Il presente contributo analizza le significative novità del Decreto Legislativo 30 dicembre 2023 n. 221 apportate al regime di adempimento collaborativo (Cooperative Tax Compliance).
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024 del Decreto Legislativo 30 dicembre 2023, n. 221 (di seguito, il Decreto) prende forma il “rivisitato” regime di adempimento collaborativo (Cooperative Tax Compliance, regime istituito con il Decreto n. 128/2015), che rappresenta senza dubbio una delle novità più significative della Legge Delega fiscale (Legge n. 111/2023). Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato di un efficace sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali anche in ordine alla mappatura di quelli derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Tale sistema deve anche assicurare una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali.
Il Decreto attua i principi della Legge Delega per la riforma fiscale al fine, da un lato, di promuovere e rafforzare la trasparenza e la compliance in materia fiscale e, dall’altro, di incentivare l’adozione da parte del contribuente di un sistema preventivo di controllo del rischio fiscale – Tax Control Framework (TCF), che sia in grado di intercettare preventivamente il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria, ovvero in contrasto con i principi dell’ordinamento tributario. Le linee guida per la predisposizione di tale sistema sono indicate con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Gli elementi costitutivi del regime previsti dal Decreto possono essere sintetizzati nei termini che seguono.
1. Progressiva riduzione delle soglie di accesso al regime
Il Decreto prevede la progressiva riduzione delle soglie di accesso al regime, si passa infatti da una soglia di ingresso non inferiore a 750 milioni di Euro di ricavi o volume di affari a decorrere dal 1° gennaio 2024, a 500 milioni di Euro a decorrere dal 2026, e a 100 milioni di Euro a decorrere dal 2028.
Significativo, dunque, in prospettiva l’ampliamento della platea dei soggetti beneficiari.
Sul punto, la norma introduce interessanti novità nel caso di soggetti che:
- partecipino al medesimo consolidato fiscale nazionale di un soggetto aderente al regime;
- diano esecuzione alla risposta all’istanza di interpello sui “nuovi investimenti”, di cui all’art. art. 2 del DLgs. n. 147/2015;
- partecipino ad un Gruppo IVA (i.e. i contribuenti che aderiscono al regime in commento non sono tenuti a prestare garanzia in relazione ai rimborsi IVA).
2. La certificazione del sistema di controllo del rischio fiscale
Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale deve essere certificato, anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili, da professionisti indipendenti già in possesso di una specifica professionalità iscritti all’Albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili (cfr. comma 1-bis, art. 4, Decreto n. 128/2015).
3. I benefici (i.e. premialità) connessi all’adozione di un sistema di controllo del rischio fiscale
Interessanti le novità sul fronte delle premialità.
Fuori dai casi di violazioni fiscali caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente, non si applicano sanzioni amministrative al contribuente che aderisce al regime e che, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali ovvero prima del decorso delle relative scadenze fiscali, comunica in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle Entrate i rischi fiscali, tramite l’interpello. Quando il Contribuente adotti una condotta riconducibile a un rischio fiscale non significativo ricompreso nella mappa dei rischi le sanzioni amministrative sono ridotte della metà, e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale; la loro riscossione è in ogni caso sospesa fino alla definitività dell’accertamento.
Sul versante penale, il Decreto prevede che non sono punibili le condotte riconducibili ai reati di dichiarazione infedele (cfr. art. 4, DLgs. n. 74/2000) dipendenti da rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi, comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle Entrate tramite interpello, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali ovvero prima del decorso delle relative scadenze fiscali.
Inoltre, il Decreto riduce di due anni il periodo di accertamento nei confronti dei contribuenti che applicano un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali certificato, ed inoltre è prevista la riduzione dei termini di accertamento di un ulteriore anno qualora sia rilasciata al contribuente la certificazione tributaria (di cui all’art. 36, DLgs. n. 241/1997) in cui si attesta la corretta applicazione delle norme tributarie sostanziali.
4. Il regime opzionale di Tax Control Framework per le imprese di minori dimensioni
Il Decreto introduce un regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale riservato ai contribuenti che non possiedono i requisiti per aderire al regime di adempimento collaborativo. L’opzione ha effetto dall’inizio del periodo di imposta in cui è esercitata, ha una durata di due periodi di imposta ed è irrevocabile. Al termine di tale periodo, l’opzione si intende tacitamente rinnovata per altri due periodi di imposta, salvo espressa revoca.
Anche in tale ipotesi, sono previste delle premialità (i.e. riduzione delle sanzioni ad un terzo, e non punibilità per il reato di dichiarazione infedele).