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Editoriali

Salvare il soldato CQS

19 Aprile 2018

Giuseppe G. Santorsola

Professore Ordinario di Corporate & Investment Banking e Corporate Finance, Università Parthenope di Napoli

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

L’operazione di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione (nel prosieguo CQS) costituisce una forma di credito ai consumatori erogata da banche e società finanziarie cui possono accedervi (dal 2005) lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e pensionati. La durata massima prevista è di dieci anni, il capitale massimo conferibile è 75.000€, con un importo della rata di rimborso, ovviamente, non superiore alla quinta parte dello stipendio o della pensione netti mensili; presenta caratteristiche che la rendono per molti versi assimilabile a un prestito “garantito” anche in ragione del vincolo giuridico, già previsto nella originaria normativa del DPR 5/01/1950, n. 180, di essere assistito da polizze che coprono il rischio di credito legato alla perdita dell’impiego ed il rischio demografico legato alla premorienza del debitore.

Lo sviluppo del mercato, conseguente alla revisione della normativa avvenuta nel 2005 (L. 80 e 311/2005) è stato inizialmente favorito dall’operato dagli agenti in attività finanziaria e dai mediatori creditizi, a loro volta oggetto di una rinnovata disciplina nel 2010, attraverso il D.Lgs 141 (il recepimento della Direttiva Europea), con regole di ingresso e comportamento, attualmente oggetto di una rivisitazione attraverso la Delibera 145/2018 della Banca d’Italia (in realtà la terza dal 2009) ripartita in ben 71 punti di osservazione che colgono con attenzione alcune criticità che potrebbero inficiare un canale molto importante nel segmento del credito personale, area di rilievo in ragione dei migliori margini d’interesse realizzabili e della prospettiva di allargamento della clientela potenziale, altrimenti esclusa dal circuito del credito.

2. Le determinanti della delibera

Negli ultimi trimestri quasi tutte le aziende bancarie hanno scelto di intervenire nel segmento CQS, direttamente oppure acquisendo o partecipando le aziende già presenti, alla ricerca di masse critiche e di migliori equilibri gestionali. Questa scelta ha certamente inciso sulla decisione della Banca Centrale di intervenire tempestivamente quando i controlli attivi hanno evidenziato criticità nella gestione del settore e nei comportamenti verso i clienti, che incidono sul livello e la struttura dei costi nelle diverse fasi (la prima erogazione, rinnovi delle operazioni non suggeriti dal cliente, scelta delle durate del prestito e corretta costruzione dei conteggi estintivi nei diversi casi previsti. Le condotte “opportunistiche” che ne conseguono sono riconducibili sia ai mediatori creditizi sia agli agenti collocatori. Le statistiche relative all’attività dell’ABF hanno costituito la base quantitativa che ha generato la preoccupazione, in quanto il contenzioso gestito dall’Arbitro è sproporzionato rispetto alla quota di mercato dalla CQS rispetto al totale del credito bancario (22.000 ricorsi il 40 % in più rispetto al 2016, il 72% del contenzioso ABF). Ne sorge un insieme di rischio operativo e reputazionale da assorbire prima che incida sull’atteggiamento della clientela.

3. Il perimetro dell’intervento

Questa valutazione è utile per interpretare l’azione della Banca d’Italia che prevede “orientamenti” e suggerimenti di “best practices” ripartiti in nove campi che caratterizzano l’operatività:

  • valutazione del merito di credito e rischio di sovra-indebitamento;
  • prefinanziamento e altre condotte poste in essere prima di accordare il finanziamento;
  • costi della CQS. livello, struttura e loro rappresentazione nella documentazione precontrattuale e contrattuale, estinzioni e rinnovi anticipati, coerenza tra costi e attività svolte;
  • polizze assicurative;
  • doveri dei distributori e trasparenza del costo della rete;
  • responsabilità e controlli delle banche e degli intermediari finanziari;
  • remunerazione della rete distributiva;
  • comunicazioni alla clientela;
  • cessione di rapporti a terzo.

Il modello di intervento non è invasivo nei contenuti quanto nel messaggio implicito, reclamando reazioni organizzative e gestionali volte a recuperare trasparenza e correttezza dei comportamenti. Un modello di vigilanza non sempre consueto (adottato senza successo ad esempio nel 2014 nei confronti delle BCC). L’auspicio è quello di riscontrare miglior successo, senza interventi più cogenti in caso di risposte carenti.

Sono da attendersi scelte anche strategiche, invero già presenti, che comporteranno fusioni, partecipazioni e razionalizzazione delle strutture distributive e commerciali, elemento che appare il più bisognevole di intervento, anche se una visione più accurata individua elementi di debolezza e prassi non corrette anche da parte dei soggetti erogatori del credito. I criteri di valutazione del merito dovranno essere rivisitati rinunciando alla preferenza verso i volumi di fatturato, controllando il rischio di insolvenza e soprattutto di crediti non performanti.

4. Correttivi e buone prassi

Nello specifico appaiono pertanto predominanti alcuni rischi operativi e comportamentali che possono essere così evidenziati:

  • il controllo del sovra-indebitamento, fenomeno non sempre auto-valutato dal cliente nel momento della domanda di fido;
  • la trasparenza in materia di costi, TAEG, impatto della misura degli interessi connessi alla durata del prestito;
  • una disciplina del rinnovo dei prestiti e dei conteggi estintivi le cui natura e misura determinano la gran parte dei reclami;
  • la nascita di iniziative imprenditoriali dedicate (in modo non sempre regolare) alla assistenza al cliente in materia di tassi usurari e recupero di somme corrisposte in ragione di soluzioni contrattuali non trasparenti;
  • la materia delle polizze assicurative, da un lato obbligatorie nella forma, ma spesso non coerenti con la natura e la misura del rischio effettivo, nonché non necessariamente offerte dallo stesso soggetto conferente il credito;
  • il controllo interno dei comportamenti della rete distributiva, tesa a compendiare i propri obiettivi di risultato con la natura del servizio che deve essere offerto alla clientela;
  • il tema, invero generale in tutta l’intermediazione finanziaria, della comprensibilità e della efficacia della rendicontazione al cliente, della quale è sempre più marcata la bassa utilità nonché l’eccessivo formalismo ripetitivo che ne disincentiva la lettura;
  • la disciplina della cessione dei rapporti nonché delle ancora elevate percentuali di passaggi degli agenti da una rete all’altra, connessa al rinnovo dei prestiti, al loro allungamento e alle modalità di contatto con la clientela già indebitata o al primo contatto.

Un corposo compendio di problemi che merita ulteriore approfondimento ed un monito che non deve essere sottovalutato per un settore con prospettive da non disperdere.

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