Con la sentenza del 20 giugno 2023 la Corte di Appello di Torino (Pres. Rizzi, Rel. Orlando) ha affrontato una controversia relativa alla riconducibilità dell’infezione da Covid alla nozione di infortunio prevista nel contratto di assicurazione ed il relativo diritto di indennizzo per il verificarsi della morte dell’assicurato.
Preliminarmente la Corte di Appello di Torino precisa che non si tratta di stabilire in via di principio generale se l’infezione virale da Covid rientri o meno nella nozione di infortunio agli effetti previdenziali o assicurativi, ma esclusivamente di accertare se l’evento morte conseguenza di insufficienza respiratoria da infezione da Covid rientri nella copertura assicurativa garantita dalla specifica polizza infortuni stipulata tra le parti.
Infatti, nella polizza infortuni privata l’oggetto della garanzia viene liberamente determinato dalle parti nell’esercizio dell’autonomia negoziale ad esse riconosciuta ex art. 1322 cc.
Nel caso di specie, le parti hanno inteso distinguere tra infortunio e malattia e assicurare l’evento morte conseguente ad infortunio – professionale o extraprofessionale – e non a malattia.
Nel farlo, hanno definito l’infortunio come l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili.
Non rientrano in tale definizione le infezioni virali – tra cui l’infezione virale da SARS-CoV-2 – che non hanno le caratteristiche illustrate, non configurandosi un evento dovuto a causa violenta, mancando la traumaticità esterna.
La Corte di Appello di Torino affronta poi le ragioni espresse da quella giurisprudenza di merito che ritiene che l’infezione da SARS-CoV-2 sia infortunio, ai fini del contratto di assicurazione privata, sul presupposto che:
- l’infortunio si distingue dalla malattia per il fatto che nell’infortunio la causa scatenante ha le caratteristiche della rapidità e della concentrazione mentre nella malattia si evolve più lentamente nel tempo e che il meccanismo di contrazione dell’infezione da SARS-CoV-2 è del primo tipo avuto riguardo all’impatto immediato e devastante dell’agente virale sull’organismo umano (Tb. Bergamo 16.3.2023 n.561);
- la causa è violenta quando agisce con rapidità ed intensità, in un brevissimo arco temporale o comunque in minima misura temporale, mentre non sono indispensabili i requisiti della straordinarietà o accidentalità o imprevedibilità del fatto lesivo (Th. Trento sez. lav. 30.8.2022 n.102);
- il contatto non è dilatato nel tempo e determina uno stravolgimento violento delle regole naturali della vita di un organismo che si trovi in situazione normale, con un’alterazione dello stato normale di intere parti dell’organismo al punto da causare gravissime sofferenze e addirittura la morte (sentenza di primo grado del Trib. di Torino appellata).
Secondo la Corte di Appello di Torino tali argomentazioni confondono la caratteristica virulenta del momento funzionale della malattia e della rapidità dell’evoluzione dei sintomi o della loro aggressività sull’organismo umano – peraltro non uguale per tutti i pazienti, interconnessa con l’età, le pregresse condizioni di salute e le difese immunitarie – con l’eziologia della patologia, a cui invece occorre avere riguardo nello stabilire se si tratta di causa violenta oppure no.
Nel caso di infezione da Covid in generale il momento e il luogo precisi del contagio costituiscono un fatto ignoto, così come nel caso specifico la lesione non è immediata e la sintomatologia è preceduta da un tempo di incubazione variabile anche a seconda del ceppo del virus.
Per cui manca il requisito della violenza anche se intesa come concentrazione cronologica del momento genetico.