Con sentenza n. 17178 del 09 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui, qualora le somme dovute per crediti di lavoro siano già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore esecutato, a queste non si applicano le limitazioni al pignoramento previste dall’art. 545 cod. proc. civ..
Tale norma, infatti, laddove prevede la possibilità di procedere al pignoramento dei crediti soltanto nel limite del “quinto” del loro ammontare, fa riferimento ai crediti di lavoro.
Secondo la Cassazione, al fine di individuare la natura di un credito (ivi compreso quello avente ad oggetto somme di denaro) occorre accertare il titolo per il quale certe somme sono dovute ed i soggetti coinvolti nel rapporto obbligatorio.
In tal senso, laddove il creditore procedente notifichi un pignoramento presso il datore di lavoro del suo debitore, non v’è dubbio che le “somme” da questi dovute a titolo di retribuzione rappresentino un credito di lavoro.
Viceversa, quando il creditore pignorante sottoponga a pignoramento somme esistenti presso un istituto bancario ove il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente e sul quale affluiscono anche le mensilità di stipendio, il credito del debitore che viene pignorato è il credito alla restituzione delle somme depositate che trova titolo nel rapporto di conto corrente.
Sono, quindi, del tutto irrilevanti le ragioni per le quali quelle “somme” sono state versate su quel conto: il denaro è bene fungibile per eccellenza.