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Giurisprudenza

Tassi usurari e onere della prova in capo al correntista per il ricalcolo del saldo del conto

27 Agosto 2024

Veronica Zerba, dottoranda presso l’Università degli Studi di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 14 giugno 2024, n. 16602 – Pres. De Chiara; Rel. Falabella

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 16602 di data 14 giugno 2024 (Pres. De Chiara; Rel. Falabella), la Corte di Cassazione ha precisato che il correntista, il quale domandi il ricalcolo del saldo del proprio conto corrente, lamentando l’illegittima applicazione di tassi usurari e di commissioni a debito, non può ottenere anche la condanna dell’ente di credito al pagamento del saldo ricalcolato in proprio favore, qualora non provi che esso non sia variato al momento della decisione della causa.

La pronuncia segue una complessa vicenda processuale, che aveva visto due società correntiste convenire in giudizio la banca titolare del rapporto per l’accertamento della non debenza delle somme corrisposte a titolo di interessi, ritenuti ultralegali, e delle commissioni di massimo scoperto; la banca, dal canto suo, aveva proposto domanda riconvenzionale di condanna al pagamento del saldo di conto corrente.

A seguito, il credito era stato trasferito a diverso ente creditizio, che aveva ottenuto decreto ingiuntivo verso i fideiussori al pagamento delle somme contabilizzate nel conto corrente. I due giudizi erano stati conseguentemente riuniti.

Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano ricalcolato il saldo, rigettando le domande di condanna dell’ente creditizio.

Contro la sentenza di merito vengono mosse plurime censure in Cassazione, da ambo le parti.

La banca contesta il ricalcolo del saldo, svolto con l’ausilio della CTU, laddove il consulente avrebbe considerato i decreti ministeriali aventi ad oggetto l’indicazione dei tassi effettivi globali medi, rilevanti ai fini del calcolo del tasso soglia oltre il quale gli interessi devono considerarsi usurari, anche se questi non erano stati depositati dalle parti: secondo la banca ricorrente questi, essendo atti amministrativi, non sarebbero coperti dalla presunzione di conoscenza della legge da parte dell’organo giudicante, e pertanto i tassi soglia avrebbero dovuto essere dimostrati dalle parti.

La Corte di Cassazione tuttavia disattende la censura, e ribadito che i decreti ministeriali in questione «completano i precetti di rango primario» in virtù del rinvio che questi vi fanno, ne sancisce il carattere di «fonti integrative del diritto, che il giudice deve conoscere a prescindere dalle allegazione delle parti, in base al principio iura novit curia». 

In secondo luogo, la banca ricorrente contestava il fatto che nel ricalcolo del saldo di uno dei conti correnti interessati dal giudizio erano state considerate le somme dovute in virtù dei rapporti di anticipo e di sconto bancario: la banca lamenta che questi erano stati oggetto di domanda tardiva nel giudizio, e pertanto inammissibili, dalla stessa Corte d’Appello, che tuttavia, nel ricalcolo del saldo le aveva erroneamente considerate.

Sul punto la Corte di Cassazione, rilevato che i rapporti di anticipo e sconto bancario erano stati dedotti nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo esperito dai fideiussori, sottolinea che il meccanismo processuale della riunione dei giudizi non può essere un mezzo per aggirare le decadenze in cui le parti siano incorse, o in ogni caso per ampliare il thema decidendum del giudizio mediante l’introduzione di nova altrimenti non consentiti: e infatti stabilisce che «la riunione di cause connesse lascia inalterata l’autonomia dei giudizi per tutto quanto concerne la posizione assunta dalle parti in ciascuno di essi, con la conseguenza che le statuizioni e gli atti riferiti ad un processo non si ripercuotono sull’altro processo sol perché questo è stato riunito al primo».

Ne deriva che costituisce novum inammissibile la domanda avente ad oggetto l’accertamento degli indebiti corrisposti nel rapporto di anticipo e sconto bancario in quanto la domanda non era stata proposta nel giudizio principale, ma in sede di giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. 

Tanto sancito rispetto al quantum del rapporto, la Corte di Cassazione considera, come anticipato in apertura, il tema della domanda del correntista di condanna della banca al pagamento delle somme risultanti dal ricalcolo del saldo. 

Essa riconosce l’interesse del correntista al ricalcolo del saldo del conto corrente ancora aperto al momento della proposizione della domanda giudiziale, e relativamente dunque alla liquidazione periodica dello stesso: questo consiste infatti nel ripristino della disponibilità di somme di denaro e nel fatto che l’ente creditizio non avrebbe più contabilizzato a debito commissioni e interessi non legittimi.

Rileva, d’altra parte, la necessità di tenere distinte la domanda di accertamento da quella di condanna, ritenendo che quest’ultima sia ammissibile solamente ove il correntista dia prova del fatto che la somma così ricalcolata in sede di giudizio non è variata al momento in cui la causa va in decisione.

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