Il presente contributo affronta il tema degli Oicr societari in gestione esterna, analizzando in particolare le Sicav e le Sicaf nel progetto di riforma del TUF.
1. Introduzione
In data 8 ottobre 2025 il Governo ha approvato lo schema di decreto legislativo recante l’attuazione della delega di cui all’art. 19 della Legge Capitali (l. 5 marzo 2024, n. 21) (“Schema TUF”). Il testo, ora sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari, introduce rilevanti modifiche al quadro normativo e regolamentare applicabile, inter alia, alla gestione collettiva del risparmio, con l’obiettivo di aggiornarlo e renderlo più competitivo a livello europeo e internazionale.
Talune delle modifiche proposte dallo Schema TUF erano state anticipate dalla Legge Capitali stessa, anche per quanto riguarda la disciplina degli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) in gestione esterna costituiti in forma societaria.[1] Rientrano tra tali modifiche la più netta distinzione tra le Sicav e le Sicaf che gestiscono direttamente il proprio patrimonio (c.d. in gestione interna) e quelle che affidano la gestione del proprio patrimonio a intermediari abilitati (c.d. in gestione esterna), nonché la semplificazione della disciplina applicabile a queste ultime.
Sul piano sistematico, il TUF formulava, già prima della Legge Capitali e dello Schema TUF, una marcata distinzione tra Sicav e Sicaf autogestite ed eterogestite (così definite prima delle modifiche apportate dalla Legge Capitali): mentre quelle autogestite sono al contempo gestori e Oicr – e sono perciò disciplinate nello stesso Capo del TUF dedicato alle società di gestione del risparmio (Sgr) – le seconde rivestono esclusivamente la qualifica di Oicr e sono, infatti, disciplinate nel medesimo capo dei fondi comuni di investimento. Nonostante la mancata coincidenza, nelle eterogestite, tra gestore e Oicr, l’art. 38 del TUF vigente sino alla Legge Capitali (parimenti a quanto accadeva nel Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio di cui al Provvedimento della Banca d’Italia in data 19 gennaio 2025) non riconosceva differenze di regolamentazione sostanziali, ad eccezione, naturalmente, della disciplina e delle naturali conseguenze derivanti dall’attribuzione della gestione a un soggetto esterno.
Come dichiarato nella relazione illustrativa che accompagna lo Schema TUF, il proposto intervento legislativo mira ad una complessiva semplificazione e razionalizzazione della materia, al fine di favorire lo sviluppo della gestione collettiva del risparmio e di incoraggiare l’investimento indiretto del capitale privato nell’economica reale italiana, specialmente in un contesto di mercato che vede una dimensione degli investitori istituzionali particolarmente esigua rispetto ai livelli di altri Paesi avanzati e, in ogni caso, concentrata sulle società quotate di grandi dimensioni i cui titoli sono caratterizzati da maggiore liquidità.[2]
2. Le Sicav e le Sicaf in gestione esterna
Sulla scorta di quanto già stabilito dalla Legge Capitali, lo Schema TUF intende ribadire e rinforzare il principio secondo cui le Sicav e le Sicaf in gestione esterna non rientrano tra i soggetti autorizzati alla gestione collettiva del risparmio, uniformandone la disciplina a quella dettata per i fondi comuni di investimento, ai quali, per natura e sul piano operativo, risultano maggiormente assimilabili. La precedente tendenza a estendere le regole proprie dei gestori anche alle società di investimento eterogestite ha infatti sovente sollevato problemi di uniformità rispetto al modello di Oicr in forma contrattuale rappresentato dal fondo comune di investimento. Il proposto intervento legislativo parte, dunque, dall’assunto che le regole applicabili alle società di investimento in gestione esterna fossero sproporzionate rispetto alla natura e ai rischi assunti da tali organismi che, pur non avendo alcun potere di gestione del patrimonio raccolto, erano di fatto considerati gestori autorizzati e conseguentemente assoggettati ai requisiti autorizzativi e di vigilanza propri di tali soggetti[3], a differenza degli Oicr contrattuali (i.e. i fondi).
Tanto premesso, si analizzano nel seguito le novità di maggior rilievo proposte dallo Schema TUF con riferimento agli Oicr societari in gestione esterna (con l’eccezione delle società di partenariato, la cui disciplina del tutto nuova merita un’analisi ad hoc) – per buona parte, si ribadisce, introdotte già dalla Legge Capitali – le quali confermano la ratio sopra descritta.
2.1 Regime autorizzativo
L’elemento più innovativo della prospettata novella normativa rispetto al regime previgente[4] è senz’altro rappresentato dal definitivo assoggettamento di Sicav e Sicaf in gestione esterna a un regime sostanzialmente analogo a quello previsto per i fondi comuni di investimento nella fase di accesso al mercato. Ciò si traduce nell’integrale riscrittura dell’art. 38 del TUF, che propone modifiche al regime autorizzativo sia delle Sicav e delle Sicaf in gestione esterna non riservate agli investitori professionali, sia di quelle riservate a tali investitori.
Per quanto riguarda le Sicav e le Sicaf in gestione esterna non riservate, lo Schema TUF, diversamente dall’art. 38, co. 8, come modificato dalla Legge Capitali e attualmente vigente – il quale subordina l’avvio dell’operatività di tali società all’approvazione dello statuto da parte della Banca d’Italia, su istanza del gestore esterno -, stabilisce semplicemente che “la Banca d’Italia approva lo statuto e le relative modificazioni”. In proposito, si noti che nello Schema TUF è stato eliminato, proprio dall’art. 38, co. 8 (che nello Schema TUF diviene il co. 7, stante l’eliminazione del co. 5 e lo scorrimento dei commi successivi), l’inciso presente nella Legge Capitali ai sensi del quale “l’avvio dell’operatività è subordinato all’approvazione dello statuto dalla Banca d’Italia”. Il nuovo testo dell’art. 38, co. 7, del TUF, dunque, prevede soltanto che la Banca d’Italia attesti la conformità dello statuto (o delle sue modificazioni) “alle prescrizioni di legge e di regolamento, ai criteri generali e al contenuto minimo dalla stessa predeterminati” e verifichi che la situazione tecnica e organizzativa del gestore esterno designato assicuri la capacità di quest’ultimo di gestire il patrimonio della società nell’interesse degli investitori, meritevoli di maggior tutela in quanto investitori retail.
Tale proposta modificativa apparentemente innovativa solleva, tuttavia, diversi dubbi in merito al suo impatto sul regime autorizzativo delle Sicav e Sicaf in gestione esterna non riservate. Se nella formulazione attualmente vigente dell’art. 38, co. 8, del TUF l’avvio dell’operatività delle Sicav e Sicaf in gestione esterna non riservate è espressamente subordinato all’approvazione dello statuto da parte della Banca d’Italia, nella proposta di modifica di cui allo Schema TUF – ove ci si limita a stabilire che la Banca d’Italia approva lo statuto e le relative modificazioni – non viene espressamente stabilito in quale fase del processo costitutivo della Sicav o della Sicaf in gestione esterna non riservata debba collocarsi tale approvazione. Si tratta, dunque, di un vulnus meritevole di precisazione in sede di esame dello Schema TUF da parte delle Commissioni parlamentari e di definitiva approvazione da parte del Governo. Allo stato, non è infatti dato comprendere (nemmeno dall’analisi della Relazione Illustrativa dello Schema TUF) quale sia il reale impatto della cancellazione del già citato inciso per cui “l’avvio dell’operatività è subordinato all’approvazione dello statuto”, in quanto non risulta precisato in quale fase della costituzione della Sicav o della Sicaf in gestione esterna non riservata debba avvenire la “nuova” approvazione del suo statuto da parte della Banca d’Italia. Se non valgono, per le Sicav e Sicaf non riservate, i termini previsti dal nuovo co. 8 (e dall’attuale co. 9) dell’art. 38 per quelle riservate, non si comprende infatti quando il regolatore debba intervenire. In proposito, si noti che, ove l’approvazione dello statuto da parte della Banca d’Italia debba collocarsi prima dell’iscrizione della società nel registro delle imprese (avente efficacia costitutiva), la norma nuova sarà più restrittiva della precedente (la quale, invece, subordina il solo avvio dell’operatività e non già la costituzione – all’approvazione dello statuto); ove invece, detta approvazione debba intervenire prima dell’inizio dell’operatività, allora l’impatto della nuova norma starà sostanzialmente nullo in termini di accesso al mercato.
Con riferimento, invece, alle Sicav e Sicaf in gestione esterna riservate a investitori professionali, lo Schema TUF – questa volta coerentemente con la Legge Capitali – stabilisce che il gestore esterno trasmetta lo statuto alla Banca d’Italia entro dieci giorni dagli adempimenti previsti dagli artt. 2330, nel caso di costituzione della società (e, dunque, successivamente all’iscrizione della società nel registro delle imprese), e 2436, relativo deposito, all’iscrizione e alla pubblicazione delle modifiche statutarie, del Codice civile. Nelle Sicav e Sicaf in gestione esterna riservate la semplificazione – che conferma quanto già introdotto dalla Legge Capitali – è dunque massima, non essendo prevista nemmeno l’attestazione di conformità della Banca d’Italia, ma soltanto un obbligo di trasmissione dello statuto da parte del gestore: è a quest’ultimo, dunque, che è rimesso il compito di verificare la coerenza dello statuto con le previsioni di legge. Detto regime, orbene, comporta una significativa riduzione dei tempi reali di costituzione e, dunque, di accesso al mercato. Al riguardo, va evidenziato come già la Legge Capitali e ancor di più lo Schema TUF individuino il gestore quale soggetto responsabile del rispetto delle disposizioni in materia di gestione collettiva del risparmio da parte dell’Oicr gestito anche nei confronti delle Autorità di vigilanza, le quali possono, infatti, chiedere informazioni al gestore esterno sulle Sicav o Sicaf gestite, nonché effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso tali società.
2.2 Requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale
Tra gli interventi di semplificazione meritevoli di menzione rientra l’inapplicabilità ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nelle Sicav e alle Sicaf in gestione esterna, sia riservate, sia non riservate, dei requisiti di cui all’art. 13 del TUF.
L’applicazione di detti requisiti anche alle società di investimento in gestione esterna aveva già suscitato in dottrina talune perplessità[5], posto che gli esponenti aziendali di una società di investimento in gestione esterna sono privi del potere di gestione del patrimonio della stessa e conseguentemente del governo dei relativi rischi. La novità si giustifica anzitutto in quanto detti requisiti (i.e. professionalità, onorabilità ed indipendenza) sono già richiesti agli esponenti aziendali del gestore. Ciò risulta coerente con l’approccio della Legge Capitali e dello Schema TUF i quali, riordinando la disciplina degli Oicr in forma societaria in gestione esterna, ne riconducono la natura a quella di un prodotto finanziario gestito da un soggetto esterno a ciò debitamente autorizzato: in altre parole, il gestore esterno presta il servizio di gestione collettiva del risparmio (quest’ultimo disciplinato da una specifica regolamentazione) “in favore” della società di investimento in gestione esterna e per tale attività viene debitamente remunerato.
In effetti, coerentemente con tale assunto, il novellato art. 38, co. 1, lett. f) dispone che le Sicav e le Sicaf in gestione esterna “stipulano accordi con il gestore esterno per consentire al consiglio di amministrazione della società di disporre dei documenti e delle informazioni necessarie a verificare il corretto adempimento degli obblighi del gestore per definire la tempistica e le modalità di trasmissione di tali documenti ed informazioni”. A dire il vero, lo Schema TUF aggiunge alla versione della citata norma introdotta con la Legge Capitali un’ulteriore previsione, stabilendo che la stipulazione degli accordi con il gestore esterno è finalizzata anche a disciplinare “gli obblighi di collaborazione del gestore nei confronti dei liquidatori della società, ivi inclusa la trasmissione di ogni informazione o documentazione utile allo svolgimento dell’incarico del liquidatore”. Tale ultima previsione “aggancia” la disciplina della liquidazione e della crisi, di cui si dirà nel successivo par. 2.5.
Si noti dunque che, a conferma di quanto sopra, né la Legge Capitali, né lo Schema TUF prevedono espressamente che il consiglio di amministrazione della Sicav o Sicaf in gestione esterna possa impartire istruzioni o indicazioni di investimento al gestore esterno, ciò sulla stessa linea dell’inapplicabilità dei requisiti di cui all’art. 13. Quanto sopra, tuttavia, non esclude che l’autonomia negoziale Oicr-gestore possa attribuire, nell’ambito dei relativi accordi, al consiglio di amministrazione della società di investimento limitati poteri di intervento o di indirizzo.
Nella medesima prospettiva si pone l’esenzione dei titolari di partecipazioni qualificate nel capitale di Sicav e Sicaf in gestione esterna dai requisiti di onorabilità di cui all’art. 14 del TUF e dagli obblighi di comunicazione preventiva di cui al successivo art. 15, che erano invece richiamati dal co. 1 del precedente testo dell’art. 38 alla lett. e) del TUF, abrogato dalla Legge Capitali; parimenti, non è più applicabile l’art. 15, co. 2 del TUF, ai sensi del quale la Banca d’Italia poteva vietare l’acquisizione delle partecipazioni qualificate in Sicav e Sicaf eterogestite qualora ritenesse insussistenti le condizioni idonee a garantire una gestione sana e prudente.
Per completezza, si ricorda che le norme del Titolo III, Capitolo I, Sezione IV del Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio relative alle Sicav e alle Sicaf in gestione esterna modificate dopo l’entrata in vigore della Legge Capitali continuano a rinviare al Titolo III, Capitolo I, Sezione II, Paragrafo 5 del medesimo Regolamento, nel quale permane il riferimento ai requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza stabiliti dall’art. 13 del TUF e dal D.M. dell’11 novembre 1998, n. 468, non più previsti nell’art. 38 del TUF. Trattasi di un contrasto tra norme primarie e regolamentazione, il quale, pur essendo risolvibile disapplicando la previsione del Regolamento, richiede un intervento regolamentare volto a garantire coerenza e coordinamento dei due testi.
Gli interventi di cui sopra confermano la ratio seguita dal legislatore nella nuova formulazione delle norme dedicate alle Sicav e Sicaf in gestione esterna: dettare una disciplina coerente con la loro qualificazione esclusiva di Oicr – ovvero di strumenti di raccolta degli investimenti destinati ad essere gestiti in monte – eliminando così differenze tra Oicr contrattuali e societari non giustificate. Rimangono, invece, invariate rispetto al passato altre condizioni richieste per il rilascio dell’autorizzazione, elencate nell’art. 38, co. 1, lett. a), b), d) del TUF e riguardanti rispettivamente l’obbligo di adottare la forma di società per azioni, di ubicare la sede legale e la direzione generale nel territorio della Repubblica, nonché l’obbligo di prevedere talune clausole statutarie, quali l’esclusività dell’oggetto sociale (che deve coincidere con l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni nelle Sicav, cui si aggiunge l’offerta degli strumenti finanziari partecipativi indicati nello statuto stesso per le Sicaf) e l’affidamento della prestazione delle attività di cui all’art. 33 del TUF a un gestore esterno, con l’indicazione della società designata.
2.3 Acconti sui dividendi
Lo Schema TUF modifica ulteriormente l’art. 38, co. 2, del TUF già modificato dalla Legge Capitali e stabilisce che alle Sicaf in gestione esterna non si applica il limite previsto dall’art. 2433-bis del Codice civile in materia di distribuzione di acconti sui dividendi da parte delle società per azioni, a norma del quale tale facoltà è ammessa solo nelle società il cui bilancio di esercizio sia assoggettato per legge a revisione legale dei conti, sulla base del regime previsto dalle leggi speciali per gli enti di interesse pubblico, di cui all’art. 16 del d. lgs. n. 39 del 2010. Si deve a questo proposito considerare che le società di investimento in gestione esterna non rientrano tra gli enti di interesse pubblico, bensì tra gli enti sottoposti a regime intermedio di certificazione di cui all’art. 19-bis dello stesso decreto.
In coerenza con la sua impostazione generale, lo Schema TUF ammette tale possibilità per le società di investimento in gestione esterna proprio in ragione della loro natura di “veicolo-prodotto”, venendo così a determinare un maggiore allineamento rispetto alle previsioni che disciplinano le distribuzioni in corso di esercizio da parte dei fondi comuni di investimento (Oicr costituiti in forma contrattuale), tutto ciò in contrapposizione con il modello di Oicr societari in gestione interna, ai quali la nuova disposizione non è applicabile[6].
2.4 Segregazione tra comparti
In coerenza con quanto previsto per le Sicav e le Sicaf in gestione interna, lo Schema TUF stabilisce anche per le Sicav e le Sicaf in gestione esterna che, qualora lo statuto preveda la possibilità di costituire uno o più comparti, ciascun comparto costituisce un patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti a quello degli altri comparti. La modifica proposta dallo Schema TUF aggiunge, inoltre, che (i) delle obbligazioni relative alla gestione del singolo comparto, ivi incluse quelle di natura tributaria la Sicav o la Sicaf in gestione esterna risponda esclusivamente con il patrimonio del comparto, purché il titolo dell’obbligazione rechi espressa menzione del comparto; (ii) in caso di mancata menzione del comparto la società risponda con l’intero patrimonio; e (iii) sul patrimonio del singolo comparto non siano ammesse azioni dei creditori degli altri comparti o nell’interesse degli stessi, né azioni dei creditori del depositario o del sub-depositario o nell’interesse degli stessi; e (iv) il gestore esterno non possa in alcun caso utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, i beni di pertinenza delle Sicav e Sicaf gestite e dei relativi comparti, ove costituiti.
Tale segregazione – la cui applicabilità anche alle Sicav e Sicaf in gestione esterna era già stata messa in dubbio dopo l’entrata in vigore della Legge Capitali, come si dirà nel seguito – solleva alcuni interrogativi con riferimento alle modalità di individuazione, nell’ambito del bilancio (unico per ciascuna società e sottoposto alla disciplina codicistica) delle partite di debito (tributario e non) di competenza di ciascun comparto.[7] Non risulta infatti espressamente prevista alcuna forma di segregazione anche tra le scritture contabili – o, quantomeno, di individuazione di criteri di attribuzione per competenza dei diritti e doveri (e, dunque, dei costi e ricavi) – di ciascun comparto, infatti, risulterebbe complesso, oltreché foriero di potenziali controversie e vertenze con e tra gli investitori, individuare il comparto sul quale far ricadere il costo o debito. Tale interrogativo, tuttavia, pare potersi agevolmente risolvere configurando i comparti (che lo Schema TUF stabilisce essere “patrimoni autonomi”) quali “patrimoni destinati”, per i quali la disciplina di diritto comune di cui all’art. 2447-septies, co. 2 del Codice civile, stabilisce che “[…] gli amministratori redigono un separato rendiconto, allegato al bilancio, secondo quanto previsto dagli articoli 2423 e seguenti”. Trattasi di una lettura peraltro coerente con l’approccio regolatorio adottato per gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica c.d. “ibridi”. Il d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993 (“TUB”)[8] e le Disposizioni di Vigilanza per gli Istituti di Pagamento e gli Istituti di Moneta Elettronica di cui al Provvedimento del 17 maggio 2016 – come da ultimo modificato dal Provvedimento del 2 novembre 2022 – infatti, stabiliscono espressamente per gli IP e gli IMEL che svolgono anche altre attività imprenditoriali diverse dalla prestazione dei servizi di emissione di moneta elettronica e dei servizi di pagamento, l’obbligo di istituire un patrimonio destinato unico per questi servizi. È auspicabile, dunque, inserire anche nello Schema TUF l’espresso e inequivocabile rinvio – per la disciplina (soprattutto contabile) dei comparti – all’istituto civilistico “patrimonio destinato” di cui all’art. 2447-bis del Codice civile, per quanto applicabile.
Nella Legge Capitali erano emersi dubbi sull’applicabilità della disciplina appena descritta anche alle società di investimento in gestione esterna, e ciò sia per il mancato richiamo, nel nuovo art. 38, dell’art. 35-bis del TUF, sia per un’ulteriore, non meno importante, circostanza: la versione dell’art. 38, co. 3 del TUF di cui alla Legge Capitali confermava la possibilità che anche le Sicav e le Sicaf multi-comparto in gestione esterna costituissero comparti autonomi, distinti a tutti gli effetti, gli uni dagli altri. Alla luce di ciò, pertanto, il mancato rinvio alle regole sulla segregazione patrimoniale in ipotesi di Sicav e Sicaf multi-comparto in gestione esterna era difficilmente comprensibile, ciò anche tenendo conto della formulazione dell’art. 35-decies del TUF, come modificato dall’art. 16 della Legge Capitali. Detta norma, infatti, impone, oltreché alle Sgr, anche a tutte le Sicav e Sicaf, sia autogestite che eterogestite, di organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitto di interessi tra patrimoni gestiti, e ciò coerentemente con l’autonomia patrimoniale dei singoli comparti riferiti ad organismi – quali appunto Sicav e Sicaf – cui è preclusa la gestione di patrimoni di altri Oicr. Lo Schema TUF mira a risolvere questo problema mediante l’inserimento nell’art. 38, co. 3 del TUF la previsione sopra richiamata.
A ciò si aggiunga che l’approccio dello Schema TUF appare più timoroso rispetto alla Legge Capitali, il cui art. 16-bis, co. 1, ha inserito nell’art. 35-bis del TUF (precedentemente dedicato in generale alle Sicav e alle Sicaf e, con la riforma, dedicato esclusivamente alle Sicav e Sicaf in gestione interna) il co. 6-bis e 6-ter: il primo prevedeva che “ciascun comparto di Sicav e Sicaf costituisce a ogni effetto un Oicr”, il secondo che “La distribuzione dei proventi relativi al singolo comparto può avvenire anche in assenza di utili complessivi della società; le perdite relative ad un comparto sono imputate esclusivamente al patrimonio del medesimo comparto e nei limiti dell’ammontare dello stesso”. Lo Schema TUF propone l’eliminazione dell’inciso di cui al citato co. 6-bis.
2.5 Regime patrimoniale e crisi
L’art. 35-bis, co. 6-quater, del TUF, come modificato dalla Legge Capitali, dispone che, qualora le attività delle Sicav e Sicaf in gestione esterna o del comparto, se esistente, non consentano di soddisfare le rispettive obbligazioni e non vi siano ragionevoli prospettive che tale situazione possa essere superata, si applichi l’art. 57, co. 6-bis, del TUF, relativo alla liquidazione coatta amministrativa. In considerazione dell’assimilazione degli Oicr societari in gestione esterna ai fondi comuni di investimento, lo Schema TUF propone di riorganizzare la materia, spostando l’art. 57, co 6-bis nel nuovo art. 57-ter del TUF, il quale introduce la disciplina della crisi del fondo comune di investimento e del relativo comparto, applicabile anche nei confronti degli Oicr societari in gestione esterna e dei relativi comparti ai sensi del successivo co. 4.
Sempre nell’ambito dell’art. 57-ter, merita infine menzione, in particolare, il co. 6, il quale stabilisce che “Gli Oicr societari in gestione esterna possono presentare l’istanza di accesso alla composizione negoziata e avvalersi degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui, rispettivamente, alla Parte I, Titolo II e alla Parte I, Titolo IV, Capo I, Sezioni I e II” del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019”. Tale proposta di modifica pare superare l’annosa – e in parte controversa – questione circa la riconducibilità degli Oicr all’ambito soggettivo di applicazione della disciplina di diritto comune in materia di crisi d’impresa e rendendo, di fatto, applicabile il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019.
3. Conclusione: implicazioni per il mercato
Gli interventi di semplificazione dello Schema TUF riducono considerevolmente gli oneri degli Oicr societari in gestione esterna, ciò al fine di fornire un modello di Oicr di diritto italiano alternativo al fondo comune di investimento di tipo contrattuale, con l’obiettivo di rendere i mercati dei capitali italiani più competitivi e più attrattivi per gli investitori nazionali ed internazionali. Con le modifiche sopra descritte l’auspicio è che le Sicav e le Sicaf nella variante c.d etero gestita si diffondano maggiormente, essendo più facilmente utilizzabili dagli operatori di settore, in alternativa ai fondi comuni di investimento. Molte proposte di modifica traggono spunto, peraltro, dalle esperienze e dai modelli riscontrabili in altri ordinamenti europei, come quello lussemburghese, da sempre particolarmente attrattivi nei riguardi degli operatori, anche per la flessibilità degli schemi organizzativi offerti dalla disciplina applicabile alla gestione collettiva. Da ciò deriverebbe una maggiore partecipazione degli investitori, che godono di prerogative più ampie rispetto a quelli di un fondo comune di investimento. Fatto salvo il requisito dell’autonomia del gestore che impedisce di influire sulle singole scelte societarie, negli Oicr societari in gestione esterna non è vietato agli investitori l’esercizio del diritto di voto in assemblea, potendo essi anzi concorrere, quale requisito essenziale della forma societaria, alle decisioni dell’assemblea, tra cui spiccano le modifiche statutarie, ivi comprese quelle attinenti alla politica di investimento, la cui approvazione è una prerogativa rimessa proprio all’assemblea.
Alla luce del binomio Oicr-gestore, la riforma distingue nettamente tra società di investimento in gestione interna, le quali dovranno qualificarsi come Oicr e gestore al tempo stesso, e società di investimento in gestione esterna, da qualificarsi solo come Oicr, essendo amministrate da un’entità terza.
Le conseguenti implicazioni per il mercato sono dunque rilevanti, in quanto comportato una (quasi) de-regolamentazione delle società di investimento in gestione esterna, il cui regime si allinea alla disciplina dei fondi comuni di investimento, pur mantenendo una struttura societaria. La gestione del patrimonio e dei rischi viene affidata a una società di gestione del risparmio o a un gestore europeo di FIA, liberando l’Oicr societario dall’onere di rispettare i requisiti propri del gestore e consentendo così una maggiore snellezza operativa, che si traduce in una maggiore competitività e in un evidente abbassamento delle barriere all’ingresso sul mercato, non essendo più necessario per i promotori affrontare alcun procedimento autorizzativo, ma soltanto, per le Sicav e Sicaf non riservate, un’attestazione di conformità dello statuto da parte della Banca d’Italia.
Resta, invece, fermo, per le Sicav e Sicaf in gestione interna, il regime autorizzativo previgente, sostanzialmente allineato a quello di un gestore.
Le Sicav e Sicaf in gestione esterna, peraltro, si prestano, ancor più di prima, a essere utilizzate come veicoli per operazioni di investimento, consentendo a più investitori professionali di partecipare a un’iniziativa comune mantenendo una governance semplice e una struttura giuridica che garantisce diritti chiari e proporzionati alla partecipazione al capitale.
[1] Per un’analisi delle novità introdotte dalla Legge Capitali in materia di Oicr societari in gestione esterna si vedano: F. Annunziata, A. La Mantia, Il nuovo regime di vigilanza sulle Sicav e Sicaf in gestione esterna, Le Società, 2024, n. 7, IPSOA-Wolters Kluwer, p. 870; P. Valensise e M. Sacchetti, Commento all’art. 16 della Legge Capitali, in Commentario alla legge Capitali, a cura di P. Marchetti, M. Ventoruzzo, Pacini Giuridica, 2024; M.G. Iocca, Commento all’art. 16 della Legge Capitali, in Commentario alla legge Capitali, a cura di G. Martina, M. Rispoli Farina, V. Santoro, Giappichelli, 2024.
[2] Cfr. Rapporto Ocse, Capital Market Review of Italy for 2020: Creating Growth Opportunities for Companies and Italian Savers; nonché La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita pubblicato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro nel 2022, par. 3.2., p. 20.
[3] Si tratta di un eccesso di regolamentazione (c.d. overregulation) risalente al recepimento della direttiva AIFM (Direttiva 2011/61/EU), in seguito al quale è stata trascurata la differenziazione tra i due modelli.
[4] Per l’illustrazione del regime previgente, si veda P. Basile, Sicaf a gestione interna ed esterna: riflessioni a cavallo tra l’ordinamento finanziario e la disciplina di diritto comune, in AA.VV., Le SICAF. Profili societari e regolamentari, a cura di F. Annunziata e M. Notari, Milano, 2022.
[5] P. Basile, Sicaf a gestione interna ed esterna: riflessioni a cavallo tra l’ordinamento finanziario e la disciplina di diritto comune, in AA.VV., Le SICAF. Profili societari e regolamentari, a cura di F. Annunziata e M. Notari, Milano, 2022.
[6] Cfr. Relazione illustrativa dello Schema TUF.
[7] Il principio di segregazione contabile tra comparti è stato introdotto dall’ordinamento lussemburghese già con la Legge del 17 luglio 2000 – che modifica alcune disposizioni della legge del 30 marzo 1988 relativa agli organismi di investimento collettivo. In tale sede, il legislatore lussemburghese era intervenuto per conferire efficacia legale al già citato principio di segregazione contabile tra comparti, sancendo che ciascun comparto risponde esclusivamente delle proprie obbligazioni. Secondo i documenti parlamentari relativi a tale legge, la separazione tra comparti era già di fatto esistente all’epoca, poiché gli organismi di investimento collettivo spesso stipulavano accordi individuali con i creditori per garantire che le attività di un determinato comparto potessero essere utilizzate solo per soddisfare i debiti relativi a quel comparto specifico (documento parlamentare n. 4612/00, pag. 6). Questo modello è stato successivamente esteso ad altre categorie di veicoli di investimento regolamentati e non regolamentati, come i fondi d’investimento alternativi riservati (RAIF) o i veicoli di cartolarizzazione non regolamentati.
[8] Cfr. artt. 114-quinquies.1 e 114-terdecies del TUB.


