Con sentenza n. 11324 del 26 aprile 2024 (Pres. Ferro, Rel. Vella), la Suprema Corte, relativamente ad un’azione di responsabilità promossa da un curatore fallimentare, ha accolto il ricorso proposto dalla curatela, che si era vista rigettare dal Tribunale prima, e dalla Corte di Appello poi, la domanda risarcitoria contro gli amministratori di una S.p.A., a mezzo della quale aveva contestato agli stessi diverse irregolarità contabili.
In particolare, i giudici di merito avevano sostenuto che, nonostante i sospetti di falsità sui crediti nel bilancio 2008, questi erano in gran parte esigibili oltre l’esercizio successivo, escludendo quindi l’inerzia degli amministratori, dato l’intervenuto fallimento nel 2010: gli stessi non avevano avuto infatti, secondo la sentenza impugnata, il tempo minimo necessario per procedere al recupero dei crediti.
Inoltre, la Corte territoriale aveva ritenuto che, in ogni caso, la curatela non avesse provato un danno specifico derivante dalla mancata riscossione dei crediti, che, alla data del fallimento, sarebbero divenuti da poco esigibili.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso del curatore, e ricostruendone le doglianze, sottolinea che la causa petendi dell’azione di responsabilità proposta dal curatore, era stata ridotta dai giudici del merito ad una mera negligenza degli amministratori nel recupero di crediti risultanti dal bilancio del 2008: in realtà, era stato specificamente contestato che ingenti liquidità venissero “dissolte” tramite una ingiustificata riqualificazione come crediti esigibili in esercizi successivi, però sforniti di qualsivoglia indicazione utile, in punto di titoli e soggetti debitori, a consentirne il recupero da parte del curatore fallimentare, non avendo gli amministratori saputo riferire nulla al riguardo.
La Corte di cassazione ha, dunque, cassato la sentenza impugnata, stabilendo che, in caso di fuoriuscita ingiustificata di risorse patrimoniali dall’attivo della società, il curatore, nell’avviare un’azione di risarcimento contro gli amministratori, può limitarsi a contestare il loro inadempimento (consistente nella distrazione o dispersione delle risorse), spettando agli amministratori dimostrare il corretto impiego o la lecita destinazione di tali risorse, in conformità alla normativa vigente e allo statuto societario.
Ancora, la S.C. ha sottolineato la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori, ragion per cui il curatore, ai sensi dell’art. 146 l. fall. (oggi art. 255 CCII), ha l’onere di provare le violazioni commesse, il danno subito e il nesso causale tra violazione e danno.
Di converso, gli amministratori devono dimostrare di aver adempiuto ai propri doveri in relazione alle contestazioni sollevate (si veda ex multis Cass. 25631/2023).