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Editoriali

QE e BCE: nuovi approcci e strumenti utili?

13 Ottobre 2016

Giuseppe G. Santorsola

Professore Ordinario di Corporate & Investment Banking e Corporate Finance, Università Parthenope di Napoli

Di cosa si parla in questo articolo
BCE

1. Premessa

Il dibattito in merito alla sostenibilità e all’efficacia delle politiche monetarie assunte dalle Banche Centrali attraverso il governo dei tassi d’interesse è ormai costante e risulta arricchito dal manifestarsi di accadimenti che derivano dall’accumularsi di situazioni dopo oltre diciotto mesi di condizioni vicine o sotto lo zero, evento prima considerato quasi innaturale e, successivamente, considerato comunque come imprevisto e non analizzato a priori (unchartered).

Una valutazione degli accadimenti, delle misure assunte e degli esiti riscontrati non è agevole in un’analisi forzatamente breve e viene sviluppata attraverso: a) il disegno del modello comunitario di assetto, vigilanza e controllo del sistema bancario e finanziario, b) l’evoluzione dell’azione di politica monetaria della BCE, c) la presentazione di alcune aree critiche riscontrate nell’applicazione e nelle risposte del mercato e, d) i limiti effettivi delle politiche attuate.

2. L’evoluzione del modello comunitario di supervisione

E’convinzione non solo teorica che il modello di vigilanza e di governo della moneta predisposto nell’ambito dell’Unione Europea sia un’esperienza unica nella consuetudine dei Paesi nell’era moderna. Si tratta di definire se si operi in un contesto di Paesi indipendenti e sovrani privi di autonomia monetaria, oppure di una banca centrale (e Autorità Monetaria) priva di una nazione unica nel cui ambito operi un Governo comune. In ogni caso, alcune delle regole di fondo in base alle quali si analizzano comportamenti, misure di intervento ed effetti, debbono essere rivisitate alla luce di questa anomalia. Possiamo proporre all’attenzione tre situazioni storiche differenti per evidenziare il contenuto delle affermazioni: la costituzione dello Stato Italiano è stata accompagnata tra il 1861 e il 1893 dalla progressiva unificazione degli Istituti di Emissione, man mano che si realizzava l’unità del Paese, mentre nei Paesi africani, nel corso degli anni ‘60, la costituzione della Banca Centrale ha costituito l’elemento fattivo sostanziale dell’indipendenza, più della mera dichiarazione da parte del Paese coloniale e, negli anni più recenti, i due territori la cui natura di Stato non è riconosciuta a livello internazionale (la Palestina e il Daesh) hanno comunque identificato ed emesso una propria moneta, quale elemento di coesione interna e di organizzazione della regolazione degli scambi interni.

La realtà comunitaria propone al contrario un episodio in cui Paesi, da secoli abituati ad una propria moneta, vi hanno rinunciato per un disegno prospettico unitario, ma in assenza di paralleli accordi politici, giuridici e sociali. In aggiunta, la nuova moneta si è rivelata “troppo forte” rispetto alle capacità economiche di alcuni degli Stati che vi hanno aderito con eccessivi ottimismo ed entusiasmo.

Un secondo profilo riguarda il periodo transitorio che concerne l’azione di vigilanza. Dal 2011 le strutture di coordinamento delle Autorità Nazionali (CEBS, CESR, CEIOPS) si sono trasformate in Autorità comunitarie (EBA, ESMA e EIOPS), sostituendosi progressivamente nei compiti ai propri singoli membri a partire dal 2014. I due poteri (nazionale e comunitario) procedono quindi al momento separati, anche se le Banche Centrali Nazionali operano in modo comunque sempre più allineato rispetto alle previsioni regolamentari comunitarie, in conformità alle direttive divenute leggi nazionali.

La terza premessa concerne infine, lo stato di particolare disagio economico generato dalla fase ciclica, anomala per lunghezza, profondità e resistenza rispetto alle misure assunte per gestirla. La BCE svolge di fatto una funzione paragovernativa nell’ambito dell’Unione, in presenza di un’azione non coordinata a livello di politica economica, un fattore non omogeneo rispetto a quanto spetta ad altre banche centrali internazionali che adottano misure anche simili, ma immerse in un contesto differente.

A livello più generale e non istituzionale, vi è un elemento prettamente economico che si è realizzato nel tempo: il prezzo del denaro e cioè i tassi di interesse non sono governati né dalle banche (come in origine e per tradizione – anni ‘50-’70) né dal Tesoro (attraverso le emissioni predominanti del debito pubblico – anni ‘80-’00), quanto dalle banche centrali (in virtù della ripresa consistente del flusso di emissione della moneta e di scambio di liquidità con le banche aderenti, non più disponibili alla compensazione reciproca delle posizioni interbancarie.

3. L’evoluzione dell’azione di politica monetaria della BCE

L’azione di politica monetaria si è sempre contraddistinta per l’utilizzo di pochi strumenti adottati nei confronti di tutti gli interlocutori, costanti nel tempo, fortemente direttivi ed estremamente semplici nella forma (lo sconto, la riserva obbligatoria, lo scambio di titoli contro moneta). Negli ultimi anni, la diversificazione della tool box successiva alla dichiarazione del whatever it takes comprende invece, quali misure non convenzionali di nuova introduzione, specifiche sia per la struttura qualitativa che le contraddistingue sia per l’obiettivo che si propongono:

  • il tasso negativo overnight, su deposit facility e riserve in eccesso, al netto della ROB – riserva obbligatoria, uno strumento quest’ultimo sostanzialmente accantonato nella sua funzione tradizionale che ha dominato il governo di breve periodo della politica monetaria negli anni ‘60-’80 attraverso la sua azione di moltiplicatore e demoltiplicatore delle quantità monetarie immesse nel sistema tramite le operazioni di rifinanziamento e quelle riconducibili alla ormai desueta funzione del tasso di sconto;
  • VLTRO (very long term refinancing operation): attuate per la prima volta il 12/11 e il 2 2/2012, prestiti triennali (per 200mld€ alle banche italiane) a tassi correnti (0,15 nel 2014) con collateral vincolato dalla BEC, di fatto utilizzate dalle banche per fini differenti da quelli previsti, in quanto prevalentemente indirizzati verso la negoziazione di titoli di Stato con rendimenti molto superiori al costo e, di fatto, privi di rischio;
  • LTRO long term refinancing operations, costituiscono il primo strumento di gestione non ordinaria per riequilibrare le difficoltà legate all’impatto della crisi sui bilanci, che le banche restituiscono nel gennaio 2013 per un ammontare di 137mld€ (il primo Ltro è del 2012). Le banche nordeuropee, che pagavano lo 0.75% sul finanziamento e, per timore del default di alcuni titoli di Stato, trattenevano i fondi depositati presso la stessa Bce, hanno rimborsato, essendo l’operazione divenuta costosa da quando la BCE ha azzerato la remunerazione sui depositi. Le banche italiane, che invece hanno acquistato titoli di Stato italiani decisero di mantenere l’LTRO non rinunciando ad una fonte certa di guadagno. Gli LTRO in mano all’Italia sono stati nel tempo fino al 25% del totale in essere;
  • TLTRO (targeted) impostate per finanziare direttamente l’economia con scadenza settembre 2018 (le prime aste risalgono al 18/11 e all’11/12/14) così definite perché specificatamente indirizzate in modo vincolante al sostegno del credito alle imprese, l’obiettivo di fatto non raggiunto con VLTRO e LTRO;
  • Applicazione del tasso MRO (main refinancing operations) con Full Allotment (pieno soddisfacimento della domanda) con scadenza fino 12/16, un tasso fisso oltre l’overnight, per importi richiesti dalle banche senza limiti, ma di fatto con scarso successo riscontrato;
  • SMP security market programme, attuati tra la fine del 2010 e il marzo 2012 ( che hanno interessato ad esempio BTP per 100mld€), misura largamente superata dalla riduzione media degli spread e dalla progressiva riduzione dell’interesse delle banche verso quell’area di investimenti;
  • OMTS (outright monetary transactions securities), riserva di acquisto sul mercato secondario con swap a scadenza, per titoli con duration inferiore a 3 anni per Stati che chiedono aiuti dietro lettera di intenti e che rispettano Memorandum of Understanding. Sono direzionate sul mercato monetario secondario dei TdS per salvaguardare appropriate ed unitarie trasmissioni della politica monetaria condizionate dalla rigorosa ed effettiva aderenza ad un programma del Fondo Salva Stati. Questi interventi possono avere la forma di programmi di aggiustamento macroeconomico del EFSF/ESM o di un Enhanced Conditions Credit Line, con il vincolo che includano la possibilità di acquisti diretti del Fondo Salva Stati sul mercato primario;
  • CREDIT EASING: illimitato acquisto di bond societari, covered bond e securitization per abbassare progressivamente i tassi lungo termine, operazione annunciata come misura estrema di intervento, ma di fatto non attuata, anche quale riscontro della capacità complessiva di governo della crisi, senza ricorrere a misure del tutto straordinarie (quanto solo non convenzionali);
  • QUANTITATIVE EASING: illimitato acquisto di titoli di Stato e securitization per riportare l’obiettivo del tasso di inflazione verso il 2% e i tassi di lungo termine verso una struttura più naturale impostata in modo crescente in connessione con le attese di ripresa del ciclo economico. Si rimanda al paragrafo 5.2. per una descrizione delle misure adottate.

Le operazioni di mercato aperto tradizionali, che rientrano nelle tipologie ordinarie delle Banche centrali ed attuate comunque nel corso degli ultimi anni, in combinato con quelle non convenzionali, sono invece:

Strumenti ordinari della BCE

  • Rifinanziamento ordinario
  • Operazioni di fine tuning
  • Operazioni strutturali
  • Selezione delle controparti ammesse ed escluse dalle operazioni di mercato aperto
  • Regolamento delle operazioni di liquidità (tradizionalmente gestite e realizzate presso la sede Milano della Banca d’Italia)
Le operazioni su iniziative delle controparti
  • Standing facilities
  • Overnight
  • Rifinanziamento marginale (automatico e a richiesta)
  • Le attività idonee negoziabili e non negoziabili
  • Misure temporanee di espansione delle garanzie
  • Gestione della riserva obbligatoria

Sotto un profilo tecnico invece, le operazioni di rifinanziamento principale possono risultare:

  • ORLT – a lungo termine
  • ORQ – con asta veloce
  • OR1 con asta veloce a 1 giorno
  • ODT depositi in BCE a tempo indeterminato
  • TRT operazioni a lungo termine mirate

Fermo restanto che non è mai accaduto che l’intera gamma fosse disponibile contemporaneamente, il complesso delle misure assunte appare in se sovrabbondante rispetto ai risultati conseguiti, che possono essere valutati positivamente in termini di capacità difensiva rispetto alle aggressioni speculative subito dall’euro ed in particolare da alcune categorie di emittenti di strumenti finanziari; diversamente è accaduto sotto il profilo della sollecitazione verso la ripresa del mercato e del ciclo economico.

E’ opportuno chiedersi se fosse obiettivamente possibile attendersi un impatto sulla crescita attraverso un percorso così lungo come quello tra la creazione della moneta e il finanziamento finale delle imprese investitrici e dipendenti dal finanziamento a titolo di debito. Appare plausibile la capacità di interrompere a monte il flusso speculativo che è un fenomeno di massa e governato da shadow banks o xeno-mercati. Non rientra invece nelle capacità strutturali di una banca centrale, l’intervento a valle del sistema senza la piena collaborazione delle banche commerciali capaci di trasmettere al mercato della raccolta e del credito gli impulsi ricevuti. Agire in contrasto al ciclo economico reale in l’assenza di questo fattore non rientra nel perimetro ordinario né in quello sperimentale attuato con scelte innovative e precedentemente classificato.

4. L’evoluzione dell’assetto istituzionali delle sovrastrutture di vigilanza e della classificazione delle banche comunitarie

Le banche rilevanti – significant – sono quelle con attivi superiori a 30 mld€ o al 20 per cento del PIL nazionale e, in ogni caso, le prime tre banche di ciascuno Stato aderente all’SSM, Single Supervisory Mechanism (cfr. art. 6 del Regolamento n.1024/2013 del 15 ottobre 2013). Questi intermediari sono quelli più direttamente coinvolti quali controparti della BCE, quali soggetti sottoposti fin dall’origine alla vigilanza comunitaria e quali intermediari richiesti di una maggiore dotazione patrimoniale.

Il regolamento europeo istitutivo dell’SSM è direttamente applicabile e vincolante in tutti gli Stati membri; esso non necessita di essere recepito né riprodotto nell’ordinamento nazionale, il che rappresenta una rilevante novità rispetto al tradizionale impianto normativo dell’Unione Europea.

Se tuttavia non si apportassero modifiche alle leggi nazionali in materia, segnatamente, al TUB, rimarrebbero in vita norme non coerenti con quelle del Regolamento, con conseguenti significative difficoltà interpretative e applicative. Tale potenziale conflitto potrebbe impattare negativamente in caso di crisi sistemiche nel cui ambito le autorità comunitarie intervenissero secondo i poteri così determinati contrastando con normative nazionali cui i soggetti colpiti potrebbero ricorrere per tutelare le proprie posizioni.

Il sistema complessivo delle istituzioni che costituiscono il SEVIF (Sistema europeo di vigilanza finanziaria) sono le seguenti:

  • EBA: autorità bancaria europea
  • ESMA autorità degli strumenti finanziari
  • EIOPA autorità delle assicurazioni e pensioni aziendali e professionali
  • CERS Comitato per il rischio sistemico
  • Comitato congiunto delle autorità di vigilanza
  • Authority nazionali (19) e cioè le banche centrali nazionali che costituiscono il SEBC (sistema europeo delle banche centrali) i cui Governatori (o figure omologhe) fanno parte di diritto del Comitato Esecutivo e collaborano per la predisposizione delle misure di politica monetaria e creditizia compatibili con gli assetti nazionali.

A monte di questo assetto operativo vi sono le norme formulate quali direttive nell’ambito della intermediazione finanziaria, in vigore per tutti gli intermediari finanziari sono le seguenti:

  • Unione Bancaria
  • Corporate Governance
  • Recovery and resolution (crisis management)
  • Rapporto Liikanen (riforma strutturale banche)
  • Nuovo Accordo sul Capitale (NAC di Basilea 3)
  • Credit Rating Directive
  • ICSD Compensation Scheme
  • Shadow Banking Regulation
  • PSD 2
  • MAD Market Abuse

Per gli operatori del risparmio gestito nei diversi segmenti sono invece previste o in corso di definizione le seguenti direttive:

  • Solvency II
  • White Paper on Pension
  • IORP (Retirement Plans review)
  • IMD2 Insurance Mediation Review
  • UCITS 5-6
  • SLD Security Law
  • Financial Transaction Taxation
  • MiFID 2
  • PRIPs (Packaged Products)
  • AIFMD (Alternative Investments)
  • EMIR (Market Infrastructure)
  • Short Selling Directive
  • Audit Market Review

Alla luce di questo complesso impianto normativo, i tre pilastri dell’Unione Bancaria Europea sono pertanto costituiti (per le banche aderenti all’Eurozona) da:

  • Meccanismo di Vigilanza Unico, di cui sono in evidenza i profili giuridici e istituzionali, e le tappe della vigilanza bancaria in ambito europeo;
  • Meccanismo Unico di Risoluzione delle Crisi (Single Resolution Mechanism) esaminato nelle basi giuridiche e seguito nell’iter che ha portato alla creazione di un’Autorità Unica di Risoluzione e di un Fondo Unico di Risoluzione delle crisi;
  • Schema Unico di Garanzia dei Depositi, origine e punto di svolta dell’UBE, costituito dalla direttiva 94/19/Ce, con la successiva evoluzione in Italia, che disciplina che regola l’istituto e le prospettive di riforma della direttiva con il passaggio dall’armonizzazione minima a quella massima, componente fondamentale del “Single Rulebook”.

La CRD IV-CRR si applica invece notoriamente a tutti i 28 UE.

5. Un confronto fra le azioni impostate da Federal Reserve Board e Banca Centrale Europea

5.1.La FED

  • dalle proiezioni del FOMC emerge che il livello mediano del tasso ufficiale previsto a fine 2016 è sceso dall’1,4% di dicembre allo 0,9% a fine 2017 è sceso dal 2,4% all’1,9%; a fine 2018 è sceso dal 3,3% al 3%, valore peraltro inferiore a quello di lungo termine, anch’esso ridotto dal 3,5% al 3,3%.
  • l’evoluzione conferma un orientamento meno incisivo del previsto che ha determinato lo slittamento dei rialzi rispetto alle previsioni comunicate. I nuovi livelli indicati, coerenti con solo 2 rialzi nel 2016 e non più 4, sono più vicini alle attese del mercato rispetto al recente passato. Questo spiega il concetto “accomodante” riferito al comportamento della FED, il quale peraltro è stato anche recepito come non veritiero rispetto alle attese comunicate, anche perché ulteriormente modificato nel settembre 2016, lasciando intendere la prospettiva di un solo rialzo nel mese di dicembre, dopo le elezioni presidenziali;
  • l’attendismo della FED ha rallentato, ma non accantonato, il processo di normalizzazione del tasso ufficiale e appare coerente con il carattere contrastante dei dati economici pubblicati;
  • ciò rafforza le affermazioni dei banchieri centrali a favore di una politica monetaria dipendente dai dati e non direttiva, un modello parzialmente difforme da quello della BCE;
  • in altre parole, essendo particolarmente”pesante” il ruolo della Banca Centrale, essa non può non operare che come un protagonista del mercato e non solo come un regista, tantomeno come un arbitro.

5.2. La BCE

  • la BCE ha adottato misure di politica monetaria espansiva;
  • il provvedimento denominato Quantitative Easing 2 mira ad allentare le condizioni finanziarie, stimolare il credito all’economia e accelerare il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%.

Nel dettaglio:

  • Riduzione del TORP (rifinanziamento principale) da 0,05% a 0%, del TORM (rifinanziamento marginale) da 0,30% a 0,25% e del tasso sui depositi presso la BCE da -0,30% a -0,40%.
  • incremento da 60 a 80mld dell’ammontare di acquisti mensili nell’ambito del QE; durata del Programma confermata fino a marzo 2017 (o fino a quando risulti coerente con l’obiettivo di inflazione al 2%. È stata incrementata la quota limite di attività di enti sovra-nazionali per singoli emittente ed emissione, dal 33% al 50%;
  • estensione della gamma di attività finanziarie acquistabili a titoli obbligazionari societari Investment Grade (rating soglia BBB-) da aprile 2016;
  • nuova TLTRO II a 4 anni, a partire da giugno 2016; le banche potranno richiedere rifinanziamenti fino al 30% dello stock di prestiti in essere al 31.1.16.

Le conseguenze dell’azione impostata dalle due entità predominanti a livello di Autorithy sono pertanto riassumibili come segue:

  • I tassi rimarranno su livelli bassi (anche inferiori a quelli attuali) per un periodo esteso e al di là del termine del QE, ovvero marzo 2017. Resta, inascoltato, l’invito rivolto ad implementare riforme strutturali e ad adottare una oculata politica di bilancio (fiscal policy), di supporto alla crescita, ma nel difficile rispetto delle regole comunitarie.
  • Lo scenario che ha indotto la BCE ad adottare le misure per una crescita economica indebolita dalle prospettive delle economie emergenti, dalla volatilità dei mercati, dal processo di aggiustamento dei bilanci e dalla lentezza del processo di riforme strutturali.
  • Le proiezioni di crescita BCE (PIL) sono riviste al ribasso:
    – 2016: 1,4% (1,7% di dicembre)
    – 2017: 1,7% (1,9% di dicembre)
    – 2018: 1,8% (pubblicata per la prima volta)

I rischi sulla crescita sono sbilanciati verso il basso per effetto delle incertezze sull’economia globale e dei rischi geopolitici. Su questo le Banche Centrali non riescono ad incidere, ma ne sono influenzate e/o condizionate!

Il calo del prezzo del petrolio ha avuto impatto sulle proiezioni dell’inflazione, riviste al ribasso per il 2016 (0,1% da 1% di dicembre) e il 2017 (1,3% da 1,6%). L’inflazione risulta inferiore all’obiettivo ancora nel 2018 (1,6%).

Lo spostamento dell’attenzione dai tassi di politica monetaria, con impatto indiretto sul credito, a strumenti direttamente legati al credito al sistema (il programma TLTRO II e il programma di acquisto di titoli obbligazionari societarie) rappresenta un ulteriore scelta non convenzionale.

Le nuove operazioni potrebbero fornire sostegno al credito alle imprese non finanziarie, dopo che il primo pacchetto TLTRO I (giugno 2014) ne ha ridimensionato la discesa nei paesi più vulnerabili e favorito l’incremento nei paesi più solidi, supportando un generalizzato ridimensionamento del costo del finanziamento al settore privato. Molti debitori sani e rilevanti pagano tassi inusualmente bassi subendo il fascino di un indebitamento troppo elevato, pericoloso se permanesse senza rimborsi prima del rialzo dei tassi di interesse. Gli EBITDA generati andrebbero in parte condizionante direzionati verso il pagamento del servizio del debito.

Le condizioni applicate appaiono più vantaggiose (durata più lunga, tassi di interesse bassi, ammontare potenzialmente erogabile maggiore, assenza del rischio di rimborso anticipato). Lo schema può inoltre allentare le pressioni sulla ricerca di finanziamenti degli istituti bancari in un periodo caratterizzato da incremento della volatilità e elevati titoli in scadenza.

6. Alcune considerazioni sui tassi negativi

All’apparenza sembrerebbe anomalo concepire un investimento negativo; in realtà, dobbiamo ricordare che si tratta di uno scambio e che siamo condizionati dal fatto che storicamente siamo abituati da sempre a reclamare un compenso per la rinuncia alla disponibilità della moneta (e cioè del bene più fungibile e più utile per conseguire tutti gli altri).

In verità si può immaginare che vi possa essere qualcosa di preferibile alla moneta. In particolare, di questi tempi, la sicurezza di poterne disporre in futuro, quando ci servisse senza rischi di non riuscire a recuperarla.

Altrettanto dobbiamo immaginare in merito alla presenza di condizioni di deflazione sotto il profilo del peso del potere d’acquisto della moneta.

E’ evidente al momento come vi sia assenza di flazione (cioè di modifica del valore) con l’opportunità in taluni casi di avere in futuro un potere d’acquisto superiore a quello passato.

Il tasso negativo in questo caso riequilibra le condizioni considerando che chi detiene pro tempore la moneta possiede il bene al momento meno utile, in contrasto con la logica passata.

Il modello più accreditato per analizzare queste condizioni e più conosciuto anche dagli operatori meno avezzi a elucubrazioni teoriche, è il CAPM. Uno strumento che aiuta a determinare il tasso di remunerazione di un investimento stabilendo una relazione fra rischio e rendimento di tale asset assumendo quale base minima di rendimento il tasso pagato dal risk free asset.

Il CAPM assume che anche un titolo privo di rischio debba garantire un rendimento per la mera necessità di remunerare il costo finanziario del tempo. Il rischio, infatti, trova un limite invalicabile nel livello zero, mentre il tempo non può far altro che scorrere e non può invertire il suo corso.

Esiste peraltro anche il modello di Fisher. Se l’equazione di Fisher è corretta, possiamo comprendere perché il tasso è anche negativo. La teoria di Fisher ci spiega che la remunerazione in termini reali del costo finanziario del tempo è più che assorbita dalle aspettative deflazionistiche. In presenza di deflazione, infatti, il fattore chiave non è più “inflazione attesa” ma diviene di segno negativo tramutandosi in “deflazione attesa”.

7. Le domande di breve periodo

In conseguenza di queste difformi interpretazioni teoriche a monte della scelta adottata di impostare una struttura dei tassi di interesse con valori di base negative si possono delineare le seguenti considerazioni alla luce dei riscontri evidenziati dalle reazioni suscitate nei primi diciotto mesi di applicazione.

La prima preoccupazione concerne la eccessiva dipendenza dell’economia reale dalle scelte delle banche centrali cui il sistema si affida in modo fideistico, valutandolo un totem cui obbedire invece che un benchmark cui fare mobile riferimento.

Il secondo pericolo può essere brevemente spiegato ricordando l’esperienza giapponese che convive con difficoltà da oltre 25 anni con tassi vicini allo zero, con pesanti riflessi sullo sviluppo economico.

La terza indicazione negativa porta a considerare il ruolo della Banca Centrale quale supplente di chi dovrebbe governare le scelte di lungo periodo. Tale condizione appare più vicina al comportamento della BCE che a quello della FED (come si può ricostruire da quanto esposto nelle prime note di questo editoriale).

Una quarta valutazione riguarda l’estrema difficoltà per le banche nel conseguire reddito senza poter manovrare il margine di interesse, obbligandole a percorrere operazioni più rischiose e ponendo a rischio l’economicità delle più deboli.

Ultima considerazione è infine, dolorosa per chi studia, è lo sconosciuto sentiero dei tassi negativi con i suoi impatti sulle indicizzazioni, sui rendimenti di lungo periodo (assicurazioni e previdenza) e sulla propensione al risparmio.

8. Domande di lungo periodo e conclusioni

Si propongono senza dettaglio di risposta, ma quali possibili vincoli futuri:

  1. Quale è il ruolo prospettico del sistema bancario nel sistema finanziario?
  2. E’ il momento ciclico ideale o peggiore per aggredire competitivamente le banche?
  3. Oppure è quello più opportuno per offrirgli una via di soluzione, nel contesto delle politiche distributive, collaborando?
  4. Qual è l’impatto strategico, tattico contabile della condizione negativa dei tassi d’interesse?
  5. Quale valutazione si evince dallo scenario internazionale della intermediazione bancaria?

In estrema sintesi i tassi negativi testimoniano la preferenza per la certezza del rimborso rispetto all’attesa di un rendimento valutato rischioso, ma anche la convinzione che il poter d’acquisto sia stabile quando non in crescita in ragione della bassa o nulla inflazione. Peraltro, il fenomeno è stato sostenuto dalla scelta delle Banche Centrali di stimolare la domanda attraverso abbondante offerta di moneta a tassi sempre più bassi fino a superare la soglia zero. Il che significa peraltro che, al momento, la manovra non ha conseguito i suoi obiettivi perché quella moneta non viene dedicata al finanziamento dell’economia reale.

Ho sostenuto fin dall’inizio come sostenibile la presenza di tassi anche negativi, ma ero e resto dell’idea che si tratti di manovre non utilizzabili per periodi prolungati, quale invece appare la scelta attuale dopo il primo anno di applicazione. Il sistema è posto di fatto in condizione di coma farmacologico, il che non facilita rapidità e consistenza della successiva ripresa. E’ stato impostato uno shock per il sistema in crisi e la reazione è stata modesta, per quanto esistente, rispetto all’ammontare dello sforzo compiuto. Peraltro la BCE è un supplente rispetto alle scelte di governo della politica economica e, purtroppo, ha forse esaurito le proprie armi possibili coerenti con i poteri ad essa assegnati. Altri soggetti stentano a compiere le proprie necessarie scelte. Con i tassi “zero” o negativi, il sistema si difende, ma non trova il sentiero per attaccare le condizioni critiche del ciclo.

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