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Dossier

Gli orientamenti della Commissione europea sul controllo degli investimenti esteri diretti e i golden powers rafforzati in tempo di pandemia

7 Luglio 2020

Rosanna Magliano

Sommario: 1. Premessa: lo “shock economico” causato dal Covid-19 e il controllo degli investimenti esteri diretti; 1.2 Ambito di applicazione del regolamento sul controllo degli IED che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione; 1.3 Segue: nuovi profili di coordinamento e cooperazione tra Stati membri; 1.4 Il caso italiano: d.l. Liquidità e l’ampliamento del golden power; 1.5 Effetti potenziali e conseguenze

1. Premessa: lo shock economico causato dal Covid-19 e il controllo degli investimenti esteri diretti

In un momento di drammatica crisi per la salute pubblica e di conseguente vulnerabilità dal punto di vista economico e dei mercati finanziari, la Commissione europea è intervenuta con una Comunicazione in tema di orientamenti sugli investimenti esteri diretti e sulla tutela delle attività strategiche europee in vista dell’applicazione del Regolamento 2019/452[1].

Le Istituzioni europee, in un momento storico che rappresenta un unicum per la sua tragicità, pur non volendo porre in discussione l’apertura dell’Unione agli investimenti esteri diretti, si preoccupano di assicurare che vengano preservate le imprese e le attività critiche dell’UE, in particolare in settori quali la sanità, la ricerca medica, le biotecnologie e le infrastrutture essenziali per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico [2].

L’esigenza che emerge è quella di cogliere le opportunità connesse alla capacità di attrarre risorse, minimizzando, al contempo, i rischi legati all’ingresso nel tessuto economico europeo di soggetti e capitali di provenienza extra-UE; il tutto in un’ottica di necessario bilanciamento, ove appare fondamentale comprendere eventuali interessi esteri sottesi ad acquisizioni societarie pericolose per l’interesse europeo in quanto volte a depredare le impresetarget, specie di tecnologie o segni distintivi.

L’ampia nozione di investimento estero diretto, che comprende investimenti di qualsiasi tipo aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra un finanziatore e l’impresa o l’imprenditore a cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica, ha fatto sì che negli anni, con la specifica finalità di far fronte alle potenziali ripercussioni delle acquisizioni transfrontaliere sulla sicurezza e sull’ordine pubblico, numerosi Stati membri, tra cui l’Italia, abbiano predisposto diversi meccanismi di controllo, riservandosi la facoltà di limitare quegli investimenti che potrebbero costituire una minaccia per i loro interessi essenziali, con particolare attenzione per le questioni del trasferimento di tecnologie verso l’estero e per la protezione della sicurezza nazionale.

Poiché in assenza di armonizzazione spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela dei loro legittimi interessi, tali strumenti, pur rappresentando teoricamente una restrizione alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento, sono comunque consentiti dal Trattato, purché non introducano discriminazioni basate sulla nazionalità, e possano essere giustificati da motivi di sicurezza e ordine pubblico nel rispetto del principio di proporzionalità e certezza del diritto[3].

E’ evidente che i rischi per le capacità strategiche dell’UE, intese in senso lato, possono essere esacerbati dalla volatilità dei mercati azionari europei e dall’abbassamento improvviso dei corsi azionari causato dall’attuale situazione economica; in tale contesto si accentua il ruolo delle attività strategiche che sono tanto essenziali per la sicurezza dell’Europa quanto struttura portante della sua economia, leva dalla quale ripartire per risollevare rapidamente le sorti dell’intera Unione[4].

La Commissione europea, pur prevedendo la temporaneità dello shock economico, riconosce la necessità di creare condizioni normative per garantire che esso sia il più breve possibile e che non provochi danni permanenti all’ economia dei singoli Stati membri e dell’Unione nel suo complesso;

al fine di assicurare che ciò non avvenga Essa sollecita gli Stati membri ad essere vigili e ad utilizzare tutti gli strumenti disponibili a livello nazionale e unionale per evitare una perdita di risorse e tecnologie critiche.

La responsabilità per il controllo degli Ied spetta agli Stati membri e le procedure di controllo si sostanziano in due tipi principali di meccanismo: quelli che richiedono agli investitori di notificare un investimento prima che venga effettuato, e che si basano su un sistema di autorizzazione preventiva, e quelli che prevedono un controllo successivo degli investimenti già in corso, con la possibilità per gli interessati di richiedere spontaneamente il controllo dell’investimento medesimo prima del suo completamento[5].

Tenuto conto che il controllo degli Ied dovrebbe prendere in considerazione gli effetti di un investimento sull’Unione europea nel suo insieme al fine di garantire che l’industria dell’Ue continui a disporre della sua capacità produttiva, la Commissione europea non solo invita gli Stati membri ad avvalersi appieno dei meccanismi di controllo degli IED per tenere conto di tutti i rischi per le infrastrutture sanitarie, per l’approvvigionamento di fattori produttivi e per altri settori ritenuti critici, come previsto nel quadro giuridico dell’Ue, ma sollecita quegli Stati membri che attualmente non dispongono di un meccanismo di controllo, o i cui meccanismi di controllo non riguardano tutte le operazioni pertinenti, a istituirne uno completo e, nel frattempo, ad avvalersi di tutte le altre opzioni disponibili per far fronte ai casi in cui l’acquisizione o il controllo di una determinata impresa, infrastruttura o tecnologia comporti un rischio per la sicurezza o l’ordine pubblico nell’UE[6].

La Commissione ricorda inoltre agli Stati membri le interdipendenze esistenti in un mercato integrato come quello europeo e invita tutti gli Stati membri a chiedere consulenza e a coordinarsi nei casi in cui gli investimenti esteri possano avere, attualmente o in futuro, effetti reali o potenziali sul mercato unico.

A norma del regolamento n. 452/2019[7], gli Stati membri possono adottare misure per impedire che un investitore estero acquisisca una società o ne assuma il controllo qualora tale acquisizione o controllo si traduca in una minaccia per la loro sicurezza o il loro ordine pubblico, anche nelle situazioni in cui tali minacce siano collegate a un’emergenza sanitaria.

Tra gli elementi di cui tenere conto in sede di controllo di un investimento estero, il regolamento fa esplicito riferimento ai rischi per le infrastrutture sanitarie critiche e per la fornitura di fattori produttivi critici, senza sottovalutare che nel mercato interno europeo i rischi posti da un investimento non si fermano necessariamente alle frontiere dello Stato membro in cui tale investimento viene realizzato.

Per questo motivo tale strumento normativo si propone come mezzo per rafforzare per la prima volta in maniera uniforme l’attitudine dell’Unione a rispondere alle sfide dell’economia globale. La valutazione di un’operazione di investimenti esteri diretti, se svolta unicamente nella prospettiva nazionale, rischia, da un lato, di non tener conto delle conseguenze sul mercato interno europeo dei beni e servizi e, dall’altro, di non prendere in considerazione, nei settori considerati, analoghe e contestuali operazioni in altri Stati membri con impatti sugli equilibri interni all’Unione [8].

Il problema tuttavia che resta irrisolto è comprendere la reale efficacia di misure che sembrano non avere una forza effettiva per assolvere alla funzione cui aspirano.

1.2 Ambito di applicazione del regolamento sul controllo degli IED che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione

Sembra opportuno chiedersi come potrà delinearsi il nuovo quadro normativo europeo in virtù della presenza oggi di uno strumento di regolamentazione uniforme che dovrebbe assolvere ad una funzione di garanzia e che costituirà un importante ausilio e complemento ai singoli meccanismi nazionali di controllo e screening degli investimenti esteri diretti.

Il regolamento 452/2019 è presentato dalle Istituzioni come mezzo efficace per individuare gli investimenti esteri potenzialmente rischiosi per beni, tecnologie e infrastrutture nonché per migliorare l’informazione in merito ad essi, consentendo agli Stati membri e alla Commissione di individuare e affrontare collettivamente le minacce per la sicurezza e l’ordine pubblico rappresentate dalle acquisizioni in settori sensibili[9].

I timori si sono concretizzati in seguito ad una serie di acquisizioni di importanti imprese europee capitanate da investitori esteri, aventi forti legami con i propri governi nazionali; il rischio, in ultima istanza, è che tali investimenti compromettano la sicurezza e l’ordine pubblico dell’Unione o dei suoi Stati membri in quanto la finalità potrebbe essere meramente predatoria.

Il regolamento si applica a tutti i settori dell’economia e non è soggetto ad alcuna soglia [10]; esso, pur conferendo agli Stati membri il potere di riesaminare gli investimenti che -per motivi di sicurezza o di ordine pubblico- potrebbero rappresentare un pericolo per l’Economia di un singolo Paese e per l’Unione, lascia che ricada solo sugli Stati membri interessati all’investimento la responsabilità ultima di tale riesame e, ove necessario, dell’adozione di misure volte a prevenire o sottoporre a condizioni gli investimenti rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento stesso [11].

La Commissione può rivolgere, allo Stato membro in cui ha luogo l’investimento, pareri tramite i quali vengono raccomandate azioni specifiche, in particolare quando esista il rischio che detto investimento incida su progetti e programmi di interesse per l’Unione.

Scopo ultimo è garantire la certezza del diritto per quanto riguarda i meccanismi di controllo degli Stati membri, nonché assicurare il coordinamento e la cooperazione a livello di Unione in merito al controllo degli investimenti esteri diretti che possano incidere sulla sicurezza e sull’ordine pubblico; tutto ciò, non pregiudicando la responsabilità esclusiva degli Stati membri per quanto riguarda la tutela della loro sicurezza nazionale, in conformità dell’art.4 paragrafo 2 TUE e la tutela degli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri conformemente all’art. 346 TFUE.

Il quadro emergente dalla normativa uniforme dovrebbe dotare gli Stati membri e la Commissione degli strumenti per affrontare in modo globale eventuali rischi e per adeguarsi al mutare delle circostanze, mantenendo nel contempo la necessaria flessibilità per consentire ai singoli Stati di controllare gli investimenti tenendo conto delle rispettive situazioni individuali e delle specificità nazionali.

1.3 Segue: nuovi profili di coordinamento e cooperazione tra Stati membri

L’articolo 3 del regolamento, nel definire i meccanismi di controllo degli Stati membri, precisa che ciascun Paese possa mantenere, modificare o adottare meccanismi per controllare gli investimenti esteri diretti nel proprio territorio per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, purché siano trasparenti e non operino discriminazioni tra Paesi terzi.

Tra i fattori che possono essere presi in considerazione per determinare se un investimento possa incidere sulla sicurezza o sull’ordine pubblico viene elencata un’ampia gamma di tipologie di investimenti che comprende anche gli effetti potenziali che potrebbero generarsi a livello di infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali, e che rientrino nei settori riguardanti l’energia, i trasporti, l’acqua, la salute, le comunicazioni, il trattamento o l’archiviazione dei dati, le infrastrutture aerospaziali, di difesa, elettorali o finanziarie, e le strutture sensibili, nonché gli investimenti in terreni e immobili fondamentali per l’utilizzo di tali infrastrutture.

Particolarmente rilevante per l’ampia gamma di tipologie che andrebbe a comprendere è il riferimento a tecnologie e a prodotti quali l’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, la cybersicurezza, le tecnologie aerospaziali, di difesa, di stoccaggio dell’energia, quantistica e nucleare, nonché le nanotecnologie e le biotecnologie.

Possono inoltre essere valutati profili connessi alla sicurezza dell’approvvigionamento dei fattori produttivi critici nonché la sicurezza alimentare, l’accesso alle informazioni sensibili e la libertà e il pluralismo dei media.

Tale elenco, che dovrebbe restare non esaustivo, nelle intenzioni del legislatore europeo dovrebbe essere utile a migliorare la trasparenza dei meccanismi di controllo degli Stati membri per gli investitori che stanno vagliando la possibilità di realizzare investimenti esteri diretti nell’Unione o che li hanno già realizzati.

Nel determinare se un investimento possa incidere sulla sicurezza o sull’ordine pubblico, gli Stati e la Commissione potranno tener conto della possibilità che l’investitore estero sia controllato, direttamente o indirettamente dall’amministrazione pubblica, inclusi organismi statali o forze armate, di un paese terzo, anche attraverso l’assetto proprietario o finanziamenti consistenti, e potranno considerare se sia già stato coinvolto in attività che incidono sulla sicurezza o sull’ordine pubblico in uno Stato membro o vi sia un grave rischio che l’investitore intraprenda attività illegali o criminali.

In particolare dovrebbe essere possibile tener conto del contesto e delle circostanze dell’investimento estero diretto, della possibilità che un investitore sia controllato direttamente o indirettamente, ad esempio attraverso finanziamenti consistenti e sovvenzioni, da parte del governo di un paese terzo, o persegua progetti o programmi all’estero a guida statale.

Il nucleo centrale del provvedimento sembrerebbe ruotare attorno al meccanismo di cooperazione delineato nell’art. 6 in relazione agli investimenti esteri diretti oggetto di un controllo in corso e nell’art. 7 per quegli investimenti non oggetto di un controllo in corso o già effettuati.

La nuova disciplina prevede che i singoli Stati membri notifichino alla Commissione e agli altri Stati membri tutti gli investimenti esteri diretti nel loro territorio che siano oggetto di un controllo in corso fornendo il prima possibile le informazioni che consentano di conoscere non solo l’assetto proprietario dell’investitore e dell’impresa in cui l’investimento è in programma o è stato realizzato, comprese informazioni sull’investitore finale e la partecipazione al capitale, ma anche il valore approssimativo dell’investimento, i prodotti, i servizi e le attività coinvolte ( ai sensi dell’art 9 del regolamento) [12].

Inoltre uno Stato membro, se ritiene che un investimento oggetto di un controllo in corso in un altro Stato possa incidere sulla propria sicurezza o sul proprio ordine pubblico, ovvero se dispone di informazioni pertinenti per tale controllo può formulare osservazioni allo Stato membro interessato, il quale a sua volta lo invia alla Commissione.

Quest’ultima, dopo aver notificato agli Stati membri in merito all’avvenuta formulazione di osservazioni, se ritiene che un investimento estero diretto oggetto di un controllo in corso possa incidere sulla sicurezza o sull’ordine pubblico in più di uno Stato membro, ovvero se dispone di informazioni pertinenti, può emettere un parere destinato allo Stato membro che effettua il controllo.

Tale parere può essere emesso indipendentemente dal fatto che altri Stati membri abbiano formulato osservazioni o a seguito della richiesta di almeno un terzo degli Stati membri che ritengano a rischio la propria sicurezza o il proprio ordine pubblico.

Se, eccezionalmente, lo Stato membro che effettua il controllo ritiene a rischio la sua sicurezza o il suo ordine pubblico può richiedere un’azione immediata, notificando agli altri Stati membri e alla Commissione la sua intenzione di emettere una decisione di controllo e motiva debitamente la necessità di un’azione immediata.

Per quanto concerne gli investimenti esteri diretti che possano incidere su progetti o programmi di interesse per l’Unione intera, la Commissione può emettere un parere destinato allo Stato membro in cui l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato; quest’ultimo lo prende nella “massima considerazione” ed è tenuto a fornire una spiegazione qualora non lo segua[13].

Quello che verrebbe a delinearsi sembrerebbe essere un quadro normativo europeo rinnovato che, promuovendo un’azione sinergica tra Stati membri e Commissione, in conformità del dovere di leale cooperazione di cui all’articolo 4, par. 3 del TUE permetta di controllare gli Ied per tutelare interessi strategici europei ma nell’assoluto rispetto della sovranità nazionale.

Il profilo che occorre sottolineare, e che può essere considerato il punto debole dell’intera disciplina, è che sebbene attraverso tale meccanismo di cooperazione la Commissione e gli Stati membri diversi da quello di destinazione dell’investimento potranno emettere pareri e commenti che saranno tenuti in considerazione ( talvolta “debita” e talaltra “massima” ), lo Stato di destinazione sarà comunque l’unico a poter decidere se consentire o meno l’investimento nel proprio territorio, dovendo fornire una spiegazione quando decida di non conformarsi ai pareri espressi dalla Commissione.

Tale meccanismo di cooperazione dovrebbe inoltre consentire una discussione approfondita tra gli Stati membri e la Commissione e un migliore coordinamento delle decisioni di controllo adottate dagli Stati membri interessati.

La delineata prospettiva di collaborazione spiega perché non si imponga agli Stati membri di adottare o mantenere un meccanismo di controllo uniformato: il suo obiettivo è creare un quadro favorevole per i Paesi che già dispongano di un meccanismo di controllo o che desiderino adottarne uno, e assicurare che tale meccanismo soddisfi alcuni requisiti essenziali, quali la possibilità di ricorso contro le decisioni, la non discriminazione tra diversi Paesi terzi e la trasparenza [14].

Il momento attuale appare particolarmente delicato e le Istituzioni europee, che hanno da affrontare le nuove sfide che giungono non solo dalla globalizzazione ma anche dalla crisi pandemica, dovranno saper trovare un punto di equilibrio tra interessi dei singoli Paesi ed esigenze politiche e finanziarie dell’Unione intera.

Ai sensi del Regolamento ogni Stato membro dovrà notificare alla Commissione i propri meccanismi interni di controllo esistenti ed ogni nuovo meccanismo adottato entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore.

Ovviamente il bilanciamento degli interessi da effettuare richiede la massima cautela ove si consideri che da un lato è da salvaguardare e garantire la tutela dell’interesse nazionale ma contemporaneamente non si debbono legittimare interventi e politiche dei singoli Stati membri non consentiti dal quadro normativo dell’Unione.

Uno dei nodi rimasti irrisolti è comunque rappresentato dalla mancanza di reciprocità nella circolazione dei capitali per cui un investimento europeo verso alcuni paesi esteri continua ad incontrare molti più ostacoli rispetto ad un analogo investimento verso l’Europa.

Sembra si possa affermare che l’approccio del legislatore europeo pur avendo utilizzato uno strumento di disciplina uniforme come appunto il regolamento, in realtà sia stato intenzionato a realizzare una sorta di cornice entro la quale far convivere i singoli meccanismi di controllo di ciascuno Stato membro. In ultima istanza le decisioni restano in capo ai singoli Stati ma il dialogo e lo scambio di informazioni si infittisce forse nell’acquisita consapevolezza che, di fronte alle potenze rappresentate dai grandi competitors esteri, un’Europa coesa potrebbe essere considerata interlocutore qualificato.

1.4 Il caso italiano: d.l. Liquidità e l’ampliamento del golden power

La diffusione della pandemia ha fatto sì che in seguito alla crisi economica e finanziaria al complesso quadro normativo nazionale e ai poteri etichettati come golden power [15] si sia aggiunto il recente intervento contenuto negli articoli 15 e 16 del d.l. 8 aprile 2020, n.23, c.d. Decreto Liquidità [16], convertito con la legge di conversione n.40/2020. Tali disposizioni intervengono modificando, in parte il dettato dell’art. 4 bis, del d.l. 21 settembre 2019, n.105[17] (peraltro nelle more delle relativa normativa di attuazione) e, in parte, introducendo alcune modifiche al testo originario del 2012 [18].

Con l’entrata in vigore di tale ultimo provvedimento il Golden Power è stato ampliato e ne è stata rafforzata la portata operativa in perfetta linea di continuità con quanto previsto dal regolamento europeo n. 452/2019.

Pur non essendo questa la sede per poter ripercorrere il contenzioso tra lo Stato italiano e le Istituzioni comunitarie che, come noto, avevano condannato a più riprese l’originaria formulazione delle golden shares[19], è opportuno comunque ricordare che dall’insieme delle pronunce sul tema si evince chiaramente che eventuali provvedimenti difensivi da parte di singoli Stati possono ammettersi esclusivamente in quanto perseguano finalità di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale[20].

La legislazione anteriore al d.l. Liquidità comprendeva tra i settori cui si applica la disciplina più stringente di cui all’art. 1 del d.l. 21/2012 quelli relativi alla difesa e alla sicurezza nazionale e quelli relativi ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5g; mentre tra i settori cui si applica l’art.2 quelli relativi ad energia, trasporti ,comunicazioni, e tutti gli ulteriori settori di cui al regolamento europeo sugli Ide.

Il d.l. liquidità, con il fine dichiarato di rafforzare il sistema di difesa rappresentato dai golden power

estende la disciplina transitoria già introdotta nel corso del 2019 anche a tutti i settori indicati nel regolamento Ue e amplia la nozione di settore finanziario includendo espressamente anche quello creditizio e assicurativo [21], facendo ovviamente sorgere profili di eventuale sovrapposizione di competenza nonché di disciplina che meritano riflessione ed approfondimento[22].

In linea di principio, il rapporto che sembra rilevare è un rapporto di specialità, ove dovrebbe prevalere la regolamentazione di settore. Come previsto espressamente anche dall’art. 4 del DPR n. 85/2014 i poteri speciali possono essere esercitati esclusivamente quando si dia luogo ad una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa italiana ed europea di settore [23].

In particolare si prevede che l’articolo 4 -bis, comma 3, del d.l. 21 settembre 2019, n. 105,[24] sia modificato e che l’acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti nei settori di cui all’articolo 4 del regolamento 2019/452 sia soggetto a notifica preventiva.

Inoltre, al fine, espressamente dichiarato, di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi, fino al 31 dicembre 2020 si prevede che siano soggetti all’obbligo di notifica: i) le delibere, gli atti o le operazioni, adottati da un’impresa che detiene beni e rapporti nei settori di cui all’articolo 4 del regolamento europeo, nonché le delibere, gli atti o le operazioni individuati con decreto attuativo, che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi o il cambiamento della loro destinazione; ii) gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all’Unione europea, di rilevanza tale da determinare l’insediamento stabile dell’acquirente in ragione dell’assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell’acquisto; iii) gli acquisti di partecipazioni, da parte di soggetti extra- europei, che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, quando il valore complessivo dell’investimento sia pari o superiore a un milione di euro, e sono altresì notificate le acquisizioni che determinano il superamento delle soglie del 15 , 20 , 25 e 50 per cento del capitale. L’efficacia dell’acquisto può essere condizionata all’assunzione da parte dell’acquirente di impegni diretti a garantire la tutela dei predetti interessi e il Governo può opporsi all’acquisto, con tutte le conseguenze che ne derivano, anche quando il controllo ivi previsto sia esercitato da un’amministrazione pubblica di uno Stato membro dell’Unione europea.

Restano validi, anche successivamente al termine del 31 dicembre 2020, gli atti e i provvedimenti adottati a seguito di esercizio dei poteri speciali e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi atti e provvedimenti successivamente al decorso del predetto termine.

In aggiunta alla esistente possibilità di sanzionare l’inottemperanza all’obbligo di notifica e alla sanzione della nullità degli atti posti in essere in violazione di tale obbligo, si modificano alcuni articoli del d.l. n. 21 del 2012 al fine di prevedere la possibilità di intervenire d’ufficio su operazioni non notificate e di esercitare eventualmente i poteri speciali – che quindi si aggiungono al potere sanzionatorio e alle altre disposizioni dirette a disciplinare l’ipotesi dell’inosservanza dell’obbligo di notifica in questione [27]. Il legislatore ha voluto ampliare la gamma di elementi valutativi a disposizione dell’autorità di Governo, prevedendo che si possano prendere in considerazione anche quelli elaborati a livello internazionale e sovranazionale, al fine di prevedere una tutela rafforzata rispetto ad una tecnologia potenzialmente fondamentale in situazioni critiche e costituente una risorsa vitale per gli interessi pubblici in caso di emergenze nazionali, ivi incluse quelle sanitarie. Conseguentemente, al fine di poter raccogliere dati e informazioni utili per le valutazioni di competenza, oltre ai poteri istruttori già esercitabili all’interno dei procedimenti di esercizio dei poteri speciali, alla lett. e) la norma modifica l’art. 2-bis del d.l. n. 21 del 2012 prevedendo la possibilità per il gruppo di coordinamento[28] di richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici o privati, imprese o altri soggetti terzi che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti. Ai medesimi fini, la Presidenza del Consiglio può stipulare convenzioni o protocolli di intesa con istituti o enti di ricerca, per instaurare forme di collaborazione stabile e rafforzare gli strumenti di intelligence a disposizione, per assicurare l’efficace applicazione delle disposizioni in materia di esercizio dei poteri speciali.

1.5 Effetti potenziali e conseguenze

E’ certamente evidente il tentativo di scongiurare che l’attuale stato di debolezza economica che ha determinato un abbassamento dei corsi azionari non si trasformi in occasione per determinare acquisti predatori e scorrerie ingiustificate nei confronti di importanti società domestiche.

Il problema che si pone, tuttavia, è quello di collocare tali norme all’interno di un quadro disciplinare europeo ove i capisaldi continuano ad essere quelli della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali[29].

Le restrizioni alla circolazione dei capitali, devono essere necessarie e proporzionate al conseguimento di un legittimo obiettivo di ordine pubblico; in tal senso l’articolo 63 TFUE dispone la libera circolazione dei capitali non solo all’interno dell’UE, ma anche con i paesi terzi; le eventuali restrizioni, devono essere adeguate, necessarie e proporzionate al conseguimento dei legittimi obiettivi di ordine pubblico. Tali obiettivi sono definiti, nel trattato o nella giurisprudenza della Corte di giustizia, come motivi imperativi di interesse generale e non dovrebbero essere di natura puramente economica.

Nel caso di acquisizioni che potrebbero avere la caratteristica di acquisti c.d. “predatori” di attività strategiche da parte di investitori esteri, l’eccezione più rilevante è quella “di ordine pubblico o di pubblica sicurezza” di cui all’art. 65 TFUE.

Ciò potrebbe giustificare, ad esempio, l’adozione di misure restrittive necessarie per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento (ad es. nel settore dell’energia) o la fornitura di servizi pubblici essenziali qualora misure meno restrittive (come le misure di regolamentazione che impongono obblighi di servizio pubblico a tutte le società che operano in determinati settori siano insufficienti ad affrontare una minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. È altresì possibile adottare misure restrittive per affrontare minacce alla stabilità finanziaria:la Corte di Giustizia ha ribadito che si deve rilevare che i servizi finanziari giocano un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli istituti di credito sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri.

La sanità pubblica è stata inoltre riconosciuta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea come un motivo imperativo di interesse generale insieme alla protezione dei consumatori, la salvaguardia dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale e il conseguimento degli obiettivi di politica sociale, che potrebbero risultare pertinenti in situazioni di emergenza. Il trattato prevede inoltre garanzie in caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà per il funzionamento dell’Unione economica e monetaria (art. 66 TFUE) e per la bilancia dei pagamenti degli Stati membri non appartenenti alla zona euro (artt. 143 e 144 TFUE).

Come rilevato dalla Commissione nella Comunicazione del 26 marzo 2020 “nel caso di investimenti esteri provenienti da paesi terzi in società aventi valutazioni sui mercati di capitali considerate ben al di sotto del loro valore reale o intrinseco, è possibile prendere in esame l’eventuale introduzione di restrizioni, tenendo conto dell’impatto effettivo o potenziale di tali investimenti sulla salvaguardia dei suddetti interessi pubblici”.

Occorre infine rilevare che, nell’analisi della giustificazione e della proporzionalità, le restrizioni ai movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi si collocano in un contesto giuridico differente rispetto alle restrizioni che riguardano i movimenti di capitali all’interno dell’ UE [30].

Di conseguenza, nel caso delle restrizioni applicate a operazioni che coinvolgono paesi terzi, a norma del trattato possono essere ammessi ulteriori motivi di giustificazione intesi in un senso più ampio.

L’esercizio del golden power, se finalizzato alla salvaguardia di un interesse che possa essere definito strategico, può assumere una nuova connotazione e può considerarsi mezzo imprescindibile di cui lo Stato debba dotarsi.

A causa della diffusione della pandemia si può affermare che strumenti legittimi di tutela di interessi strategici o nazionali dovrebbero considerarsi imprescindibili in un momento in cui la globalizzazione sembra mostrare le sue debolezze.

Le misure antitakeover non rappresentano una novità per il nostro ordinamento ove si sono susseguite norme per disciplinare la passivity rule e dove le c.d. norme antiscorrerie hanno ormai un presidio fisso [31], ma il timore è che ciò che sia introdotto per far fronte ad una situazione emergenziale possa trasformarsi in qualcosa di definitivo.

Ciò sarebbe assolutamente da scongiurare poiché il profilo da considerare, e che potrebbe risultare definitivamente compromesso con tutte le conseguenze che ne deriverebbero, è la capacità del nostro mercato di attrarre investimenti, non solo esteri ma anche provenienti da investitori nazionali.

La riforma del diritto societario del 2003 era stata condotta all’insegna della contendibilità, da allora il quadro economico e normativo è mutato e si sono susseguite crisi finanziarie mondiali che non potevano non riverberare i loro effetti sul nostro sistema normativo e che hanno legittimato una serie di interventi, spesso dichiaratamente protezionistici, per far fronte alla situazione e per salvaguardare l’interesse dei singoli Paesi e delle società in essi operanti.

D’altra parte è ovvio che se in condizioni ordinarie di mercato, l’interesse generale è favorire la piena contendibilità del controllo delle imprese, che costituisce il principio cardine di un moderno diritto societario, è altrettanto vero che alla piena contendibilità possono associarsi dei rischi non secondari, soprattutto in caso di imprese che detengano asset strategici o siano attive in settori di rilevante interesse nazionale.

Ciò che lascia perplessi è che negli statuti non vi sia traccia della possibilità che la società possa essere sottoposta al golden power;il socio privato che scelga di investire in una società che svolga attività considerata strategica deve essere consapevole della possibilità che il suo interesse sia sacrificato di fronte alla necessità di tutelare l’interesse strategico in oggetto.

Strumenti legittimi di tutela di interessi strategici o nazionali non dovrebbero essere stigmatizzati purché possano essere previamente individuati e definiti: in tal senso uno statuto ed un quadro normativo chiaro che tutelino le istanze di certezza e trasparenza dovrebbe considerarsi imprescindibili anche per gli investitori affinché possano conoscere ex ante le implicazioni del loro investimento.

Oggi rimane la sensazione che il golden power così come da ultimo delineato, abbandonati i settori tradizionali di applicazione, ed esteso a settori così ampi possa trasformarsi in una sorta di boomerang per le società quotate ove l’investimento potrà andare incontro ad una serie eccessiva di limitazioni e di controlli [32].

In tale logica apparirà sempre più determinante una adeguata attività informativa precedente all’acquisto che coinvolga i professionisti del settore affinché imprese ed investitori possano avere un proficuo dialogo con le amministrazioni competenti [33].

Sarebbe importante assicurare l’implementazione di un sistema di controllo a livello nazionale per evitare che il potere dato alle autorità che materialmente effettuano lo screening non sia utilizzato per finalità diverse da quelle da cui tale potere gli deriva; ma questa appare forse un’apprensione eccessiva perché il golden power non è (non può e non deve essere) un “golden shield”[34].

 

[1] Comunicazione della Commissione (2020/C 99 I/01), Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e la libera circolazione dei capitali provenienti da paesi terzi, nonché la protezione delle attività strategiche europee, in vista dell’applicazione del regolamento (Ue) 2019/ 452, pubblicato in Guue 26.3.2020

[2] Cfr. dichiarazioni del Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha sostenuto che “Dobbiamo adottare misure precauzionali adesso, se vogliamo che l’Europa esca da questa crisi mantenendo immutata la sua forza. Come in ogni crisi, quando il nostro patrimonio industriale e societario può essere in pericolo, dobbiamo proteggere la nostra sicurezza e la nostra sovranità economica. Il diritto europeo e quello nazionale ci danno gli strumenti per affrontare questa situazione e intendo sollecitare gli Stati membri ad avvalersene appieno. L’UE è e rimarrà un mercato aperto per gli investimenti esteri diretti. Ma non si tratta di un’apertura incondizionata”.

[3] Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali”, Bruxelles, 13. 9. 2017, COM (2017) 494 final, p.8G. Lombardo, voce Golden share, in Enc. Giuridica Treccani, 1998, p.1. S. M. Carbone, “Golden share” e fondi sovrani: lo Stato nelle imprese tra libertà comunitarie e diritto statale, in Dir.Comm.int., 2009, p.503; A. Comino, Golden power per dimenticare la golden share. Le nuove forme di intervento pubblico sugli assetti societari nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, in Riv.it.dir.pubbl.comunitario, 2014, p. 1019. Per un quadro della posizione europea in materia sia consentito il richiamo a R. Magliano, Tutela degli interessi strategici e controllo degli investimenti esteri diretti: la proposta delle Istituzioni europee, in Riv.dir.comm.int., 2018, p. 699 ss.

[4] Cfr. Comunicazione della Commissione (2020) 112 final, Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19, pubblicata in Guue del 13.3.2020

[5] Per un elenco completo dei meccanismi nazionali di controllo e per i collegamenti alla legislazione nazionale, cfr. http://trade.ec. europa.eu/doclib/html/157946.htm. ( 5 ) Causa C-563/17, Associação Peço a Palavra, punto 70. ( 6 ) Cfr. cause C-54/99, Église de Scientologie, punto 17, C-503/99; Commissione/Belgio, punto 47; C-463/00, Commissione/Spagna, punto 72. C. In dottrina G. Scarchillo, Privatizzazioni e settori strategici. L’equilibrio tra interessi statali e investimenti stranieri nel diritto comparato, Torino, 2018; C.A. Giusti, La corporate governance delle società a partecipazione pubblica. Profili civilistici e di diritto comparato, Torino, 2018.

[6] È inoltre importante tenere presente che, in determinati casi, gli Stati membri possono intervenire al di là dei meccanismi di controllo, ad esempio imponendo licenze obbligatorie sui medicinali brevettati nel caso di un’emergenza nazionale, quale una pandemia, cfr. regolamento considerando n.9.

[7] Cfr. Regolamento (UE) 2019 / 452 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2019 che è entrato in vigore l’8 aprile 2019 e sarà applicabile dall’11 ottobre 2020.

[8] Cfr. Relazione al Parlamento concernente l’attività svolta sulla base dei poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, trasmessa alla Presidenza il 22 dicembre 2016, p.30.

[9] Sia consentito il richiamo a R.Magliano, Il Regolamento 2019/452 UE e il nuovo quadro europeo per il controllo degli investimenti esteri direttiin Studi in onore di E.Picozza, Esi, 2019, p.983 ss ; S.Villucci, The new regulation on the screening of Fdi: the quest for a balance to protect EU’S essential interests, in Dir. Comm. Int., I, 2019,p. 122.

[10] La necessità di controllare un’operazione può infatti essere indipendente dal valore dell’operazione stessa e può farsi riferimento a piccole start-up che possono avere un valore relativamente limitato ma essere di importanza strategica in questioni quali la ricerca o la tecnologia.

[11] Per i tratti distintivi della disciplina e l’avanzamento dell’integrazione amministrativa europea, cfr. G.Napolitano, Ilregolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti: alla ricerca di una sovranità europea nell’arena economica globale, reperibile on line in Riv. della regolazione dei mercati ,1/2019, che sottolineache “il regolamento offre un modello di controllo sugli investimenti esteri in apparenza limitato sul piano teleologico. Il novero degli interessi protetti, infatti, è limitato alla sicurezza e all’ordine pubblico. L’obiettivo è evitare che il controllo sugli investimenti esteri si tramuti impropriamente in uno strumento di politica industriale, corporativa o peggio ancora clientelare. Il tentativo, tuttavia, è improbo ove si consideri la latitudine e l’indeterminabilità della nozione di sicurezza”.

[12] Oggetto di notifica dovrebbero essere anche le informazioni su attività commerciali pertinenti svolte dall’investitore, il finanziamento dell’investimento, la sua fonte e la data in cui esso è stato realizzato o è in programma.

[13] Tra i progetti o programmi di interesse per l’Unione figurano quelli che comportano un importo consistente o una quota significativa di finanziamenti dell’Unione o quelli che rientrano nel diritto dell’Unione in materia di infrastrutture critiche, tecnologie critiche o fattori produttivi critici che sono essenziali per la sicurezza e l’ordine pubblico.

[14] Cfr. G. Napolitano, Il regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti: alla ricerca di una sovranità europea nell’arena economica globale, cit., che evidenzia come l’adozione del regolamento introduca un forte incentivo agli Stati Membri che ancora non abbiano un sistema di controllo a dotarsene. “Il regolamento, inoltre, favorisce la convergenza tra i sistemi nazionali di controllo, quelli già esistenti e quelli che verranno costituiti. L’effetto complessivo sarà probabilmente una race to the top, perché i legislatori saranno spinti a estendere i settori e gli investimenti scrutinati e a prendere in considerazioni criteri (come quello del coinvolgimento pubblico di altri governi negli investimenti esteri) che fin qui erano stati trascurati a livello nazionale”.

[15] Contenuto nella sua prima versione nel decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, conv.con modifiche in L. 11 maggio 2012, n.56. Le più significative novità del golden power rispetto all’assetto previgente, che si riferiva specificamente all’esercizio dei poteri speciali da parte dell’azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione, riguardano la circostanza che, prescindendo dalla presenza pubblica nella compagine societaria, si ha attualmente esclusivo riferimento all’oggetto dell’attività e alla strategicità del settore interessato: in tal senso, l’ambito soggettivo di applicazione può considerarsi notevolmente ampliato .

A seguito della predetta riforma, dal 2012 i poteri speciali sono esclusivamente di tipo oppositivo, prescrittivo e, in ultima istanza, interdittivo – potendo consistere esclusivamente nell’imposizione di specifiche condizioni, nell’opposizione all’acquisto di partecipazioni o nel veto all’adozione di alcuni tipi di delibere, atti o operazioni – e sono potenzialmente esercitabili nei confronti di tutte le società impegnate in attività di rilevanza strategica.

I vincoli dettati per l’esercizio dei poteri speciali trovano la loro fonte direttamente nella legge e nelle normativa secondaria di attuazione: la disciplina in oggetto trova applicazione in presenza di una “ minaccia effettiva e di grave pregiudizio” alle società operanti nei settori della difesae della sicurezza nazionale, nonché alle attività definite di rilevanza strategica per il settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni , delle reti e degli impianti utilizzati per la fornitura dell’accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale e dei servizi a banda larga e ultralarga .

Nel caso di acquisto di partecipazioni in imprese strategiche, indipendentemente dalla natura comunitaria o extracomunitaria dei soggetti coinvolti, la disciplina riconosce per il comparto della difesa e della sicurezza nazionale in capo al governo italiano una serie di poteri tra cui la possibilità di imporre specifiche condizioni relative alla sicurezza degli approvvigionamenti e delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, al controllo delle esportazioni.

Particolarmente rilevante appare la previsione di un potere di veto all’adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o, comunque, di particolare rilevanza che incidano in maniera significativa sull’operatività o sul governo delle imprese strategiche suddette Si tratta di delibere sia assembleari che dell’organo amministrativo aventi ad oggetto fusione o scissione della società; trasferimento d’azienda o di rami di essa o di società controllate; trasferimento all’estero della sede sociale, scioglimento della società; cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali.

In dottrina ex multis cfr. A. Comino, Golden power per dimenticare la golden share. Le nuove forme di intervento pubblico sugli assetti societari nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, in Riv.it.dir.pubbl.comunitario,2014, p. 1019 ; A.Aresu, Golden power e interesse nazionale :tra geodiritto e geotecnologia, in AA.VV, Golden Power, a cura del DIS, Roma 2019, p.116; G. Napolitano, I golden powers italiani alla prova del regolamento europeo, in Il controllo sugli investimenti esteri diretti, a cura di G.Napolitano, Bologna,2019 ,p. 121; A.Sacco Ginevri, L’espansione dei golden powers fra sovranismo e globalizzazione, in Riv.trim.dir.econ., 2019,p.151; V. Donativi, Golden powers. Profili di diritto societario, Torino, 2019.

[16] In particolare sono state introdotte modifiche all’articolo 4-bis, comma 3, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 2019, n. 133) ed è stato previsto l’ampliamento dei settori “strategici”. Per approfondimenti cfr. V. Donativi, I golden powers nel “D.L. liquidità”, reperibile in ilcaso.it/ news_918/23-04-20

[17] Convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 2019, n.133

[18] Significativa è la circostanza che, proprio risentendo degli orientamenti emersi in sede europea, nonché dei timori da più parti manifestati verso le acquisizioni ostili, il legislatore italiano era nuovamente intervenuto in materia di revisione della disciplina del golden power attraversola L. 172 del 2017: le modifiche confermano l’intento di introdurre una normativa difensiva degli assetti strategici e, in linea con il dettato normativo proveniente dall’Europa, introducono importanti novità. In tendenza con quanto era emerso anche in Europa per la predisposizione del Regolamento 452/2019 si è precisato che per determinare la pericolosità di un investimento si potrà valutare il ruolo svolto dal Governo di un Paese terzo e, oltre alla rilevanza della minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali dello Stato, si potrà intervenire anche quando vi sia un più generale pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico nel caso di operazioni poste in essere da soggetti extra Ue.In particolare nei settori della difesa e della sicurezza nazionale è stata prevista una specifica sanzione pecuniaria nell’eventualità di mancata notifica di partecipazione rilevante e si è proceduto ad estendere – con esclusivo riferimento alle ipotesi di operazioni poste in essere da soggetti esterni all’UE – i settori interessati includendo quelli ad alta intensità tecnologica.Nel corso del 2019 il golden power è stato oggetto di tre decreti legge: il d.l. 25 marzo 2019, n22 dedicato ai poteri speciali esercitabili nel campo dei servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5 G; il D.L. 11 luglio 2019 n.64che è stato fatto decadere per mancata conversione in legge e il d.l. 21 settembre 2019 n.105. Tra le altre cose, si chiarisce che, in seno alla verifica sulla sussistenza di un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, è compreso anche il possibile pregiudizio alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.

La norma prevede che fino a che i regolamenti per individuare i singoli asset coperti dai poteri speciali non entreranno in vigore, sia soggetto a notifica preventiva l’acquisto a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all’Unione Europea, di partecipazioni in società che detengono attività rilevanti ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento 2019 /452 UE . Tra i settori protetti ci sono appunto anche le infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali di una lunga serie di comparti tra cui quello finanziario.

[19] In questo contesto ruolo preponderante è stato svolto dalla Corte di Giustizia che ha dato vita ad una copiosa giurisprudenza in tema di golden shares e poteri speciali: l’approccio della Corte, rispetto alla tematica della liceità della presenza di clausole che riconoscono poteri speciali agli Stati membri nello statuto di alcune società, prende le mosse dal riconoscimento nel Trattato Ce del principio di parità di trattamento come fondamento nella disciplina dei rapporti tra iniziativa economica pubblica ed iniziativa economica privata. Dal Trattato emerge un divieto di discriminazioni, tanto dirette quanto indirette, alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento ma, come si è detto, sono ammesse delle deroghe per motivi di ordine pubblico, difesa, sicurezza e sanità pubblica che a partire dal consolidato orientamento della Corte di Giustizia emerso dalla giurisprudenza c.d. Karella non sono state messe in discussione.

[20] Per la completa analisi delle sentenze della Corte sul punto A.Sacco Ginevri eF.M. Sbarbaro, La transizione dalla golden share nelle società privatizzate ai poteri speciali dello Stato nei settori strategici: spunti per una ricerca, in Nuove Leggi Civili Comm., 2013; D.Gallo,Investimenti esteri, golden shares, state owned entreprises, fondi sovrani e Corte di giustizia Ue, loc.ult. cit; Le più significative novità del golden power rispetto all’assetto previgente, che si riferiva specificamente all’esercizio dei poteri speciali da parte dell’azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione, riguardano la circostanza che, prescindendo dalla presenza pubblica nella compagine societaria, si ha attualmente esclusivo riferimento all’oggetto dell’attività e alla strategicità del settore interessato: in tal senso, l’ambito soggettivo di applicazione può considerarsi notevolmente ampliato .

[21] Si precisa, infine, che fermo restando l’obbligo di notifica, i poteri speciali di cui all’articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012 e relativi a società che detengono beni e rapporti nei settori di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) e e) del regolamento (UE) 2019/452, ivi inclusi, nel settore finanziario, quello creditizio ed assicurativo, si applicano nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali dello Stato, ovvero la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, previsti dal 15 medesimo articolo 2 non sia adeguatamente garantita dalla sussistenza di una specifica regolamentazione di settore. A. Sacco Ginevri, L’espansione dei golden powers fra sovranismo e globalizzazione, in Riv. Trim.Dir.Economia, 2019, p.157 ss; per il significato e le implicazioni dell’ampliamento dei settori, cfr. F.Bassan, Prime note prospettiche sul Golden power applicato a banche e assicurazioni, in Dirittobancario.it, p.1 ss

[22] Cfr. Sul punto S. Alvaro, M.Lamandini, A.Police, I.Tarola, La nuova via della seta e gli investimenti esteri diretti in settori ad alta intensità tecnologica. Il golden power dello Stato italiano e le infrastrutture finanziarie, in Quaderni Giuridici Consob, n. 20, febbraio 2019, p. 67; R. Lener, Golden powers e investimenti esteri nelle infrastrutture finanziarie, in Riv. Trim.Dir. Ec., 2/2020, p.228 ss

[23] Nel d.l.. Liquidità, art. 15 espressamente si prevede che “Fermo restando l’obbligo di notifica, i poteri speciali di cui all’articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012 relativi a società che detengono beni e rapporti nei settori di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere a) , b) , c) , d) e e) del regolamento (UE) 2019/452, intendendosi compresi nel settore finanziario i settori creditizio e assicurativo , si applicano nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali dello Stato, ovvero la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, previsti dal medesimo articolo 2 , non sia adeguatamente garantita dalla sussistenza di una specifica regolamentazione di settore”.

Per approfondimenti cfr. F.Annunziata, Infrastrutture finanziarie e controllo degli investimenti esteri, in Il controllo sugli investimenti esteri diretti, a cura di G.Napolitano, p.105

[24] Convertito, con modificazioni, dalla l. 18 novembre 2019, n. 133

[25] Ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58

[26] Cfr. espressamente A. Sacco Ginevri, Golden powers e infrastrutture finanziarie dopo il decreto Liquidità, in dirittobancario.it , il quale sottolinea che “ La circostanza che il d.l. 23/2020 abbia esteso i golden powers nei settori finanziari alle acquisizioni tanto alle partecipazioni di controllo anche da parte di investitori esteri appartenenti alla UE quanto a quelle di quote pari o superiori al 10% del capitale o dei diritti di voto (e poi al superamento delle soglie del 15, 20, 25 e 50%) da parte di acquirenti extra-UE e dal valore complessivo almeno pari a un milione di euro (oltre che, in generale, alle delibere societarie di modifica della titolarità, del controllo, della disponibilità o della destinazione degli attivi strategici detenuti dalle imprese operanti in tali settori) – per la durata dell’emergenza in atto (e dunque fino al 31 dicembre 2020) e al fine di contenerne gli effetti negativi mira a preservare la stabilità finanziaria del Paese”. Sul punto altresì F.Bassan, Prime note prospettiche sul Golden power applicato a banche e assicurazioni, cit, p.1 s.

[27] In tali casi si prevede che i termini procedimentali decorrano dall’accertamento della violazione dell’obbligo di notifica

[28] Istituito ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2014

[29] Per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea ha adottato nel 1997 una apposita Comunicazione, nella quale ha chiarito che l’esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su criteri obiettivi, stabili e resi pubblici e se è giustificato da motivi imperiosi di interesse generale. Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro, qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico. In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari per il conseguimento dell’obiettivo perseguito.

[30] Cfr. F.Bassan, Prime note prospettiche sul Golden power applicato a banche e assicurazioni, cit., p.3 , che ha rilevato che “il carattere transitorio dei vincoli più restrittivi introdotti con il D.L. 8 aprile 2020, chiaramente funzionale all’emergenza pandemica, può essere ritenuto conforme al principio di proporzionalità adottato dal legislatore, da un lato nel differenziare la rigidità dei vincoli tra soggetti UE e soggetti extra-UE (da interpretarsi sulla base di quanto detto) e dall’altro nell’imporre, in deroga alle libertà di circolazione e stabilimento, vincoli anche ai primi. Vincoli legittimi solo in quanto applicati in via transitoria e strumentali a combattere gli effetti della pandemia. Ma la valutazione di legittimità, per tutti i casi di investimenti diretti esteri e dunque di cambio del controllo, sarà non solo del governo italiano ma anche della Commissione europea, che si esprimerà con un parere”.

[31] R. Lener, Basta passività difendiamo l’italianità! L’OPA obbligatoria dinanzi alla crisi dei mercati, in AGE, I, 2009, p. 53; P. Montalenti, Mercato del controllo e contendibilità: il ragionevole declino della passivity rule, in Il diritto delle società oggi, Innovazioni e persistenze, diretto da P.Benazzo, M.Cera, S.Patriarca, Torino, 2011, p.633. Non è casuale peraltro che nel d.l. Liquidità siano apportate modifiche anche all’art. 120 tuf comma 4 bis.

[32] G.Barbaresco, M.Matarazzo, R.Resciniti, Le medie imprese acquisite dall’estero. Nuova linfa al Made in Italy o perdita delle radici?, Milano ,2018, Introduzione, ove si sottolinea che “ Il futuro dell’industria italiana dipende in larga parte dall’impatto che avrà l’ondata di acquisizioni delle nostre imprese ad opera di investitori stranieri. Non solo le imprese stesse, quindi, molte delle quali protagoniste della storia industriale italiana, ma anche altri soggetti, dalla proprietà, i manager e gli occupati, ai fornitori, i clienti, i concorrenti, i partner e non ultimi i consumatori fino a coinvolgere sul piano macro la politica e l’economia nazionale e talvolta anche dell’unione”.

[33] Come visto il rafforzamento dei “golden powers”, allineando la disciplina interna all’art. 4 del Regolamento (Ue) 2019/452, ed anzi ampliandone ulteriormente la portata, interesserà diversi settori, molto diversi tra loro, con il rischio concreto di diminuire sensibilmente la contendibilità delle imprese ivi operanti. Cfr. F.De Santis, Sicuri che lo scudo anti -acquisizioni convenga sempre?, reperibile on line in Fchub, 27 aprile 2020.

Cfr. le osservazioni di F.Modulo, Gli strumenti di compliance e di tutela degli investitori stranieri in Italia:problematiche applicative, in Il controllo sugli investimenti esteri diretti, cit., p. 169 ss, in part.p. 171 che sottolinea come la mancanza di un registro di società sottoposte a golden power “pur nella difficoltà di prevedere un elenco pubblico delle società soggette a golden power, stante la flessibilità necessaria per gestire ambiti di rilevanza strategica in un quadro tecnologico in veloce evoluzione, genera incertezza nei potenziali investitori e un margine di discrezionalità applicativa”.

[34] L’espressione “ golden shield” è di F.Bassan, Prime note prospettiche sul Golden power applicato a banche e assicurazioni, cit., p.1; l’A. evidenzia che “La protezione di imprese e settori strategici costituisce interesse secondario e subordinato, che deve essere adeguatamente motivato, è soggetto a interpretazione restrittiva, ed è condizionato all’esperimento di una procedura trasparente e veloce: una fast track che porta diretta al Tar Lazio, il quale si esprime con rito abbreviato in via d’urgenza. Il goden power non è un golden shield azionabile a piacimento, come parte della stampa sembra suggerire (non anche la dottrina).”


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