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Giurisprudenza

Appalti pubblici: sul recesso dal raggruppamento temporaneo d’imprese

30 Settembre 2024

Corte di Giustizia UE, Sez. VIII, 26 settembre 2024, C‑403/23 e C‑404/23 – Pres. Piçarra, Rel. Gavalec

Di cosa si parla in questo articolo

L’ottava sezione della Corte di Giustizia UE (Pres. Piçarra, Rel. Gavalec), con sentenza del 26 settembre 2024, resa nelle cause riunite C‑403/23 e C‑404/23, si è pronunciata sulla possibilità di un’impresa offerente di recedere dal raggruppamento temporaneo d’imprese alla scadenza del termine di validità dell’originaria offerta, e sui riflessi di tale recesso sulla cauzione versata all’amministrazione aggiudicatrice.

Il Consiglio di Stato, quale giudice del rinvio, chiedeva, in particolare:

  • se l’art. 47, paragrafo 3, e l’art. 48, paragrafo 4, della Direttiva 2004/18, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, dovessero essere interpretati nel senso che gli artt. 11, comma 6, 37, commi 8, 9, 10, 18 e 19, 38, comma 1, lett. f) del previgente codice dei contratti pubblici, non possono escludere la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell’offerta presentata dal raggruppamento giunga a scadenza e l’amministrazione aggiudicatrice chieda tuttavia l’estensione della validità delle offerte che le sono state presentate;
  • se i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza, quali enunciati all’art. 2 e al considerando 2 della Direttiva 2004/18, dovessero essere interpretati nel senso che tale normativa nazionale non possa prevedere l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato.

Sull’impossibilità di recedere dal raggruppamento temporaneo di imprese

La Corte ricorda che né l’art. 47, né l’art. 48 della citata Direttiva contengono norme riguardanti specificamente le modifiche sopraggiunte in ordine alla composizione di un raggruppamento di operatori economici offerente, sicché la disciplina di una tale situazione rientra nella competenza degli Stati membri.

Ebbene, dall’art. 37, commi 9, 10, 18 e 19, del previgente codice dei contratti pubblici (italiano) risulta che, salvo in caso di fallimento del capogruppo o di un componente di un raggruppamento temporaneo di imprese, qualsiasi modifica riguardante l’originaria composizione di tale raggruppamento era vietata, pena l’esclusione di tutti i componenti del raggruppamento dalla procedura di aggiudicazione di appalto pubblico.

Tale divieto di modificare la composizione di un raggruppamento temporaneo di imprese, è stato quindi valutato dalla Corte alla luce del principio di parità di trattamento, dell’obbligo di trasparenza che deriva da quest’ultimo e del principio di proporzionalità.

Il principio di parità di trattamento accorda agli offerenti le stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte, il che implica che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti; mentre l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.

Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e di interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione

I principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti.

Al riguardo, il punto 21 dell’allegato VII A della Direttiva 2004/18 prevede che il periodo di tempo durante il quale l’offerente è vincolato alla propria offerta costituisca parte integrante delle informazioni che devono figurare nei bandi di gara.

La Corte ricorda la propria giurisprudenza sul punto, per cui l’art. 47, paragrafo 3, e l’art. 48, paragrafo 4, della Direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che i componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese possono, senza violare il principio della parità di trattamento, recedere da quest’ultimo, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti di tale raggruppamento soddisfano le condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione di appalto pubblico definite dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione a tale procedura non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.

Pertanto, secondo la Corte, imponendo rigorosamente il mantenimento dell’identità giuridica e materiale di un raggruppamento temporaneo di imprese, l’art. 37, commi 9, 10, 18 e 19, del previgente codice dei contratti pubblici viola manifestamente il principio di proporzionalità, soprattutto perché nessuna deroga è prevista nell’ipotesi in cui l’amministrazione aggiudicatrice chieda, a più riprese, il differimento della data di validità delle offerte.

Un tale differimento richiede che tutti i componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese, da un lato, immobilizzino talune risorse, tanto in termini di personale quanto di materiali, nella prospettiva di un’eventuale aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi e, dall’altro, di prorogare la cauzione provvisoria costituita, il che può rappresentare un onere rilevante, in particolare per una PMI.

Sull’incameramento automatico della cauzione

La Corte, richiamando la propria precedente giurisprudenza sul punto, ricorda che la fissazione anticipata da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, nel bando di gara, dell’importo della cauzione provvisoria da costituire, risponde alle esigenze derivanti dai principi di parità di trattamento tra gli offerenti, di trasparenza e di certezza del diritto, poiché consente oggettivamente di evitare qualsiasi trattamento discriminatorio o arbitrario di questi ultimi da parte di tale amministrazione aggiudicatrice.

Tuttavia, l’incameramento automatico di tale cauzione, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente e, pertanto, in assenza di qualsiasi motivazione individuale, non appare compatibile con le esigenze derivanti dal rispetto del principio di proporzionalità.

Inoltre, anche se si responsabilizzano gli offerenti in sede di predisposizione delle loro offerte e, si compensa l’onere finanziario che il controllo della regolarità delle offerte rappresenta per l’amministrazione aggiudicatrice, l’importo che essa raggiunge in una situazione come quella di cui al procedimento principale, appare per la Corte manifestamente eccessivo rispetto allo svolgimento della procedura di appalto di cui trattasi.

Questi i principi di diritto affermati quindi dalla Corte:

1)  L’articolo 47, paragrafo 3, e l’articolo 48, paragrafo 4, della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che:

–             essi ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell’offerta presentata da detto raggruppamento giunga a scadenza e l’amministrazione aggiudicatrice chieda l’estensione della validità delle offerte che le sono state presentate, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti dello stesso raggruppamento soddisfano i requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.

2)  I principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza, quali enunciati all’articolo 2 e al considerando 2 della Direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che:

–             essi ostano a una normativa nazionale che prevede l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato.

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