Con Risoluzione n. 72 del 02 settembre 2016 l’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un interpello, ha fornito chiarimenti rispetto al trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali.
In particolare l’Agenzia, modulando dai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14 (per il testo cfr. contenuti correlati), ha ritenuto che nel caso di specie l’attività di attività di servizi relativi a monete virtuali, remunerata attraverso commissioni pari alla differenza tra l’importo corrisposto dal cliente che intende acquistare/vendere bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla società sul mercato, debba essere considerata ai fini Iva quale prestazione di servizi esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 3), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Coerentemente all’inquadramento giurisprudenziale europeo, ai fini della tassazione diretta, si ritiene che la società debba assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività.
Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa. La società, pertanto, non è tenuta ad alcun adempimento come sostituto d’imposta.