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Giurisprudenza

Responsabilità degli amministratori per omesso scioglimento della società ed onere della prova per la Procedura fallimentare

2 Dicembre 2020

Sara Addamo, Dottore di ricerca in diritto commerciale, Università di Trento; Incaricata alla ricerca, Libera Università di Bolzano; Avvocato

Tribunale di Milano, 01 giugno 2020 – Dott. Mambriani

Nel caso all’esame del Tribunale di Milano, la Procedura fallimentare aveva esercitato un’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. nei confronti dei membri dell’organo amministrativo deducendo anzitutto che gli stessi avessero omesso di provvedere alla messa in liquidazione e allo scioglimento della società, in violazione dell’art. 2485 c.c., aggravando di conseguenza il passivo. Il Tribunale ha però rilevato che le doglianze del Fallimento erano del tutto carenti dal punto di vista probatorio, rimarcando l’orientamento di legittimità secondo cui “l’onere della prova della novità delle operazioni intraprese dall’amministratore successivamente al verificarsi dello scioglimento della società per perdita del capitale sociale, compete all’attore e non all’amministratore convenuto” (Cass. n. 25977/2008) e la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, per cui deve essere rigettata “qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati” (Cass. n. 30218/2017).

In secondo luogo, la Procedura ha allegato quali voci di danno dei pagamenti preferenziali effettuati nel periodo immediatamente antecedente alla presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, che aveva preceduto il fallimento. Il Tribunale – dopo aver precisato che il danno da pagamento preferenziale sia individuabile quale danno da “maggior falcidia” dei crediti insinuati nel passivo fallimentare, ovvero pari alla differenza tra quanto i creditori avrebbero percepito dal riparto fallimentare se il pagamento non fosse stato fatto ed il creditore preferito si fosse insinuato al passivo fallimentare e quanto hanno effettivamente percepito – ha rilevato ancora una volta la mancata allegazione da parte della Procedura attrice di alcun elemento probatorio, tra cui l’entità del passivo fallimentare, dell’attivo fallimentare e del riparto effettuato.

Infine, secondo la Procedura ulteriore voce di danno sarebbe rappresentata da una serie di costi “inutilmente” sopportati dalla società a seguito della presentazione della domanda di concordato preventivo, in un momento in cui gli amministratori avrebbero invece dovuto chiedere il fallimento. Al riguardo il Tribunale ha affermato che “il comportamento dell’amministratore che presenta una domanda di concordato in presenza del presupposto dello stato di insolvenza della società non può essere considerato di per sé ed automaticamente generatore di responsabilità per il risarcimento del danno, anche nel caso in cui la proposta di concordato venga dichiarata inammissibile o l’ammissione venga revocata (artt. 162 e 173 L.F.). Una responsabilità degli amministratori in questo senso può invece sorgere solo quando la domanda deve considerarsi abusiva, e cioè unicamente finalizzata a posticipare fraudolentemente il fallimento della società in danno dei creditori”. Nel caso di specie, la Procedura si è limitata ad allegare che la proposta di concordato sia stata revocata a causa dell’effettuazione dei predetti pagamenti preferenziali, i quali, nondimeno, secondo il Tribunale non sono idonei a provare i caratteri di abusività della domanda di concordato preventivo.

Da ultimo, in merito alla quantificazione del danno tramite il criterio sussidiario “sintetico” costituito dalla differenza tra attivo e passivo fallimentare, il Tribunale ha ricordato che lo stesso è stato recepito normativamente nell’ultimo comma dell’art. 2486 c.c. da parte del D. Lgs. n. 14 del 2009 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), ma che trova applicazione solo ove manchino le scritture contabili o non sia possibile determinare la differenza dei netti patrimoniali a causa della carenza o dell’irregolarità delle stesse, circostanza nemmeno allegata dalla Procedura nel caso in esame.

Il prossimo 22 gennaio si terrà il WebSeminar, organizzato da questa Rivista, di rassegna della giurisprudenza in materia fallimentare dedicata all’anno 2020. Di seguito il programma dell’evento.

Questioni in tema di ammissioni al passivo «critiche»
Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

Revocatoria nei confronti del fallimento
Francesco Terrusi, Consigliere della Corte di Cassazione

Accordo di ristrutturazione
Antonio Didone, già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

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