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Attualità

La soggettività tributaria dei fondi immobiliari

19 Giugno 2024

Francesco Assegnati, Partner, CBA

Andrea Motta, CBA

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 16285 del 12 giugno 2024 che segna un’ulteriore conferma rispetto all’interpretazione favorevole alla soggettività tributaria dei fondi immobiliari.


Una recente sentenza della Cassazione in materia Iva contribuisce alla formazione dell’indirizzo a favore della soggettività tributaria dei Fondi immobiliari.

Si ricorda, sul punto, che nonostante la disciplina, anche fiscale, relativa ai Fondi di investimento alternativi immobiliari sia chiara, sebbene certamente risalente, quando sancisce la separatezza patrimoniale, ci sono ancora ampie aree di incertezza che coinvolgono le Società di Gestione del Risparmio (“SGR”) in molte fasi della vita dei Fondi.

In tal senso, la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate in questi ultimi anni, che vede la SGR responsabile delle obbligazioni tributarie dei Fondi dalla stessa gestiti, di fatto in caso di incapacità degli stessi di procedere al pagamento ovvero nel caso di richieste pervenute una volta terminato il periodo di gestione (sostituzione del gestore ovvero liquidazione), sostanzialmente vanifica il criterio dell’autonomia patrimoniale, violando, inoltre, il principio di capacità contributiva, e conseguentemente incidendo in modo determinante sia sulla prassi operativa dei Fondi sia sulle implicazioni di carattere patrimoniale a danno dei gestori.

Infatti, è bene chiarirlo fin da subito, la normativa di riferimento, a dispetto della sua sintetica chiarezza, non sembra essere evidentemente risolutiva, quando, all’art. 36, comma 6, del TUF, dispone il ben noto principio per cui delle obbligazioni contratte per conto del fondo la SGR risponde esclusivamente con il patrimonio dello stesso.

Il principio risulterebbe relativamente chiaro se non fosse sistematicamente disatteso per contraddittorie (sebbene rilevanti) interpretazioni giurisprudenziali, per erronea prassi dell’amministrazione finanziaria, e, determinante per la materia che qui si tratta, per il fatto che il Fondo, non potendo essere centro di imputazioni giuridiche, non assumerebbe mai, di fatto, la natura di debitore, rinviando “esclusivamente” alla SGR le obbligazioni contratte in nome del Fondo, che risulterebbero invece da soddisfarsi con il patrimonio dello stesso secondo le citate previsioni normative.

Le considerazioni che precedono, si ripete, hanno una rilevante importanza per le SGR, sia nella fase di gestione dei Fondi, sia come nel caso in esame qualora sopravvengano passività successivamente alla sostituzione del gestore, o, ancora peggio, dopo la liquidazione dei Fondi stessi.

Proprio con riferimento al caso di sopravvenute passività tributarie in seguito alla liquidazione di un Fondo, la sentenza della Cassazione n. 16285 del 12 giugno 2024, di cui al presente articolo, esamina la contestazione mossa da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una SGR nell’ambito della operatività di un FIA immobiliare di diritto italiano dalla stessa in precedenza gestito, per operazioni oggettivamente inesistenti riferibili ad acquisti di immobili ed alla conseguente indetraibilità dell’Iva.

L’appello della SGR avverso tale contestazione è stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, e il successivo appello promosso dall’Agenzia delle Entrate rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che ha osservato, inter alia, che (a) ai sensi di legge “il fondo comune (era) un patrimonio autonomo e distinto dalla società di gestione e da ogni partecipante, (b) tale circostanza incideva sulla soggettività passiva ai fini tributari, nel senso che la società di gestione non poteva essere chiamata a rispondere dei debiti tributari facenti capo al” FIA.

L’Agenzia delle Entrate tra i motivi di ricorso oggetto di decisione da parte della Corte di Cassazione, deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.L. 351/2001[1], per avere la Commissione Regionale Tributaria erroneamente escluso la soggettività passiva ai fini Iva del gestore del FIA, nei cui confronti, pertanto l’Agenzia delle Entrate ha correttamente rivolto le sue pretese.

I giudici di legittimità sono stati, quindi, qui chiamati, ad esaminare il principio di diritto e precisamente se la SGR possa essere qualificata quale debitore Iva ai sensi dell’art. 17 del DPR 633/1972 con riferimento ai debiti tributari del fondo dalla stessa gestito, ed hanno deciso che la soluzione formalistica, oggetto di precedenti sentenze non è applicabile al caso in esame, enunciando il principio di diritto che “in caso di estinzione di un fondo comune di investimento, non è configurabile una diretta responsabilità della società di gestione del risparmio che ha amministrato detto fondo, con riferimento al mancato pagamento dell’Iva, salvo che l’Agenzia delle Entrate non faccia valere un autonomo titolo di responsabilità. Ne consegue che la SGR non risponde con il proprio patrimonio, in via sussidiaria o solidale, degli eventuali debiti Iva gravanti sul fondo comune estinto dalla stessa amministrato”.

La Sentenza n. 16285/2024 è di certo interesse in quanto la stessa analizza anche quanto concluso da una precedente sentenza, ma “contraria”, della stessa Cassazione (Sent. n. 7116/2023[2]) con riferimento ad una contestazione in materia di IMU, che vedeva un gestore ricorrere avverso la richiesta di pagamento a lui rivolta atteso che la notifica della stessa avveniva solo dopo che il fondo era stato messo in liquidazione ritenendo, quindi di non aver più alcun potere di gestione del patrimonio del fondo, sanciva la questione della soggettività passiva della società di gestione di un fondo comune di investimento immobiliare, dando ragione alla tesi dell’Agenzia delle Entrate.

Quanto precede constatando l’impossibilità di attribuire una soggettività giuridica ai fondi comuni di investimento, quindi concludendo per la non configurabilità degli stessi come autonomi soggetto di diritto, in ragione dell’assenza di una struttura organizzativa minima, di rilevanza anche esterna. Assenza che impone alla SGR di eseguire tutti gli adempimenti fiscali formali e sostanziali.

In sintesi e secondo questa tesi, non potendosi ammettere l’esistenza di un patrimonio privo di titolare, “la soluzione che meglio risponde alle esigenze sottese alla costituzione dei fondi comuni d’investimento resta quella che ravvisa nel fondo un patrimonio separato”.

Ed è proprio la separazione patrimoniale, ad avviso dei giudici di cui alla Sentenza n. 7116/2023, che ben garantendo la titolarità dell’interesse sostanziale dei partecipanti, lascia la titolarità formale al soggetto gestore, che in tal senso, o meglio in virtù del suo ruolo, è tenuta al pagamento dell’IMU.

Detta tesi a parere di chi scrive ha natura meramente formalistica ed in quanto tale, mal si addice a temi più complessi come quello dell’autonomia patrimoniale dei fondi o al più importante principio della capacità contributiva.

Partendo proprio da questo aspetto, la circostanza, si ripete, che sia stata valutata la mera intestazione formale del bene al fine di attribuire al gestore la completa responsabilità tributaria non convince, ed in tal senso la sentenza della Cassazione n. 16285/2024 apre ad una opposta e più convincente interpretazione, sul solco di interpretazioni similari già a favore della tesi che qui si sostiene nonché avendo anche analizzato, in antitesi, le precedenti pronunce “contrarie”.

Il ragionamento seguito dai giudici parte dalle previsioni del diritto unionale per poi analizzare il contenuto delle previsioni di cui all’art. 8 del DL 351/2001 (cfr. nota 1), che nella tesi dell’Agenzia delle Entrate fornirebbe la base normativa per l’attribuzione alla SGR dell’obbligo di pagamento dell’Iva anche per i fatti del Fondo.

Ad avviso dei giudici di legittimità, diversamente, il succitato riferimento normativo pone la SGR, certamente nella posizione di essere il soggetto che, relativamente alle attività dei fondi in gestione, deve occuparsi degli adempimenti tributari e che può essere destinatario anche dei relativi accertamenti, ma dovendo farvi fronte unicamente con il patrimonio dei fondi stessi.

I giudici concludono indicando che, nel caso in cui si verifichi la liquidazione del Fondo, l’estinzione dello stesso nonché la cessazione del mandato gestorio rappresentano presupposti validi per il gestore al fine di opporre validamente all’Amministrazione finanziaria l’assenza di un patrimonio su cui rivalersi che, in ogni caso, non può mai essere quello di SGR, attesa la mancata configurabilità una responsabilità solidale di quest’ultima (fatte salve, per la Cassazione, diverse ed ulteriori ipotesi di responsabilità di SGR ma che, in quanto non collegate alla questione della separatezza patrimoniale con il Fondo cessato, non sono oggetto di analisi).

A parere di chi scrive, quindi, la Sentenza n. 16285/2024 in commento illustra con estrema chiarezza quali sono il corretto ruolo e le connesse responsabilità del gestore dei Fondi immobiliari, criticando, approfonditamente, l’impostazione dell’Amministrazione finanziaria (nonché di sue stesse precedenti pronunce) che su base meramente formalistica, aggrappandosi cioè all’intestazione formale degli immobili[3] o (come ben sanno gli addetti ai lavori) all’unicità della partita Iva[4], ipotizza un doppio binario che vede il patrimonio del gestore separato rispetto a quello dei Fondi ma solamente da un punto di vista civilistico e non tributario, che farebbe prevalere una responsabilità solidale (o addirittura principale, allorquando il Fondo non esistesse più) del gestore.

La sentenza, infatti, sempre nella prospettiva di chi scrive, cristallizza in modo sostanziale il criterio che “la SGR è il soggetto passivo dell’imposta sotto il profilo meramente formale, mentre sotto il profilo sostanziale a rispondere dell’imposta è il fondo comune con il proprio patrimonio autonomo, distinto da quello di SGR”.

Chiaro poi che in caso di comportamenti erronei ed infedeli da parte di SGR, il Fondo potrà rivalersi su SGR sulla base delle previsioni di legge oltre che di quelle di cui al contratto di mandato[5].

Diversamente, e qualora non fosse definitivamente cassata la tesi dell’Amministrazione finanziaria (nonché di parte della giurisprudenza) che responsabilizza patrimonialmente la SGR per i fatti del Fondo dalla stessa gestito (o già gestito), si arriverebbe al paradosso di poter arrecare danni ai patrimoni di soggetti vigilati come, appunto, le SGR e che nell’ambito delle previsioni regolamentari sulla definizione delle consistenze patrimoniali (cd. patrimonio di vigilanza) non prevedono regole che siano idonee, considerate le masse in gestione, a offrire una copertura minimamente adeguata in relazione a tali eventuali rischi, a differenza ad esempio di altri operatori di mercato vigilati.

In tal senso, continuare ad avere un doppio binario civilistico e tributario, prima che essere incoerente e lesivo del principio della capacità contributiva, potrebbe finanche creare problemi di solidità al mercato.

 

[1] Articolo che prevede che “La società di gestione è soggetto passivo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relative alle operazioni dei fondi immobiliari da essa istituiti. L’imposta sul valore aggiunto è determinata e liquidata separatamente dall’imposta dovuta per l’attività della società secondo le disposizioni previste dal […] D.P.R. 633/72 […], ed è applicata distintamente per ciascun fondo. Al versamento dell’imposta si procede cumulativamente per le somme complessivamente dovute dalla società e dai fondi. […]”.

[2] In maniera conforme, con una motivazione “analoga” si era peraltro espressa la Cassazione con precedente Sent. n. 29888/2020.

[3] Tralasciando più concreti approfondimenti sulle modalità di registrazione dei beni immobili detenuti dai fondi, che osservano nella prassi operativa non univoche modalità procedurali.

[4] Ossia alla circostanza che l’assenza di una partita Iva per ciascun Fondo, fa sì che l’identificazione “tributaria” avvenga attraverso quella della SGR, e per l’effetto gli accertamenti identificano il solo gestore, confondendo appunto i due differenti patrimoni.

[5] Che trova ampia precisazione nel regolamento di gestione del Fondo oltre che nelle previsioni di leggi e regolamentari.

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