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Giurisprudenza

Contratto quadro: nullo se sottoscritto da uno solo dei cointestatari

22 Aprile 2024

Cassazione Civile, Sez. I, 8 aprile 2024, n. 9331 – Pres. Marulli, Rel. Lamorgese

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9331 dell’8 aprile 2024, si è pronunciata in materia di nullità del contratto di intermediazione finanziaria (contratto quadro) sottoscritto da uno solo dei due cointestatari del conto corrente (che funge da provvista per le operazioni di investimento finanziario).

La Corte, in particolare, affronta il tema della nullità del contratto quadro e delle successive operazioni negoziali compiute (di investimento in strumenti finanziari) non tanto nei confronti del cointestatario del conto corrente che non aveva siglato il contratto quadro, ma nei confronti di quello la cui firma risultava in realtà correttamente apposta.

Nel caso di specie, infatti, uno dei due coniugi cointestatari del conto aveva siglato il contratto quadro di investimento; l’altro coniuge, invece, non aveva apposto alcuna firma valida (risultata apocrifa in corso di causa): la questione affrontata dalla Corte, pertanto, concerneva l’invalidità dell’intero contratto di investimento, in relazione ad entrambi i cointestatari, e non della sola parte relativa all’apposizione della firma apocrifa.

Questo il principio di diritto espresso dalla S.C.:

in tema di intermediazione finanziaria, il contratto-quadro sottoscritto da uno solo dei due investitori è nullo per difetto di forma scritta, ai sensi dell’art. 23 t.u.f., con conseguente travolgimento degli ordini di acquisto nei confronti di entrambi, senza necessità di valutare se la partecipazione dell’altro (la cui sottoscrizione nella specie è risultata apocrifa) sia stata essenziale, non essendo il contratto in questione qualificabile come plurilaterale, ai sensi dell’art. 1420 c.c., ma come contratto bilaterale con parte soggettivamente complessa.

La Corte di merito aveva infatti ritenuto che la nullità riguardante una sola parte del contratto di intermediazione finanziaria (in quanto siglato solo da uno dei due cointestatari del conto) non ne implicasse la nullità nella sua interezza, avendo escluso l’essenzialità della partecipazione dell’altro cointestatario al contratto, inteso come plurilaterale, ai sensi dell’art. 1420 c.c.

Per la Cassazione, tuttavia, tale orientamento non è condivisibile, in quanto il richiamo all’art. 1420 c.c. non è pertinente rispetto al contratto in questione che, seppur stipulato da più investitori con la banca, non è qualificabile come “contratto plurilaterale”, bensì come contratto di scambio senza “uno scopo comune”.

La S.C. ricorda che ciò che caratterizza la categoria dei contratti plurilaterali, a cui deve essere applicata la disciplina prevista dall’art. 1420 c.c., non è infatti il numero dei partecipanti maggiore di due, ma l’essere le prestazioni di ciascuno di essi dirette al conseguimento di uno scopo comune, per modo che i contratti stessi mettano capo al conseguimento di uno scopo comune o alla costituzione e organizzazione di una comunione di interessi (Cass. n. 4715/1978, n. 3572/1972, SU n. 2830/1966, n. 1292/1965).

Ciò non si verifica, per la Corte, nel contratto di intermediazione finanziaria.

Inoltre, la facoltà degli intestatari del conto corrente di compiere operazioni anche separatamente (art. 1854 c.c.), non rende le operazioni compiute da uno solo dei due cointestatari, in forza del contratto quadro da lui sottoscritto, valide e vincolanti per entrambi.

Tale facoltà, infatti, non può essere presunta per il sol fatto che il conto risulti intestato a più persone ma dev’essere rigorosamente dimostrata da chi vi abbia interesse, poiché, in mancanza, le singole operazioni individuali non sono efficaci se non attuate con il consenso, che non può essere presunto, di tutti i cointestatari (Cass. n. 7110/2017, n. 16671/2012.

La Cassazione, conformemente ad un principio già espresso dalla stessa corte nel 2017, afferma dunque che la cointestazione del conto che funga da provvista per operazioni di investimento finanziario non esplica nessuna efficacia rispetto all’emissione dei relativi ordini di investimento, che sono governati dal contratto-quadro stipulato tra la banca e uno dei cointestatari: pertanto, l’abilitazione di uno degli intestatari ad operare disgiuntamente sul conto con efficacia vincolante per sé e per l’altro intestatario è limitata alle operazioni di prelievo sul conto, ma non si riferisce alle successive operazioni e iniziative negoziali realizzate tramite l’utilizzo delle somme prelevate.

In conclusione, secondo la Corte, se il rapporto relativo all’investimento in strumenti finanziari è retto – come nel caso di specie – da un unico contratto-quadro, sottoscritto però solo da uno dei due stipulanti, esso è nullo (nella sua interezza) per difetto di forma scritta, con conseguente travolgimento integrale degli ordini di acquisto per entrambi i correntisti cointestatari, ovvero anche per colui la cui firma risultava correttamente apposta.

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