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Dossier

Covid-19: sollevata questione di legittimità costituzionale della sospensione della prescrizione introdotta dal decreto cura Italia

4 Giugno 2020

Enrico Pezzi, dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, curriculum di diritto e procedura penale e filosofia del diritto, Università di Trento

Tribunale di Siena, 21 maggio 2020 – G.U. Spina

Di cosa si parla in questo articolo

Con le ordinanze in commento, il Tribunale di Siena ha sollevato la questione di “legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalità in materia penale, espresso dall’art. 25, comma 2, Cost. e, più in particolare, con il sotto-principio di irretroattività della legge penale sfavorevole al reo, là dove è previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali”.

Le ordinanze affrontano la questione dell’operatività delle garanzie costituzionali in materia penale nei confronti della prescrizione, istituto sul quale è intervenuto il D.L. n. 18/2020 (c.d. “cura Italia”), che ne ha determinato la sospensione per il periodo in cui sono stati sospesi tutti i termini processuali a causa dell’emergenza causata dal Covid-19 (9 marzo – 11 maggio 2020).

I due procedimenti da cui originano le ordinanze riguardano fatti contestati prima dell’entrata in vigore del D.L., che sarebbero dovuti cadere in prescrizione rispettivamente il 20 aprile ed il 16 maggio 2020. In forza del comma 4 dell’art. 83, tuttavia, il termine prescrizionale dovrebbe ritenersi sospeso per un tempo pari al periodo sopra menzionato (complessivamente di 63 giorni), con l’effetto di modificare in peius il regime della prescrizione di reati commessi prima dell’entrata in vigore del decreto.

Sul punto, il Tribunale di Siena da conto del fatto che la prescrizione è un istituto che può rientrante nel complesso degli elementi che presuppongono l’inflizione della pena (c.d. profilo statico della potestà punitiva), ovvero può essere considerata come causa o condizione di improcedibilità, la cui presenza paralizza l’esercizio dell’azione penale (c.d. profilo dinamico della potestà punitiva). Da tale qualificazione dipende conseguentemente la collocazione dell’istituto rispettivamente nella materia penale sostanziale, retta dal principio di irretroattività sfavorevole, ovvero in quella processuale, governata dal principio del tempus regit actum (l’adesione alla natura sostanziale è maggioritaria in dottrina e giurisprudenza: per una sintesi delle diverse posizioni, Romano, sub art. 157, in Commentario sistematico del codice penale, III, 1994, 59 ss. Cfr., ex multis,Giunta, Micheletti, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003; Morelli, La prescrizione del reato, i tempi del processo, l’autorità senza tempo, in RIDPP, 3/2019, 1599; Pulitanò, Tempi del processo e diritto penale sostanziale, in RIDPP, 2/2005, 507).

Attraverso un’articolata argomentazione, il rimettente sottolinea che la natura sostanziale della prescrizione risulta ampiamente riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale, la quale, pur evidenziandone la valenza anche processuale, ne ha affermato a più riprese la sottoposizione al principio di legalità ed ai suoi corollari (ex multis, C. cost., 30 luglio 2008, n. 324; 28 maggio 2014, n. 143; 13 dicembre 2017, n. 265), con una decisa presa di posizione in particolare nella ben nota vicenda Taricco (C. Cost., ord. 26 gennaio 2017, n. 24 e, in dottrina, Viganò, Legalità nazionale e legalità europea in materia penale: i difficili equilibrismi della corte di giustizia nella sentenza M.A.S, in RIDPP, 4/2017, 1281. La questione ha assunto particolare rilevanza specialmente con riferimento alla dottrina dei controlimiti, in relazione alla quale si rimanda, ex multis, a Cupelli, Il caso Taricco e il controlimite della riserva di legge in materia penale, in Giur. cost., 1/2016, 419).

Il giudice a quo, dopo aver rilevato che tali considerazioni involgono non solo l’istituto della prescrizione in senso stretto, bensì anche il suo regime modificativo (interruzione e sospensione), ha infine evidenziato l’impossibilità di fornire alla disciplina sospettata di incostituzionalità un significato compatibile con l’art. 25, c. 2 Cost. Nello specifico, ha escluso in primo luogo che l’art. 83 c. 4 costituisca una particolare applicazione di quanto già previsto dall’art. 159, c. 1 c.p., al quale andrebbe così ricollegato l’effetto sospensivo dei procedimenti in questione. Una simile ricostruzione negherebbe da un lato qualsiasi valenza innovativa all’art. 83, c. 4, finendo inoltre per equiparare la nozione di “rinvio di udienza” (art. 83) a quella di “sospensione del procedimento” (art. 159), che risulterebbero invece concetti distinti e non sovrapponibili (per una tesi che ritiene invece compatibili con il principio di irretroattività le modifiche del regime della prescrizione del reato che intervengano, come nel caso di specie, prima dello spirare del relativo termine, Gatta, “Lockdown” della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, in Sist. pen., 4 maggio 2020).

In secondo luogo, si esclude che la natura emergenziale del decreto “cura Italia” possa legittimare una deroga al principio espresso dall’art. 25 c. 2 Cost.: se è vero infatti che eccezioni possono essere poste al principio di retroattività favorevole, un simile risultato non può essere invece ammesso con riferimento al principio di irretroattività penale sfavorevole, efficacemente descritto dalla Consulta come un principio supremo, posto a tutela dei diritti inviolabili dell’individuo (C. cost., ord., 26 gennaio 2017, n. 24, in relazione alla vicenda Taricco).

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