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Giurisprudenza

Esclusa l’ammissione al passivo del credito del professionista difensore del legale rappresentante imputato

23 Marzo 2020

Sara Addamo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 12 febbraio 2020, n. 3438 – Pres. Didone, Rel. Guido

Di cosa si parla in questo articolo

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, un avvocato aveva chiesto l’ammissione al passivo, in privilegio ex art. 2751-bis c.c., di un credito derivante da prestazioni professionali di assistenza legale svolte nell’interesse del legale rappresentante della società decotta, in diversi procedimenti penali. Il giudice delegato escludeva il credito e il Tribunale rigettava l’opposizione ex art. 98 l. fall. rilevando che il mandato professionale era stato conferito dal legale rappresentante in proprio e, in ogni caso, la prestazione non era riferibile alla società poiché i comportamenti contestati non si configuravano come atti svolti nell’espletamento del mandato professionale di amministratore della società asseritamente debitrice.

L’avvocato proponeva ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale, contestando l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero di tre contratti di prestazione di opera professionale sottoscritti dalla società fallita, tramite il legale rappresentante, e la violazione dell’art. 1720 c.c. La Corte di Cassazione, dopo aver precisato che: “ il rapporto di prestazione d’opera professionale postula infatti il conferimento del relativo incarico, sicché quando, come nel caso di specie, sia contestata l’instaurazione di un siffatto rapporto, grava sull’attore l’onere di dimostrarne l’avvenuto conferimento, mentre compete al giudice del merito valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva (Cass. 1792/2017)” , affermava che il Tribunale aveva preso in considerazione i contratti indicati dal ricorrente e con adeguato apprezzamento di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità, aveva accertato che l’incarico professionale era stato conferito dal legale rappresentante in proprio e non anche dalla società, ritenendo dunque che obbligata fosse soltanto la persona fisica, nel cui esclusivo interesse si era dispiegata l’attività professionale del ricorrente.

Inoltre, secondo la Suprema Corte non sussiste alcuna violazione di legge e, in particolare, della norma di cui all’art. 1720, II comma c.c., la quale si riferisce al rimborso delle spese sostenute dal mandatario per difendersi in un procedimento causalmente riconducibile all’esecuzione del mandato e trova applicazione esclusivamente al rapporto tra mandante (società) e mandatario (amministratore), ma non consente di configurare un’azione diretta del terzo creditore (professionista) nei confronti della società.

 

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