Con sentenza dell’8 settembre 2023, il Tribunale di Milano (Pres. Rel. Simonetti) ha chiarito che il rappresentante comune degli obbligazionisti non è legittimato ad impugnare le deliberazioni dell’assemblea dei soci per vizi di annullabilità.
Infatti, l’art. 2377 C.c. attribuisce ai soci la legittimazione ad impugnare le delibere deducendo vizi di annullabilità: mancando una disposizione legislativa che preveda tale facoltà a favore degli obbligazionisti, deve escludersi che il loro rappresentante comune possa impugnare le delibere assembleari viziate.
Peraltro, il Tribunale (non solo ha ritenuto carente la legittimazione ad impugnare del rappresentante comune, ma anche) ha ritenuto infondati i motivi di impugnazione.
Il rappresentante comune aveva lamentato la tardiva trasmissione dell’avviso di convocazione assembleare (aggravata dalla mancata messa a disposizione del medesimo di ogni documentazione), nonché il diniego di esercitare il proprio diritto di intervento.
Il Tribunale ha chiarito che il termine di convocazione è posto specificatamente nell’interesse dei soci, affinché possano intervenire ed eventualmente informarsi sulle materie all’ordine del giorno.
Ciò in quanto sussiste un rapporto di strumentalità tra diritto di intervento e diritto di voto, espresso dall’art. 2370, comma 1, C.c., ai sensi del quale “Possono intervenire all’assemblea coloro ai quali spetta il diritto di voto”. Il nostro ordinamento riconosce al rappresentante comune degli obbligazionisti, ex art 2418 c.c., esclusivamente “il più contenuto e differente diritto di assistere ai lavori dell’assemblea, essendogli concessa una facoltà di tribuna senza facoltà di pretendere di svolgere interventi in senso proprio”.
Il diniego prestato dal presidente dell’assemblea alla richiesta di intervento avanzata dal rappresentante comune non integra – dunque – vizio di legittimità della delibera.