vuole accennare al momento della vendita forzata dell’immobile, momento in cui si concretizza l’entità del recupero sul credito.

La vendita in asta promossa dalla procedura esecutiva può essere divisa in due fasi: vendita con incanto e vendita senza incanto. La fase senza incanto precede sempre quella con incanto, che è pertanto eventuale e successiva. Il giudice (o il professionista delegato alla vendita) deciderà di mettere il bene in vendita alla cifra che riterrà più congrua, anche se si baserà quasi sempre su quanto indicato dalla perizia di valutazione precedentemente commissionata, e fisserà le date per le due fasi del medesimo esperimento d’asta. La più evidente differenza procedurale è che la fase senza incanto si svolge attraverso la presentazione delle offerte, irrevocabili e vincolanti, in busta chiusa, e l’eventuale aggiudicazione del bene è definitiva. Il prezzo di base d’asta invece, nella maggior parte dei casi è uguale per entrambe le fasi, mentre verrà decurtato di una percentuale variabile (di norma intorno al 25%) nel caso in cui entrambe le fasi di vendita siano prive di offerenti (deserte); in tale evenienza quindi, il giudice o il delegato fisseranno un nuovo esperimento di vendita completo.

Le recenti modificazioni normative introdotte dalla legge 132 del 6 agosto 2015, hanno inoltre apportato un’importante novità che nel futuro inciderà con ogni probabilità sui tempi necessari per giungere all’aggiudicazione del bene: l’offerente ha la possibilità di proporre un prezzo di acquisto fino al 25% inferiore rispetto alla base d’asta fissata (“offerta minima”).

5. Analisi di un campione di aggiudicazioni in asta

Attualmente in Italia non è presente un sistema di rilevazione unificato relativo ai dati delle aste immobiliari giudiziarie. Il reperimento di talune informazioni sulle aggiudicazioni risulta ancora, seppur con lievi miglioramenti rispetto al passato, difficoltoso e in alcuni casi impossibile per chi non è coinvolto direttamente nella relativa procedura esecutiva.

I dati qui presentati rappresentano un campione di rilevazioni su procedure esecutive conclusesi con un’aggiudicazione, avvenute tra gennaio 2011 e gennaio 2015. Nello specifico, dopo aver eliminato le posizioni outliers (immobili di eccessivo o esiguo dimensionamento, ubicati in aree con mercati locali sottosviluppati, con valori di CTU inferiori ad euro 50.000 o superiori ad euro 3.000.000 e con accertate e pregiudizievoli problematiche relative allo stato dell’immobile, agli aspetti giuridici o alla situazione occupazionale), ne sono state selezionate 495, di cui è stato possibile reperire tutti i dati di interesse, quali tipologia e destinazione del bene, ubicazione del bene, stato di conservazione, base d’asta dell’ultimo esperimento di vendita tenuto, importo e data di valutazione condotta dal perito del Tribunale, importo e data di aggiudicazione, metri quadri dell’immobile[5].

Il tempo medio intercorrente tra la data di valutazione dell’immobile da parte del CTU e la successiva aggiudicazione in asta dello stesso si attesta a livello nazionale a 1000 giorni (Grafico 3.1), ovvero 2 anni 9 mesi e 15 giorni, con una conseguente perdita di significatività del valore di stima iniziale.


Grafico 3.1. Media di giorni intercorrenti tra la data di valutazione dell’immobile e l’aggiudicazione in asta a livello regionale

 

Questo “distaccamento” avviene soprattutto per le variazioni che inevitabilmente intervengono nel mercato immobiliare, esposto da sempre a forti movimenti ciclici, amplificati negli anni recenti dalle difficoltà dell’intera economia.

L’ampio lasso di tempo che trascorre tra la valutazione del perito e l’aggiudicazione dell’immobile si traduce quindi in una marcata svalutazione che si riscontra confrontando i due valori osservati, con uno sconto medio che scaturisce dall’intero campione tra il prezzo di aggiudicazione e la valutazione del perito incaricato del 36% (Grafico 3.2).


Grafico 3.2. Sconto medio del prezzo di aggiudicazione rispetto al valore di perizia a livello regionale

 

Infine, il numero medio di esperimenti d’asta necessari a giungere all’aggiudicazione – ipotizzando la prima asta con base di partenza uguale al valore di perizia e le successive decurtate progressivamente del 25% – è di tre aste (Grafico 3.3).


Grafico 3.3. Stima del numero di esperimenti d’asta necessari per giungere all’aggiudicazione a livello regionale

 

Da questi dati si possono effettuare alcune considerazioni:

  1. Il tempo intercorrente tra la data di valutazione del perito e la data di aggiudicazione del bene, misura indicativa della “lunghezza” del processo di vendita forzata, può essere molto variabile; Il gap riscontrabile tra la Lombardia e il Lazio è di quasi un anno, valore che nel calcolo della convenienza economico-finanziaria dell’acquisto di un credito deteriorato assume una rilevanza non di poco conto.
  2. La differenza tra il valore “di partenza” e quello “di arrivo” è influenzato solo marginalmente dalla velocità della procedura, poiché risulta anche dipendente da altri fattori che verranno esposti in seguito; ad esempio, in Emilia Romagna, pur avendo una durata media superiore ai 1.000 giorni, il gap tra valore di perizia e prezzo di aggiudicazione è sotto il 34%.
  3. Le uniche Regioni analizzate in cui la media di esperimenti necessari all’aggiudicazione è inferiore a 3 sono Lombardia, Toscana e Emilia Romagna; in ogni caso, parlando di immobili con un grado di “appetibilità” medio-alto sotto tutti gli aspetti, normalmente si giunge alla terza asta – ribasso del 44% rispetto alla valutazione del perito – per poi spesso assistere a fasi di rilancio più o meno sostenute.

6. Le variabili che influiscono sul prezzo di aggiudicazione

Da cosa è determinato quindi questo considerevole “sconto”? Come si è già accennato, gli andamenti del mercato immobiliare sicuramente sono il fattore preponderante, ma qui si vogliono mettere in luce quegli altri aspetti più legati alla procedura esecutiva e al contesto sociale che spesso vengono trascurati.

In primo luogo bisogna considerare le criticità proprie del mercato coattivo: l’azione espropriativa, soprattutto nell’eventualità che essa avvenga sulla prima e unica casa del debitore, genera dinamiche e problematiche che nel libero mercato non esistono. Le considerazioni da fare sono quindi relative allo stato di occupazione del bene – libero da cose o persone, occupato senza titolo, occupato con titolo opponibile alla procedura – e al suo stato di conservazione. L’immobile spesso si trova occupato ormai senza titolo dal debitore, il quale con la procedura esecutiva è diventato un “mero detentore” del bene posto in asta. La liberazione del bene, che con il decreto ingiuntivo dovrebbe essere agevole, può diventare di non facile attuazione. In molti casi chi, oppresso dai debiti e senza più fonti di reddito, si vede ingiungere l’abbandono della casa in cui abita, può essere spinto ad ostacolare la vendita forzata, arrivando a compiere gesti più o meno “estremi”, perché dettati dalla disperazione. Quindi il debitore spesso – irrazionalmente – non considera il proprio interesse affinché il bene venga venduto al massimo prezzo possibile, liberandolo al meglio della sua obbligazione; così esso può tendere a trascurare o danneggiare l’immobile, peggiorandone inevitabilmente lo stato di conservazione o ritardandone la liberazione.

Questi però risultano rischi insiti nella natura stessa del fenomeno, difficilmente ottimizzabili o eliminabili, che devono comunque esser, per quanto possibile, presi in considerazione.

Si possono invece stimare alcuni elementi derivanti dalle prassi e dai regolamenti procedurali, anch’essi fondamentali nella determinazione del prezzo, per cui si riscontra una tendenziale disomogeneità geografica.

In primo luogo, l’esperto che riceve l’incarico dal giudice per la redazione di una perizia di stima sull’immobile sottoposto a procedura, in alcuni casi fornisce un lavoro incompleto, o costruito su valori ormai superati dal mercato. Il custode del bene invece, che dovrebbe promuovere la vendita del bene subastato – una sorta di “agente commerciale” – può non essere così ben disposto alla concessione di visite del bene, momento fondamentale al potenziale acquirente per valutare l’acquisto. Ancora capita che il delegato alla vendita non sia assolutamente informato sul cespite posto in asta o addirittura si rifiuti di fornire informazioni basilari in merito alla procedura esecutiva. Appare quindi essenziale per stimare il probabile valore di aggiudicazione di un immobile subastato, conoscere la disponibilità e la preparazione degli attori coinvolti nella procedura, che inevitabilmente influiranno in parte sul buon esito della vendita.

Eccoci giunti all’ultima variabile da prendere in considerazione: il tempo. I dati mostrati in precedenza hanno posto in evidenza come, a livello regionale, il processo di vendita forzata può durare anche due anni in più arrivando comunque pressappoco allo stesso risultato. Come si è detto l’esperimento d’asta viene spesso diviso in due fasi, quella senza incanto e quella con incanto, bandite allo stesso prezzo di base d’asta e con un ragionevole, ma non eccessivo, lasso di tempo intercorrente tra le due. In alcuni Tribunali, tali due fasi possono essere svolte anche consequenzialmente oppure a valori di base d’asta variatamente differenti. Altri elementi di forte discrezionalità legati al parametro temporale riguardano il tempo concesso all’aggiudicatario per saldare il prezzo offerto, che può andare dai 10 ai 120 giorni, e il tempo intercorrente tra un esperimento di vendita andato deserto e la fissazione del successivo ad un prezzo più basso, quest’ultimo a completa discrezionalità di giudice e delegato.

La variabilità di questi parametri, anche se alcuni influenzati pesantemente dalla situazione particolare propria di ogni singola procedura, trova degli elementi comuni a livello di Tribunale competente. L’ampio potere discrezionale concesso agli attori coinvolti della procedura può andare a incidere sia sui valori di aggiudicazione, sia soprattutto sui tempi necessari al parziale recupero del credito. L’abilità di chi valuta un credito ipotecario sotto procedura esecutiva sta quindi nel comprendere in che modo tempi e valori verranno influenzati, da una parte dalle caratteristiche specifiche del caso, dall’altra dal generale contesto proprio del Tribunale di competenza.

7. Pricing di un singolo credito ipotecario di primo grado

Il processo valutativo, come chiaramente si può intuire, rappresenta una fase fondamentale e “strategica” per le società che si occupano dell’acquisto, della gestione e della valorizzazione di crediti (o portafogli di crediti) non performanti garantiti da immobili.

Le successive possibilità di gestione sono differenti, dalla via giudiziale agli accordi stragiudiziali – “saldo e stralcio” o vendita consensuale – fino alla strategie di “Repossessed” tramite l’istituto dell’assegnazione ho l’intervento per mezzo di società immobiliare collegata (Re.O.Co), ma in questa sede verrà analizzata esclusivamente la prima opzione.

Per i crediti ipotecari di cui s’intenda seguire la strada del recupero mediante il naturare corso del processo di esecuzione immobiliare, gli elementi cardine necessari alla quantificazione di un corretto prezzo di acquisto sono due: il probabile prezzo di aggiudicazione e il tempo che sarà necessario per incassare il ricavato netto della vendita forzata.

Partendo dal primo elemento, la stima del probabile prezzo di aggiudicazione si basa sia sulla mera valutazione del cespite a garanzia del credito, sia sull’analisi della situazione creditoria e della realtà giudiziale in cui esso è inserito. Occorre sempre partire dal presupposto che anche i possibili acquirenti faranno sull’immobile le stesse verifiche e valutazioni poste in essere da chi è interessato all’acquisto del credito.

7.1 La valutazione a libero mercato

Una volta selezionato il credito ipotecario d’interesse, occorre procedere innanzitutto con la valutazione del sottostante in ipotesi di vendita sul libero mercato. Partendo dalla documentazione messa a disposizione dalla procedura si iniziano a raccogliere le informazioni necessarie per la quantificazione del valore del cespite immobiliare a garanzia della posta deteriorata.

Tale prima fase necessita dell’intervento di personale specializzato nel mercato real estate, che abbia una consolidata esperienza nel campo e che sia continuamente informato sulle effettive transazioni che avvengono nel mercato locale. Queste figure, dopo aver acquisito tutte le informazioni rese pubbliche dagli organi della procedura – prime fra tutte quelle contenute nella CTU -, si occupano di prendere contatto con il delegato alla vendita e il custode, di fissare il sopralluogo del bene e di compiere le opportune verifiche urbanistiche e catastali per confermare quanto emerso dalla documentazione procedurale. Le comunicazioni con i referenti della procedura hanno lo scopo di ottenere alcune informazioni “aggiornate” rispetto a quanto scritto nei documenti, che potrebbero essere di non più recente redazione.

Una volta ottenuto il quadro generale della situazione e dopo aver preso visone del bene, si procederà alla quantificazione del cosiddetto Open Market Value (OMV), ovvero il valore del bene nell’ipotesi di libera vendita promossa del proprietario. E’ indubbio come in tale fase acquisisca fondamentale importanza l’esperienza e il radicamento sul territorio di chi effettua la valutazione. Oltre a questo fondamentale driver è possibile trovare conferme attraverso la comparazione con immobili simili e limitrofi, posti in vendita nei principali canali informatici e non, considerando sempre che i prezzi dell’offerta non sempre corrispondono ai relativi valori di chiusura.

7.2 Due Diligence e stima del “Judicial Market Value”

Avendo stimato l’OMV, il passo successivo è quello di quantificare il valore del bene nel contesto in cui si trova. La Due Diligence identifica quel processo investigativo che viene messo in atto per analizzare a fondo valore, condizioni e rischi legati all’acquisto del bene. L’analisi quindi deve essere duplice: in primo luogo è concentrata sul credito – è il credito ad essere acquistato e non l’immobile – per poi spostarsi sul sottostante. Da un lato si procede a verificare la titolarità del credito in esame, l’ammontare del Gross Book Value[6] (GBV) vantato dall’istituto creditore e le iscrizioni e trascrizioni gravanti sull’immobile posto a garanzia; dall’altro vengono analizzati gli aspetti legali, urbanistici, catastali, edilizi ed impiantistici, amministrativi e tributari del bene, attività multidisciplinare che necessità di risorse sia legali sia di formazione economico-finanziaria. Fondamentale risulta la verifica degli aspetti ipotecari e delle formalità pregiudizievoli attraverso una visura ipotecaria, per verificare che i dati espressi dalla CTU siano aggiornati. La presenza di convenzioni urbanistiche, contratti di locazione o altri diritti di godimento di terzi, trascrizioni di preliminari o fondi patrimoniali, cause legali in corso e altre formalità pregiudizievoli, potrebbero limitare o addirittura impedire il godimento del bene.

Cercando di semplificare l’argomento sicuramente complesso, l’analisi sul credito è necessaria per verificare l’assenza di elementi “anomali” che potrebbero ostacolarne il recupero, oltre che per quantificare l’effettivo ammontare del credito; l’analisi sull’immobile invece appare fondamentale per “replicare” il percorso che ogni attento e prudente potenziale acquirente dovrebbe fare prima di effettuare un’offerta.

In questo secondo percorso occorre aggiungere il peso degli elementi propri del mercato coattivo in parte già introdotti, ovvero la situazione occupazionale del bene, la disponibilità e preparazione delle figure coinvolte attivamente nella gestione della procedura, la qualità/completezza delle informazioni rese pubbliche e i tempi e modi attraverso cui la pubblicità viene effettuata.

Unendo e ponderando opportunamente tutte le informazioni e le considerazioni effettuate in relazione al cespite immobiliare sottostante, è possibile passare dall’OMV precedentemente calcolato, alla stima del Judicial Market Value (JMV). Tale valore rappresenta il valore atteso dalla vendita forzata, scontato rispetto al valore di mercato, avendo considerato tutti gli aspetti oggettivi e soggettivi propri della procedura di esecuzione immobiliare.

7.3 Considerazioni sull’influenza della procedura e stima del prezzo massimo di acquisto

Giunti alla stima del JMV, occorre compiere alcune considerazioni sullo fase in essere e sullo sviluppo prospettato della procedura esecutiva. L’ultimo passaggio per giungere alla quantificazione del prezzo di acquisto che si andrà a proporre all’istituto finanziario, prende in considerazione una fondamentale varabile per ora solo marginalmente trattata: il parametro temporale. Nell’ipotesi in cui il GBV del credito ipotecario di primo grado sia capiente, ovvero copra interamente lo stimato prezzo di realizzo netto risultante dalla vendita forzata in asta, il processo di valutazione giunge qui ad una fase cruciale: occorre stimare quale sia il tempo di recupero necessario. Tale stima si basa sul calcolo del numero di aste necessarie a giungere all’aggiudicazione del bene e sul tempo intercorrente tra esse, che, come precedentemente accennato, risulta in parte influenzato dalla prassi utilizzata nel singolo Tribunale di pertinenza. Di seguito viene proposta una metodologia che può porsi come linea guida per la stima del prezzo di acquisto, essendo nota la base d’asta corrente e il JMV del sottostante al credito sotto analisi. Innanzi tutto si procede a stimare il numero di aste necessarie a giungere all’aggiudicazione del bene:

Dove:

  • è il numero di aste necessarie a giungere all’aggiudicazione.
  • B A è la base d’asta attuale, ovvero il prezzo base del prossimo esperimento di vendita in programma che, in caso non sia ancora stata celebrata alcuna asta, risulta di norma il valore espresso dal Consulente Tecnico di Ufficio in sede di valutazione. Si ricorda che con le recenti modificazioni alla normativa in vigore, tale valore deve essere sostituito dall’offerta minima presentabile, di norma inferiore del 25% rispetto al valore di base d’asta.
  • JMV è il valore di vendita coattiva dal bene precedentemente quantificato.
  • log(1,25) si basa sull’ipotesi, non sempre confermata, che ad ogni esperimento d’asta ulteriore (in caso di vendite andate deserte) si applichi uno sconto del 25% rispetto alla base d’asta della precedente vendita. Sempre per effetto delle recenti modificazioni normative, tale parametro può assumere valori maggiori fino ad arrivare a log(1,44), nell’ipotesi che il giudice fissi una nuova asta successiva a quella deserta con una base d’asta ribassata del 25% e la possibilità di offrire fino al 75% della base d’asta stessa. La fissazione di tale parametro deve quindi prendere in considerazione le prassi utilizzate presso il tribunale di competenza.

Il risultato dell’equazione dovrà essere arrotondato per eccesso. Facendo un esempio, un valore di 2,30 starà ad indicare un’aggiudicazione stimata alla terza asta a partire da quella attuale con dei decisi rilanci.

Ottenuto il numero atteso di aste necessarie per giungere all’aggiudicazione, occorre stimare il tempo intercorrente tra un esperimento andato deserto e la fissazione del successivo. Tale parametro risulta il più difficile da stimare, essendo influenzato sia da prassi e regolamenti locali, sia dalla normativa generale, sia ancora dal rapporto specifico tra debitore e creditore. Il creditore stesso può, attraverso l’attività legale, influire sui tempi della procedura, sollecitando il giudice o il delegato affinché vengano fissate date di vendita in tempi ragionevoli, o addirittura contestando decisioni che ledono i suoi interessi (come fissazioni ad elevata distanza temporale, oppure valori di base d’asta irragionevolmente bassi).

Il prezzo di acquisto da sottoporre all’istituto di credito può quindi essere calcolato attraverso la seguente equazione:

Dove:

  • è il prezzo obbiettivo di acquisto del credito (in ipotesi che il valore di recupero non sia capiente rispetto al GBV del credito acquistato).
  • JMV è il già presentato valore di vendita coattiva stimata.
  • è il tasso di rendimento (in regime di capitalizzazione semplice) che si pone come obiettivo dell’operazione, e rispecchia l’assunzione del rischio del cessionario che l’asta stimata non vada aggiudicata.
  • n* è il numero intero, arrotondato per eccesso, di aste che si stimano mancare all’aggiudicazione dell’immobile.
  • è il tempo ipotizzato tra un esperimento di vendita andato deserto e la fissazione del successivo ad un prezzo base d’asta decurtato. Tale parametro necessita per essere stimato, di una profonda conoscenza del caso specifico, oltre che di esperienza maturata nel campo dei procedimenti di esecuzione immobiliare.

8. Conclusioni

La cessione di portafogli NPL secured a soggetti specializzati nella relativa gestione e valorizzazione, rappresenta una valida alternativa operativa per gli istituti creditizi che, nel caso in cui la vendita avvenga ad un “fair price”, ne possono trarre considerevoli benefici.

D’altra parte, chi acquista tali crediti con l’obbiettivo di intraprendere o continuare l’azione giudiziale, dovrà considerare nella giusta misura tutti quegli aspetti della procedura esecutiva che maggiormente presentano caratteristiche di incostanza e aleatorietà. Tra questi, la marcata discrezionalità degli attori coinvolti attivamente nel processo esecutivo si ripercuote sia nei tempi che nei valori propri della vendita forzata e rappresenta tuttora una problematica complessa che necessiterebbe di una regolamentazione più stringente.

Inoltre, l’elevato numero di esperimenti necessari per giungere all’aggiudicazione si riflette inesorabilmente sui lunghi tempi necessari al recupero e in parte anche sul forte sconto a cui i beni vengono liquidati rispetto alle stime di inizio procedura. Tale problematica ha radici in questioni ben più profonde e complesse della difficoltà di vendita dei beni in un contesto recessivo e delle inefficienze presenti in una parte delle norme che regolano le vendite giudiziali. La difficoltà di accesso in ancora troppi casi alle informazioni riguardanti le aste immobiliari, la forte disomogeneità tra le prassi adottate dai singoli Tribunali su base nazionale, ma soprattutto la mancanza di una “cultura” dell’acquisto in asta e la quasi totale assenza di strumenti innovativi e accessibili di promozione delle aste, rendono questo particolare mercato ancora di troppo difficile accesso e conseguentemente i valori di realizzo, non di rado, arrivano ad essere scontati di oltre il 40% rispetto all’effettivo valore di mercato del bene al momento della vendita.

Le recenti modificazioni normative, introdotte in materia di procedure liquidatorie dalla legge 132 del 6 agosto 2015, hanno sicuramente rappresentato un importante passo in avanti per ovviare ad alcune di queste problematiche, seppur l’intervento sia stato focalizzato su specifiche variazioni procedurali e non abbia interessato un progetto più ampio di riforma.

Rimane l’auspicio che questo sia solo un primo passo verso un più completo rinnovamento ed efficientamento di tutto l’impianto normativo e procedurale, relativo alle procedure giudiziali di liquidazione, ma il recente dibattito sulla possibilità dell’inserimento di un patto marciano[7] nei nuovi contratti di mutuo, sembra indicare la volontà di aggirare le problematiche di questo particolare settore, per quanto riguarda le esecuzioni immobiliari, semplicemente limitandone al massimo l’utilizzo per il futuro.



[1] Cfr. Agenzia delle Entrate, Osservatorio del mercato immobiliare (2015), Rapporto Immobiliare 2015: il settore residenziale, Pubblicazioni OMI, 21 maggio 2015.

[2] Cfr. Associazione Bancaria Italiana (ABI), Economia e Mercati Finanziari – Creditizi, ABI Monthly Outlook, gennaio 2016.

[3] La riforma del diritto fallimentare entrata in vigore ad agosto 2015 (d.l. 83/2015 “Decreto Giustizia per la crescita” convertito con modificazione della legge 6 agosto 2015, n. 132) è intervenuta con alcune importanti modificazioni tra cui in primis la possibilità di offrire nelle aste giudiziali un prezzo del 25% inferiore rispetto alla base d’asta fissata (“offerta minima”) e in secondo luogo l’eventuale rateizzazione in massimo 12 mesi del pagamento del saldo prezzo.

[4] Le attività ponderate per il rischio, o Risk-Weighted Asset (RWA), rappresentano la sintesi dei principali fattori di rischio riconducibili a una data attività finanziaria. Tali fattori vengono contemplati allo scopo di “correggere” il valore nominale dell’attività in modo da poter esprimere una più appropriata misurazione del suo valore. La logica di inclusione del rischio all’interno del valore degli asset è quella di attribuire un coefficiente di ponderazione via via crescente all’aumentare della rischiosità stessa, in modo che il calcolo produca un incremento degli RWA all’aumentare del rischio delle attività, e via via decrescente al diminuire di essa.

[5] Sono state analizzate solo le Regioni per cui si sono potute raccogliere più di 30 osservazioni.

[6] Per Gross Book Value (GBV) si intende l’importo che la banca iscrive a sofferenza come somma totale dovuta dal debitore. In pratica, esso rappresenta una percentuale del credito erogato inizialmente, quella non ancora rimborsata, più interessi (anche di mora) e spese maturate nel periodo che intercorre tra il passaggio a sofferenza e l’avvio della procedura legale.

[7] Con una pronuncia del maggio del 2013, la Corte di cassazione ha statuito che il divieto del patto commissorio non attinge il patto marciano, giacché, in quest’ultimo, il trasferimento della proprietà della cosa data in garanzia a favore del creditore non si verifica se non a prezzo equo, sulla base di una stima imparziale posteriore all’inadempimento, con eventuale versamento di conguaglio.

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