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Giurisprudenza

Condizioni di detraibilità dell’IVA e concordato preventivo

9 Dicembre 2020

Maria Cristina Latino, Avvocato presso EY

Cassazione Civile, Sez. V, 11 settembre 2020, n. 18837 – Pres. Virgilio, Rel. D’Aquino

Di cosa si parla in questo articolo

Nel caso di specie, una Società in liquidazione in concordato preventivo aveva presentato istanza di rimborso di un credito IVA relativo al periodo d’imposta 2005, formatosi in forza di fatture passive emesse da professionisti antecedentemente la procedura concorsuale, il cui credito di rivalsa era stato soddisfatto in ambito concordatario in misura falcidiata.

L’Agenzia delle Entrate (nel prosieguo anche l’”Ufficio”) riconosceva il credito IVA revocando la sospensione del rimborso nei limiti di quanto la procedura concorsuale aveva versato a titolo di rivalsa ai propri prestatori, paventando un salto di imposta nel caso in cui i creditori emittenti avessero emesso note di variazione per l’imposta non soddisfatta dal committente in concordato preventivo.

La Società impugnava il provvedimento di revoca parziale di sospensione, con cui era stata parzialmente rigettata l’istanza di rimborso del credito IVA in parola, ma la Commissione Tributaria Provinciale competente rigettava il ricorso.

Sul punto, anche la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello, rilevando che il provvedimento era stato emesso a conclusione dell’originaria istanza di rimborso del credito IVA formulata dal contribuente in concordato preventivo e ritenendo che il rimborso integrale del credito avrebbe comportato un danno erariale.

La Società ha proposto, pertanto, ricorso per cassazione affidando le sue pretese a numerosi motivi, mentre l’Ufficio ha resistito con controricorso.

Per quanto di interesse, parte ricorrente deduceva la violazione di legge in relazione agli artt. 17, 18, 19, 24, 25 del D.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui è stato negato il rimborso parziale del credito IVA, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini della detrazione dell’imposta, la mera ricezione della fattura.

La Società sosteneva, inoltre, come nessuna irregolarità fosse stata contestata, sicché l’omesso rimborso del credito IVA si sarebbe tradotto in una violazione del principio di neutralità dell’imposta.

La contribuente denunciava inoltre la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 26, comma 2 e 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, nonché la contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto corretta la sospensione della procedura di rimborso per effetto della potenziale emissione da parte dei prestatori delle note di variazione IVA al termine della procedura di concordato preventivo, rilevando come questi non fossero più in termini per emettere le note di variazione in riduzione, termini che dovevano decorrere dall’autorizzazione del giudice delegato alla transazione, essendo il credito contestato.

La Suprema Corte ha provveduto all’analisi dei motivi sopra delineati, affermando quanto segue.

Entrambe le riportate doglianze sono state analizzate congiuntamente in quanto affrontano, sotto diversa angolazione, l’aspetto nodale della persistenza del credito IVA del committente cessionario, derivante dall’esercizio della detrazione sulle fatture ricevute, nel caso in cui questi non abbia integralmente assolto l’obbligazione di rivalsa nei confronti del prestatore emittente, a causa dell’insorgenza di una procedura concorsuale.

Tale evento consente al prestatore emittente di recuperare, nei limiti di quanto disponibile, l’imposta assolta e addebitata al cliente, benché non soddisfatta in rivalsa dal committente assoggettato a procedura concorsuale, incidendo sul diritto di quest’ultimo di far valere la detrazione dell’imposta sulle fatture ricevute e definitivamente non onorate in sede di rivalsa.

L’omologazione definitiva di un concordato preventivo comporta la necessaria rettifica dell’ammontare dell’IVA detratta in origine, in quanto costituisce mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione.

Detta impostazione, a giudizio della Corte, si pone in coerenza con il diritto comunitario, laddove l’articolo 185 della Direttiva 2006/112/CE impone la rettifica della detrazione operata nei casi di mutamento della base imponibile, quale elemento fondante per determinare l’importo del credito spettante.

Coerentemente con l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, è necessario che l’importo delle detrazioni sia rettificato per corrispondere a quello che il soggetto passivo avrebbe potuto operare se la modifica fosse stata considerata dal principio (Cfr. Causa C-186/15, C-364/17, 6684/18).

Con specifico riguardo, poi, alle conseguenze per la detrazione IVA del committente derivanti dall’omologazione definitiva del concordato preventivo riguardante quest’ultimo, la Corte riscontra uno specifico precedente della CGUE in linea con la propria impostazione (Causa C-396/16).

Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha rigettato il motivo facente leva sul disposto del solo art. 19 D.P.R. n. 633/1972, specificando come la detrazione, per il committente, sconti il limite dell’effettivo soddisfacimento del credito di rivalsa del prestatore.

Parimenti, deve ritenersi irrilevante per il committente la possibilità dell’emissione o meno delle note di variazione da parte del prestatore ai fini dell’esercizio della detrazione.

Per il committente che intenda esercitare la detrazione rileva, infatti, solo la certezza della irrecuperabilità del credito da rivalsa IVA, certezza fornita dalla definitività del decreto di omologa.

Alla luce di tutto quanto sopra, il ricorso è stato infine rigettato.

Il prossimo 22 gennaio si terrà il WebSeminar, organizzato da questa Rivista, di rassegna della giurisprudenza in materia fallimentare dedicata all’anno 2020. Di seguito il programma dell’evento.

Questioni in tema di ammissioni al passivo «critiche»
Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

Revocatoria nei confronti del fallimento
Francesco Terrusi, Consigliere della Corte di Cassazione

Accordo di ristrutturazione
Antonio Didone, già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

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