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Giurisprudenza

Manipolazione Euribor: la rimessione alle Sezioni Unite

22 Luglio 2024

Cassazione Civile, Sez. I, 19 luglio 2024, n. 19900 – Pres. Di Marzio, Rel. Catallozzi

Di cosa si parla in questo articolo

Con ordinanza interlocutoria n. 19900 del 19 luglio 2024 la prima sezione civile della Corte di Cassazione (Pres. Di Marzio, Rel. Catallozzi) ha trasmesso il ricorso alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, su diverse questioni relative alla validità delle clausole di determinazione degli interessi a fronte dell’accertata manipolazione dell’Euribor, utilizzato quale parametro di determinazione.

Il rinvio in questione sorge dal contrasto palesatosi tra l’orientamento giù espresso dalla sezione terza (nell’ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023 e nella successiva sentenza n. 12007 del 3 maggio 2024) e quello della sezione prima, di cui alla pronuncia in allegato.

In calce le questioni oggetto di rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione sulla questione della Manipolazione dell’Euribor.

L’orientamento della Terza Sezione di maggio 2024 sulla manipolazione dell’Euribor

La Sezione Terza della Cassazione, nella pronuncia del maggio 2024 che specifica quella di dicembre 2023, aveva affermato, in sintesi, che, ai fini dell’accertamento della validità delle clausole contrattuali che fanno espresso riferimento al parametro “esterno”, costituito dall’Euribor, per la determinazione del tasso di interesse relativo alle obbligazioni assunte dalle parti, occorre stabilire:

  1. se i relativi contratti di mutuo possono considerarsi contratti cd. «a valle» rispetto alle intese restrittive della concorrenza dirette ad alterare l’Euribor poste in essere dalle banche sanzionate con le decisioni della Commissione Europea del 2013 e del 2016 e, in quanto tali, travolti dalla nullità di tali intese: in particolare, richiamando il precedente delle Sezioni Unite n. 41994/2021, ha affermato che la dichiarazione di nullità di un contratto concluso “a valle” di un’intesa restrittiva della concorrenza presuppone che lo stesso costituisca “applicazione” dell’illecita stessa e, dunque, che almeno uno dei contraenti sia a conoscenza dell’esistenza di quella determinata intesa con un determinato oggetto e un determinato scopo e intenda avvalersi del risultato oggettivo della stessa.
  2. se può comunque aver rilievo, sulla validità del regolamento negoziale, il fatto che il parametro di riferimento per la determinazione del tasso degli interessi voluto concordemente dalle parti possa aver subito una eventuale alterazione, a causa di condotte illecite di terzi: secondo la Terza Sezione, in tali casi il tasso pattuito non può più esprimere l’effettiva volontà negoziale delle parti stesse, almeno con riguardo alla specifica clausola che prevede il richiamo al parametro in questione, e ciò per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione ha prodotto i suoi effetti.

Conclusivamente, secondo il richiamato orientamento della Terza Sezione, il parametro esterno diviene sostanzialmente inidoneo a costituire l’espressione della volontà negoziale delle parti, perché alterato nella sua sostanza, a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi, tali da privarlo in radice delle caratteristiche per le quali le parti lo avevano richiamato nel contratto.

Pertanto, tale parametro va sostituito con un altro valore, sulla base dei principi generali dell’ordinamento e, in difetto, la clausola contrattuale dovrà ritenersi inefficace, a causa della sua parziale nullità sopravvenuta, per l’impossibilità di determinazione del relativo oggetto.

L’orientamento della Prima Sezione di luglio 2024

La Prima Sezione, apertamente in disaccordo con la Terza Sezione, osserva, in punto di diritto, nell’articolata ordinanza di rimessione che:

Sul mercato di riferimento dell’intesa restrittiva

L’intesa restrittiva, accertata dalla Commissione UE, era orientata alla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare a titolo degli “EIRD” o dall’aumento di quelli che essi dovevano ricevere a tale titolo e ha, dunque, riguardato un mercato diverso da quello dei mutui a tasso variabile.

Da ciò consegue che tali contratti non possono considerarsi “a valle” rispetto all’intesa illecita, tantomeno nell’ipotesi in cui il mutuante sia estraneo all’intesa anticoncorrenziale, non costituendone lo sbocco, né risultando essenziali a realizzarne e ad attuarne gli effetti: non costituiscono il mezzo di violazione della normativa antitrust, in quanto l’intesa illecita concerneva il mercato degli “EIRD”, e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla conoscenza dell’esistenza dell’intesa illecita e/o dall’intenzione di avvalersi del relativo risultato oggettivo

Sulla possibile estensione del principio di diritto espresso dalle SS. UU. n. 41994/2021

La decisione delle Sezioni Unite n. 41994/2021, richiamata dalla Terza Sezione, concerneva lo specifico fenomeno relativo alla riproduzione, in contratti di fideiussione, di clausole rispondenti allo schema predisposto dall’ABI, dichiarate frutto di intesa restrittiva della concorrenza da Banca d’Italia, e che era inopinabile imponessero maggiori obblighi per il contraente.

Secondo la Seconda Sezione, un’indiscriminata estensione del principio a tutti i contratti “a valle” di intese restrittive della concorrenza, potrebbe condurre a conclusioni inappaganti o inefficienti nelle ipotesi in cui tali contratti siano in realtà vantaggiosi per il contrante del mercato a valle, esponendo quest’ultimo all’azione di nullità del concorrente pregiudicato dall’intesa illecita.

Peraltro, riflette la prima Sezione, la riconducibilità della situazione in esame nell’alveo del rimedio della nullità potrebbe, in ipotesi, avere l’effetto, laddove si accertasse la manipolazione dell’Euribor, sia pure per alcuni periodi, nel senso della sua artificiosa riduzione, di esporre il mutuatario, soggetto obbligato, alla restituzione del capitale residuo mutuato o, comunque, al versamento di maggiori interessi.

Manipolazione Euribor: non determina la nullità, ma l’annullabilità del contratto

L’illecito del terzo, produce limitate ricadute, quanto a validità, sul contratto al quale il terzo è estraneo e, comunque, non in termini di nullità, ma di annullabilità, ai sensi dell’art. 1439/2 C.c.: la manipolazione dell’Euribor può determinare nelle parti una falsa rappresentazione della realtà idonea a inficiare il loro processo di formazione della volontà, che può consentire, ricorrendone i relativi presupposti, il ricorso agli ordinari rimedi previsti per i vizi del consenso, ovvero per la violazione del generale principio del neminem ledere, da far valere nei confronti di chi ha commesso l’illecito.

Manipolazione Euribor e disciplina consumeristica

Non è possibile pervenire alla nullità della clausola determinativa degli interessi, a mezzo dell’Euribor, in caso di banche estranee all’intesa, neppure tramite la disciplina consumeristica: l’art. 33 cod. cons. colloca infatti al di fuori della presunzione di vessatorietà le pattuizioni concernenti prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista.

Indice Euribor e determinatezza/determinabilità del contratto

L’illecito del terzo non può far venir meno l’esistenza del consenso delle parti in ordine alla vicenda contrattuale, non solo nell’ipotesi che il contratto sia stato stipulato prima del 29/09/2005, ma anche per quelli stipulati nell’arco temporale del triennio coperto dalla decisione della Corte di giustizia: l’Euribor non è il tasso di interesse applicato in contratto, ma un mero indice di mercato impiegato quale fattore di calcolo della misura del tasso di interesse; pertanto, l’accordo contrattuale si forma sull’applicazione dell’indice Euribor, così come ufficialmente stabilito e dunque inteso nel suo dato formale, indipendentemente dalla correttezza del procedimento seguito per la sua rilevazione.

L’indicazione dei tassi di interesse convenuti nei contratti di finanziamento mediante rinvio a parametri, quali l’Euribor, elaborati da istituzioni sovranazionali e di agevole individuazione e accessibilità, è conforme al principio della determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 C.c.: in questi casi, le parti si limitano a richiamare non la complessa formula di calcolo dell’Euribor, bensì un fatto esterno al contratto, che è assunto nel contratto nella sua oggettività, ossia il suo valore.

La rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione sulla questione legata alla Manipolazione dell’Euribor

La Prima Sezione, ritenendo che relativamente alla questione della manipolazione dell’Euribor sia in rilievo una questione di interpretazione di regole di diritto per le quali vi sia l’esigenza di un orientamento uniforme, ritiene opportuno rimettere la causa alle Sezioni Unite.

Le questioni rimesse per l’assegnazione alle Sezioni Unite sono dunque le seguenti:

  • se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi, parametrata all’indice Euribor, costituisca un negozio “a valle” rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione UE con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016; oppure se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti;
  • se l’alterazione dell’Euribor, a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi, rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo, parametrata su tale indice, per indeterminabilità dell’oggetto, o, piuttosto, costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni.
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