Il presente contributo analizza le principali novità che saranno apportate della Direttiva 2023/2225/UE (CCD II), seconda direttiva europea sul credito al consumo, pubblicata lo scorso 30 ottobre 2023 sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea.
Il 30 ottobre 2023 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2023/2225/UE (CCD II), relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 2008/48/CE (Consumer Credit Directive – CCD).
La CCD II entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione.
Gli Stati membri dovranno adottare entro il 20 novembre 2025 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla CCD II. Tali disposizioni saranno applicate a decorrere dal 20 novembre 2026.
La Direttiva 2008/48/CE continuerà comunque ad applicarsi ai contratti di credito in corso al 20 novembre 2026 fino al loro termine[1].
L’emanazione della nuova Direttiva sul credito al consumo rappresenta l’atto finale di un lungo procedimento di revisione della attuale direttiva 48/2008/CE (di seguito semplicemente CCD). L’aggiornamento della prima direttiva sul credito al consumo, che sarà ora abrogata e sostituita integralmente dalla CCD II, era stata infatti inserito tra le principali iniziative che l’Unione Europea si era ripromessa di assumere nel contesto della Agenda dei consumatori presentata nel 2020.
Queste le principali linee guida della direttiva CCD II sul credito al consumo:
- estendere la tutela del consumatore ampliando l’ambito di applicazione della CCD;
- garantire che i mutuatari abbiano un facile accesso a tutte le informazioni e siano informati sul costo totale del credito;
- stabilire norme pubblicitarie più rigorose per ridurre il credito abusivo ai consumatori sovraindebitati e misure efficaci contro i prezzi eccessivi;
- imporre ai finanziatori procedure di valutazione del merito creditizio al fine di valutare se i consumatori possono effettivamente rimborsare il loro credito.
Direttiva nuova ma propositi vecchi!
Il legislatore europeo, infatti, non nasconde che la CCD si è rivelata solo parzialmente efficace nel garantire un livello elevato di tutela del consumatore e nel promuovere lo sviluppo di un mercato unico del credito. Ne consegue che “tali obiettivi sono ancora pertinenti”[2].
I motivi della scarsa efficacia della prima direttiva sono stati ben individuati durante il lungo iter di formazione della nuova normativa. In particolare, sono stati stigmatizzati il limitato ambito applicativo della direttiva CCD che ha lasciato priva di tutela vari aspetti del credito al consumo, nonché la formulazione imprecisa di alcune disposizioni della prima direttiva che ha determinato la frammentazione del quadro normativo dell’Unione.
Tali inefficienze, ricorda il legislatore europeo nei considerando iniziali della nuova direttiva, hanno portato ad un livello di protezione dei consumatori inadeguato ed hanno provocato distorsioni della concorrenza tra i creditori all’interno dell’Unione, con conseguenti ostacoli al mercato europeo.
La formulazione di una nuova direttiva sul credito al consumo, tuttavia, non nasce unicamente dall’esigenza di colmare le lacune del testo precedente, ma anche dalla necessità di aggiornare la normativa ai rapidi sviluppi tecnologici registrati dal 2008 ad oggi. È innegabile che i rapidi avanzamenti tecnologici degli ultimi anni, accompagnati da una crescente digitalizzazione, hanno apportato cambiamenti significativi al mercato del credito al consumo, sia relativamente all’offerta che alla domanda. Sono poi comparsi nuovi prodotti – in particolare nell’ambiente on line – e le preferenze dei consumatori si sono evolute.
Di seguito proponiamo, senza pretesa di esaustività, una galleria delle principali innovazioni che saranno apportate della seconda direttiva europea sul credito al consumo.
Ampliamento ambito applicativo
L’ambito applicativo della direttiva CCD II sul credito al consumo si ricava per sottrazione. L’articolo 2, infatti, dopo aver prescritto che la direttiva si applica genericamente “ai contratti di credito”, riporta un dettagliato elenco delle varie tipologie contrattuali che restano escluse dall’operatività della nuova direttiva.
La CCD II ha ampliato la propria competenza per valore in quanto rientreranno nel suo ambito di applicazione anche i contratti con importo totale del credito inferiore a 200 euro.
È stata, pertanto, eliminata la precedente soglia minima mentre quella massima, pari ad euro 75.000 euro, è stata elevata a 100.000 euro. Con tale ultima maggiorazione il legislatore ha voluto aggiornare la soglia massima alla luce degli effetti inflazionistici verificatisi dal 2008 ad oggi.
Vi è però una specifica deroga al suddetto limite massimo.
Godrà comunque della tutela ampliata prevista della CCD II il consumatore che concluderà un contratto di credito per un importo anche superiore a 100.000 euro non garantito da ipoteca o da altra garanzia analoga sui beni immobili o da altro diritto connesso ai beni immobili, ove finalizzati alla ristrutturazione di un immobile residenziale.
Con tale eccezione il legislatore ha voluto confermare la specificità del credito assistito da garanzia immobiliare che, pertanto, continuerà ad essere disciplinato dalla Direttiva 2014/17/UE (Mortage Credit Directive), ma al contempo non ha rinunciato a tutelare i contratti di credito privi di garanzia immobiliare e conclusi dal consumatore all’unico fine di ristrutturare l’abitazione.
La CCD II si applicherà anche ai contratti di locazione o di leasing con opzione di acquisto. Restano invece esclusi i contratti senza obbligo o opzione di acquisto. La ratio di tale distinzione va ricercata nella natura di questi ultimi contratti che, a differenza dei primi, non comportano alcuna possibilità di trasferimento di proprietà una volta concluso il contratto.
Il legislatore europeo raccomanda anche che “non dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva”:
- i contratti di credito con concessione di scoperto se il rimborso deve avvenire entro un mese;
- i contratti di credito che non prevedono interessi o spese, fatta eccezione per spese limitate che il consumatore è tenuto a pagare di ritardi nei rimborsi;
- i contratti di credito da rimborsare entro 3 mesi e che comportano solo spese di entità trascurabile.
La nuova direttiva, tuttavia, per tali tipologie di prestiti minori (negli importi ma non nel numero), prevede la possibilità per gli Stati membri di derogare ad alcuni obblighi di pubblicità e di informazione sia precontrattuale che contrattuale. Si palesa qui la consapevolezza nel legislatore europeo degli effetti defaticanti che gli obblighi di trasparenza comportano in capo ai finanziatori. Il fine delle suddette deroghe è, infatti, quello di evitare oneri inutili per i creditori purché si tratti di finanziamenti di importi contenuti e di breve durata.
Saranno disciplinati dalla prossima normativa europea anche i sistemi c.d. “Compro ora, pago dopo”, più noti con l’acronimo consonantico anglofilo BNPL (i.e. buy now pay later). Si tratta di quei contratti, la cui recente diffusione è stata agevolata dai nuovi strumenti digitali, che consentono ai consumatori di effettuare acquisti, anche on line, sulle maggiori piattaforme di e-commerce e di pagarli nel tempo. Tale tipologia di contratti (che è già stata attenzionata da Banca d’Italia[3]) solitamente non prevede né interessi né spese per i consumatori.
Quando, però, il meccanismo BNPL implica la concessione di un credito da parte di un istituto finanziatore diverso dal fornitore del bene o servizio, allora il consumatore godrà della tutela offerta dalla nuova direttiva.
Nell’ambito di applicazione della direttiva saranno ricompresi – a determinate condizioni – anche i servizi e prodotti offerti dai grandi fornitori on line, ciò quei soggetti che tramite le piattaforme di e-commerce godono di un’ampia capacità finanziaria e sono pertanto in grado di indurre i consumatori ad acquisti impulsivi e potenzialmente eccessivi.
Annunci pubblicitari e obblighi informativi
La sopra richiamata deroga, relativa ai crediti modesti e di breve durata, alle rigide regole della trasparenza è l’unica che il legislatore concede in un più generale contesto di marcato rafforzamento degli obblighi informativi, sia precontrattuali che contrattuali.
L’esigenza di ottenere dal consumatore un consenso non solo informato ma anche pienamente consapevole sta alla base di una ulteriore innovazione della nuova direttiva.
È infatti sancito l’obbligo di inserire nelle pubblicità dei contratti di credito un espresso avvertimento che metta in guardia il consumatore dagli effetti, francamente scontati, dell’assunzione di un debito.
La Direttiva arriva financo a suggerire il seguente testo: “Attenzione! Prendere in prestito denaro costa denaro”.
Per quanto il significato dell’avvertimento sia scontato e persino banale, è evidente l’intenzione di indirizzare l’attenzione del consumatore sugli effetti collaterali del finanziamento affinché costui assuma “in coscienza” il futuro debito.
Abbinata no, aggregata sì
Un’altra novità della proposta di Direttiva riguarda il divieto delle pratiche di commercializzazione abbinata. Restano consentite, invece, le pratiche di commercializzazione aggregata. Le prime sono quelle in cui, oltre al credito, l’offerta del finanziatore comprende anche un prodotto o servizio che non è disponibile separatamente. Il consumatore, pertanto, se vuole accedere al credito non può rifiutare il servizio aggiuntivo. Nelle forme di commercializzazione aggregata, invece, il contratto di credito può essere concluso anche senza il servizio aggiuntivo offerto da quello stesso professionista.
L’intento europeo è di scongiurare i rischi che in passato si sono riscontrati nei modelli di business caratterizzati dalla distribuzione, attraverso il canale bancario, di prodotti o servizi correlati al credito ma differenti per loro natura. Tali rischi sono rappresentati dal potenziale conflitto di interessi e dal ricorso a possibili pratiche di vendita aggressive sollecitate da sistemi di remunerazione che incentivano il collocamento del prodotto abbinato. Il tema della commercializzazione abbinata non è nuovo ed ha assunto particolare rilevanza nel nostro panorama giurisprudenziale soprattutto nell’ambito dell’offerta di coperture assicurative a protezione del credito (Credit Protection Insurance o, in termini più ampi, Payment Protection Insurance).
La CCD si limitava ad imporre agli istituti di credito l’onere di avvisare il consumatore dell’obbligo di stipulare un’assicurazione connessa con la concessione del credito. La CCD II, nel più ampio divieto di ricorrere alla commercializzazione abbinata, consente tuttavia ai creditori di richiedere al consumatore la sottoscrizione di una pertinente polizza assicurativa collegata al contratto di credito, ma impone ai medesimi di accettare la polizza di un fornitore diverso dal suo fornitore preferito, purché detta polizza fornisca un equivalente livello di copertura.
Rimborso per estinzione anticipata
La CCD II, in tema di diritto del consumatore al rimborso dei costi a seguito di estinzione anticipata, accoglie l’interpretazione già fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la nota sentenza Lexitor. La nuova direttiva prevede, infatti, che la riduzione del costo totale del credito comprenda anche i costi che non dipendono dalla durata del contratto (c.d. costi up front).
La direttiva affronta anche il tema di costi dei terzi, ossia dei costi sostenuti direttamente dal creditore e successivamente addebitati al consumatore. Trattasi tipicamente delle provvigioni riconosciute agli agenti in attività finanziaria che promuovono il contratto di finanziamento per conto del finanziatore. Anche tali costi, per espressa previsione della direttiva, dovranno essere rimborsati al consumatore.
Valutazione del merito creditizio
Tra le novità proposte dalla nuova direttiva vi è anche il rafforzamento degli obblighi relativi alla valutazione del merito creditizio del consumatore. Nonostante tali obblighi fossero già previsti dalla Direttiva 2008/48/CE, il legislatore europeo ha ritenuto necessario disporre nuove misure più stringenti e rigorose rispetto al precedente regime. La necessità di tale rafforzamento deriva dalla crescente digitalizzazione dei servizi o prodotti finanziari proposti dai creditori, i quali frequentemente utilizzano sistemi decisionali automatizzati e fonti di dati non convenzionali.
Ebbene, al fine di contrastare tale consuetudine, viene prevista la possibilità per il consumatore di richiedere l’intervento umano del creditore in modo da ottenere una spiegazione completa del processo di valutazione, o un suo eventuale riesame.
Altra novità è la possibilità del creditore di concedere il credito solo in caso di verosimile adempimento degli obblighi da parte del consumatore.
Alla luce del conclamato scopo di aumentare il livello di protezione offerto ai consumatori, la nuova CCD II chiarisce che le informazioni, ai fini della valutazione, devono essere pertinenti e accurate, nonché necessarie e proporzionate alla natura, valore, durata e rischio del credito. La proposta di direttiva esclude espressamente che i social network possano essere considerati dai creditori quali fonti di informazioni su cui basare la valutazione del merito creditizio.
Il processo di valutazione deve essere approfondito ed effettuato nell’interesse del consumatore, onde evitare pratiche irresponsabili nella concessione dei prestiti con conseguente pericolo di sovraindebitamento del consumatore.
Le sopra richiamate disposizioni, seppur innovative nel contesto del credito al consumo mobiliare, erano già state inserite dalla Direttiva 2014/17/CE nella disciplina del credito al consumo immobiliare.
La CCD II, al pari delle Direttiva 2014/17/CE non ha tuttavia introdotto alcuna sanzione. Continua a mancare, dunque, un espresso apparato sanzionatorio per le ipotesi di omessa o errata verifica del merito creditizio. Ne consegue che, in assenza di una più precisa regolamentazione in sede di recepimento da parte del nostro legislatore, l’interprete dovrà continuare ad affidarsi all’evoluzione dell’attuale panorama giurisprudenziale che allo stato predilige la soluzione risarcitoria rispetto a quella invalidatoria.
Contenimento dei tassi e del costo totale del credito
Una particolare rilevanza assume il capo della CCD II riservato alla regolamentazione del TAEG ed alle misure per contenere i tassi e i costi connessi al finanziamento.
L’articolo 31 della CCD II espressamente prevede che gli “Stati membri adottano misure intese a prevenire efficacemente gli abusi e a far sì che ai consumatori non possano essere applicati tassi debitori, tassi annui effettivi globali o costi totali del credito eccessivamente elevati, ad esempio dei limiti.”
Il legislatore europeo impone quindi agli Stati membri di adottare meccanismi di contingentamento non solo dei tassi di interesse applicati al finanziamento, ma estende tale limitazione anche al profilo dei costi.
Relativamente ai tassi di interesse l’Italia, come noto, si è già da tempo dotata di un regime normativo e regolamentare che impedisce ai creditori di imporre tassi di interessi usurari sulla base del calcolo di indicatori statistici il cui superamento comporta sanzioni civili e penali. Poiché il considerando 71 della nuova direttiva cita espressamente i tassi usurai tra le misure adeguate a garantire i consumatori da abusi ed eccessi, è lecito ritenere, ad una prima analisi, che il nostro regime nazionale possa rientrare di buon diritto tra le misure contenitive richieste dal legislatore europeo.
Per quanto riguarda invece il profilo dei costi, il legislatore ha voluto colmare una lacuna normativa in quanto ad oggi nel diritto dell’Unione non esistono disposizioni che impediscano la concessione ai consumatori di prestiti molto costosi. Tale vuoto non è sfuggito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, quando ha trattato casi in cui il consumatore lamentava l’applicazione di costi del credito eccessivi, ha dovuto ricorrere al dettato dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Più specificamente il giudice europeo, in assenza di limiti oggettivi, si è domandato se la norma citata possa essere interpretata nel senso di ammettere la dichiarazione di abusività di una clausola contrattuale che concede all’istituto finanziatore una commissione o costi di un’entità palesemente eccessiva rispetto al valore del servizio da esso prestato[4].
La nuova direttiva, chiedendo agli Stati Membri di adottare misure contenitive del costo totale del credito, pare quindi andare incontro alle esigenze espresse dalla CGUE.
Consenso desunto
Altro aspetto innovativo della nuova direttiva è rappresentato dal divieto per i creditori e per gli intermediari del credito di poter desumere il consenso del consumatore in ordine alla conclusione di un finanziamento o all’acquisto di servizi accessori.
Tale divieto, volto anch’esso a facilitare un processo decisionale informato da parte dei consumatori, è strettamente connesso all’intensificazione degli obblighi informativi precontrattuali in capo ai creditori nonché all’ulteriore veto di concessione non sollecitata del credito. Come già anticipato, i contratti di credito e i servizi accessori dovranno essere presentati in modo chiaro e trasparente per orientare la scelta consapevole del consumatore.
Dunque, il consenso dovrà essere necessariamente espresso da un comportamento attivo ed inequivocabile con cui il contraente fornisce un’indicazione libera, specifica ed informata del suo assenso.
È pacifico, quindi, che non potrà considerarsi consenso espresso il silenzio o l’inattività del consumatore, così come la preselezione di caselle nelle opzioni predefinite, prassi oramai diffusa nella contrattazione online.
Il crowdfunding (c.d. finanziamento collettivo)
Negli ultimi anni tra i servizi di credito si è affermato il crowdfunding (c.d. finanziamento collettivo) come forma di finanziamento alternativa.
La gestione di tale servizio avviene mediante una piattaforma digitale in cui specifici progetti personali o professionali di singoli individui o piccole imprese possono essere finanziati direttamente da una moltitudine di soggetti. Appare evidente, dunque, che un prestatore di servizi tramite crowdfunding agevoli il collegamento tra potenziali erogatori di prestiti e i consumatori in cerca di un credito non generico.
Ne deriva quindi la configurazione di tali finanziamenti come forma di credito al consumo. Da qui l’esigenza di considerare i prestatori del servizio di crowdfunding quali intermediari del credito e come tali di sottoporli alle disposizioni della nuova direttiva.
Occorre evidenziare come tale forma di finanziamento non rappresenti una vera e propria novità per la normativa nazionale in quanto regolamentata sin dal D.L. n. 179/2012 (c.d. Decreto crescita bis), grazie al quale è stata introdotta la disciplina delle start up innovative, che prevedeva – inizialmente solo per esse – un sistema di finanziamento “collettivo”[5].
Diritto all’oblio oncologico
Sin dal Piano europeo di lotta contro il cancro del febbraio 2021, la Commissione Europea aveva annunciato che si sarebbe adoperata al fine garantire che gli sviluppi nei trattamenti contro il cancro e la loro maggiore efficacia si riflettessero nelle pratiche commerciali dei fornitori di servizi finanziari. Ciò al fine di assicurare l’uso di informazioni strettamente necessarie e proporzionate nel valutare le richieste di prodotti finanziari, con particolare riferimento ai contratti di credito o di prestito e alle assicurazioni ad essi connessi.
Il Parlamento dell’Unione Europea, con la risoluzione del febbraio 2022 , aveva successivamente chiesto “che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio a tutti i pazienti europei dopo dieci anni dalla fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del trattamento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età; chiede l’introduzione di norme comuni per il diritto all’oblio nel quadro delle pertinenti disposizioni sulla protezione dei consumatori del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al fine di superare la frammentazione delle pratiche nazionali nel campo della valutazione del merito di credito e garantire la parità di accesso al credito per i sopravvissuti al cancro”
La CCD II ha concretizzato i suddetti propositi stabilendo che i dati personali relativi alla diagnosi di malattie oncologiche dei consumatori non siano utilizzati ai fini di una polizza assicurativa collegata a un contratto di credito dopo un periodo di tempo stabilito dagli Stati membri, non superiore a 15 anni dalla fine delle cure mediche.
Educazione e aiuto al consumatore
La CCD II intensifica anche gli obblighi in capo ai finanziatori di promuovere l’educazione finanziaria del consumatore e di predisporre un aiuto ai consumatori in difficoltà.
Alla luce di quanto esposto è indubbio che la direttiva CCD II si presenta come un testo dalla forte valenza innovativa finalizzata, anche sulla scia dei più recenti arresti giurisprudenziali europei, ad ampliare la tutela del consumatore e a facilitare l’offerta transfrontaliera di credito al consumo.
[1] Gli articoli 23 (Modifiche del tasso debitore) e 24 (Concessione di scoperto), l’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, l’articolo 25 (Sconfinamento) , paragrafo 2, e gli articoli 28 (Contratti di credito a durata indeterminata)e 39 (Cessione di diritti) della CCD II si applicano, tuttavia, a tutti i contratti di credito a durata indeterminata in corso al 20 novembre 2026.
[2] Gli obiettivi della CCD II sono espressamente dichiarati al considerando 13 del testo approvato ove si legge: “E’ necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori dell’Unione di fruire di un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e che crei un mercato interno ben funzionante”.
[3] La Comunicazione di Banca d’Italia del 28 ottobre 2022 ha richiamato l’attenzione dei consumatori sui possibili rischi e sulle tutele riconosciute ai clienti dalla disciplina di trasparenza bancaria.
[4] In merito alla giurisprudenza della CGUE inerente al tema dei costi del credito eccessivamente elevati si rimanda alle conclusioni presentate il 22 giugno 2023 dall’Avvocato Generale nella causa C-321/22 Provident Polska
[5] Il legislatore europeo ha emesso il regolamento (UE) 2020/1503 relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per il business, modificativo del regolamento (UE) 2017/1129 e della direttiva (UE) 2019/1937, che diventerà obbligatorio per tutti gli Stati membri dall’11 novembre 2023. Nel nostro paese tale regolamento è stato attuato dal decreto legislativo del 10 marzo 2023, n. 30, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 marzo 2023, il quale ha attribuito alla Banca d’Italia e alla Consob l’esercizio dei poteri regolamentari, informativi, ispettivi e sanzionatori sui fornitori di servizi di crowdfunding, nel rispetto dei criteri della vigilanza previsti dall’art. 5 TUF.