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Editoriali

La conversione in legge del decreto “liquidità” e le modifiche alla legge fallimentare

9 Giugno 2020

Antonio Didone

già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

Di cosa si parla in questo articolo

In una recente intervista[1], nel prendere atto del disposto rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi, ho sottolineato che alcune parti del nuovo testo normativo non sono incompatibili con la situazione che si è venuta a creare a causa dell’emergenza sanitaria ma contengono una disciplina più adatta a questa situazione emergenziale, a partire dall’abolizione dell’istituto del fallimento, sostituito con la liquidazione giudiziale.

Riforma non solo lessicale che – unitamente alla nuova disciplina dell’esdebitazione – avrebbe contribuito a diffondere la cultura della second chance in conformità alla direttiva europea sull’insolvenza. Che dire, poi, della nuova disciplina del sovraindebitamento, certamente più favorevole per i debitori, oppure della disciplina delle procedure dei gruppi di imprese?

Le varie proposte che vengono avanzate in questi tempi da apprezzati giuristi[2] generalmente auspicano (anche proponendo articolati normativi) la sostanziale reintroduzione dell’abrogata amministrazione controllata (denominata “vigilata”).

Nella intervista innanzi menzionata facevo anche riferimento alla circostanza che il codice della crisi contiene un istituto (composizione assistita della crisi) che, depurato dell’allerta c.d. “esterna”, potrebbe veramente rivelarsi un “toccasana” nella situazione economica emergenziale prevedibile per i prossimi mesi[3].

Non credo, invece, che la proposta di trasformare l’insolvenza oggettiva in insolvenza soggettiva[4] – nel senso di escludere lo stato di insolvenza incolpevole tra i presupposti delle procedure concorsuali – sia una strada praticabile se non coordinata con il resto delle legislazioni europee. Circostanza, quest’ultima, che ne esclude la fattibilità.

Meritevole di attenzione, invece, sembra la proposta di Minervini[5] il quale suggerisce di valorizzare la “risanabilità” dell’impresa e propone un interessante modello procedimentale che richiama vagamente la struttura bifasica dell’amministrazione straordinaria che può essere agevolmente innestato anche nella vigente legge fallimentare, con risultati – ritengo – certamente positivi.

Il Legislatore, peraltro, sembra avere imboccato un percorso diverso.

Infatti, in sede di conversione in legge con modificazioni del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23, c.d. “liquidità”, avvenuta con Legge 5 giugno 2020 n. 40, i due articoli che disciplinavano le procedure concorsuali (9 e 10) sono stati notevolmente modificati.

L’articolo 10 è stato modificato nel senso che l’improcedibilità disposta per i ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 legge fall. e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 de­positati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 è stata esclusa a) per il ricorso presentato dall’imprenditore in proprio, quando l’insolvenza non è conseguenza dell’epidemia di COVID-19; b) per l’istanza di fallimento da chiunque formulata ai sensi degli articoli 162, secondo comma, 173, secondo e terzo comma, e 180, settimo comma, legge fall.; c) per la richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima è fatta domanda di emissione dei provvedimenti di cui all’ar­ticolo 15, ottavo comma, legge fall. o quando la richiesta è presentata ai sensi dell’articolo 7, numero 1), legge fall.

La modifica più rilevante, però, concerne l’articolo 9, al quale – ferma la disciplina introdotta dal decreto legge quanto a possibilità per il debitore di usufruire della dilazione dei termini di adempimento del concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione – sono stati aggiunti il comma 5-bis e il comma 5-ter del seguente tenore: <<5-bis. Il debitore che, entro la data del 31 dicembre 2021, ha ottenuto la concessione dei termini di cui all’articolo 161, sesto comma, o all’articolo 182-bis, settimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può, entro i suddetti termini, depositare un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del me­desimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle im­prese, e depositando la documentazione relativa alla pubblicazione medesima. Il tribunale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara l’improcedibilità del ricorso presentato ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, o dell’articolo 182-bis, settimo comma, del citato regio decreto n. 267 del 1942. 5-ter. Le disposizioni dell’articolo 161, decimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non si applicano ai ricorsi presentati ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942 depositati entro il 31 dicembre 2020>>[6].

Come è stato acutamente notato, peraltro, la nuova <<previsione, a ben vedere, non fa che consacrare esplicitamente un utilizzo che molti già ritengono compatibile con il quadro normativo previgente, nel quale non sembra seriamente revocabile in dubbio che il debitore, in caso di positive evoluzioni sopravvenute nell’arco temporale accordato per la redazione del piano concordatario o dell’accordo di ristrutturazione, ben potesse comporre la crisi con un piano di risanamento attestato, con l’unico corollario latamente “sanzionatorio” di vedersi preclusa la riproposizione di un’ulteriore concessione dei termini>>, con, in aggiunta, l’imposizione al debitore di depositare presso il registro delle imprese il piano attestato[7].

Non sembra corretto ritenere che la nuova norma finisca per snaturare un istituto stragiudiziale, come è indubbiamente il piano attestato di risanamento, in quanto è la struttura del pre-concordato o concordato in bianco che si presta già oggi a sfociare in un accordo di ristrutturazione (che pure ha natura concorsuale) ma non è escluso che alla scadenza dei termini concessi il debitore riacquisti solvibilità e rinunci puramente e semplicemente alla domanda di concordato in bianco. Piuttosto, è corretto il rilievo per cui i crediti che sorgono durante la fase di pre-concordato assumono natura prededucibile[8].

Ma a ciò occorre aggiungere che la norma svilupperà certamente un nuovo contenzioso qualora i professionisti coinvolti (almeno tre, compreso l’attestatore indipendente, qualora venga nominato il pre-commissario) facessero valere nel consecutivo fallimento la natura prededucibile del proprio compenso.

 


[1] In Ex Parte Creditoris del 12 maggio 2020

[2] V. ad es. proposta Panzani-Corno, La disciplina dell’insolvenza durante la pandemia da covid-19. Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della normativa italiana, in www.ilcaso.it

[3] Nello stesso senso v. anche Irrera, Le novità in tema di procedure concorsuali nella conversione in legge del decreto liquidità (ovvero di quando i rimedi sono peggiori del male o inefficaci), in www.ilcaso.it, ed ivi il rinvio ad un articolato già redatto e pubblicato il 14 maggio 2020 in www.ilcaso.it

[4] Come propone Limitone, La forza maggiore nel giudizio sull’insolvenza, in wwww.ilcaso.it, il quale propone la modifica dell’art. 5 l. fall. nel senso che “Non si dà luogo alla dichiarazione di fallimento quando l’insolvenza è determinata da forza maggiore.” Contrario a questa proposta anche Censoni, La gestione delle crisi sistemiche delle imprese da covid-19 fra legge fallimentare e codice della crisi e dell’insolvenza: il ritorno dell’amministrazione controllata?, in www.ilcaso.it, il quale propone di utilizzare il vecchio istituto dell’amministrazione controllata previo coordinamento con le nuove norme sul concordato.

[5] Il rischio di “insolvenza diffusa”. spunti di riflessione per la “fase 2” (e una proposta operativa), in www.ilcaso.it

[6] Per i primi commenti cfr. Abriani-Rinaldi, Emergenza sanitaria e tutela proporzionata delle imprese: oltre la domanda “tricolore”, in www.ilcaso.it, secondo i quali la modifica introdotta dal Legislatore sarebbe, almeno in parte, ispirata alla proposta di Panzani-Corno, op. cit.

[7] Così, correttamente, Abriani-Rinaldi, op. cit., 4.

[8] Abriani-Rinaldi, op. cit., 6.

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