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Giurisprudenza

ATI: deducibilità dei costi per l’impresa associata e onere probatorio

19 Gennaio 2021

Alessandro Nota

Cassazione Civile, Sez. V, 18 novembre 2020, n. 26214 ― Pres. Sorrentino, Rel. Federici

Di cosa si parla in questo articolo

La controversia in esame trae origine da un avviso di accertamento (per il periodo d’imposta 2004) emesso nei confronti di una società partecipante ― al 50% con altro soggetto passivo ― un’Associazione Temporanea d’Impresa (nel seguito “ATI”), con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva, per quanto di interesse, rideterminato l’imponibile relativo al suddetto periodo d’imposta ai fini IRES ed IRAP, disconoscendo la deducibilità dei costi relativi a due fatture passive afferenti ad una committenza contratta dall’ATI, contabilizzati interamente dalla società, sostenendo che, essendo i lavori relativi all’appalto eseguiti dalla stessa associazione, la contribuente avrebbe potuto dedurli nei limiti della percentuale di partecipazione all’ATI stessa (i.e. 50%).

L’Agenzia delle Entrate risultava soccombente in entrambi i gradi di giudizio di merito, a seguito dell’impugnazione del provvedimento da parte della contribuente.

La CTR, in particolare, aveva rigettato l’appello dell’Amministrazione finanziaria, sottolineando che l’iniziale previsione di realizzazione dei lavori di appalto nella misura del 50% per ciascuna partecipante all’ATI, in applicazione del principio di autonomia contrattuale, poteva essere superata tramite successivi accordi interni.

Nel ricorrere per la cassazione della pronuncia di appello, l’Agenzia delle Entrate lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR, in relazione al principio di inerenza, nonché quanto all’onere della prova, dell’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, dell’art. 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell’articolo 2697 del Codice civile.

In tema di onere della prova, gli Ermellini hanno in primo luogo richiamato l’orientamento già espresso dalla V Sezione (Cass., 17/07/2018, n. 18904; 07/06/2018, n. 14858, Cass., 05/12/2018, n. 31405), secondo il quale incombe sul contribuente l’onere di dimostrare l’inerenza dei costi dallo stesso dedotti, in quanto soggetto a cui è imputata la prova dell’imponibile maturato.

Relativamente poi alla natura dei raggruppamenti societari finalizzati all’esecuzione di contratti di appalto e dei loro rapporti con la stazione appaltante, la Corte ha ribadito, in primo luogo, come l’ATI non costituisca un’impresa che esercita la propria attività in modo indipendente (già Cass., 23/11/2018, n. 30354).

L’esistenza di un mandato da parte dei soggetti partecipanti l’associazione, funzionale all’individuazione di un interlocutore privilegiato per la stazione appaltante, non determina la creazione di un centro di imputazione giuridica, né comporta l’unificazione dell’attività di esecuzione dell’appalto e, pertanto, ciascuna società associata conserva piena autonomia operativa nelle modalità di realizzazione della commessa, nei limiti della propria competenza (Cass., 30/01/2003, n. 1396).

Alla luce dei principi sopra richiamati, il giudice di Legittimità ha affermato che non è possibile escludere, nei rapporti interni tra società raggruppate, l’esistenza di accordi diversi sulla distribuzione dei costi.

Tuttavia, secondo la Corte Suprema, tali accordi devono essere provati dal contribuente, non solo sotto il profilo della loro esistenza, ma anche e soprattutto sotto il profilo della coerenza logica tra la diversa distribuzione dei costi e le modalità di svolgimento dell’attività assunta, in modo da consentire un corretto controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria della deduzione dei costi secondo il principio di inerenza.

Tale giudizio, secondo la Corte, non confliggerebbe con le recenti evoluzioni del concetto di inerenza che privilegiano aspetti qualitativi o di coerenza economico-aziendale (Cass., 11/01/2018, n. 450; 26/09/2018, n. 22938; Cass., 06/06/2018, n. 14579; 07/06/2018, n. 14858).

Non avendo il contribuente allegato la prova dell’accordo in forza del quale i costi oggetto del contenzioso dovessero risultare interamente nella contabilità del contribuente stesso, la Corte Suprema ha accolto i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla CTR, in diversa composizione.

 

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