SOMMARIO: Lo scritto propone la sintetica ricostruzione del cd. caso Lexitor, avente ad oggetto l’interpretazione della disciplina comunitaria ed italiana del diritto al rimborso spettante al cliente in caso di estinzione anticipata dei finanziamenti mobiliari, alla luce degli interventi giurisprudenziali che nell’ultimo lustro si sono susseguiti da parte della Corte di Giustizia della Comunità Europea, della Corte costituzionale e da ultimo della Corte di cassazione, che, con la sentenza 25997/2023, sembra aver conclusivamente puntualizzato l’intera vicenda.
ABSTRACT: The paper proposes a concise reconstruction of the so-called “Lexitor case”, concerning the interpretation of European and Italian legislation on the customer’s right to have the reimbursement in the event of early repayment of consumer loans. It takes into account the jurisprudential interventions of the last five years by the Court of Justice of the European Community, the Italian Constitutional Court and lastly the Italian Court of Cassation, which with sentence 25997/2023 seems to have finally clarified the entire matter.
1. – La Corte di cassazione, con ordinanza del 6 settembre 2023, n. 25997, dopo aver fornito una puntuale ricostruzione delle tormentate vicende normative ed interpretative riguardanti l’estinzione anticipata del credito mobiliare, sembra aver posto la parola “fine” sulla interpretazione del contenuto del diritto al rimborso spettante al cliente in caso di estinzione anticipata di un credito mobiliare, aderendo all’approccio teleologico su cui è fondato la celeberrima decisione del 2019 sul caso Lexitor, della Corte di Giustizia della Comunità Europea, e quella poi emanta in materia nel 2022 dalla Corte costituzionale.
In particolare, il caso Lexitor, ha sollevato un enorme interesse sin dall’11 settembre 2019, data in cui è stata emanata la omonima sentenza della Corte di Giustizia della Comunità europea[1]. Si tratta di un interesse ravvivato prima dalla sentenza della Corte costituzionale dell’8 novembre 2022[2], redatta dal Giudice Navarretta, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 11 octies, co. 2, del dl. 25/05/2021, n. 73 (sostitutivo del testo dell’art. 125-sexies TUB – cd. decreto sostegni bis -convertito, con modificazioni, nella legge 23/07/2021, n. 106) norma emanata dal governo Draghi proprio per modificare in qualche modo gli effetti provocati della sentenza Lexitor nel nostro ordinamento. Poi, ancor più di recente dalla sentenza, pure della Corte di Giustizia della Comunità europea Unicredit Bank Austria[3] che si è pronunziata sulla riduzione dei costi del credito immobiliare ai consumatori, in caso di estinzione anticipata, fornendo una risposta opposta a quella formulata dalla sentenza Lexitor per il credito mobiliare, pur in presenza di un dettato normativo comunitario pressoché identico[4]. Infine, con la già ricordata ordinanza della Corte di Cassazione.
L’intera vicenda è perciò piuttosto complessa ed articolata e di seguito ne saranno dapprima sintetizzati i fatti salienti e le relative implicazioni, per poi sottoporla ad una serie di considerazioni valutative, volte a individuare le ragioni delle polemiche suscitate e a tentare di fornirne una chiave di lettura.
La tesi di fondo che si intende dimostrare è che si tratta di una vicenda nella quale tutti i protagonisti hanno contribuito a creare un quadro confuso, al quale la Corte di Giustizia prima, sia pure in termini non pienamente soddisfacenti, e la nostra Corte costituzionale poi hanno in qualche modo cercato di porre rimedio.
Chi sono questi protagonisti? Ecco il loro possibile elenco:
- il legislatore comunitario, perché la disposizione sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia si prestava a troppe interpretazioni tra loro contrapposte (quattro ne ha contate la sentenza, per di più fondate su traduzioni della Direttiva distanti tra loro oltre il consueto);
- la Banca d’Italia, che nelle sue Comunicazioni aveva nel tempo a più riprese espressamente avallato proprio l’interpretazione che la Corte di Giustizia ha decisamente smentito nella sentenza Lexitor; inoltre, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la parte della disposizione sottoposta al suo vaglio nella quale era appunto richiamata la normativa secondaria della Vigilanza;
- l’ABF, che in parecchie decine di migliaia di sue decisioni ha (inevitabilmente) applicato la medesima interpretazione;
- la stessa Corte di Giustizia, che ha debolmente argomentato una sentenza, la Lexitor, che ha avuto un impatto economico valutato tra il miliardo ed i 5 miliardi di euro (valutazione quest’ultima sicuramente esagerata) che coinvolge comunque numerosissimi soggetti, e sulla base di una Direttiva come dicevo ambigua e mal scritta;
- il legislatore italiano, che è intervenuto a piedi uniti nella vicenda con una norma, il nuovo art. 125-sexies, TUB, come introdotto dall’articolo 11 octies, co. 2, del dl. 25/05/2021, n. 73 (cd. decreto sostegni bis)) che ha tentato di disapplicare uno dei principi più consolidati del diritto comunitario, vale a dire che le sentenze della Corte di Giustizia su rinvio pregiudiziale devono essere immediatamente applicate dai giudici di ogni grado di tutti i Paesi che aderiscono alla Comunità Europea.
- In tale contesto, la sentenza della Corte costituzionale italiana che – come detto – ha reputato incostituzionale la norma italiana, introdotta al riguardo nel 2021 e richiamata nel punto precedente, è forse il provvedimento più acconcio dell’intera vicenda, in quanto è quello che più di ogni altro si sforza di ripristinare il rispetto di un principio ben individuato ed essenziale del nostro ordinamento. Analoghe considerazioni possono dedicarsi alla ordinanza Cass. 25977/2023, che si è convintamente allineata ai principi ribaditi dalla sentenza Navarretta.
2. – Passando ad esaminare sinteticamente la vicenda, va ricordato che Lexitor è una società finanziaria polacca di modeste dimensioni che aveva acquistato i crediti vantati da tre consumatori nei confronti di istituti bancari, del valore complessivo di circa € 2.000 (!), consistenti nel diritto al rimborso conseguente all’estinzione anticipata dei rispettivi contratti di finanziamento. In particolare, Lexitor contestava la pretesa della banca convenuta di non dover restituire l’integrale importo corrispondente al costo totale del credito. Infatti, la banca riteneva dovuti i soli costi dipendenti dalla durata del contratto, e perciò non ancora maturati al momento della estinzione anticipata del contratto (cd. costi recurring) e non anche quelli cd. fissi o up front, non dovuti in quanto relativi ad attività svolte prima della stessa concessione del credito (quali, ad es., la fase istruttoria o la intervenuta mediazione creditizia), e perciò ormai interamente esaurite ed adempiute. Lexitor si rivolgeva perciò al giudice polacco, il quale sospendeva i procedimenti e sottoponeva alla Corte di Giustizia il quesito sul se la disciplina della Direttiva dovesse essere interpretata nel senso che il consumatore, in caso di adempimento anticipato dei suoi obblighi, avesse diritto ad una riduzione del costo totale del credito, “compresi i costi il cui importo non dipende dalla durata del contratto di credito in questione”.
In sintesi, la sentenza Lexitor ha costituito la presa di posizione della Corte di Giustizia della Comunità Europea in merito all’interpretazione della disciplina dell’estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori, contenuta nell’art. 16, co. 1, della Direttiva 2008/48/CE, appunto interamente dedicata ai contratti di credito ai consumatori
La norma afferma sostanzialmente due diritti del consumatore:
1) il primo è il diritto di adempiere in ogni momento (id est: anche prima della scadenza), ed anche solo parzialmente, agli obblighi derivanti dal contratto di credito. In proposito, non è il caso di soffermarsi sulle critiche rivolte al singolare inquadramento da parte della Direttiva di un diritto al pagamento del debito, vale a dire di un diritto ad una condotta dovuta: ma al riguardo, si può superare la questione concludendo che la prerogativa riconosciuta al debitore consiste, più che in un diritto, nella facoltà concessa al debitore di anticipare il termine dell’adempimento[5].
2) Il secondo diritto riconosciuto al debitore dalla norma in esame, questo si un vero e proprio diritto soggettivo, è di ottenere una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi ed i costi dovuti per la restante durata del contratto.
L’art. 16 in questione prosegue con altri quattro commi successivi, da 2 a 5, dedicati al calcolo dell’indennizzo cui, a sua volta, ha diritto il creditore (cioè il finanziatore).
Al riguardo, occorre sottolineare immediatamente che la citata disposizione dedica un solo comma, il primo, ai “diritti” spettanti al consumatore che abbia estinto anticipatamente il suo debito, e ben quattro al diritto all’indennizzo del professionista finanziatore. Circostanza questa che, da sola, rende evidente la piena consapevolezza del legislatore comunitario che la questione più delicata da regolare non era costituita tanto dalla individuazione delle pretese del debitore che estingue prima del termine i suoi obblighi, quanto dalla delimitazione di quelle della sua controparte. Pretese che la Direttiva aveva cercato di definire, sforzandosi di circoscrivere in ogni modo il diritto all’indennizzo del finanziatore.
L’aspetto paradossale, che pure è il caso di sottolineare con forza, riguarda la circostanza che tutte le questioni interpretative sollevate dall’art. 16, cit., hanno riguardato il comma 1°, e in particolare l’entità della riduzione del costo totale del credito da riconoscersi al debitore, e non il diritto all’indennizzo del professionista, che non è mai stato oggetto di un rilevante contenzioso. In altre parole, oggetto dell’estesissimo contenzioso, di cui si riferirà tra breve, non è mai stato l’indennizzo preteso dal professionista finanziatore a ristoro delle conseguenze negative derivanti dall’estinzione anticipata del contratto; bensì ogni lite si è concentrata sulle somme dovute dal consumatore per estinguere anticipatamente il suo debito, somme per lo più calcolate in eccesso del finanziatore, e di cui successivamente il debitore ha chiesto il rimborso del parziale indebito, derivante dalla violazione del suo diritto di ottenere la riduzione del costo totale del credito.
Il che significa che le società finanziatrici, prima ancora che di far valere la propria pretesa ad un diretto indennizzo per aver visto estinguere anticipatamente il credito, hanno scelto di tutelare le proprie ragioni addebitando, a torto o a ragione, una serie ampia di costi (i cd. costi fissi) sul cliente, il cui pagamento doveva essere incluso fra le somme che il cliente doveva comunque versare per estinguere il credito, e perciò escluse dalla riduzione del costo totale del credito.
Riguardo a tale riduzione, la sentenza Lexitor ha all’opposto statuito che il consumatore ha diritto di vedersi ridotti, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, gli interessi ancora dovuti e tutti i costi compresi nel costo del credito.
In tal modo, la Corte di Giustizia non ha accolto la prevalente opposta opinione, per la quale il consumatore non avrebbe avuto diritto al rimborso di una parte degli importi, i cd. costi fissi o up front, pure compresi nel costo totale del credito, vale a dire non legati alla durata del contratto in quanto relativi a prestazioni ormai integralmente eseguite, sin dal momento della conclusione del contratto, dalla banca finanziatrice o dai soggetti terzi intervenuti nel rapporto, quale ad esempio il costo legato al compenso per l’istruttoria volta ad accertare la solvibilità del soggetto finanziato ovvero il compenso per la mediazione eventualmente prestata da parte di un soggetto terzo prima della stipula.
3. – Per comprendere il clamore generato dalla sentenza Lexitor, soprattutto nel nostro Paese, occorre considerare che alla diversa opinione, più favorevole per gli intermediari bancari, avevano aderito con convinzione quasi tutti i numerosissimi interpreti italiani della disposizione, anche e soprattutto in ragione della formulazione lievemente diversa della norma italiana di recepimento del citato articolo 16, co. 1, vale a dire l’art. 125-sexies, comma 1°, t.u.b..
Questo dispone che la riduzione del costo totale del credito cui ha diritto il consumatore è pari agli interessi e ai costi dovuti per la restante durata del contratto. La formulazione della norma italiana, meno generica rispetto a quella comunitaria (in quanto dispone che la riduzione debba essere pari e non solo debba “comprendere” quei costi[6]), è stata comunque interpretata nel senso che nella riduzione degli importi da riconoscere al consumatore non dovessero essere riconosciuti appunto i cd. costi fissi, essendo state le relative prestazioni corrispettive già integralmente rese.
I numerosi interpreti ai quali accennavo sono stati innanzitutto la Banca d’Italia, che nelle sue Comunicazioni del 2009 e del 2011, nelle quali pure erano evidenziate le rilevanti criticità legate soprattutto alle cessioni del quinto dello stipendio[7], riportava espressamente la distinzione fra costi up front e costi recurring quale criterio discriminante per selezionare i costi rimborsabili in caso di estinzione anticipata del rapporto.
In secondo luogo, l’ABF. La legislazione che, a partire dal 2010, ha introdotto l’Arbitro Bancario Finanziario come sistema alternativo di risoluzione delle controversie ha costituito una delle più rilevanti novità nell’ordinamento bancario degli ultimi tre lustri, e, fino alla sentenza Lexitor, può essere considerata anche come una delle più riuscite. Peraltro, deve essere sottolineato che dell’Abf, fanno parte, oltre che i preparati funzionari della Banca d’Italia che compongono le Segreterie tecniche incaricate di assistere i sette Collegi, i componenti di detti Collegi, che sono esperti magistrati, noti avvocati e commercialisti e soprattutto professori universitari di diritto privato, commerciale e bancario, che ogni triennio sono stati in buona misura rinnovati: in sintesi, il meglio che può immaginarsi per una valutazione consapevole delle controversie da esaminare.
Nel corso degli anni, la tipologia di controversia alla quale tutti i Collegi dell’ABF hanno dovuto dedicare la loro attenzione, in una misura pari a circa il 60% del totale delle decisioni, è stata proprio l’estinzione anticipata di contratti di cessione del quinto dello stipendio. E, inevitabilmente, tenuto conto delle soluzioni indicate nella normativa secondaria della Banca d’Italia, l’orientamento assunto nelle diverse decine di migliaia di decisioni, per lo più seriali, così adottate dall’ABF, è stato nel senso di riconoscere il diritto al rimborso dei consumatori relativamente ai soli costi recurring e non anche per quelli up front.
Al riguardo, va sottolineato che il numero delle controversie sottoposte all’Arbitro è stato così numeroso, poiché, nonostante la soluzione per loro più favorevole di quella poi adottata nel 2019 dalla sentenza Lexitor, gli intermediari convenuti, vale a dire banche e finanziarie che operano nel settore dei finanziamenti dietro cessione del quinto dello stipendio o della pensione, tendevano a riconoscere alla clientela istante rimborsi secondo criteri ancora più restrittivi. In particolare, la quasi totalità degli intermediari tendeva a prevedere nei contratti di finanziamento clausole variamente denominate ma dalla portata oltremodo ambigua[8]. In tal modo, i contratti prevedevano in gran parte remunerazioni a favore dei finanziatori, che formalmente si dirigevano a prestazioni apparentemente diverse da quella di finanziamento, dando luogo a voci di costo difficili da inquadrare, anche sotto il profilo del loro carattere fisso o ricorrente. Si spiega in tal modo il gran numero di contestazioni sorte durante il periodo interpretativo della legislazione italiana anteriore alla sentenza Lexitor.
Il punto va approfondito: i contratti di finanziamento dietro cessione del quinto dello stipendio o della pensione, particolarmente diffusi nel nostro Paese soprattutto dopo l’allargamento delle maglie della legislazione secondaria della Banca d’Italia intorno alla metà del primo decennio del secolo, sono contratti per lo più stipulati da una fascia di clientela particolarmente bisognosa di tutele giuridiche rafforzate[9]. Essi peraltro si caratterizzano per la circostanza di essere uno dei prodotti creditizi più costosi, nonostante che il finanziatore affronti un rischio di credito molto basso, essendo questo coperto della già intervenuta cessione di una parte non irrilevante dei futuri stipendi, per di più rafforzata dalla obbligatoria stipula di un’assicurazione volta a coprire i rischi legati alla morte, alla malattia o al licenziamento del soggetto finanziato.
L’esplosione del microcontenzioso sull’interpretazione dell’art. 125-sexies, TUB, che appunto costituisce la disciplina di legge vigente in Italia dell’estinzione anticipata dei contratti di finanziamento, è di per se sintomatica del fatto che gli enti finanziatori, aderendo ad una interpretazione che, a mio avviso e come già avevo segnalato in un mio scritto pubblicato nel 2018[10], e dunque prima della sentenza Lexitor, aveva dato una lettura distorta delle regole sulla trasparenza bancaria, tale da ribaltare sulla clientela corrispettivi e spese caratteristici dell’attività bancaria, ma descritti in modo da non generare il diritto al rimborso del consumatore nel caso di estinzione anticipata. A ben vedere, la legislazione sulla trasparenza ha condotto ad una descrizione sempre più analitica e frammentata delle varie voci di costo del finanziamento, che in concreto poi ha finito con il giustificare letture della stessa in base alle quali una parte consistente di tali voci fossero da ritenere non rimborsabili.
Al riguardo, è stato osservato che la rilevante dimensione del fenomeno, tale da avere probabilmente imposto alla Banca d’Italia la rilevante modifica organizzativa dell’incremento da 3 a 7 del numero dei collegi ABF[11], dimostra come le problematiche legate all’interpretazione della estinzione anticipata della cessione del quinto non è riferibile alle condotte di uno o di qualche operatore, bensì deriva da “criticità che attengono ad assetti connotanti l’intera industria”[12].
In altre parole, l’estensione e la diffusione delle controversie in materia di estinzioni anticipate di finanziamenti erogati dietro cessione del quinto era di per se significativa della esistenza di rilevanti anomalie riguardanti l’interpretazione della relativa disciplina da parte degli operatori del settore.
Anomalie derivanti in primo luogo dalla circostanza che, nonostante la precisione con la quale il legislatore comunitario aveva disciplinato il diritto all’indennizzo del professionista, un singolare vuoto normativo era stato lasciato aperto dalla Direttiva relativamente all’imprecisato diritto alla “riduzione” del costo totale del credito, tenuto conto che la nozione di “riduzione”, sconosciuta al lessico civilistico, non è definita nemmeno dalla stessa Direttiva.
In secondo luogo, la Direttiva (o almeno alcune delle sue più rilevanti traduzioni, tra le quali certamente la traduzione italiana) giustificava senz’altro la distinzione dei costi legati al finanziamento, in costi dovuti per la durata restante del contratto (rimborsabili al consumatore, in quanto di fatto non affrontati a seguito della estinzione anticipata) e di costi non dovuti per la restante durata del contratto, in quanto le relative controprestazioni , erano da considerare ormai eseguite già al momento della conclusione del contratto, e perciò non rimborsabili).
Esaminando poi la giurisprudenza dell’ABF in materia, ci si rende facilmente conto di quanto numerose fossero le voci introdotte nei vari contratti e poi in concreto ritenute, a vario titolo, ambigue dai diversi Collegi, in relazione alle quali i professionisti finanziatori avevano inizialmente negato il rimborso. Ne ricordo alcune: oneri per acquisizione della provvista; commissione finanziaria, variamente definita (ad es.: a convenuta copertura delle attività necessariamente preliminari e conclusive del prestito ), oppure spese di apertura pratica, spese per l’esame della documentazione) ed ancora oneri per la conversione o convertibilità da variabile in fisso del saggio degli interessi; ed inoltre, spese per l’elaborazione dei dati in funzione della legge 197/1991; perdite per l’eventuale ritardo d’adeguamento dei tassi o della commissione nel periodo di preavviso delle mutate condizioni di mercato”.
In estrema sintesi, la giurisprudenza dell’ABF si era orientata nel senso di ritenere inidonee a ricevere un corrispettivo o le clausole del tutto generiche, (commissione finanziaria, commissione accessoria, commissione bancaria, commissione istituto) o comunque quelle ritenute sfornite di una adeguata giustificazione causale, quale quella relativa ad oneri per acquisizione della provvista, il cui compenso è da ricondurre invece alla voce “interessi”.
Quella medesima giurisprudenza invece, recependo le indicazioni contenute nelle Comunicazioni della Banca d’Italia del 2009 e del 2011, aveva riconosciuto la validità ed il carattere integralmente rimborsabile, e indipendentemente dalla effettiva durata del tempo del rimborso, di una serie di costi oggettivamente sostenuti, e indipendenti dalla durata del contratto, quali le spese di istruttoria e le «commissioni dell’intermediario finanziario», comprensiva della «commissione di competenza dell’agente o del mediatore».
Sul punto, è appena il caso di sottolineare che la scissione dei costi rientranti nel costo totale del credito in costi up front e recurring, non deve far trascurare la circostanza che, al momento della stipula del contratto di finanziamento, che tutte le somme destinate a coprire tali costi , oltre che la somma oggetto del prestito al consumatore, erano oggetto di finanziamento.
Con la conseguenza che, la distinzione dei costi, in fissi e ricorrenti, è valsa in concreto a fornire una ricostruzione del finanziamento, come se esso fosse scisso in due finanziamenti: il primo relativo ai costi fissi, non rimborsabile, ed il secondo, relativi all’importo finanziato, oltre agli interessi e costi recurring, destinato ad essere rimborsato in misura proporzionale alla durata del credito.
In sintesi, nel 2019, la sentenza Lexitor ha rimosso la rilevanza nei confronti del consumatore della analitica considerazione dei costi sostenuti dall’intermediario, smentendo la rilevanza della distinzione tra costi up front e costi recurring,, e imponendo invece una soluzione nella quale tutti i costi sostenuti dal consumatore al momento dell’apertura del finanziamento dovessero essere rimborsati in proporzione alla riduzione della durata del finanziamento, così da considerarli tutti trattati alla stessa stregua degli interessi.
4. – A questo punto, va sottolineato con forza che non tutte le motivazioni della Corte di Giustizia parrebbero del tutto convincenti, tranne una.
Non sembrano irresistibili le motivazioni esposte nella parte finale della decisione, le quali paiono tutte sminuite dall’argomento basato sul noto brocardo latino adducere inconvenies non est solvere argomentum[13]3.
Viceversa l’argomento veramente decisivo è quello teleologico, già esposto dall’Avvocato generale Hogan nelle conclusioni presentate nel corso della discussione della causa, forse con chiarezza anche maggiore che nella sentenza, e poi ripreso dalla sentenza medesima, per il quale scopo della direttiva è di garantire una elevata protezione al consumatore, in quanto questi si trova “in una condizione di inferiorità rispetto al professionista, sia per potere di negoziazione che per livello di informazione”[14].
L’Avvocato Generale Hogan, a sua volta, aveva sottolineato che “la direttiva ha l’obiettivo di facilitare «il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo». Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai convenuti, da esso non si può desumere che lo scopo perseguito dall’articolo 16, paragrafo 1, sia quello di tutelare gli enti creditizi dalle conseguenze derivanti dal rimborso anticipato”[15].
Si tratta di una motivazione che deve essere condivisa. La prassi di procedere ad una considerazione analitica dei costi e delle spese affrontate dal creditore è il frutto di una concezione distorta della disciplina della trasparenza, che, come parte della dottrina aveva da tempo già avuto modo di segnalare, di per se costituisce un incentivo a moltiplicare l’indicazione – non di rado fantasiosa – di tali costi. E’ una prassi che soprattutto ha indotto gli stessi creditori a favorire l’estinzione anticipata dei finanziamenti già erogati, spesso suggerendola alla clientela con la apparente giustificazione di un tasso di interesse lievemente inferiore del nuovo finanziamento rispetto a quello appena estinto, allo scopo di poter lucrare proprio sui cd. costi up front. Una ulteriore ragione per incrementare il numero delle estinzioni anticipate dei finanziamenti già erogati era poi costituito dalla certezza che non tutta la clientela avrebbe poi deciso di adire l’ABF per ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato al momento della stipula del contratto.
Per concludere sul punto, la decisione Lexitor, ben lungi dall’essere una controversia riguardante un importo bagatellare preteso da una minuscola finanziaria polacca, ha costituito il severo monito della Corte di giustizia rivolto a tutti i soggetti protagonisti del settore creditizio a fornire interpretazioni consone ai principi di incremento del tasso di concorrenza effettiva che deve caratterizzarne il relativo mercato e a fornire una adeguata tutela ai consumatori.
5. – Dopo l’emanazione della sentenza Lexitor, è iniziata la fase più convulsa della tormentata vicenda che stiamo esaminando. Non mi soffermo sulle ripetute decisioni adottate dal Collegio di coordinamento dell’ABF, in qualche misura tese a fornire soluzioni riduttive degli effetti della pronuncia Lexitor, soluzioni che sono comunque da ritenere definitivamente superate dagli eventi successivi[16].
L’evento successivo alla Lexitor, da ritenere più importante, è stato l’emanazione del già ricordato articolo 11 octies, co. 2, del dl. 25/05/2021, n. 73 (cd. decreto sostegni bis), convertito, con modificazioni, nella legge 23/07/2021, n. 106.
Si tratta della già ricordata disposizione che aveva sostituito, al comma 1, lettera c), l’art. 125-sexies, TUB, e introdotto altresì una previsione al comma 2, poi oggetto della censura da parte della Corte costituzionale.
Per riassumere in estrema sintesi il contenuto dell’intervento normativo del maggio 2021, il legislatore ha recepito la soluzione della sentenza Lexitor, sostituendo ed adeguando alla sentenza la precedente norma del TUB sul rimborso anticipato di contratti di credito ai consumatori, ma escludendo l’applicazione della nuova disciplina ai contratti sottoscritti prima della entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
In sostanza, il legislazione italiano ha da un lato espressamente recepito la soluzione Lexitor, ma dall’altro tentato di differirne gli effetti, prevedendo di farli decorrere solo a partire dal 24 luglio 2021 e di riferirli ai soli contratti sottoscritti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Tale intervento normativo non è stato isolato, nel senso che anche altri Paesi, quali l’Austria e la Germania[17]7, hanno adottato soluzioni normative sostanzialmente simili a quella italiana, ma con datazione degli effetti a partire dalla sentenza Lexitor, anche se non risulta allo stato che esse siano state sottoposte al vaglio della loro legittimità costituzionale.
In ogni caso, il passaggio nodale della decisione della Corte costituzionale è quello nel quale si sottolinea che la Corte di giustizia ritiene di non limitare a posteriori l’efficacia temporale di una propria pregressa interpretazione, a fortiori, sempre secondo la citata Corte, non è consentita una modulazione temporale dei suoi effetti da parte dei singoli Stati membri, tanto più in presenza di una direttiva che dà luogo, salvo espresse deroghe, a una armonizzazione piena.
D’altra parte, la stessa Corte costituzionale ha sottolineato che gli Stati membri avrebbero potuto far valere le ragioni a sostegno di una modulazione temporale degli effetti della pronuncia – ossia «la buona fede degli ambienti interessati» e il «rischio di gravi ripercussioni economiche» – con lo stesso rinvio pregiudiziale o producendo osservazioni nel corso del relativo giudizio”.
Se invece (…) l’affidamento che il legislatore ha inteso proteggere è stato quello ingenerato dalla formulazione della norma di attuazione e, in specie, dalla sua interpretazione a livello nazionale, questo certamente non giustifica la violazione degli obblighi che lo Stato ha assunto verso l’Unione europea.
In conclusione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma esaminata, limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia».
6. – Resta da chiedersi quali erano i margini, valutati dallo stesso legislatore, per ritenere giustificato l’intervento legislativo contenuto nel decreto sostegni bis.
Un primo spazio è quello basato sul principio di certezza del diritto. Non vi è dubbio che nel nostro Paese la sentenza Lexitor abbia smentito un’interpretazione estremamente consolidata, e per di più conforme alla normativa secondaria, sulla quale avevano fatto affidamento per circa un decennio la totalità degli intermediari creditizi che operavano nel settore. Cosicché il differimento degli effetti della sentenza Lexitor al luglio 2021, che era la vera posta messa in gioco dal decreto sostegni bis, avrebbe potuto lenire il vulnus alla certezza del diritto provocato dalla pronuncia. E al riguardo, in dottrina è stato sottolineato come il pregiudizio alla certezza del diritto sia stato a più riprese stigmatizzato dalla CEDU, che ha affermato detto principio come uno degli elementi fondamentali dello Stato di diritto[18].
Inoltre, è stato altresì sostenuto che la portata erga omnes di una pronuncia pregiudiziale non va confusa con la questione della sua efficacia interna. Efficacia che va valutata alla stregua del diritto nazionale, nel senso che la sentenza Lexitor varrebbe solo per l’ordinamento polacco e per tutti gli ordinamenti analoghi, ma non anche per gli ordinamenti, come quello italiano, rispetto ai quali l’applicazione della sentenza, oltre a causare incertezza del diritto “non produrrebbe alcun effetto utile in termini di maggiore tutela del consumatore o comunque produrrebbe risultati non proporzionati allo scopo prefissato”[19] essendo anzi, l’applicazione della Sentenza idonea a a rendere più incerte e relazioni tra i soggetti interessati alle operazioni di credito coinvolte.
Le argomentazioni svolte nella Lexitor, fondate sostanzialmente sulla esigenza di salvaguardare l’effettività della tutela del consumatore, erano state perciò criticate – con riferimento alla loro applicabilità all’ordinamento italiano – alla luce della considerazione che dalle numerose disposizioni presenti in quest’ultimo il professionista non risulterebbe libero di qualificare a suo piacimento le varie voci di costo del finanziamento, così da incrementare opportunisticamente le voci up front per limitare i propri obblighi restitutori in caso di rimborso anticipato da parte del cliente[20]. E al riguardo si ricordano le minuziose disposizioni di trasparenza dettate proprio per quantificare le voci di costo non rimborsabili al consumatore.
Ma il realtà l’argomento basato sulla certezza del diritto era stato già sottoposto ad una critica vincente nell’Ordinanza di rimessione della norma in esame alla Corte costituzionale emanata dal Tribunale di Torino[21], sulla base dell’argomento che la previsione del decreto sostegni bis “contraddice l’esigenza fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto comunitario”, essendo riservato solo alla Corte di Giustizia di “decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce”.
Quanto all’altro argomento, pure utilizzate nelle difese dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale, dell’idoneità delle norme di trasparenza presenti nell’ordinamento italiano ad assicurare una adeguata tutela ai consumatori, la sentenza Navarretta replica con forza sottolineando che la sentenza Lexitor non ha voluto lasciare alla mera trasparenza la tutela dei consumatori, ritenendo il rischio di abusi nei loro confronti tale da richiedere una protezione sostanziale ed effettiva, attraverso la riduzione proporzionale di tutti i costi del credito, strumento che opera a prescindere dal rispetto dei citati doveri.
7. – Deve peraltro sottolinearsi che la sentenza della Corte Costituzionale non ha risolto tutte le questioni interpretative riguardanti la nuova formulazione dell’art. 126-sexies TUB, e in particolar modo il controverso co 3, che, nei rapporti tra l’intermediario finanziatore e l’intermediario del credito, ha riconosciuto il diritto di regresso del primo nei confronti del secondo “per la quota dell’importo rimborsato al consumatore relativa al compenso per l’attività di intermediazione del credito”. In sostanza, la norma ha ribaltato, “salva diversa pattuizione”, gli effetti economici del rimborso anticipato – oramai certamente dovuto dal finanziatore al cliente anche per i costi di intermediazione – sugli intermediari del credito, i quali vedono così divenire incerto in quanto oggetto di “regresso” (sic!) un compenso percepito per attività svolte alcuni anni prima della richiesta di restituzione.
L’unica presa di posizione della Corte costituzionale al riguardo è chiarissima nell’affermare che la norma regola i rapporti futuri, cioè successivi all’entrata in vigore della disposizione, mentre afferma che per il passato spetterà agli interpreti risolvere i relativi profili di disciplina.
Al riguardo, devono innanzitutto ricordarsi le forti critiche[22] che sono state rivolte alla scelta del legislatore del 2021 di inserire la disposizione nella disciplina del credito al consumo: si tratta di una critica fondata, in quanto la norma riguarda solo i rapporti tra finanziatore e intermediario del credito, rapporti ai quali il consumatore è del tutto estraneo. Ulteriori, più sostanziali e condivisibili critiche sono state peraltro rivolte anche all’utilizzo dell’istituto del regresso, in assenza di una diretta coobbligazione restitutoria da parte dell’intermediario del credito nei confronti del consumatore.
In ogni caso, si rende opportuno operare una verifica di compatibilità della disposizione in esame con il disposto dell’art. 1748 c.c., trattandosi di due disposizioni che, a ben vedere, disciplinano la stessa materia, e il cui confronto induce a considerare ridondante l’intervento normativo del 2021, preoccupato soprattutto della solidità di banche e finanziarie.
8. – Alcuni cenni in merito ai dubbi sorti sulla possibilità di applicare le conclusioni di Lexitor anche al credito immobiliare, dubbi alimentati dalla circostanza che il tenore letterale della norma riguarda il rimborso anticipato del credito immobiliare (art. art. 120-quaterdecies.1, TUB) riproduce quasi integralmente il testo della norma dedicato alla estinzione anticipata del credito mobiliare (art. 125-sexies, co. 1, TUB).
Sul tema si è finalmente pronunciata in termini definitivi la Corte di Giustizia, con la già ricordata sentenza Unicredit Bank Austria, che ha con forza negato che la riduzione proporzionale dei costi debba operare su importi estranei alle controprestazioni del creditore, che non li sopporta, né li riscuote, quali ad esempio costi pagati a terzi a titolo di imposte, oneri amministrativi o servizi professionali, quali la perizia immobiliare o l’intermediazione.
Allo stesso tempo, per tale identica ragione, la sentenza ha espressamente escluso che la decisione Lexitor possa riguardare il credito immobiliare.
Si tratta di una conclusione che deve essere ritenuta convincente per almeno due ulteriori argomentazioni.
Las prima è che nella disciplina del credito immobiliare la «facoltà di estinzione anticipata » è sottoposta a particolari condizioni, non tassativamente, ma solo esemplificativamente elencate. Al contrario, la facoltà di estinzione anticipata è riconosciuta al consumatore in qualsiasi momento dalla direttiva c.d. CCD: si tratta di un dato testuale molto forte, che induce a concludere come la facoltà, di estinguere anticipatamente il contratto di credito immobiliare sia certamente meno ampio di quello previsto per il credito al consumo. D’altra parte, dal punto di vista concreto, che nel credito immobiliare gli oneri non ricorrenti non debbano essere restituiti trova giustificazione nella circostanza che i costi indipendenti dalla durata del contratto sono ben più ingenti rispetto al credito immobiliare, tenuto conto del carattere doveroso dell’espletamento di una serie di attività a salvaguardia del mercato e del debitore medesimo.
9. – Resta in conclusione da richiamare brevemente il contenuto dell’ordinanza Cass. n. 25997/2023, che, come si diceva all’inizio, pare il punto conclusivo dell’intera vicenda. Il caso deciso si riferisce ad una estinzione anticipata di un credito mobiliare, acceso nel 2007, ed avvenuta nel 2010, prima della entrata in vigore dell’art. 125 sexies TUB, come formulato nel d.lgs. 141/2010, ragione per la quale in primo grado il Tribunale di Napoli ne aveva negata l’applicabilità.
La Corte di cassazione ha comunque accolto il ricorso, tenuto conto che, ancorché all’epoca il CICR non avesse emanato le delibere attuative previste, l’art. 125 TUB, vigente all’epoca dell’estinzione del contratto comunque riconosceva, in caso di estinzione anticipata di finanziamento, il diritto del cliente ad un equa riduzione del costo complessivo del credito, tenuto conto che in quest’ultimo erano da ritenere già comunque compresi “tutti i costi del credito, gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito. E ciò sia perché la mancanza della norma attuativa non può privare il cliente del suo diritto al rimborso, sia perché il diritto interno deve comunque essere interpretato dal giudice di merito in modo conforme al diritto europeo, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di riferimento.
La Cassazione sottolinea poi come gli interventi normativi successivi abbiano ulteriormente rafforzato le tutele previste a favore di tutti i consumatori della Comunità, rapportando, in particolare, il diritto alla riduzione al costo totale del credito, come definito nella direttiva 2008/48/CE, senza che ciò escluda che già prima dell’introduzione, nel 2010, della disciplina prevista nell’art. 125-sexies, TUB, dovesse riconoscersi il diritto al rimborso dei costi in caso di estinzione anticipata del finanziamento.
In particolare, la S.C. ha sottolineato come i principi affermati dalla sentenza Lexitor della Corte di Giustizia e recepiti anche dalla sentenza n. 263/2022 della nostra Corte costituzionale in merito alla effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito sono estensibili sia alla previgente direttiva 87/102/CEE, che richiamava l’”equa riduzione del costo complessivo del credito, sia e soprattutto alla direttiva 90/88/CE, in materia di credito al consumo, che per prima aveva introdotto il concetto di costo totale del credito, intesi come “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento”.
Insomma, secondo la Corte di cassazione, l’armamentario concettuale sulla base del quale sono state emanate vuoi la sentenza Lexitor che quella della Corte costituzionale, è ispirato alla esigenza di una elevata protezione al consumatore, allo scopo di prevenire rischi di abusi e a beneficio della concorrenza, ed è da ritenere risalente alle direttive della seconda metà degli anni ottanta, con la conseguenza – è lecito all’interprete desumere – che a tali principi devono conformarsi tutte le decisioni inerenti a controversie anche anteriori alla emanazione delle direttive successive, le quali pertanto non hanno che ribadito principi già consolidatisi.
Si tratta di una conclusione che, non senza una forzatura del tenore letterale delle norme comunitarie coinvolte, finisce con l’accordare all’equo compenso previsto dalla direttiva 87/102/CEE la stessa portata della successiva definizione di costo totale del credito, e che tuttavia appare opportuna e giustificata per consolidare in via definitiva nel nostro Paese i risultati applicativi della decisione Lexitor, tenuto conto della circostanza che questa ha clamorosamente smentito la diversa interpretazione seguita per oltre due lustri dalla giurisprudenza teorica e pratica italiana.
[1] Si tratta di Corte giust. UE, 11 settembre 2019, C-383/18, Lexitor sp. z o.o. c. Spòdzielcza Kasa Oszczèdnooeciowo – Kredytowa im. Franciszaka Stefczyka, con nota di A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione e “riduzione del costo totale del credito”. Il caso della cessione del quinto, in BBTC, 2019, II, 644; A. Tina, Il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del finanziamento ex art. 125- sexies, primo comma, t.u.b. Prime riflessioni a margine della sentenza della Cortedi Giustizia dell’Unione Europea, in Riv. dir. banc., 2019, II, p. 155. V,. anche la nota critica di A. Zoppini, Gli effetti della sentenza Lexitor nell’ordinamento italiano, in B.B.T.C:, I, 2020, 1 ss., e la nota adesiva di R. Santagata, Rimborso anticipato del credito e diritto del consumatore alla restituzione della quota parte dei costi indipendenti dalla durata del contratto (c.d. up front), ivi, 2020, I, 18 ss.
[2] Pubblicata in in Foro it., 2023, n.2, parte IV, c. 357, con commento di N. De Luca, «Dura Lexitor, sed lex». I costi upfront non esistono (oggi, domani, come ieri).
[3] Vedi Corte giust. UE, 9 febbraio 2023, C-555/21, Unicredit Bank Austria c. Verein für Konsumenteninformation, in Foro it., 3/2023, IV, c. 140, con nota di N. De Luca – L. Delcuratolo Recesso anticipato dal finanziamento al consumatore e riduzione del costo totale del credito. Due sentenze contrapposte di diseguale valore.
[4] Infine, deve ricordarsi l’ordinanza della Corte di cassazione, 6 settembre 2023, n. 25997, pubblicata appena prima il si stampi del presente scritto, decisione che, fornendo una puntuale ricostruzione delle tormentate vicende normative ed interpretative riguardanti l’estinzione anticipata del credito mobiliare, ha aderito conclusivamente all’approccio teleologico su cui erano fondate sia la sentenza Lexitor che la sentenza della Corte costituzionale italiana.
[5] Cfr. U. Breccia, Le obbligazioni, in Trattato Iudica-Zatti, Milano, 1991, p. 457 ss.; F. Oliviero, L’anticipato adempimento dell’obbligazione restitutoria nel credito ai consumatori, ivi, 2014, p. 373; F. Mezzanotte, Il rimborso anticipato nei contratti di credito immobiliare ai consumatori, in Nuove Leggi Civili Commentate, 2020, p. 77.
[6] Cfr. A. Zoppini, op. cit., p. 3.
[7] Sulla diffusione e sulle peculiarità della cessione del quinto dello stipendio, v. U. Malvagna, La cessione del quinto come tipo contrattuale, in BBTC, 2021, p. 203 ss.
[8] Cfr. U. Malvagna, Cessione del quinto ed estinzione anticipata: la sorte delle “commissioni accessorie”, in Ilcaso.it, 2013, II, doc. n. 341/2013, p. 3.
[9] Vedi U. Malvagna, Nel focus del credito al consumo: gli oneri economici della cessione del quinto, in Riv. dir. civ. 2015, p. 1533, ove si individuano le modifiche normative che hanno condotto alla maggiore diffusione dei finanziamenti tramite cessione del quinto dello stipendio o della pensione.
[10] Vedi Gius. Santoni, I costi della trasparenza bancaria, in BBTC, 2018, I.
[11] Cfr. ancora U. Malvagna, La cessione del quinto dello stipendio o della pensione e la delegazione di pagamento, in Arbitro bancario e finanziario, a cura di G. Conte, Milano, 2021, p. 742.
[12] Ancora U. Malvagna, op. ult. cit., p. 745.
[13] Si tratta in particolare delle argomentazioni esposte nei §§ da 31 a 35 della sentenza Lexitor, secondo cui:
31 A), l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione di costi può includere un certo margine di profitto.
32 Inoltre, come sottolineato dal giudice del rinvio, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto.
33 Inoltre, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi53 e 55 delle sue conclusioni, il margine di manovra di cui dispongono gli istituti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna rende, in pratica, molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un giudice, dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto.
[14] Sul valore assolutamente preponderante attribuito all’argomento di tipo teleologico, v. per tutti A. Ricciardi, Il principio sancito dalla Corte di Giustizia nell’ambito del caso Lexitor e decreto sostegni bis: problematiche applicative passate, presenti e future, in BBTC, 2021, I, p. 291.
[15] Vedi dette conclusioni in https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=214402&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=4797667
[16] Cfr. A. Mager, L’ABF e il tentativo italiano di contenere gli effetti della pronuncia Lexitor. Prime note a Collegio coordinamento n. 21676/2021 (in attesa dell’intervento della Corte costituzionale), in Riv. dir. banc., 2021, II, 489.
[17] Cfr. M. Romanelli, La sentenza della Corte Costituzionale sul caso Lexitor: interrogativi e dubbi irrisolti, in Dir. banc.,2023, p. 4.
[18] Cfr. A. Zoppini, op. cit., 16; M. Romanelli, op. cit., p. 4.
[19] Così testualmente A. Zoppini, op. cit., p. 10
[20] Così ancora A. Zoppini, cit., p. 11.
[21] Vedi Trib. Torino, 2 novembre 2021 (ord.), in https://www.dirittodelrisparmio.it/2021/11/10/decreto-sostegni-bis-e-lexitor-rimessione-alla-corte-costituzionale/
[22] Cfr. U. Malvagna, La nuova disciplina dell’estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori: tra legge, ABF e Corte Costituzionale” in BBTC, 2022, I, p. 58 s.