L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 479/2023, ha chiarito in quali casi si possa avvalersi del diritto alla detrazione IVA, della quale erroneamente la società non ha usufruito, in quanto per errore riversata all’A.d.E. a mezzo di ravvedimento operoso.
Nel caso affrontato nell’interpello, la società aveva errato nell’inserimento di tre fatture (congiuntamente ad altre) in un’istanza di ravvedimento operoso, in relazione alle quali riteneva per errore di non aver diritto alla detrazione: aveva dunque posto in essere un erroneo ravvedimento operoso, riversando all’A.d.E., in eccesso, l’IVA (indebitamente) detratta, e non includendo le predette fatture nella propria dichiarazione mod. IVA.
La società ha chiesto dunque all’Agenzia delle Entrate se, e come, avrebbe potuto recuperare l’IVA indebitamente riversata e non detratta.
Secondo l’A.d.E., l’art. 19, c. 1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) stabilisce che «Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo».
Pertanto, con circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E, l’A.d.E. ricorda che aveva già chiarito che il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione:
- dell’avvenuta esigibilità dell’imposta;
- del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del menzionato d.P.R. n. 633.
Da tale momento dunque il soggetto passivo può operare, previa registrazione della fattura secondo le modalità previste dall’art. 25, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi.
Tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti e con riferimento al medesimo anno.
L’effettività del diritto alla detrazione dell’imposta è garantito dalla dichiarazione integrativa di cui all’art. 8, c. 6 bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 (c.d. dichiarazione integrativa a favore), con la quale è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, come nel caso oggetto di interpello, di una minore eccedenza detraibile.
Così, il soggetto passivo che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, può recuperare l’imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa di cui all’art. 8, c. 6 bis, D.P.R. n. 322 del 1998, non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 (vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).
Pertanto, è ammessa la possibilità di ricorrere all’istituto della dichiarazione integrativa nell’ipotesi in cui, per mero errore, il contribuente beneficiario del diritto alla detrazione, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto, abbia omesso di esercitare tale facoltà tempestivamente.
Nel caso oggetto di interpello, in conclusione, sarà possibile ”integrare”, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto IVA, l’originaria dichiarazione presentata, senza versare alcuna sanzione in presenza di fatture di acquisto regolari e ritualmente registrate.