Il presente contributo analizza le novità del pacchetto di proposte pubblicato lo scorso 18 aprile 2023 dalla Commissione europea di riforma dell’attuale normativa in materia di gestione delle crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi.
1. Introduzione
Il 18 aprile 2023 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte per riformare l’attuale quadro normativo in materia di gestione delle crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi (c.d. “crisis management and deposit insurance framework” o “CMDI”)[1]. La proposta intende affrontare alcuni temi emersi dalle recenti crisi che hanno interessato il settore bancario – non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti e in Svizzera – e si propone di rafforzare ulteriormente le regole a tutela dei risparmiatori e della stabilità del mercato, con particolare attenzione alle banche di medie e piccole dimensioni.
La proposta della Commissione prende le mosse dall’osservazione per cui, nonostante la creazione della c.d. Banking Union nel 2014 e la piena operatività di due dei suoi tre pilastri[2], molte banche in crisi di medie e piccole dimensioni sono state gestite con soluzioni al di fuori del quadro di risoluzione delineato a livello europeo: in diversi casi, infatti, gli Stati membri hanno fatto ricorso a risorse del bilancio pubblico (c.d. bail-out) anziché attivare il c.d. bail-in o altri meccanismi di risoluzione, ovvero ricorrere a sistemi di tutela dei depositi e fondi di risoluzione.
Con la proposta in commento la Commissione intende consentire alle autorità di risoluzione di organizzare l’ordinata estromissione dal mercato di una banca in crisi di qualsiasi dimensione mediante un’ampia gamma di strumenti: il tema è di stretta attualità poiché, sebbene la riforma del quadro normativo di riferimento sia oggetto di discussione da diversi anni, le recenti crisi bancarie hanno sottolineano l’importanza di garantire che le disposizioni dell’UE per la gestione delle stesse siano più solide, omogenee ed efficaci[3].
2. I principali elementi della riforma su crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi
La Commissione propone di apportare delle modifiche legislative alla direttiva 2014/59/UE (BRRD) in materia di risanamento e risoluzione delle banche, al Regolamento (UE) n. 806/2014 (SRMR) sulla risoluzione delle banche nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del fondo di risoluzione unico e alla direttiva 2014/49/UE (DGSD) relativa ai sistemi di garanzia dei depositi[4]. Gli elementi principali della proposta della Commissione possono essere riassunti come segue.
2.1 Concetto di interesse pubblico
La proposta di riforma fornisce chiarimenti sulla valutazione dell’interesse pubblico nella gestione delle crisi bancarie al fine di armonizzare gli approcci seguiti in proposito dalle autorità e di ridurre il loro margine di discrezionalità.
In particolare, il criterio di valutazione consistente nella minimizzazione del ricorso alle misure pubbliche di finanziamento viene modificato in modo da distinguere tra l’utilizzo di risorse del bilancio pubblico (che deve essere evitato) e l’impiego di risorse dei fondi di risoluzione o del sistema di garanzia dei depositi (che è consentito nei limiti definiti dalla normativa). L’autorità di risoluzione deve comparare le misure di supporto pubblico che possono essere adottate in uno scenario di risoluzione e di insolvenza per decidere se l’applicazione di misure di risoluzione risponde all’interesse pubblico.
2.2 Utilizzo dei fondi di tutela dei depositi per il finanziamento delle crisi bancarie
La proposta di modifica intende facilitare l‘utilizzo dei fondi di tutela dei depositi per il finanziamento degli strumenti di gestione delle crisi. L’utilizzo dei fondi deve avvenire solo come complemento rispetto alla capacità interna di assorbimento delle perdite delle banche, che rimane la prima linea di difesa.
È introdotta la possibilità di utilizzare i fondi di tutela dei depositi per consentire il trasferimento di depositi e attività ad un acquirente terzo o un ente-ponte, coprendo con le risorse dei fondi la differenza tra il valore del passivo e dell’attivo, nonché per far fronte al fabbisogno di fondi propri dell’acquirente derivante dal completamento dell’operazione di acquisto. Il contributo dei fondi di tutela dei depositi sarà inoltre considerato ai fini della soglia dell’8% del totale delle passività e dei fondi propri delle banca (TLOF) che consente il ricorso ai fondi di risoluzione, alle condizioni precisate nella proposta della Commissione.
2.3 Test del costo minimo
L’utilizzo dei fondi di tutela dei depositi per il finanziamento degli strumenti di gestione delle crisi deve essere soggetto a un test armonizzato detto “del costo minimo”: i costi sostenuti dai fondi di tutela dei depositi per intervenire nell’ambito della procedura di risoluzione non devono essere superiori ai costi che sarebbero stati sostenuti dagli stessi laddove si fosse reso necessario coprire le perdite subite dai depositanti in relazione ai depositi protetti dal sistema di garanzia.
2.4 Gerarchia dei crediti in caso di insolvenza
La disciplina europea prevede, attualmente, che i depositi protetti e le pretese dei fondi di tutela dei depositi siano sovraordinati ai depositi non protetti nella gerarchia dei crediti in caso di insolvenza, mentre i depositi non protetti di persone fisiche e PMI sono sovraordinati rispetto alle pretese dei creditori chirografari. Nulla è previsto in ordine ai depositi non protetti di soggetti diversi da persone fisiche e PMI, che in alcuni Stati membri sono assimilati ai crediti chirografari, mentre in altri Stati membri (tra cui l’Italia) sono gerarchicamente sovraordinati a questi ultimi (c.d. general depositor preference).
La gerarchia delineata dalla normativa europea costituisce, tuttavia, un limite al ricorso ai fondi di tutela dei depositi per il finanziamento delle crisi bancarie secondo la nuova logica del test del costo minimo[5], così come un possibile ostacolo all’applicazione delle misure di risoluzione alla luce del principio del “no creditor worse off”.
La proposta della Commissione prevede dunque l’introduzione di una general depositor preference unica (single-tier) che include tutte le tipologie di depositi sopra menzionati, eliminando la gerarchia relativa tra le tre categorie di depositi contemplate dall’attuale normativa (three-tier).
2.5 Condizioni per adottare misure straordinarie di supporto pubblico
Nel quadro normativo attuale è possibile per gli Stati membri adottare misure straordinarie di supporto pubblico al ricorrere di determinate condizioni eccezionali: ciò consente di fatto agli Stati membri di disapplicare in larga parte il quadro normativo in materia di risoluzione, ivi incluse le norme in materia di bail-in[6].
La proposta intende restringere le opzioni riconosciute dalla normativa attuale, limitando l’adozione delle misure in questione ai casi di ricapitalizzazione precauzionale, misure preventive dei fondi di tutela dei depositi adottate per preservare l’accesso ai depositi e altre forme di supporto garantite nell’ambito di procedure di liquidazione.
Sono disciplinate in modo più dettagliato le misure di ricapitalizzazione precauzionale, al fine di assicurare che le stesse possano essere adottate soltanto in via temporanea per consentire a una banca di sopravvivere a degli shock esterni. La banca beneficiaria delle misure in questione non deve essere insolvente e l’autorità competente deve confermare che essa rispetterà verosimilmente i propri requisiti patrimoniali per i successivi 12 mesi.
2.6 Misure di intervento precoce
Nella proposta della Commissione si prevede di allineare le circostanze che consentono di adottare misure di intervento precoce a quelle che permettono l’adozione di provvedimenti di vigilanza dell’autorità secondo il quadro normativo europeo applicabile alle banche e alle imprese di investimento, fatte salve alcune circostanze aggiuntive che possono legittimare l’adozione della prima tipologia di misure.
La proposta della Commissione supera il rapporto di sequenzialità tra misure di intervento precoce, rimozione degli esponenti aziendali e nomina di un commissario temporaneo, dovendo le autorità di vigilanza scegliere tra le misure più idonee da applicare secondo il principio di proporzionalità. Sono poi eliminate alcune sovrapposizioni tra misure di intervento precoce e di vigilanza e vengono chiariti gli obblighi di informazione e coordinamento tra autorità di vigilanza e di risoluzione in caso di early intervention.
2.7 Attivazione delle misure di risoluzione e “early warning”
Nella proposta è prevista l’introduzione di un meccanismo di notifica (c.d. “early warning”) in forza del quale l’autorità competente deve avvisare l’autorità di risoluzione non appena si materializzi un significativo rischio che una banca si trovi in una situazione che possa determinare l’eventuale applicazione di misure di risoluzione.
Durante questo periodo (c.d. “early warning period”) l’autorità di risoluzione dovrebbe essere posta in condizione di monitorare la situazione della banca e valutare le misure disponibili, coordinandosi con l’autorità di vigilanza competente. Recependo anche le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia sul punto[7], la proposta chiarisce gli step delle valutazioni che devono essere effettuate da autorità competenti e di risoluzione per avviare la procedura di risoluzione.
2.8 Finalità delle procedure ordinarie di liquidazione
Secondo quanto previsto dalla normativa europea attuale, le banche che non sono soggette a risoluzione sulla base del test dell’interesse pubblico devono essere poste in liquidazione secondo le norme nazionali applicabili.
Non è prevista, tuttavia, alcuna forma di armonizzazione di tali procedure di liquidazione a livello europeo e l’esperienza ha dimostrato che in talune circostanze le procedure di liquidazione sono state utilizzate per ristrutturare le banche in crisi invece che facilitarne l’uscita dal mercato.
La proposta della Commissione interviene sul punto specificando che le procedure nazionali in questione devono garantire l’uscita dal mercato della banca oggetto liquidazione entro un lasso di tempo ragionevole.
2.9 Previsioni in materia di MREL
La Commissione intende precisare le modalità di calibrazione del requisito MREL laddove la strategia di risoluzione preveda il trasferimento degli attivi e delle passività bancarie. Con la proposta saranno poi introdotti alcuni chiarimenti relativi, tra l’altro, alle restrizioni alle distribuzioni derivanti dal rispetto del requisito MREL e dei coefficienti di riserva del capitale, al trattamento delle passività strutturalmente subordinate e alle c.d. contingent liabilities. Con un atto separato (c.d. Daisy Chain Act) la Commissione chiarisce alcuni aspetti concernenti l’applicazione della disciplina MREL, in particolare nell’ambito di gruppi bancari (c.d. internal MREL).
2.10 Disciplina dei fondi di tutela dei depositi
La proposta della Commissione modifica, infine, la disciplina in materia di fondi di tutela dei depositi (DGSD) introducendo una serie di chiarimenti e misure di armonizzazione, ad esempio sulle modalità di pagamento dei rimborsi ai depositanti, il termine di prescrizione (fissato a 5 anni) dei relativi diritti verso i fondi, le pretese esercitabili dai fondi verso la banca successivamente al rimborso dei depositanti, etc.
3. Conclusioni
La proposta della Commissione interviene a colmare alcune lacune della disciplina europea in materia di risoluzione, da un lato introducendo maggiori elementi di flessibilità (in particolare con riferimento all’utilizzo dei fondi di tutela dei depositi), dall’altro lato riducendo la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di sostegno pubblico o di ristrutturazione delle banche al di fuori del quadro normativo europeo, ad esempio attraverso la ricapitalizzazione precauzionale o l’applicazione di procedure di liquidazione giudiziale per le banche di medie o piccole dimensioni.
Come evidenziato nella valutazione d‘impatto che accompagna il pacchetto legislativo adottato dalla Commissione, la riforma proposta sarebbe ancora più efficace ove combinata con un sistema di garanzia dei depositi comune a tutti gli Stati membri[8]. Tale schema espanderebbe la rete di sicurezza disponibile per proteggere i depositanti riducendo la vulnerabilità dei fondi nazionali di garanzia dei depositi a shock locali di grandi dimensioni.
La Commissione ha altresì annunciato che sta effettuando una valutazione complessiva della propria disciplina sugli aiuti di Stato alle banche, che costituisce un tassello cruciale per definire il quadro normativo applicabile in materia di risoluzione, soprattutto con riferimento alla gestione delle crisi delle banche di piccole e medie dimensioni.
Gli effetti complessivi delle misure proposte dalla Commissione dovranno essere pertanto valutati anche alla luce degli ulteriori provvedimenti che potranno essere adottati dalle istituzioni europee in relazione al terzo pilastro dell’Unione Bancaria e alle norme in materia di aiuti di Stato.
[1] Le proposte di riforma sono disponibili al seguente indirizzo: https://finance.ec.europa.eu/publications/reform-bank-crisis-management-and-deposit-insurance-framework_en.
[2] Ci si riferisce al Single Supervisory Mechanism (SSM) e al Single Resolution Mechanism (SRM), cui deve aggiungersi il terzo pilastro costituito dai sistemi di tutela dei depositi, rispetto al quale, tuttavia, allo stato non è ancora stato raggiunto un accordo politico tra i co-legislatori dell’Unione (la proposta della Commissione, presentata il 24 novembre 2015, non ha mai concluso l’iter legislativo richiesto per la sua definitiva approvazione).
[3] Per un approfondimento al riguardo sia consentito rinviare ad A. Messore e F. Bonardi, Crisi bancarie e strumenti Additional Tier 1: il caso Credit Suisse, in Diritto Bancario, aprile 2023.
[4] Ad esse si aggiunge una proposta di modifica del c.d. “Daisy Chain Act” relativo ad alcuni aspetti del MREL (minimum requirement for own funds and eligible liabilities), su cui si tornerà molto brevemente nel prosieguo.
[5] Tale circostanza è dovuta al fatto che, considerata la posizione gerarchica particolarmente elevata delle pretese che i fondi in questione avrebbero verso la banca dopo aver rimborsato i depositi protetti, è probabile che l’importo recuperato dai fondi in caso di liquidazione sia comunque significativo o elevato; il che restringerebbe i margini di manovra per utilizzare i fondi del sistema di garanzia dei depositi in caso di risoluzione sulla base del test del costo minimo.
[6] Su questi aspetti e sulle relative implicazioni, anche con riferimento alle recenti crisi bancarie, ci si permette nuovamente di rinviare a A. Messore e F. Bonardi, cit..
[7] ABLV Bank / ECB, C-551/19 P e C-552/19 P.
[8] Cfr. http://ec.europa.eu/finance/docs/law/230418-impact-assessment_en.pdf.