L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 14/2024, ha fornito chiarimenti in merito alla spettanza di crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, disciplinato dall’art. 1, commi da 1051 a 1063, della L. n. 178/2020 (”Credito d’imposta 4.0”).
In particolare, il dubbio interpretativo rilevato dall’Istante riguarda l’ipotesi di esclusione dal Credito d’imposta 4.0 per i beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, di cui all’art. 1, c. 1053.
Secondo l’Agenzia, non vi è dubbio che l’esclusione dalla fruizione di crediti d’imposta operi al ricorrere (congiunto) di tutte le condizioni ivi indicate nel citato comma 1053.
Il legislatore non ha infatti inteso ricondurre a un unico settore le attività di ”raccolta” e di ”smaltimento” dei rifiuti (separatamente definite sulla base della legislazione di settore), al fine (specifico) di limitare l’esclusione prevista dal comma 1053 esclusivamente ai soggetti che esercitano entrambe le attività.
Ragionando a contrario, secondo l’Agenzia, si determinerebbe, di fatto, la conseguenza che il Credito d’imposta 4.0 risulterebbe fruibile da parte dei soggetti che, pur operando nel medesimo ambito, svolgono solo l’attività di ”smaltimento” o solo quella di ”raccolta”: ciò comporterebbe che, a seconda delle concrete modalità di individuazione dell’attività oggetto di concessione (solo l’una o l’altra o entrambe) da parte dell’ente condente, il concessionario potrà o meno fruire del credito d’imposta in questione.
Pertanto, la circostanza che la Società svolga esclusivamente l’attività di ”smaltimento” dei rifiuti (e non anche quella di ”raccolta” degli stessi) non è ostativa alla possibilità che la stessa Società sia esclusa dalla fruizione del credito d’imposta in parola.
Inoltre, l’Agenzia ritiene che l’effettuazione di investimenti (come quelli effettuati dalla Società in relazione all’attività concernente lo smaltimento dei rifiuti speciali) non obbligatori e relativi a un’attività il cui corrispettivo ottenuto dal concessionario (non costituito da un prezzo fissato dall’ente concedente o regolamentato, ma determinato a seguito di libera trattativa tra le parti), non integra i presupposti per la sussistenza di imprese operanti in concessione e a tariffa, come richiesto dal comma 1053.
L’Agenzia riporta inoltre quanto chiarito nel proprio principio di diritto n. 7 del 2023 per cui:
“il riferimento testuale alle imprese operanti ”in concessione” e ”a tariffa” va interpretato tenendo conto dell’evoluzione nel tempo delle modalità di affidamento dei servizi da parte degli enti pubblici ai privati. Per identificare il perimetro delle suddette ”imprese operanti in concessione e a tariffa” nei settori menzionati nel citato comma 1053, pertanto, occorre valorizzare la ratio dell’agevolazione e non solo il tenore letterale della norma. La finalità del credito qui in esame è quella di incentivare l’effettuazione di nuovi investimenti, che altrimenti l’impresa non intraprenderebbe o intraprenderebbe in misura minore, da parte dei soggetti che sopportano i rischi degli investimenti stessi. Pertanto, coerentemente alla suddetta ratio e alle norme che rilevano ai fini in esame, non possono essere considerate destinatarie del credito d’imposta le imprese ”concessionarie” (in senso lato) dei servizi di cui al comma 1053 quando: (i) l’effettuazione degli investimenti costituisce un adempimento degli obblighi assunti nei confronti dell’ente pubblico concedente; (ii) sono previsti meccanismi (sub specie di adeguamento del corrispettivo del servizio fornito, comunque denominato, e/o contribuzione del soggetto concedente) che sterilizzano il rischio economico dell’investimento nei beni strumentali nuovi”.
Tale principio chiarisce che, per identificare il perimetro delle suddette «imprese operanti in concessione e a tariffa» nei settori menzionati nel citato comma 1053, occorre, da un lato, che gli investimenti effettuati costituiscano un adempimento degli obblighi assunti nei confronti dell’ente pubblico concedente e, da un altro lato, che siano previsti meccanismi che sterilizzino il rischio economico dell’investimento nei beni strumentali nuovi.
Posto che l’investimento oggetto di interpello è stato effettuato, come rileva la stessa Società istante, in attuazione degli obblighi previsti dal PEF, la circostanza che un sistema tariffario sia entrato in vigore nell’esercizio successivo a quello in cui sono stati effettuati gli investimenti rilevanti ai fini del Credito d’imposta 4.0, non impedisce l’operare dell’esclusione prevista dal comma 1053.
Infatti, ai fini di tale esclusione occorre verificare in concreto se la tariffa applicata preveda meccanismi (sub specie di adeguamento del corrispettivo del servizio fornito, e/o contribuzione del soggetto concedente) che sterilizzano il rischio economico dell’investimento nei beni strumentali nuovi.
L’Agenzia, tuttavia, nel caso di specie, ritiene non ricorrere alcun meccanismo di sterilizzazione del rischio economico dell’investimento nel bene nuovo in questione, come indicato nel richiamato principio di diritto n. 7.