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Gli assetti proprietari negli enti del settore creditizio italiano

9 Luglio 2024

Antonio Di Ciommo, Dottorando di Ricerca, Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Di cosa si parla in questo articolo

La Banca d’Italia ha recentemente pubblicato uno studio sugli assetti proprietari nelle banche e negli intermediari finanziari italiani tra il 2016 e il 2021, osservando se e come questi abbiano influito sul governo dell’ente vigilato e sulla sua stabilità finanziaria.

Nello studio si osserva, in primo luogo, come il controllo societario di diritto tenda a formarsi più difficilmente nelle banche rispetto a quanto accade, invece, negli intermediari finanziari.

Ciò accadrebbe in modo particolare nel capitale delle banche significative, mentre il controllo tende ad aumentare nelle banche meno significative, sia pure con minor frequenza rispetto a quanto avviene nel capitale degli intermediari finanziari.

Viene evidenziata, poi, una spiccata tendenza dei partecipanti al capitale delle banche quotate a concludere patti parasociali; tendenza che, tuttavia, non avrebbe generato una situazione di controllo contrattuale sulle banche oggetto dei vari patti conclusi durante il periodo esaminato.

Quanto ai soggetti che detengono partecipazioni in banche e intermediari finanziari, lo studio rileva che la categoria di soci nelle banche e negli intermediari più frequente è quella di “imprese industriali e holding (comunque in calo del 3% nel periodo esaminato), cui segue quella delle “famiglie e persone fisiche”. 

Gli investitori istituzionali restano la prima categoria di investitori e, all’interno di questa la categoria, gli “investitori istituzionali alternativi” hanno quasi raddoppiato la propria presenza (pur pesando sull’attivo del sistema bancario complessivo per meno del 3%), compensando la diminuzione numerica subita dalla categoria degli “investitori istituzionali tradizionali”.

Risulta, invece, in forte diminuzione la detenzione di partecipazioni da parte di “altre banche e intermediari (pari al 5%) e rimane stabile la partecipazione da parte di fondazioni bancarie.

Lo studio osserva, infine, che nel periodo interessato non è cresciuto l’investimento dei gruppi bancari italiani nel capitale degli intermediari finanziari.

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