Con ordinanza pubblicata il 13 giugno 2024, la Corte di Cassazione (Pres. Dott. De Chiara, Rel. Dott. Terrusi) ha preso atto del contrasto giurisprudenziale vertente sulla possibilità di configurare la tacita rinuncia ad alcuni dei crediti della società, sub iudice e illiquidi, e non compresi nel bilancio finale di liquidazione, ove questa venga cancellata dal registro delle imprese in pendenza di lite, con conseguente estinzione e impossibilità di trasferimento ai soci anche ai fini dell’art. 110 cod. proc. civ.
Nella vicenda in esame, una società ha agito nei confronti di una Banca per ottenere la restituzione di somme di denaro indebitamente versate alla stessa.
I Giudici di secondo grado hanno condannato la Banca alla restituzione delle predette somme applicando il principio secondo cui l’estinzione della società, ove intervenuta in pendenza di un giudizio già intrapreso, non comporta l’automatica rinuncia del credito azionato, salvo che il creditore non abbia manifestato, anche implicitamente, la volontà di rimettere il debito.
Tale principio è espressione di un orientamento giurisprudenziale (v. ex multis Cass. n. 9464/2020 e Cass. n. 30075/2020) contrario a quello enunciato dalle Sezioni Unite nel 2013 secondo cui la cancellazione della società comporta la tacita rinuncia di quei i crediti inesigibili, ancorché azionati, e non presenti nel bilancio finale di liquidazione.
La Suprema Corte ha constatato la sussistenza di tale contrasto giurisprudenziale (rilevando – tra l’altro – non secondarie criticità relative all’orientamento delle SS.UU. del 2013) e ha ritenuto opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per valutare la rimessione della questione alle Sezioni Unite.