L’Agenzia delle Entrate emetteva, nei confronti di una società estinta due anni prima, un avviso di accertamento IRES, IRAP, IVA per il periodo d’imposta 2004.
L’ex liquidatore (nonché ex socio) procedeva, nel 2009, con la definizione con adesione dell’accertamento in parola, impegnandosi al versamento del dovuto in 12 rate.
Dopo avere pagato le prime cinque rate, il contribuente presentava istanza di revoca e/o annullamento dell’accordo, adducendo il proprio difetto di legittimazione a prestare adesione, in quanto la società, all’atto della definizione, risultava estinta e cancellata dal registro delle imprese da oltre tre anni.
L’istanza veniva tuttavia rigettata e l’ex liquidatore della società impugnava il diniego innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente, che accoglieva il ricorso.
La pronuncia veniva poi confermata dalla C.T.R., che rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate osservando come, poiché ai sensi dell’art. 2495 cod. civ la società si estingue con la cancellazione dal registro delle imprese, l’avviso di accertamento dovesse giudicarsi inefficace, e l’ex liquidatore della società estinta, ormai privo di rappresentanza, non potesse considerarsi legittimato a definire con adesione l’accertamento, in nome e per conto dell’ente collettivo, non più esistente.
L’Agenzia delle Entrate proponeva pertanto ricorso per la cassazione della pronuncia, adducendo tre motivi.
La società estinta, in persona dell’ex socio ed ex liquidatore e quest’ultimo, in proprio, resistevano con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., dell’art. 36 D.P.R. 602/1973 e dell’art. 65 ultimo comma del D.P.R. n. 600/1973, per non avere considerato anzitutto che le obbligazioni della società estinta si trasferiscono ai soci.
Inoltre, riteneva potesse comunque ravvisarsi un interesse per il creditore a proseguire il giudizio nei confronti dei soci, nonostante la limitazione della responsabilità, ad esempio in funzione dell’escussione di garanzia.
Quanto alla posizione del liquidatore, ribadiva che quest’ultimo è destinatario di specifica responsabilità, come definita dalle menzionate disposizioni ritenute violate (il medesimo articolo 2495 del c.c. e l’articolo 36, d.P.R. 602/1973.).
Questi, anche nella sua qualità di socio, doveva intendersi legittimato alla definizione dell’accertamento con adesione dei debiti tributari, in quanto incidenti sulla sfera giuridica della società.
Infine, dovendosi, ai sensi dell’art. 65, D.P.R. n. 600/1973, ravvisare una analogia tra la morte della persona fisica e l’estinzione della società, come riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, l’Amministrazione finanziaria deve intendersi legittimata a mantenere l’intestazione dell’avviso alla società estinta, notificandolo nell’ultima sede dell’ente collettivo.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., dell’art. 36 D.P.R. 602/1973 e dell’art. 65 ultimo comma del D.P.R. n. 600/1973, dovendosi ritenere che, in conformità della giurisprudenza di legittimità, continuando la società ad operare dopo essere stata cancellata dal registro delle imprese, si configurasse un’ipotesi di cancellazione della cancellazione dell’ente medesimo.
Infatti, a parere dell’Agenzia delle Entrate, se si esclude che il socio abbia definito l’accertamento nel proprio interesse, allora si deve concludere che l’adesione sia stata promossa dal liquidatore “per conto e nell’interesse” della società, in contrasto con la volontà di estinzione.
Infine, l’Agenzia delle Entrate ha censurato la sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione dell’art. 2, comma 3 del D.Lgs. n. 218/1997.
A giudizio di parte ricorrente la CTR avrebbe infatti tralasciato che l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, cui l’opposizione al diniego di revoca/annullamento del provvedimento si ascrive, e pertanto l’azione proposta doveva giudicarsi inammissibile, ai sensi dell’art. 2, comma 3, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.
La Suprema Corte ha giudicato fondati il primo e il terzo motivo di ricorso, valorizzando il principio, già fatto proprio da altri precedenti (Cfr. Cass. 23365/2019), che individua nell’estinzione della società non la caducazione di ogni rapporto giuridico facente capo a questa, ma un fenomeno successorio nei confronti dei soci, che risponderanno dei debiti nei limiti dell’estensione della propria responsabilità sociale.
La Corte, infatti, ha enunciato i seguenti principi di diritto: “(a) è valido ed efficace l’accertamento con adesione da parte dell’ex socio e liquidatore di una società di capitali, già estinta e cancellata dal registro delle imprese in epoca anteriore all’emanazione dell’atto impositivo; (b) in materia tributaria, la definizione dell’accertamento con adesione su istanza del contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 218/1997, determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, sicché risulta normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato; (c) in tema di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, poiché avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d’impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto esse costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione che, invece, in conformità della ratio dell’istituto, deve ritenersi intangibile”.