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Giurisprudenza

Plusvalenze ed effettiva destinazione dell’immobile oggetto di cessione

10 Luglio 2024

Angelica Chiara Tazzioli, Dottoranda di ricerca in diritto tributario, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Cassazione civile, sez. V, 25 giugno 2024, n. 17528, Pres. Napolitano, Rel. Ciafardini

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ordinanza 25 giugno 2024, n. 17528, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini dell’esclusione da tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione infraquinquennale di un immobile, è rilevante l’effettivo uso abitativo dell’immobile, a prescindere dalla classificazione catastale.

Il caso riguardava due contribuenti che avevano impugnato avvisi di accertamento relativi a maggiori redditi derivanti dalla cessione infraquinquennale di un immobile iscritto in catasto come A/10. 

La Commissione Tributaria Provinciale di Bari aveva solo parzialmente accolto il ricorso, rideterminando la maggiore imposta dovuta. La Commissione Tributaria Regionale aveva integralmente accolto l’appello dei contribuenti, annullando gli avvisi di accertamento relativi alle plusvalenze sulla base dell’effettivo uso abitativo principale dell’immobile oggetto di cessione.

L’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la classificazione catastale dell’immobile impediva di considerarlo come abitazione principale. 

La Corte di Cassazione ha respinto tale impostazione, affermando che l’uso abitativo principale può essere dimostrato con elementi oggettivi come la residenza, le utenze domestiche e altri indicatori della dimora abituale. 

La classificazione catastale può costituire solo un indizio presuntivo a favore del Fisco, ma non è preclusivo, per il contribuente, della prova di effettiva destinazione dell’immobile ad abitazione principale.

La Corte ha ribadito che la normativa intende tassare solo le operazioni speculative e che l’effettiva adibizione a dimora abituale esclude la presunzione di intento speculativo, anche se in contrasto con la classificazione catastale. 

Nel rigettare il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, il Collegio ha quindi affermato il principio per cui in caso di cessione, entro il quinquennio dall’acquisto, di un immobile classificato ad uso ufficio, ma oggettivamente classificabile anche ad altri usi abitativi, l’effettiva adibizione di esso ad abitazione principale del cedente (sul quale grava il relativo onere probatorio) o di un suo familiare, da intendersi come destinazione a dimora abituale, ove realizzatasi per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione, è idonea ad escludere l’assoggettamento a tassazione dell’eventuale plusvalenza conseguita dal cedente, anche se tale destinazione sia avvenuta in contrasto con la classificazione catastale dell’immobile, potendosi anche in tal caso escludere l’intento speculativo dell’operazione.

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