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Attualità

Sanzioni armonizzate per la violazione delle misure restrittive UE

5 Giugno 2024

Giovanni Morgese, Managing Associate, LCA Studio Legale

Carmen Papaleo, Associate, LCA Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le disposizioni della nuova Direttiva UE 2024/1226 relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione europea, soffermandosi sul quadro normativo nazionale attualmente in vigore e sulle prospettive di riforma.


Con la Direttiva (UE) 2024/1226 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024, il legislatore europeo ha stabilito norme minime relative alla definizione dei reati (e del relativo regime sanzionatorio) in caso di violazione delle misure restrittive dell’Unione europea.

Nell’ottica di garantire l’effettiva applicazione delle misure adottate a livello unionale, la Direttiva impone agli Stati membri la previsione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da applicare in caso di violazione o elusione di tali misure.

Per vero, già nel 2022, il Consiglio dell’Unione europea, con la Decisione (UE) 2022/2332, aveva ricondotto all’ambito delle sfere di criminalità” rilevanti ai sensi dell’art. 83 TFUE, anche la violazione delle misure restrittive dell’Unione europea.

Il percorso è stato completato con l’approvazione della Direttiva 2024/1226 che ha introdotto tra i cd. “reati europei” la violazione delle misure restrittive dell’UE, quali quelle recentemente adottate nei confronti di Russia e Bielorussia[1].

Se fino ad oggi, quindi, la scelta di criminalizzare tali violazioni era rimessa ai Parlamenti nazionali, con l’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2024/1226, gli Stati membri sono chiamati, entro il 20 maggio 2025, ad adeguare gli ordinamenti nazionali prevedendo specifiche sanzioni, anche penali, a carico di persone fisiche e giuridiche.

1. Il quadro normativo attuale: il sistema sanzionatorio delineato dal D. Lgs. n. 221/2017

La violazione della normativa europea in materia di misure restrittive è presidiata, a livello nazionale, da sanzioni di natura penale e amministrativa.

Il riferimento, in particolare, è alle disposizioni di cui al D. Lgs. 15 dicembre 2017, n. 221 di “adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della normativa europea ai fini del riordino e della semplificazione delle procedure di autorizzazione all’esportazione di prodotti e di tecnologie a duplice uso e dell’applicazione delle sanzioni in materia di embarghi commerciali, nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti”, da ultimo modificato dal D.L. n. 13 giugno 2023, n. 69 (convertito dalla L. 10 agosto 2023, n. 103).

Più precisamente, occorre fare riferimento agli artt. 18, 19 e 20 del D. Lgs. n. 221/2017, che prevedono specifiche sanzioni per la violazione delle disposizioni di cui alle seguenti fonti normative:

  1. Regolamento (UE) 2021/821 (già Regolamento (CE) n. 428/2009 del 5 maggio 2009) che istituisce un regime dell’Unione di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso (cd. “Regolamento Dual Use”);
  2. Regolamento (UE) 2019/125 relativo al commercio di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (cd. “Regolamento Anti-Tortura”);
  3. Regolamenti (UE) del Consiglio adottati a norma dell’art. 215 TFUE relativi a misure restrittive nei confronti di Paesi terzi soggetti a embargo commerciale: in tale macrocategoria rientrano, ad esempio, il Regolamento (UE) 2014/833, il Regolamento (UE) 2014/269 e il Regolamento (UE) 2014/692.

Con specifico riferimento alla violazione degli obblighi imposti dal Regolamento Dual Use, l’art. 18 D. Lgs. n. 221/2017 prevede le seguenti sanzioni:

  • reclusione fino a sei anni e multa da 25.000 a 250.000 euro, in caso di operazioni di esportazione, transito e trasferimento all’interno dell’UE, di prodotti a duplice uso (listati e non), servizi di intermediazione o assistenza tecnica relativa agli stessi prodotti, senza la relativa autorizzazione, o con l’autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni o documentazione false (comma 1);
  • reclusione fino a quattro anni e multa da 15.000 a 150.000 euro, in caso di operazioni di movimentazione e prestazione di servizi di intermediazione o assistenza tecnica in difformità dagli obblighi prescritti dalla relativa autorizzazione (comma 2);
  • arresto fino a due anni e ammenda da 15.000 a 90.000 euro, in caso di violazione degli obblighi informativi all’Autorità competente[2] (comma 3);
  • sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 90.000 euro, in caso di i) omessa comunicazione all’Autorità competente dell’intervenuta variazione dei dati e delle informazioni contenuti nella domanda di autorizzazione; ii) violazione degli obblighi di tenuta, conservazione ed esibizione della documentazione relativa alle operazioni effettuate o ai servizi resi; iii) violazione degli obblighi in materia di reportistica all’Autorità competente delle operazioni effettuate in regime di autorizzazione globale individuale, di autorizzazione generale dell’Unione europea e di autorizzazione generale nazionale[3]; iv) mancata presentazione dei documenti richiesti dall’Autorità competente[4] (comma 4).

La violazione dei divieti contenuti nei Regolamenti concernenti misure restrittive è, invece, punita ai sensi dell’art. 20 D. Lgs. n. 221/2017, con le seguenti sanzioni:

  • reclusione fino a sei anni, in caso di i) operazioni di esportazione o importazione di prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali; ii) prestazioni di servizi di qualsiasi natura soggetti a misure restrittive unionali; iii) partecipazione a procedure per l’affidamento di contratti di appalto pubblico o di concessione soggetti a misure restrittive unionali o esecuzione di tali contratti (comma 1);
  • reclusione fino a sei anni e multa da 25.000 a 250.000 euro, in caso di operazioni precedentemente indicate senza la prescritta autorizzazione, ovvero con autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni o documentazione false (comma 2);
  • reclusione fino a quattro anni e multa da 15.000 a 150.000 euro, in caso di operazioni precedentemente indicate in difformità dagli obblighi prescritti dalla relativa autorizzazione (comma 3);
  • sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 90.000 euro in caso di i) omessa comunicazione all’Autorità competente delle variazioni dei dati e delle informazioni contenuti nella domanda di autorizzazione; ii) mancata conservazione della documentazione relativa alle operazioni effettuate in regime di autorizzazione specifica individuale presso la propria sede legale, per un periodo non inferiore a cinque anni a decorrere dalla fine dell’anno nel quale le operazioni hanno avuto luogo; iii) mancata presentazione dei documenti richiesti dall’Autorità competente a norma dell’art. 17, comma 2 (comma 3-bis).

Da ultimo, l’art. 21-bis D. Lgs. n. 221/2007 prevede, in caso di condanna o di applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p., la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere i reati di cui agli artt. 18, commi 1 e 2, 19, commi 1 e 2, o 20, commi 1 e 2, D. Lgs. n. 221/2017, nonché delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.

Nell’ipotesi in cui non sia possibile procedere alla confisca diretta, è disposta la confisca di altre somme di denaro, di beni e di altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona.

2. Le previsioni della Direttiva (UE) 2024/1226

La Direttiva (UE) 2024/1226 impone la criminalizzazione di una serie di condotte commesse con dolo o realizzate, in alcune ipotesi, per grave negligenza, fissando i livelli minimi per il trattamento sanzionatorio, nonché stabilendo circostanze attenuanti e aggravanti.

Gli Stati membri dovranno in particolare qualificare come reato (ed assoggettare quindi a sanzione penale) le violazioni dolose di un divieto o di un obbligo che stabilisce una misura restrittiva dell’Unione, tra cui:

  • mettere direttamente o indirettamente a disposizione di un soggetto, un’entità o un organismo destinatario di misure restrittive UE, fondi o risorse economiche;
  • omettere di congelare fondi o risorse economiche a vario titolo riferibili ad un soggetto, un’entità o un organismo destinatario di misure restrittive UE;
  • consentire a persone fisiche l’ingresso o il transito nel territorio di uno Stato membro, in violazione di un divieto imposto da misure restrittive UE;
  • concludere operazioni con un Paese terzo, organismi o entità di un Paese terzo, compresa l’esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione, oggetto di divieto o restrizione;
  • commerciare, importare, esportare, vendere, acquistare, trasferire, far transitare o trasportare beni oggetto delle misure restrittive UE, nonché fornire servizi di intermediazione, assistenza tecnica o altri servizi connessi a tali beni;
  • prestare servizi finanziari o di altra natura vietati o limitati in base alle misure restrittive UE;
  • violare o non rispettare le condizioni previste dalle autorizzazioni rilasciate dalle Autorità competenti in materia;
  • eludere una misura restrittiva dell’Unione, ad esempio, occultando fondi o risorse economiche che dovrebbero essere congelati in virtù di misure restrittive o comunicando informazioni false o fuorvianti per nascondere che un soggetto sia il titolare effettivo o il beneficiario finale di fondi o di risorse economiche che dovrebbero essere congelati in base a misure restrittive.

La Direttiva impone, poi, la criminalizzazione delle condotte di commercializzazione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di beni, nonché di fornitura di servizi di intermediazione, assistenza tecnica o altri servizi non soltanto a titolo doloso ma anche per grave negligenza, quantomeno in relazione a beni che rientrano nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea o a prodotti a duplice uso di cui agli allegati I e IV del Regolamento (UE) 2021/821.

È, inoltre, prevista la punibilità delle condotte di istigazione, favoreggiamento, concorso e, in alcuni casi, anche del tentativo; di contro, è rimessa alla decisione dei singoli Stati membri la facoltà di non criminalizzare le violazioni delle misure restrittive UE che si riferiscono a beni, servizi, fondi, transazioni o risorse economiche con valore inferiore a 10.000 euro.

Da ultimo, il legislatore europeo richiede agli Stati membri di prevedere, accanto alla responsabilità delle persone fisiche, la responsabilità delle persone giuridiche per i reati connessi alla violazione delle misure restrittive UE che siano stati commessi a loro vantaggio da soggetti apicali, nonché da persone soggette all’autorità di questi ultimi, qualora la mancata supervisione o il mancato controllo abbia reso possibile la commissione del reato[5].

Alle persone giuridiche saranno applicabili, oltre a sanzioni pecuniarie proporzionate al fatturato dell’ente, specifiche sanzioni interdittive, tra cui l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico, l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici o l’interdizione da un’attività commerciale.

3. Prospettive di riforma

Come anticipato, l’Italia, al pari degli altri Stati membri, dovrà adeguarsi alle indicazioni del legislatore europeo entro il 20 maggio 2025.

Invero, l’ordinamento italiano già oggi qualifica come “reato”, secondo le disposizioni di cui artt. 18 e ss., D. Lgs. n. 221/2017, gran parte delle condotte di cui la Direttiva impone la criminalizzazione.

Nell’ottica di recepimento della Direttiva, quindi, è probabile che il legislatore italiano si limiti ad adeguare alle previsioni europee le disposizioni del D. Lgs. n. 221/2017.

La vera novità sarà costituita dall’introduzione della responsabilità delle persone giuridiche per la violazione e l’elusione delle misure restrittive UE: attualmente, infatti, soltanto le persone fisiche possono essere chiamate a rispondere delle violazioni di tali misure ai sensi del D. Lgs. n. 221/2017.

Con tutta probabilità, il legislatore nazionale interverrà sulle disposizioni del D. Lgs. n. 231/2001 che disciplina la responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da soggetti in posizione apicale o da soggetti sottoposti a direzione o vigilanza di questi ultimi.

È verosimile che i reati collegati alla violazione delle misure restrittive UE vengano inseriti all’interno del catalogo dei reati presupposto di cui al D. Lgs. n. 231/2001 che comportano la responsabilità dei soggetti collettivi.

A fronte delle modifiche legislative, le imprese saranno chiamate ad implementare (o adeguare, se già esistente) il sistema di compliance, con specifico riferimento al Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di cui al D. Lgs. n. 231/2001, per mitigare il rischio di eventuali sanzioni pecuniarie ed interdittive.

In particolare, sarà necessaria l’individuazione dei processi aziendali maggiormente sensibili (quali operazioni di import/export, gestione dei pagamenti, approvvigionamento e fornitura di beni e servizi) nonché la definizione di principi di controllo e di comportamento ad hoc al fine di prevenire il rischio di commissione dei nuovi reati.

 

[1] Il riferimento è al Regolamento (UE) 2014/833 in materia di misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, il Regolamento (UE) 2014/269 in materia di misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e il Regolamento (UE) 2014/692 in materia di restrizioni all’importazione nell’Unione di merci originarie della Crimea o Sebastopoli in risposta all’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli, recentemente modificati.

[2] Segnatamente, per la violazione degli artt. 4, paragrafo 2, 5, paragrafo 2, 6, paragrafo 2, e 8, paragrafo 2, del regolamento Dual Use, nonché dell’art. 9, comma 7, D. Lgs. n. 221/2017.

[3] Stabiliti rispettivamente dagli art. 11, comma 6, 12, comma 4 e 13, comma 5, D. Lgs. n. 221/2017.

[4] Secondo il disposto dell’art. 17, comma 2, D. Lgs. n. 221/2017.

[5] Ai sensi dell’art. 6 Direttiva (UE) 1226/2024, “1. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui agli articoli 3 e 4 quando siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica interessata, individualmente o in quanto parte di un organo di tale persona giuridica, in virtù: a) del potere di rappresentanza della persona giuridica; b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o c) del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.

2. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili qualora la mancata supervisione o il mancato controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di un reato di cui all’articolo 3, paragrafo 4, a vantaggio di tale persona giuridica”.

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