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Attualità

Norma di delega e fondi di private equity esteri

13 Luglio 2023

Luca Rossi, Partner, Studio Legale Tributario Facchini Rossi Michelutti

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il principio previsto dall’art. 6 comma 1 lett. g) del disegno di legge delega per la riforma fiscale con particolare riguardo alla sua applicazione ai fondi esteri.


Tra le norme della Legge delega, l’art. 6 comma 1 lett. g) richiede la “razionalizzazione in materia di qualificazione fiscale interna delle entità estere prendendo in considerazione la loro qualificazione di entità fiscalmente trasparente ovvero fiscalmente opaca operata dalla pertinente legislazione dello Stato o territorio di costituzione o di residenza fiscale”.

Il problema interpretativo che pone tale norma è quello di comprendere se tale principio debba applicarsi anche ai fondi esteri che, come è noto, vengono spesso costituiti sotto forma di partnerships fiscalmente trasparenti, nel loro Paese di costituzione.

A mio avviso, la risposta deve essere necessariamente negativa per una serie di argomenti che conducono tutti a tale conclusione. Infatti:

  • dalla Relazione che accompagna la norma di delega si legge che occorre “verificare i casi e le condizioni in base alle quali assumere, anche ai fini fiscali interni, la qualificazione fiscale della entità estera, sulla base della legislazione del Paese ove la stessa è residente o è costituita”; quindi, è lo stesso legislatore che afferma come tale principio deve essere verificato caso per caso;
  • come osservato correttamente in dottrina, la norma di delega vuole equiparare (nel testo della delega “razionalizzare”), soprattutto nel regime tributario dei soci, il regime fiscale delle partnerships estere al regime fiscale delle partnerships domestiche, codificato dall’art. 5 del T.U.I.R.. Ossia, criterio di imputazione ai soci di un reddito quantificato con le regole del reddito di impresa in capo alla società (soggetto di accertamento del reddito vs soggetto di imputazione dello stesso);
  • nel caso degli OICR domestici, come è noto, la norma dell’art. 73 del T.U.I.R. considera tali soggetti come enti opachi non commerciali, indipendentemente dalla loro forma giuridica, tra l’altro a certe condizioni esenti dal tributo personale (comma 5-quinquies), ed i quotisti degli stessi vengono assoggettati ad imposizione soltanto quando l’organismo di investimento distribuisce il provento, non rilevando quindi in alcun modo l’imputazione del reddito realizzato dall’organismo ma non ancora distribuito dallo stesso;
  • è quindi evidente che la normativa degli OICR (anche esteri) non richiede alcuna “razionalizzazione, essendo appunto la normativa applicabile agli OICR italiani fondata sulla opacità dell’OICR (peraltro esente dal tributo) e sulla tassazione del partecipante al momento della distribuzione del provento; peraltro, non è qui la sede di approfondire il tema ma l’applicazione del principio di trasparenza ai quotisti degli OICR esteri trasparenti richiederebbe una molteplicità di informazioni non facilmente ottenibili dal gestore;
  • inoltre, ove si modificasse la normativa degli OICR esteri costituiti sotto forma di partnerships trasparenti, si creerebbe una ulteriore discriminazione (sulla base del principio di libera circolazione dei capitali) del regime fiscale dei fondi esteri rispetto a quello degli OICR nazionali. A tal fine, non è irrilevante notare che in numerosi documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria “è stato chiarito che i fondi pensione e gli organismi di investimento collettivo del risparmio esteri sono quei soggetti che, secondo la normativa vigente nello Stato estero in cui sono istituiti, presentano i requisiti sostanziali nonché le stesse finalità di investimento dei fondi e degli organismi italiani, prescindendo dalla loro forma giuridica e ancorché siano privi di una soggettività tributaria, a condizione che sussista una forma di vigilanza sul fondo o organismo ovvero sul soggetto incaricato della gestione dello stesso (cfr. circolare 15 febbraio 2012, n. 2/E)”.

Chiarito quanto sopra, è importante evidenziare che il legislatore della delega dovrebbe, invece, in virtù dell’art. 3 lett. a) della stessa norma, eliminare il trattamento discriminatorio (in virtù del principio della libera circolazione dei capitali) che ancora grava sugli OICR extraUE in riferimento ai redditi di fonte italiana, nonché grava sugli investitori residenti che investono appunto nei predetti OICR extraUE, alla luce dell’art. 10-ter della Legge n. 77/1983.

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