Con questa importante pronuncia, il Tribunale di Brindisi chiarisce una rilevante serie di punti inerenti all’azione promossa dal cliente per la ripetizione di somme indebitamente incassate dalla banca nello svolgimento del rapporto di conto corrente.
Un primo punto attiene alla norma dell’art. 119 comma 4, TUB. Rilevato che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, il diritto del cliente di ottenere la documentazione contabile può essere esercitato anche in sede giudiziale «a condizione che la documentazione sia stata precedentemente richiesta e la banca non abbia ottemperato», la pronuncia precisa che, in tal caso, il limite del decennio stabilito dall’art. 119 decorre a ritroso dal tempo dell’invio della richiesta stragiudiziale di consegna dei documenti.
Un altro punto riguarda la richiesta della documentazione propriamente contrattuale. Secondo la pronuncia, l’obbligo della banca di provvedere a tale richiesta non ha nulla a che vedere con la norma dell’art. 119 comma 4, ma discende in via diretta dai canoni generali della correttezza e della buona fede oggettiva: con la conseguenza che l’adempimento del dovere non è soggetto al limite del decennio e deve essere assolto dietro semplice richiesta. Posta questa sua peculiare fonte, si aggiunge, il dovere di consegna vale anche per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge sulla trasparenza.
Ciò posto, la sentenza prosegue rilevando, in proposito, che, se il correntista, che agisce in ripetizione, ha l’onere di provare il contratto, «tuttavia, in presenza di pacifica acquisizione circa la conclusione del contratto verbis tantum o per facta concludentia, in caso di contestazione della banca, non può gravarsi il correntista della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di dare prova positiva circa l’esistenza del contratto in forma scritta, se vuole evitare la pronuncia di nullità integrale» (o anche parziale, posto il detto «principio trova applicazione anche in relazione alle singole clausole»). Non vale poi che la banca rilevi, al riguardo, di essere semplicemente subentrata nel rapporto ad altro intermediario: «all’atto del subentro, essa è tenuta a custodire e rendere disponibile al correntista tutta la documentazione relativa a quel rapporto».
Le conseguenze della nullità integrale del contratto bancario per difetto di forma – così continua la pronuncia – è la «non debenza di alcun interesse legale»: la sanzione della sostituzione del tasso applicato con quello legale (art. 117 comma 7 TUB), infatti, è la conseguenza della mancata previsione contrattuale delle specifiche condizioni contrattuali. Non già di altro.
In ogni caso – così ancora si rileva -, nel caso di applicazione degli interessi al tasso legale ex art. 1284 c.c., deve escludersi ogni capitalizzazione degli stessi in assenza di alcuna pattuizione scritta sul punto: e questo, appunto, ove sia accertata la nullità della clausola che, in violazione del precetto dell’art. 1283 c.c., consegna il debito del cliente dell’impresa bancaria alla sorte anatocistica.