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Flash News

Sul diritto di precedenza del lavoratore nelle assunzioni a tempo indeterminato

2 Settembre 2024

Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 15 luglio 2024, n. 19348 – Pres. Rel. Patti

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 19348 del 15 luglio 2024, Pres. Rel. Patti, si è pronunciata sulla sussistenza di un dies a quo per l’esercizio del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, di un lavoratore che abbia prestato un’attività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi.

Questo il principio di diritto esplicitato:

A norma dell’art. 5 comma 4-quater e 4-sexies d.lgs. 368/2001, nel testo applicabile ratione temporis, il lavoratore che abbia prestato un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, in esecuzione di uno o più contratti a termine, può esercitare, manifestando in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro un anno dalla cessazione del rapporto (e quindi anche nel corso della sua vigenza), il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal medesimo entro i successivi dodici mesi dal momento di tale esercizio

Ricorda la Corte che l’art. 5, comma 4-quater D.lgs. 368/2001, prevede solamente un requisito soggettivo per l’esercizio del diritto di precedenza, ovvero l’aver prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi in esecuzione di uno o più contratti a termine.

Il comma 4 sexies dello stesso articolo ne pone, poi, la condizione e il termine procedimentale, ovvero:

  • la manifestazione da parte del lavoratore a tempo determinato di una volontà “in tal senso”, sia pure senza necessità del ricorso a formule sacramentali o del riferimento alla disposizione che lo prevede
  • la fissazione di un dies ad quem, ovvero “entro” sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso ed “entro” un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, per l’estinzione del diritto; non è previsto pertanto alcun dies a quo per l’esercizio di tale diritto.

Pertanto, il lavoratore a termine, che abbia il requisito soggettivo suindicato e pertanto dal momento della sua maturazione “fino a” sei mesi dalla data di cessazione del rapporto, ha facoltà di esercitare il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi (decorrenti dal suo esercizio così come manifestato).

Nel caso di specie pertanto, il lavoratore, avendo intrattenuto due rapporti di lavoro a tempo determinato e manifestato la volontà di esercitare il diritto di precedenza entro un anno dalla cessazione del rapporto, e nella vigenza del secondo contratto di lavoro a tempo determinato, ha tempestivamente esercitato il diritto di precedenza sulle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro nei successivi dodici mesi dall’esercizio del diritto.

La Cassazione ha quindi dichiarato nulla la sentenza impugnata, poiché la Corte d’appello aveva reso due affermazioni tra loro effettivamente inconciliabili, palesemente vizianti la pronuncia di illogicità e insanabile contraddittorietà, ovvero:

  • di obbligo di esercizio del diritto di precedenza successivamente alla cessazione del contratto a tempo determinato, con decorrenza da tale momento del termine sia per il lavoratore di manifestare la volontà di avvalersene, sia del correlativo obbligo datoriale
  • del tempestivo esercizio del diritto di precedenza in pendenza del secondo rapporto a termine.

Conclusivamente, secondo la S.C., a norma del novellato art. 360, primo comma, n. 5 C.p.c., l’impossibilità, nel caso di specie, di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice – a causa dell’affermazione di sussistenza di un presupposto per l’applicazione di una norma, e tuttavia immotivatamente negandone la conseguente applicazione – integra l’ipotesi di violazione dell’art. 111, sesto comma Cost., di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, che si converte in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 C.p.c., dando luogo a nullità della sentenza.

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