L’Avvocato generale della Corte di Giustizia UE, M. Campos Sánchez-Bordona, ha presentato le proprie conclusioni nella causa C-52/17, in cui la Corte è chiamata a pronunciarsi su taluni aspetti della procedura di vigilanza prudenziale cui sono soggetti gli enti creditizi e le imprese di investimento ai sensi della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) e del Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR).
In tale contesto, la controversia dinanzi ai giudici nazionali verte su due questioni:
- da un lato, quale sia la natura giuridica dell’addebito di interessi agli enti che non rispettino i limiti di esposizione al rischio stabiliti dal CRR;
- dall’altro, in quali condizioni possa essere riconosciuta la sussistenza di una procedura di vigilanza pendente, ai fini dell’applicazione del regime transitorio previsto dal CRR, qualora si debba procedere a un passaggio di competenze tra la Banca centrale europea (BCE) e un’Autorità di vigilanza nazionale.
Di seguito le conclusioni.
La Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la Direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, in particolare i suoi articoli 64, 65 e 67, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella applicata nel procedimento principale, che prevede l’addebito di interessi in caso di superamento dei limiti delle grandi esposizioni di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il Regolamento (UE) n. 648/2012, anche qualora siano soddisfatte le condizioni della deroga di cui all’articolo 395, paragrafo 5, del Regolamento n. 575/2013.
L’articolo 48, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 468/14 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU), deve essere interpretato nel senso che una “procedura di vigilanza” può considerarsi “formalmente avviata” unicamente quando l’autorità competente abbia adottato una decisione espressa di avvio della medesima, e non potrà essere considerata tale la dichiarazione inviata a detta autorità da un ente finanziario.