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Approfondimenti

Procedure concorsuali e crediti garantiti da MCC e SACE

12 Luglio 2024

Luciana Cipolla, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Lodovico Dell’Oro, Associate, La Scala Società tra Avvocati

Giorgia Gaudenzi, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il rapporto tra procedure concorsuali e crediti garantiti da MCC e SACE, alla luce della giurisprudenza di merito già formatasi in materia.


1. Premessa

Il legislatore europeo, a seguito della crisi economica scaturita dall’epidemia Covid-19 e dalla crisi russo-ucraina, ha favorito l’accesso alla liquidità da parte delle imprese mediante prestiti assistiti da garanzia statale.

Per raggiungere tale scopo, il legislatore nazionale ha affidato a SACE e MCC il compito di facilitare l’accesso al credito alle piccole medie imprese concedendo garanzie a prima richiesta alle banche finanziatrici e adattando le misure di sostegno economico anticrisi già esistenti (risalenti all’istituzione del Fondo di Garanzia di cui alla L. n. 662/1996), alle mutate esigenze economiche.

Si è, dunque, venuto a creare un rapporto trilaterale tra l’istituto erogante, l’impresa finanziata e il garante pubblico.

In caso di mancato pagamento delle rate dei finanziamenti, la banca avvia la procedura di recupero dell’intera esposizione debitoria, generalmente mediante intimazione di pagamento ovvero richiesta di decreto ingiuntivo, o, ancora, insinuazione al passivo, in caso di liquidazione giudiziale. La banca, a pena di perdita della garanzia, deve avvisare il debitore che il Fondo di garanzia ex L. 662/96 acquisirà automaticamente il diritto di rivalersi per il recupero della somma versata, a titolo di escussione, mediante autonomo procedimento. Nel frattempo, entro stretti termini decadenziali, l’istituto di credito escute la garanzia statale e, a seguito dell’avvenuto pagamento[1], il recupero di quanto liquidato dal Fondo viene affidato all’ Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Numerose sono le problematiche che questo rapporto trilaterale sta ingenerando soprattutto nell’ambito delle procedure concorsuali.

Il presente contributo si pone l’obiettivo proprio quello di analizzare il rapporto tra procedure concorsuali e crediti garantiti da MCC e SACE, alla luce della giurisprudenza di merito già formatasi.

In questa prospettiva analizzeremo, innanzitutto, l’iter seguito in sede di insinuazione al passivo da parte della banca (e del successivo intervento di MCC o SACE) andando ad esaminare le eccezioni che più frequentemente vengono sollevate dai Curatori.

Esamineremo poi la più recente prassi formatasi in sede di redazione delle proposte di piani per la regolazione della crisi d’impresa, le quali, al fine di trovare l’approvazione dei creditori, prevedono un trattamento ad hoc per i crediti garantiti dallo Stato.

Infine, ci occuperemo di un recente orientamento di merito che ha dichiarato la nullità dei mutui garantiti per contrarietà a norme imperative, aprendo di conseguenza uno scenario di incertezza per le banche e lo Stato stesso.

Prima di prima di entrare nel vivo di detti temi, occorre esaminare la normativa che regola il privilegio statale nonché l’interpretazione fornita dalla Cassazione al fine di assicurare la recuperabilità del credito vantato dallo Stato, altrimenti messa a rischio se considerato quale mero credito chirografario. Ciò tanto più negli ultimi anni, ove gli interventi dello Stato in aiuto alle imprese sono stati considerevoli.

2. Il privilegio di MCC e SACE

Nonostante gli anni trascorsi e l’importanza ormai assunta nella prassi, il privilegio dei garanti statali è tuttora regolato dal D.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, il cui art. 9, comma 5, in particolare prevede che: “per le restituzioni di cui al comma 4, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, a eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751 bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi”. Con riguardo alla sola MCC, l’art. 8 bis, comma terzo, del D.l. 24 gennaio 2015, n. 3, ribadisce che: “il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, a eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751 bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti”.

Si configura in tal modo un “super privilegiostatale, generale mobiliare, che prevale su gran parte dei restanti diritti di prelazione, ad eccezione dei crediti per spese di giustizia e dei crediti ex art. 2751-bis c.c..

Come anticipato, è stata, tuttavia, la Corte di Cassazione a portare al definitivo riconoscimento del privilegio dei crediti vantati da MCC e SACE.

Numerose sono le pronunce di legittimità che negli ultimi anni hanno sempre riconosciuto la natura privilegiata dei crediti esigibili in conseguenza della revoca di finanziamenti pubblici in qualsiasi forma concessi (finanziamenti diretti, garanzie, ecc.), interpretando estensivamente le norme del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, in ragione della natura pubblicistica del credito che trascende gli interessi privatistici degli operatori coinvolti.

In sintesi, secondo la Suprema Corte, il credito restitutorio del garante escusso è da considerarsi privilegiato ex lege sin dal momento in cui viene prestata la garanzia[2].

Pertanto, è il procedimento di erogazione del contributo che integra il privilegio e non la revoca della garanzia. Quest’ultima ha solamente la funzione di rendere esigibile il credito statale privilegiato e permettere, quindi, l’avvio delle azioni di recupero del credito.

La revoca della garanzia può essere determinata dall’inadempimento della società alla restituzione del mutuo e alla conseguente escussione della stessa, da parte della banca insoddisfatta, senza che sia necessaria l’adozione di un provvedimento formale[3].

Nella pratica, la revoca della garanzia può sempre essere opposta alle procedure concorsuali, non avendo alcun rilievo il momento in cui interviene ed avendo valenza meramente dichiarativa e perciò opponibile alla massa dei creditori[4].

Inoltre, una parte della giurisprudenza di merito aveva qualificato il rapporto tra Stato garante e banca garantita quale ordinaria fideiussione, con conseguente applicabilità degli istituti della surroga e del regresso. Tale inquadramento teoricamente avrebbe impedito al garante pubblico che avesse pagato il creditore garantito in seguito all’apertura del concorso di parteciparvi, nonché avrebbe impedito un’eventuale rettifica del rango del credito chirografario che rimarrebbe tale anche in caso di surroga, dovendo subentrare il garante nei medesimi diritti del creditore chirografario soddisfatto.

La Corte di Cassazione, invece, ha ribadito che la garanzia statale prestata in favore delle banche deve essere qualificata come un’obbligazione ex lege, che si genera dalla revoca del beneficio accordato all’impresa inadempiente.

La revoca relativa alla concessione di contributi pubblici è equiparabile all’avveramento di una condizione risolutiva espressa, che comporta il venir meno della causa giustificatrice dell’erogazione e, pertanto, l’obbligo di restituire immediatamente all’ente finanziatore tutte le somme erogate a carico del beneficiario.

Tale azione, seppur similare alla surroga o al regresso, si distingue dalle stesse, non costituendo esercizio del diritto precedentemente spettante alla banca garantita, nel quale l’ente concedente subentra a seguito dell’escussione della garanzia, né di un nuovo diritto derivante dal pagamento effettuato in favore della banca, ma trovando fondamento nell’atto di concessione della garanzia e richiedendo la revoca del beneficio, che comporta il venir meno della causa giustificatrice dell’erogazione[5].

Pertanto, tale qualificazione comporta la non comparabilità della garanzia statale alla fideiussione, nonché l’inapplicabilità degli istituti della surroga e del regresso e degli artt. 160 e 161 del CCII.

Chiare le finalità pubblicistiche seguite dalla Cassazione, volte a garantire almeno in parte la recuperabilità del credito dello Stato, alla luce delle quasi nulle possibilità di recupero in caso di mancato riconoscimento del privilegio.

3. Insinuazione al passivo: il problematico coordinamento tra Banca e garante statale

Avendo chiarito in via generale le caratteristiche del credito privilegiato statale, occorre ora esaminare nello specifico come MCC e SACE recuperano il proprio credito nell’ambito delle procedure concorsuali, partendo dalla liquidazione giudiziale.

A seguito dell’insolvenza dell’impresa debitrice, la banca finanziatrice è tenuta ad avviare il recupero dell’integrale esposizione debitoria e a procedere con l’escussione del Fondo di Garanzia.

In caso di apertura della liquidazione giudiziale, l’istituto di credito è tenuto, entro uno stretto termine dettato a pena di perdita della garanzia, a presentare l’insinuazione al passivo.

Occorre distinguere due casistiche:

  • il pagamento da parte del Fondo interviene prima dell’ammissione al passivo;
  • il pagamento interviene dopo l’ammissione (o esclusione) al passivo.

Nel primo caso è possibile che sia il soggetto finanziatore, sia il garante pubblico presentino la propria domanda di ammissione. MCC richiede l’ammissione in privilegio ex art. 9 D.lgs. 123/1998 di quanto liquidato in favore della banca e quest’ultima richiede l’ammissione in via chirografaria[6] del residuo credito, al netto del pagamento ricevuto.

Eventuali sovrapposizioni di credito vengono risolte dal Curatore in sede di verifica crediti.

In caso di esclusione del credito e conseguente possibile giudizio di opposizione allo stato passivo, ogni soggetto prosegue autonomamente per il recupero del proprio credito, privilegiato in un caso e chirografario nell’altro.

Quando, invece, il pagamento del Fondo interviene dopo l’ammissione al passivo, la banca finanziatrice ha già presentato l’insinuazione al passivo, al chirografo anche per la parte garantita, dando atto che il credito è coperto da garanzia pubblica e che, successivamente, a seguito della liquidazione della perdita, il Fondo provvederà a surrogarsi per la parte di credito erogata, informando gli organi della procedura che la riscossione del credito pubblico assistito da privilegio generale verrà affidata all’Agente della riscossione.

Una volta ricevuto il pagamento della garanzia, la banca presenta una dichiarazione con cui da’ atto alla procedura dell’intervenuto incasso, volta a “ridurre” l’ammontare del proprio credito, lasciando spazio al credito privilegiato.

Se, nel primo caso, MCC e SACE formulano domanda di ammissione, nel secondo caso in che modo intervengono nella liquidazione giudiziale? Mediante domanda tardiva oppure surroga nella posizione della banca ai sensi dell’art. 230, comma 2, CCII?

Entrambe le soluzioni sono utilizzate nella prassi.

Solitamente, viene dapprima inviata una comunicazione di surroga contenente l’avviso che seguirà l’insinuazione al passivo, per la quale occorrono tempistiche più lunghe.

In ogni caso, il garante statale può far valere sin da subito il proprio credito di surroga, senza dover attendere il soddisfacimento integrale della banca garantita e il Curatore è tenuto a rettificare lo stato passivo, tenendo conto della peculiare natura del credito ammesso in surroga, assistito ex lege da diritto di prelazione.

Quali sono, dunque, le problematiche in cui può incorrere MCC/SACE?

Il primo e più frequente problema che può sorgere è il ritardo nella presentazione dell’insinuazione, con conseguente eccezione di ultratardività sollevata dai Curatori. Naturalmente, in caso di comunicazione di surroga ex art. 230 CCII (vecchio art. 115 l.f.) non si pone un tema di inammissibilità per il ritardo. Se, infatti, il garante pubblico non presenta l’insinuazione in un termine congruo o comunque ragionevole da quando avviene la liquidazione della garanzia, vi è il rischio che gli organi della liquidazione giudiziale rilevino la mancanza di causa giustificatrice nel ritardo nella presentazione della domanda, disponendone l’esclusione.

Peraltro, con l’introduzione del CCII i termini per la presentazione delle domande tardive sono stati dimezzati rispetto al passato (soli sei mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo). Inoltre, la domanda ultratardiva è ammissibile solo se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile, nonché se trasmessa non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo.

Occorrerà, pertanto, verificare quale sarà l’impatto di queste novità per le domande del garante pubblico che è solito non essere tempestivo nella predisposizione dell’insinuazione, visti i passaggi amministrativi che coinvolgono anche Agenzia delle Entrate.

Altra problematica sorge qualora la domanda della banca venga integralmente rigettata. In questo caso, la surroga statale dovrebbe intervenire su un credito non ammesso al passivo e l’insinuazione di MCC potrebbe essere rigettata per le medesime ragioni che hanno determinato il precedente rigetto.

Peraltro, nel caso in cui banca e curatore si accordino, mediante transazione, per un’ammissione concordata in sede di opposizione allo stato passivo, tale accordo non può coinvolgere il credito privilegiato di MCC o SACE. Infatti, le azioni di recupero poste in essere dal soggetto richiedente e dal Gestore del Fondo diventano indipendenti fra loro, successivamente alla liquidazione della garanzia.

Ne consegue che la banca finanziatrice può eventualmente concludere l’accordo transattivo con il curatore solo limitatamente alla quota residuale del finanziamento, non coperta dalla garanzia del Fondo.

L’indipendenza delle azioni di recupero può creare la moltiplicazione dei conteziosi ed essere di nocumento alla banca finanziatrice che vede diminuita la propria capacità di trattare nei confronti della liquidazione giudiziale.

4. Garanzia statale negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza

Gli stessi principi valgono anche per tutti i diversi strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

La particolarità, in questi casi, risiede nel fatto che tali procedure vengono avviate quando ancora la garanzia statale non è stata escussa, in quanto volte ad anticipare l’emersione dello stato di crisi dell’impresa.

Il trattamento della garanzia statale ha assunto una rilevanza fondamentale negli ultimi mesi, tanto da diventare un punto base da cui le proposte di risanamento devono partire.

Infatti, gran parte dei crediti bancari chirografari risulta oggi garantita da MCC o SACE e, una volta avvenuta l’escussione della garanzia, parte di essi si trasforma in credito privilegiato. Pertanto, occorre tenere conto del privilegio statale che potrebbe sorgere e richiedere una percentuale di soddisfazione ben diversa rispetto al precedente credito chirografario. È chiaro, dunque, che una proposta di ristrutturazione che ignori il privilegio statale potrebbe essere destinata all’inammissibilità nella misura in cui l’attivo non fosse sufficiente a soddisfare i creditori chirografari.

Peraltro, a seguito dell’entrata in vigore del CCII, sono state apportate modifiche ed integrazioni alle “Disposizioni Operative” del Fondo di garanzia per le PMI, tra cui la riformulazione della disciplina relativa agli accordi transattivi, tra cui rientrano anche le procedure di regolazione della crisi d’impresa, che prevedano uno stralcio del debito.

Il paragrafo C della Parte VI delle disposizioni operative, in particolare, prevede una specifica procedura, seguendo la quale i soggetti debitori possono formulare proposte di accordi transattivi riguardanti il debito garantito, nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi.

Le proposte di ristrutturazione del debito devono prevedere una percentuale di pagamento pari o superiore al 15% del debito complessivo e devono essere valutate positivamente dalle banche finanziatrici, che sottopongono a MCC la proposta transattiva, tramite apposito portale, entro i termini previsti per la richiesta di escussione della garanzia e prima del perfezionamento dell’accordo. Le disposizioni operative richiedono, inoltre, una serie di informazioni che devono essere fornite a MCC per permettere la valutazione dell’accordo[7].

Tale procedura viene, dunque, seguita nell’ambito della composizione negoziata, del piano attestato di risanamento, dell’accordo di ristrutturazione[8] e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.

Naturalmente, per veder valutare positivamente la proposta di ristrutturazione, il debitore è onerato di dimostrare come questa sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidazione giudiziale, dove, come noto, MCC potrebbe godere del super privilegio.

In ogni caso, emerge come la banca deve adottare un comportamento proattivo, assumendo ogni tipo di iniziativa a tutela delle ragioni di credito del garante statale, a pena di perdita della garanzia.

In tale prospettiva, nell’ambito di una composizione negoziata della crisi di recente il Tribunale di Milano, in accoglimento alla domanda di applicazione di una misura cautelare formulata dal debitore, ha affermato che il Tribunale può disporre l’applicazione delle misure cautelari nei confronti dei creditori garantiti MCC e di Medio Credito Centrale e così vietare – temporaneamente – l’escussione della garanzia nonché inibire la prosecuzione dell’istruttoria e il pagamento delle somme dovute da parte del Fondo in forza di tale garanzia. Ciò in particolare nell’ipotesi in cui sussistano i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. Ad avviso del Tribunale di Milano quest’ultimo deve ritenersi sussistente nella misura in cui l’eventuale attivazione della garanzia costringerebbe il debitore a considerare nel piano e nell’accordo il c.d. “super-privilegio” di MCC, costituendo un apposito fondo rischi e destinando altrimenti la finanza necessaria alla conclusione dell’accordo, il tutto in pregiudizio all’andamento e al buon esito delle trattative[9].

Infine, quanto al concordato preventivo, nella prassi le più recenti proposte concordatarie prevedono la creazione di una classe privilegiata per il garante statale lasciata momentaneamente vuota e pronta a popolarsi una volta avvenute le relative escussioni, con creazione di apposito fondo nella massa passiva. Solo in tal modo è possibile distinguere il credito chirografario delle banche da quello privilegiato statale, con conseguente differente trattamento per i diversi soggetti, anche ai fini del voto sulla proposta di concordato.

Così il Tribunale di Roma[10] si è espresso da ultimo su una proposta concordataria: “La soluzione prospettata dalla proponente – mantenere il debito garantito bancario in una classe di chirografo, ma costruendo sin d’ora una classe di creditori privilegiati attualmente vuota (e, se rimasta tale sino al voto, da non computare evidentemente nel calcolo delle maggioranze) ma destinata ad essere via via popolata dai garanti – pare, in via di prima analisi, corretta in quanto attribuisce – né potrebbe fare altrimenti – la collocazione chirografaria agli istituti di credito, in quanto all’attualità titolari di un credito chirografario, ma sconta già la prevedibile escussione da parte dei garanti che li colloca, se dovesse avvenire prima del voto, in una apposita classe a questo punto votante (con correlata riduzione del credito collocato nella classe del chirografo bancario).”.

Tale prassi sembrerebbe essere stata recepita da ultimo dal legislatore con il decreto correttivo al CCII, approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2024, ove è stata aggiunta all’art. 87 CCII, rubricato “Contenuto del piano di concordato”, a lettera p-bis), per cui il piano concordatario potrà contenere “l’indicazione, laddove necessario, di fondi rischi, con specifico riferimento, per il caso di finanziamenti garantiti da misure di sostegno pubblico, a quanto necessario al pagamento dei relativi crediti nell’ipotesi di escussione della garanzia e nei limiti delle previsioni di soddisfacimento del credito.”.

In ogni caso, in ipotesi di crediti privilegiati pubblici ingenti, lo strumento concordatario non risulta essere il più efficace, date le ingenti risorse a disposizione della società che detta classa potrebbe assorbire.

Ebbene, i nuovi strumenti introdotti dal CCII che avrebbero dovuto consentire la regolazione della crisi risultano spesso ostacolati dalla presenza degli aiuti economico concessi negli ultimi anni, a loro volta introdotti a favore delle imprese.

5. Nullità dei mutui garantiti?

A conclusione di questa panoramica del rapporto, spesso complicato, tra procedure concorsuali e finanziamenti garantiti, occorre esaminare la tesi sostenuta da alcuna giurisprudenza di merito che ha dichiarato la nullità dei mutui con garanzia statale quando vi è stata abusiva concessione di credito e violazione delle regole di prudenza bancaria (art. 5 TUB).

Tale orientamento trova origine e ispirazione dalla sentenza Cassazione, 5 agosto 2020, n. 16706 che ha sancito la nullità ex art. 1418 c.c. di un finanziamento dissimulato idoneo a ritardare il manifestarsi dell’insolvenza della debitrice, in quanto contrario a norme imperative, nel caso di specie di natura penale (art. 217, comma 1, n. 4, l.f., che punisce l’aggravamento della crisi anche a mezzo di operazioni dilatorie che espandono le dimensioni del dissesto), con conseguente compartecipazione del finanziatore nel reato di bancarotta semplice. Va peraltro osservato come tale pronuncia non riguardasse un contratto bancario, bensì una fattispecie di finanziamento “predatorio” concesso da una società a favore di una propria concorrente in crisi al fine di poterne acquisire l’azienda.

Sulla nullità di finanziamenti bancari per violazione di norme penali sono intervenute le pronunce del Tribunale di Vicenza, 19 maggio 2022 e del Tribunale di Torino, 4 ottobre 2022, quest’ultima proprio riguardante un finanziamento garantito da MCC.

Da ultimo, anche il Tribunale di Asti, con decreto del 8 gennaio 2024, ha dichiarato la nullità di un finanziamento assistito da garanzia statale. La pronuncia è stata emessa in un giudizio di opposizione allo stato passivo, conclusosi con il rigetto dell’insinuazione proposta da una banca per un credito derivante da un finanziamento garantito, concesso nel 2021 in piena crisi Covid. In particolare, il Tribunale ha contestato alla banca il mancato controllo della situazione di dissesto patrimoniale della società, evidente dai bilanci e dalla Centrale Rischi, tanto da presumere la piena consapevolezza delle reali condizioni di insolvenza. Ciò al solo scopo di munirsi della garanzia statale, rientrando da un’esposizione chirografaria pregressa che la finanziata ha ripianato con l’importo erogato mediante fondi statali. Tale finalità, in contrasto con diverse norme imperative, rende il contratto nullo per illiceità della causa, nonché per violazione di norme penali. Infatti, l’operazione è stata effettuata, secondo i giudici astigiani, in violazione dell’art. 316-ter c.p., nonché dell’art. 217, comma 1, n. 4, l.f., in quanto il mutuo era funzionale all’indebito conseguimento da parte della banca di un contributo, sottoforma di garanzia statale, nonché idoneo a procrastinare la dichiarazione di fallimento dell’impresa, avendone aggravato il dissesto.

Ebbene, lato penale, nelle pronunce richiamate la posizione della banca viene in rilievo unicamente per l’asserita violazione del canone di diligenza in relazione alla concessione del finanziamento, lasciando del tutto scoperta l’indagine sugli ulteriori presupposti soggettivo e oggettivo delle norme penali asseritamente violate, non solo con riferimento all’istituto di credito, ma anche all’amministratore sociale, che agisce quale intraneus nel reato.

Lato civile, invece, non constano precedenti di legittimità che abbiano sostenuto la tesi della nullità dei mutui concessi da banche a società in stato di crisi in caso di mancata istruttoria del merito creditizio per negligenza. Sinora, infatti, la Cassazione ha riconosciuto la sola responsabilità della banca per concessione abusiva di credito, con conseguente possibilità di porre in capo alla banca stessa il risarcimento dei danni arrecati alla società e/o ai suoi creditori, senza però inficiare la validità e l’efficacia del relativo finanziamento.

Attenderemo, peraltro, il pronunciamento della Cassazione proprio sui decreti dei Tribunali di Torino e Asti per comprendere quale destino attenderà i numerosi finanziamenti garantiti dapprima in sede concorsuale e in seguito anche in sede di contenzioso, dove iniziano a essere richiamati i citati provvedimenti da parte dei mutuatari.

Altra criticità dei provvedimenti esaminati risiede nell’inefficacia della dichiarazione di nullità e della conseguente esclusione dal passivo del credito del finanziamento. Infatti, la banca può in ogni caso escutere la garanzia statale solo dimostrando di aver avviato le procedure di recupero del credito, non dovendo risultare per forza ammessa al passivo. Successivamente, pertanto, MCC ben potrebbe insinuarsi a propria volta al passivo con il super privilegio.

Seguendo la tesi della nullità dei mutui garantiti, pertanto, non vi saranno benefici per lo Stato che sarebbe comunque tenuto a liquidare la garanzia che non risulta compromessa dalla nullità del contratto, trattandosi di credito che sorge ex lege, come sopra esposto.

Se il fine della Cassazione è stato negli ultimi anni quello di consentire il recupero del credito allo Stato, potrebbe essere più utile l’orientamento secondo cui la concessione abusiva di credito genera una responsabilità da fatto illecito della banca che crei un controcredito azionabile in compensazione o in sede ordinaria, oppure l’introduzione di una revocatoria dell’intera operazione quando effettuata allo scopo di coprire pregresse esposizioni chirografarie in danno della par condicio creditorum, in modo da garantire una migliore e maggiore vigilanza sulle condizioni patrimoniali delle imprese richiedenti i finanziamenti.

6. Conclusioni

Garanzie statali e procedure concorsuali saranno ben presto oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza, chiamata a un difficile contemperamento di interessi, senza essere munita dei necessari strumenti per provvedervi. Si auspica anche un intervento del legislatore che possa dirimere le problematiche nate già dopo pochi anni dall’immissione nel mercato di una quantità ingente di aiuti statali.

 

[1] Peraltro, SACE si può avvalere della facoltà di pagare l’indennizzo secondo il piano di ammortamento originario del finanziamento.

[2] Cass. civ., sez. I, 30 gennaio 2019, n. 2664.

[3] Cass. civ., sez. VI, 27 novembre 2020, n. 27159.

[4] Secondo la Suprema Corte: “In tema di finanziamenti pubblici alle imprese, la revoca del beneficio è ricognitiva del venire meno di un presupposto di fruizione del beneficio previsto puntualmente dalla legge, non ha, quindi, valenza costitutiva del credito recuperatorio della somma finanziata, che nasce privilegiato, in capo all’Amministrazione, ex lege e fin dal momento dell’erogazione. È conseguentemente irrilevante che l’insorgenza dei presupposti per la revoca del finanziamento sia accertata anteriormente o posteriormente rispetto al fallimento che la determina.”. Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2023, n. 13152.

[5] Secondo Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2022, n. 1453: “In tema di finanziamenti pubblici alle imprese coperti da garanzia SACE, la revoca del beneficio, per il venir meno dei requisiti cui ne è subordinato il riconoscimento, comporta l’insorgenza di un’autonoma obbligazione “ex lege” della beneficiaria verso il garante, obbligazione che, trovando la propria autonoma fonte nel sopravvenuto difetto della causa giustificatrice del beneficio, postula l’inapplicabilità delle norme sulla fideiussione ordinaria, degli istituti della surroga e del regresso nonché, infine, della disciplina di cui agli artt. 61 e 62 l.fall., sicché, in caso di fallimento della beneficiaria, SACE è legittimata ad insinuare il proprio credito al passivo, quand’anche consti un pagamento non interamente satisfattorio a vantaggio dell’istituto di credito in origine garantito, il quale abbia, a sua volta, chiesto ed ottenuto l’ammissione al passivo.”. Nello stesso senso anche Cass. civ., Sez. I, 26 giugno 2023, n. 18148, che ha specificato come, anche in caso di non avvenuto pagamento della garanzia, il credito di SACE può essere ammesso al passivo in via condizionata al verificarsi del pagamento.

[6] Cass. civ., sez. I, 27 dicembre 2023, n. 35961 ha espressamente escluso che la banca garantita possa far valere il proprio credito con il privilegio spettante a MCC.

[7] In particolare, viene richiesto:

a. “l’ammontare del credito complessivo vantato dal soggetto finanziatore alla data della proposta;

b. l’importo proposto a saldo e stralcio e le modalità di pagamento;

 c. l’importo proposto a saldo e stralcio, sia in termini assoluti che in percentuale rispetto al debito complessivo (rate o canoni insoluti, capitale residuo ed interessi di mora);

d. la perdita a carico del soggetto richiedente e, nel caso di operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione e/o controgaranzia, del soggetto finanziatore, in caso di accoglimento della proposta;

e. la conseguente perdita a carico del Fondo;

f. la situazione patrimoniale/economica/finanziaria del soggetto beneficiario finale debitore e/o dei suoi garanti;

g. eventuali altre esposizioni debitorie del soggetto beneficiario finale nei confronti del soggetto finanziatore e del gruppo di appartenenza dello stesso;

h. valutazioni tecnico-legali che hanno indotto il soggetto richiedente e, nel caso di operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione e/o controgaranzia, il soggetto finanziatore a deliberare positivamente la proposta;

i. copia della documentazione relativa alle procedure concorsuali volte al risanamento/ristrutturazione dei debiti ai sensi della normativa fallimentare (ad esempio: accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento). A titolo esemplificativo e non esaustivo, la documentazione dovrà comprovare:

  1. la proposta / piano / accordo volto al risanamento/ristrutturazione dei debiti del soggetto beneficiario;
  2. le condizioni di fattibilità del piano / la relazione di fattibilità redatta da un professionista ai sensi della normativa fallimentare;
  3. l’adesione del ceto creditorio;
  4. la data di iscrizione dell’accordo nel Registro delle imprese / la data di omologazione/pubblicazione del piano (ove prevista/presunta se non ancora depositato);

 j. visura ipo-catastale aggiornata a nome del soggetto beneficiario finale e degli eventuali garanti (anche se negativa);

k. idonea documentazione relativa alla stima del valore dei beni immobili rilevati dalle visure ipo-catastali di cui al punto precedente.”.

[8] Il credito dei garanti pubblici non può essere oggetto di transazione fiscale ex art. 63 CCII.

[9] Trib. Milano, 12 maggio 2024, Est. Pipicelli, in www.dirittodellacrisi.it

[10] Trib. Roma, 11 aprile 2024, Pres. Coluccio, Est. Miccio in www.dirittodellacrisi.it

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