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Giurisprudenza

Il “centro degli interessi principali” in caso di trasferimento della sede all’estero

11 Luglio 2024

Mirta Morgese, Dottoressa di Ricerca in Impresa, Lavoro e Istituzione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Cassazione Civile, Sez. I, 15 maggio 2024, n. 13368 – Pres. Ferro, Rel. Vella

Di cosa si parla in questo articolo

Con ordinanza del 15 maggio 2024, n. 13368, la Corte di Cassazione (Consigliere Relatore dott.ssa Vella) si è pronunciata sull’individuazione del centro degli interessi principali in caso di trasferimento della sede sociale all’estero poco prima della domanda di apertura della procedura di insolvenza ed ha rigettato il ricorso con cui il socio di una società dichiarata fallita lamentava la non applicazione da parte del giudice di appello della regola contenuta nell’art. 3 del Regolamento (UE) 2015/848. 

Detta regola stabilisce una presunzione, secondo il ricorrente, assoluta in merito alla coincidenza tra il Centre of Main Interests, c.d. COMI e la sede sociale, rendendo assoggettabile a fallimento la società secondo la legge italiana, nonostante la stessa avesse trasferito la propria sede in Bulgaria.

Si ricorda che il centro degli interessi principali (COMI), viene definito all’art. 3 del Regolamento (UE) 2015/848, relativo alle procedure di insolvenza, come il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.

La Suprema Corte rileva come detta regola integri una presunzione relativa, che, in ogni caso, non vale se il trasferimento sia stato effettuato, come nel caso di specie, nei tre mesi antecedenti la domanda di apertura della procedura d’insolvenza.

Nella fattispecie in questione, dunque, per individuare lo stato dotato di competenza giurisdizionale sulla procedura, bisogna guardare al luogo dove in modo abituale e riconoscibile da parte dei terzi, il debitore abbia esercitato la gestione dei propri interessi.

Tale stato, nel giudizio de quo, è l’Italia, essendo il trasferimento della sede all’estero, al momento della proposizione del ricorso di fallimento, deliberato ma non ancora pubblicizzato nel registro delle imprese, e, quindi, non opponibile ai terzi, ex art. 2193 c.c. e neanche da loro altrimenti percepibile.

Altro motivo di ricorso si fonda sulla nullità della notifica del ricorso di fallimento alla società, effettuato via PEC, ai sensi dell’art. 15, comma 3 l.fall., durante il trasferimento in Bulgaria, la cui legge non impone la tenuta di tale domicilio digitale: sul punto, la Cassazione afferma l’obbligo per l’imprenditore, che abbia in corso il perfezionamento dell’iter legale di trasferimento della propria sede legale all’estero, di mantenere in funzione la propria casella di posta elettronica certificata e, di conseguenza, la piena validità della notifica.

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