SOMMARIO: La vendita forzata comporta l’emissione del decreto di cancellazione dei gravami, ma questo richiede che venga esperita una procedura competitiva per sondare il mercato. Negli ultimi tempi sono emersi, sia nell’esecuzione forzata, sia nelle procedure concorsuali, casi di vendite forzate che prescindono dall’espletamento della procedura competitiva. Questo è il caso del contratto preliminare di compravendita trascritto “prima casa”, ove è previsto il subentro forzoso del curatore in caso di fallimento del promittente venditore; un caso che, nell’interpretazione data dalle Sezioni Unite sotto il vigore della precedente disciplina, impone la procedura competitiva. Soluzione non seguita, invece, dal legislatore del correttivo-ter, con una discutibile disciplina potenzialmente in contrasto con il diritto dell’Unione.
ABSTRACT: The forced sale involves the issuance of a decree canceling encumbrances, but this requires the conduct of a competitive procedure to assess the market. In recent times, both in enforcement proceedings and in insolvency procedures, cases have emerged of forced sales that bypass the competitive procedure. This is the case of the preliminary sales contract for a “primary residence” registered prior to the sale, where the court-appointed administrator is forced to step in in the event of the seller’s bankruptcy. According to the interpretation provided by the Joint Divisions under the previous legal framework, this situation mandates the competitive procedure. However, this solution has not been followed by the legislator with the “correttivo-ter”, introducing a debatable regulation that could potentially conflict with EU law.
1. Introduzione
Il tema della cancellazione dei gravami in caso di subentro del curatore nel contratto preliminare trascritto “prima casa”, giunto recentemente all’attenzione delle Sezioni Unite [1], consente di svolgere alcune riflessioni sulla liquidazione dei beni nelle procedure concorsuali, sul significato di vendita forzata, nonché sul ruolo del curatore.
A seguito della emancipazione delle attività di liquidazione da quelle che erano le forme classiche dell’esecuzione forzata nel processo civile, ci si interroga su quale sia il “nocciolo duro”, o meglio il denominatore comune alle vendite forzate in ambito concorsuale [2]. Le forme di liquidazione – “segmenti liquidatori” [3] – hanno assunto connotati atipici, facendo sorgere il dubbio che ci si trovi di fronte a modalità di liquidazione di beni acquisiti all’attivo delle procedure concorsuali che, tuttavia, non possano sempre giovarsi del decreto di purgazione dai gravami [4].
La questione, analoga a quella più generale del “cerchio concentrico” idoneo a ricomprendere gli elementi propri della concorsualità [5], è di particolare attualità. Se la concorsualità si va spostando dalla liquidazione giudiziale alle procedure di risanamento [6] – tanto da mettere in discussione un modello interpretativo che ponga al centro le procedure liquidatorie [7] – il tema della cancellazione dei gravami investe de plano le attività liquidatorie degli organi delle procedure concorsuali, svolte sia nell’ambito della liquidazione giudiziale, ma anche nelle procedure di ristrutturazione che prevedano, anche in forma accessoria, la liquidazione di beni [8].
Il subentro nel contratto preliminare trascritto avente per oggetto beni immobili “prima casa”, già disciplinato dall’art. 72, comma 8, l. fall. abr. e ora dall’art. 173, comma 3, CCII, costituisce esempio emblematico di liquidazione in forma atipica nella liquidazione giudiziale. In questo caso, l’attività negoziale del curatore entra in frizione con le attività liquidatorie. Il curatore, subentrando anche forzosamente nel contratto, assolve a una obbligazione – quella di stipulare il contratto definitivo – già assunta dal promittente venditore dichiarato insolvente e, quindi, coopera alla stipulazione del contratto definitivo nell’interesse della controparte contrattuale, soggiacendo a una regolamentazione negoziale nella quale è subentrato.
Contestualmente il curatore, stipulando il contratto definitivo, cede il bene al promissario (terzo rivendicante in conflitto con la massa dei creditori) quale atto esecutivo del subentro nel contratto preliminare, per cui sottrae un bene all’attivo acquisito nell’interesse della massa dei creditori e compie un atto di liquidazione dell’attivo inventariato. La frizione tra i due ruoli del curatore appare evidente: questa liquidazione, in quanto invito domino, nulla ha a che vedere con le originarie obbligazioni contrattuali sottoscritte dal debitore insolvente, in cui il curatore è subentrato.
I nodi sono venuti al pettine con il menzionato arresto delle Sezioni Unite, che hanno condivisibilmente spezzato una lancia in favore del ceto creditorio mediante l’assimilazione, rectius l’assorbimento del subentro nel contratto preliminare prima casa tra le attività preparatorie della liquidazione, disancorando l’esecuzione del contratto dalle attività negoziali e agganciandola al realizzo della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ. tramite procedura competitiva [9].
Di contro, le Sezioni Unite circoscrivono questa soluzione alla sola legge fallimentare abrogata ma la escludono dalla disciplina vigente, peraltro essa stessa profondamente incisa, se non stravolta, dal terzo correttivo.
Pare opportuno riannodare i fili che hanno portato, da un lato, allo svaporamento delle forme dell’esecuzione forzata e, dall’altro, a questa tutela rafforzata del promissario acquirente di immobile “prima casa”.
2. Evoluzione della vendita forzata
Nella originaria formulazione della legge fallimentare, le attività liquidatorie dei beni immobili erano vendite forzate, sovrapponibili a quelle di diritto comune proprie dell’esecuzione forzata [10]. Le vendite si svolgevano nelle forme del codice di procedura civile (art. 105 l. fall.), operando la disciplina concorsuale un rinvio recettizio alla disciplina dell’espropriazione di beni immobili. Unica differenza era che la liquidazione del bene immobile si svolgeva davanti al giudice delegato anziché davanti al giudice dell’esecuzione. Era, pertanto, il giudice delegato che procedeva alla cancellazione dei gravami, ma con una vendita rigidamente procedimentalizzata dal codice di rito, che si concludeva con decreto di trasferimento, cui accedeva il contestuale decreto di purgazione dai gravami, non diversamente che per l’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 586 cod. proc. civ. [11].
Il giudice (delegato) trasferiva, il giudice (delegato) cancellava.
Le riforme della disciplina concorsuale, da un lato, e dell’esecuzione forzata, dall’altro, portate a termine nel 2006, hanno rimesso in discussione questo paradigma. Da un lato, l’esecuzione forzata non si svolge più davanti a un magistrato (art. 591-bis cod. proc. civ.) – salvi casi specifici propri, peraltro, della disciplina concorsuale [12] – e può aprirsi (e sin anche deve) allo svolgimento secondo modalità telematiche [13].
Dall’altro il procedimento della vendita concorsuale viene ad assumere contorni sempre più sfumati, “liquidi”, estranei alle forme proprie dell’esecuzione forzata. La liquidazione dei beni si svolge secondo “procedure competitive” (art. 107, comma 1, l. fall.), le cui modalità sono rimesse al programma di liquidazione del curatore (art. 104-ter l. fall.).
Non si è, tuttavia, mai dubitato che le vendite eseguite dal curatore fossero vendite forzate nell’interesse dei creditori. Sotto il profilo soggettivo, il curatore rappresenta in sede di liquidazione la massa dei creditori. Inoltre, le vendite concorsuali, non diversamente (tendenzialmente) da quelle condotte nell’interesse di investitori istituzionali, hanno l’obiettivo del massimo e miglior realizzo (Highest and Best Use – HBU), trattandosi di attività di liquidazione aperte al mercato e condotte nell’interesse dei creditori [14]. Nel qual caso occorre, in primo luogo, che la determinazione del valore del cespite sia ancorata a localizzazione, tipologia e, soprattutto, caratteristiche fisiche dell’immobile [15]. In secondo luogo, occorre che il valore del bene intercetti il mercato e il miglior prezzo di trasferimento (exit price o fair value); per far questo, è necessario che sia trascorso un periodo di tempo apprezzabile idoneo a informare i potenziali interessati e che sia stata individuata la categoria dei potenziali acquirenti che possano garantire il miglior uso del bene oggetto di liquidazione [16].
L’attività liquidatoria condotta dal curatore non può, pertanto, essere condotta secondo criteri idiosincratici civilistici (art. 833 cod. civ., come nel caso della aggiudicazione al primo interessato), bensì occorre giungere al miglior rapporto tra prezzo e valore di realizzo nell’interesse dei creditori [17]. Questa attività liquidatoria ha lo scopo di tutelare i creditori, primi tra tutti i creditori ipotecari, la cui garanzia esprime “in potenza” il valore del bene garantito che deve essere realizzato “in atto” [18]. Il curatore non può sottrarsi al trasferimento del bene all’aggiudicatario se la procedura ha fatto il suo regolare corso [19].
La finalità della vendita forzata spiega perché il legislatore ha mantenuto inderogabilmente a presidio della vendita forzata due finestre informative a tutela sia dei creditori, sia della trasparenza e del mercato, ossia la perizia di stima (individuazione delle caratteristiche e dello stato anche giuridico dell’immobile) e l’adozione di “adeguate forme di pubblicità” tali da intercettarne il mercato (art. 107, comma 1, l. fall.), i cui contenuti e modalità vanno illustrati nel programma di liquidazione.
Il rispetto delle condizioni indicate nel bando comporta che il curatore non può – sotto pena di nullità delle operazioni di vendita – modificare successivamente le originarie condizioni indicate nel bando [20]. Né possono validamente stipularsi accordi tra interessati, volti ad alterare il corso della procedura di vendita, in quanto in contrasto con il principio di ordine pubblico di trasparenza delle procedure di vendita forzata [21]. La particolare delicatezza del procedimento ha, poi, portato la giurisprudenza a ritenere che, in ogni caso, la procedura possa essere sospesa per “gravi e giustificati motivi” (art. 108, primo comma e primo periodo, l. fall.) in termini particolarmente ampi, in quanto norma di chiusura a tutela del ceto creditorio [22].
La riforma del 2006 ha, quindi, “liberato” le vendite concorsuali dal rispetto delle regole formali della vendita forzata di diritto comune, ma non ne ha fatto venir meno il ruolo di strumento di massimizzazione della garanzia patrimoniale dei creditori e di vendita invito domino. La vendita concorsuale mantiene, pertanto, una fase a evidenza pubblica precedente al trasferimento dell’immobile, presidiata da norme inderogabili volte a garantire ex ante, per i terzi interessati, la trasparenza e, per i creditori della procedura concorsuale, il più alto valore di realizzo (perizia, bando e pubblicità), nonché intercettando ex post eventuali alterazioni patologiche della fase a evidenza pubblica [23].
L’ottimizzazione del ricavato della liquidazione nell’interesse dei creditori ridonda, inoltre, indirettamente a beneficio anche del debitore insolvente, in quanto facilita il terreno per la sua successiva esdebitazione [24].
Coerentemente, il giudice delegato (come anche il MIMIT in caso di amministrazione straordinaria: art. 64 d. lgs. n. 270/1999), pur non emettendo più il decreto di trasferimento (essendo il trasferimento oggetto di atto negoziale), mantiene il potere-dovere di emettere il decreto purgativo dai gravami all’esito della riscossione del prezzo determinatosi all’esito della procedura competitiva (art. 108, comma 2, l. fall.).
Può trarsi il corollario che la vendita forzata presuppone l’endiadi procedura competitiva – decreto di purgazione dei gravami. Al fine della produzione degli effetti propri della vendita forzata e dell’emissione del decreto di cancellazione dei gravami, occorre che il curatore proceda inderogabilmente, sia pure con modalità deformalizzate ma idonee a intercettare i potenziali interessati, al preventivo espletamento di una procedura competitiva.
3. Nuove forme di liquidazione dei beni
A complicare il quadro sono intervenuti ulteriori “ammorbidimenti” delle forme di liquidazione dei beni. Nelle procedure concorsuali si è assistito a transazioni tra curatore e terzi (es. comproprietari di una quota immobiliare detenuta dal curatore) che prevedevano quale modalità esecutiva anziché la liquidazione della quota, la cessione traslativa del bene a un valore convenzionale a tacitazione di una controversia con i terzi. In questi casi, come nel caso di controversia che vertesse anche (e non solo) sulla titolarità di un diritto reale immobiliare, si è talora previsto che l’accordo tra il curatore e la controparte fosse attuato nelle forme dell’alienazione della quota immobiliare o del diritto reale controverso [25].
Questa modalità liquidatoria, benché esecutiva di un accordo tra le parti, al fine di nutrirsi del decreto di purgazione dai gravami, non può sottrarsi al rispetto delle finestre informative richieste per procedere con la purgazione dei gravami, quali l’individuazione del prezzo di cessione sulla base di una perizia di stima, nonché l’esperimento di una procedura competitiva, benché deformalizzata, rivolta a potenziali interessati [26].
Questa “fuga” dalla competitività è apparsa recentemente, anche se in termini diversi, nell’esecuzione forzata, con l’introduzione della vendita diretta, nel caso in cui il debitore presenti una offerta di acquisto del bene pignorato non inferiore ai valori indicati nella perizia (art. 568-bis cod. proc. civ.) [27]. In questo caso – alla luce dei valori indicati nella perizia di stima ex art. 568 cod. proc. civ. – il deposito di una offerta cauzionata di un interessato (“offerente”), veicolato da una istanza del debitore pignorato, comporta che non si proceda in default all’espletamento della procedura competitiva. Il giudice dell’esecuzione interpella i creditori sull’offerta pervenuta (art. 569-bis, quinto comma, cod. proc. civ.) e, ove non pervengano opposizioni dei creditori, aggiudica il bene esecutato all’offerente. Nell’esecuzione forzata la procedura competitiva non è, pertanto, più inderogabile ma è disponibile, rimessa all’assenso dei creditori titolati (procedente e intervenuti), i quali possono decidere di avvalersene o meno [28].
Non può, tuttavia, ritenersi che nella vendita diretta sia venuta meno l’endiadi vendita competitiva – purgazione. L’espletamento della fase a evidenza pubblica, pur disponibile da parte dei creditori, viene espletata ove i creditori muniti di titolo ne facciano richiesta ad nutum, essendo i creditori i soggetti che danno impulsi alla procedura. Il potere di impulso proprio delle procedure espropriative individuali si estende, in questo caso, all’espletamento della procedura competitiva (che ha tempi e costi che i creditori possono decidere di non sostenere), ma non fa venir meno la natura di vendita forzata condotta nel loro interesse e da questo discende l’emissione del decreto di purgazione dei gravami.
4. Il contratto preliminare di compravendita trascritto
La storia della disciplina del contratto preliminare trascritto – figura più generale del contratto preliminare trascritto “prima casa”, oggetto di attenzione da parte delle Sezioni Unite – evidenzia come essa non ha attitudine a ostacolare, né a concorrere con le vendite forzate.
Il contratto preliminare trascritto è stato introdotto dall’art. 3 d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30, quale disciplina speciale rispetto all’art. 1351 cod. civ., che ha nella trascrizione (e nella persistenza degli effetti della trascrizione) il suo connotato fondamentale [29]. Tale disciplina ha originariamente fatto parte di un pacchetto di disposizioni integrative della legge finanziaria 1997, con lo scopo di tutelare i promissari acquirenti di immobili in corso di costruzione [30].
La norma civilistica attribuisce al promissario, in caso di fallimento o esecuzione forzata del promittente venditore, il riconoscimento del privilegio trascrizionale introdotto dall’art. 2775-bis cod. civ. sui crediti vantati nei confronti del promittente venditore derivanti dall’esecuzione anticipata delle prestazioni. L’art. 3 d.l. cit. ha, poi, aggiunto un ulteriore comma all’art. 72 l. fall., conferendo al contratto preliminare di compravendita anche lo status di contratto pendente laddove, all’epoca, altri contratti di maggiore rilevanza economica e sociale (es. leasing, contratti di lavoro) non trovavano ancora espressa disciplina.
Si tratta, in ogni caso, di una disciplina priva di attitudine reipersecutoria. La trascrizione del contratto non attribuisce un diritto prenotativo al promissario acquirente, ma gli garantisce la posizione di creditore privilegiato sul patrimonio del promittente venditore in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo sul ricavato della vendita del bene immobile promesso in vendita. In altri termini, il promissario acquirente concorre con gli altri creditori sul ricavato della vendita forzata con una prelazione sul ricavato, ma non può ostacolarla. Disciplina, questa, coerente con la facoltà attribuita al curatore del promittente venditore di sciogliersi dal contratto preliminare per procedere con le operazioni di liquidazione dell’immobile.
Di contro, l’efficacia prenotativa è stata riconosciuta dalle Sezioni Unite nel diverso caso di trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 cod. civ. prima della declaratoria di fallimento [31], caso in cui si è ritenuto che il curatore non avrebbe potuto esercitare la facoltà di scioglimento dal contratto preliminare, stante l’efficacia prenotativa della domanda giudiziale, a tutela del promissario acquirente [32].
Si tratta, con tutta evidenza, di un caso diverso da quello del preliminare trascritto e nel quale la trascrizione del contratto preliminare è irrilevante. La natura reipersecutoria dell’iniziativa del promissario acquirente deriva dagli effetti prenotativi propri della domanda giudiziale, anche se il contratto preliminare non sia stato trascritto, con decorrenza dalla data di trascrizione della domanda, alla cui data retroagiscono gli effetti della sentenza che ope iudicis sortisce gli effetti del contratto non concluso [33].
In secondo luogo (per quanto qui maggiormente rileva), l’opponibilità del trasferimento opera senza pregiudizio dei gravami trascritti o iscritti sull’immobile oggetto di trasferimento: il bene fuoriesce dall’attivo acquisito alla massa dei creditori ma non viene meno la garanzia patrimoniale dei creditori iscritti, che potranno esercitarla nei confronti dell’acquirente.
Ove, peraltro, vi siano gravami sull’immobile, la domanda giudiziale del promissario può essere accolta se l’importo dei crediti ipotecari è inferiore al residuo importo del prezzo a versarsi, previo esercizio cumulativo della domanda di quanti minoris nell’ambito del giudizio ex art. 2932 cod. civ., operando il giudice ordinario il riequilibrio contrattuale infranto per effetto dell’ulteriore peso economico dovuto alla necessità di cancellare i gravami ivi insistenti [34].
Se il riequilibrio contrattuale non è possibile (ove i crediti ipotecari superino l’importo del residuo prezzo), il promissario può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento e (in chirografo) il risarcimento del danno. In alternativa, il promissario acquirente (come anche il curatore, ove la domanda giudiziale non sia stata trascritta in epoca anteriore al fallimento) si scioglie dal contratto preliminare e fa valere nello stato passivo il proprio credito per gli acconti versati; in caso di contratto trascritto, fa valere il privilegio trascrizionale di cui all’art. 2775-bis cod. civ.
E’ evidente come questa soluzione sia indifferente alla apertura di una procedura concorsuale liquidatoria. Se il debitore è in bonis o è stato dichiarato fallito, la causa fa il suo corso [35]. Ove il debitore fosse ancora in bonis, nulla vieta al creditore iscritto di esperire l’esecuzione forzata, anche nei confronti del subacquirente del bene già ipotecato, ove trasferito al promissario ex art. 602 cod. proc. civ.
5. Il preliminare “prima casa”
Un passo molto significativo in favore del promissario acquirente è avvenuto per effetto del d. l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha inserito l’ancora più speciale disciplina del contratto preliminare trascritto avente ad oggetto l’immobile a uso abitativo cd. “prima casa” (art. 72, comma 8, l. fall.), ove l’immobile sia destinato all’acquisto dell’abitazione principale del promissario acquirente o di parenti e affini entro il terzo grado. La destinazione dell’immobile ad abitazione principale del promissario, nonché della sua famiglia (peraltro, particolarmente allargata) – nonché nel caso in cui si tratti di immobile a uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa del promissario acquirente – preclude lo scioglimento del curatore dal contratto. Al pari del diverso caso dei contratti preliminari in cui vi sia stata trascrizione della domanda prima del fallimento, il legislatore obbliga il curatore a subentrare forzosamente nel contratto, divenendone parte in forza dell’opzione esercitata dal promissario acquirente.
Si tratta di una tutela rafforzata del promissario acquirente fondata sul valore sociale del “bene casa”. La tutela in questo caso è fondata su presupposti diversi dalla trascrizione della domanda giudiziale. Il divieto di scioglimento da parte del curatore (che è l’originario valore aggiunto di questa norma) deriva dalla stipula di un contratto preliminare trascritto che abbia ad oggetto un immobile destinato ad abitazione principale del promissario acquirente o della sua famiglia allargata [36]. La norma inibisce la facoltà di scioglimento del curatore dal contratto preliminare trascritto in termini analoghi al principio affermato in via giurisprudenziale per la trascrizione della domanda ex art. 2932 cod. civ., non in forza dell’effetto prenotativo di una domanda giudiziale, bensì dell’oggetto del contratto (“bene casa”) e della trascrizione del relativo preliminare.
E’ sorto il dubbio se il subentro forzoso del curatore in questo contratto, dal particolare valore sociale, attribuisse alla fase esecutiva del subentro, ossia alla stipula del contratto definitivo, natura di vendita forzata di vendita concorsuale, con conseguente emissione del decreto purgativo dai gravami [37]. In assenza del decreto di purgazione, il diritto del promissario sarebbe stato vanificato dalla pendenza di gravami, che avrebbero potuto rendere antieconomico l’acquisto. Il tema è stato risolto da una pronuncia del giudice di legittimità che, con un passaggio motivazionale alquanto sintetico, ha affermato il principio che in caso di contratto preliminare trascritto “prima casa”, il promissario avesse maturato anche il diritto alla cancellazione dei gravami [38].
Ecco, quindi, che il subentro forzoso del curatore nel contratto preliminare trascritto “prima casa” assurge ad atto di liquidazione atipico, aggiungendosi alle altre ipotesi deformalizzate di liquidazione dei beni nella procedura concorsuale liquidatoria.
6. Prime riflessioni
Il tema del subentro del curatore nel preliminare trascritto “prima casa” entra, a questo punto, nel vivo del dilemma: rileva o no, al fine di ottenere il decreto di purgazione dai gravami, l’endiadi procedura competitiva – decreto purgativo?
Nonostante l’attitudine reipersecutoria del contratto preliminare trascritto “prima casa” non abbia attinenza con l’origine storica del più generale contratto preliminare trascritto (che mira a tutelare i crediti del promissario acquirente dall’insolvenza del promittente venditore), il legislatore e l’interpretazione giurisprudenziale hanno attribuito a un bene di particolare rilevanza sociale (il “bene casa”) una tutela rafforzata non presente per altri contratti preliminari immobiliari trascritti.
Il contratto “prima casa” si caratterizza, rispetto agli altri contratti di vendita immobiliare, per un oggetto predeterminato. Per dare selettività a questa particolare tipologia contrattuale, in alcune prassi e in alcuni precedenti di merito si è imposto al promissario che il testo contrattuale recasse espressamente la menzione che il contratto fosse destinato ad abitazione principale della famiglia. Questa soluzione è prevista a regime dalla modifica dell’art. 173, comma 3, CCII introdotta dal correttivo-ter, in cui la disciplina dell’art. 173, comma 3 CCII richiede preventivamente che “dal contratto risulta” testualmente la destinazione del bene immobile ad abitazione principale del promissario o della sua famiglia “(che ha ad oggetto”). Questa indicazione ha il pregio di evitare che, come ritiene invece la giurisprudenza di legittimità, che la dichiarazione di parte possa essere inserita successivamente anche al momento del trasferimento [39], ben oltre la stipula del contratto preliminare.
Tuttavia, la verifica sostanziale della concreta adibizione dell’immobile abitativo ad abitazione principale del promissario, sia pure ai fini fiscali (e con diversi presupposti soggettivi), è rimessa a un fatto giuridico successivo (art. 1, Parte I, nota II-bis, tariffa allegata d.P.R. n. 131/1986), ossia il trasferimento della residenza principale in loco da parte dell’acquirente entro diciotto mesi dalla data dell’acquisto, quindi, fatto giuridico di molto successivo non solo al preliminare, ma anche alla stipula del contratto definitivo [40].
Tutti i contratti preliminari di compravendita trascritti aventi ad oggetto immobili abitativi hanno, pertanto, potenzialmente attitudine a giovarsi della disciplina “prima casa” se si ha l’accortezza di inserire tale inciso nel testo contrattuale e, ove i loro effetti non siano esauriti – ossia non siano trascorsi tre anni dalla trascrizione del preliminare o un anno dalla data prevista per la conclusione del definitivo (art. 2645-bis, comma 3, cod. civ.) – possono dar luogo a richieste di adempimento o esecuzione da parte dei promissari e a richieste di emissione di ordini di cancellazione delle ipoteche.
La previsione nel testo contrattuale della natura del bene “prima casa” può, pertanto, non rivelarsi decisiva e può prestarsi ad abusi in danno dei creditori. In ogni caso, ove il bene perdesse la qualifica di abitazione principale ai fini fiscali, questo non avrebbe incidenza sulla procedura concorsuale.
In secondo luogo, la cancellazione delle ipoteche iscritte sul bene immobile oggetto del contratto preliminare continua a costituire un unicum nell’ordinamento giuridico. Questa tutela non sarebbe, difatti, esercitabile ove il promittente venditore fosse in bonis, caso in cui il promissario ottiene il trasferimento dell’immobile promessogli in vendita esperendo l’azione ex art. 2932 cod. civ. In questo caso, il promissario non potrebbe ottenere la cancellazione dei gravami ma al più, ove possibile, il riequilibrio contrattuale, come si è visto, attraverso l’esperimento della domanda di quanti minoris, riducendo il prezzo residuo in proporzione dell’importo dei crediti ipotecari iscritti [41].
Ove, poi, l’immobile promesso in vendita fosse staggito dal creditore ipotecario, l’esecuzione farebbe ulteriormente il suo corso, eventualmente anche in danno del promissario acquirente. Tuttavia, in questo caso, ove il promittente venditore fosse assoggettato a procedura concorsuale liquidatoria, la procedura esecutiva diverrebbe improcedibile e il promissario potrebbe in questo caso ottenere la liberazione dai gravami.
A complicare questo stop and go vi è, poi, la circostanza che l’esecuzione potrebbe subire l’impulso (preesistente o successivo) del creditore fondiario [42]. In questo caso, la fase espropriativa e la relativa procedura competitiva farebbero ulteriormente il proprio corso anche in caso di liquidazione giudiziale, nonché di liquidazione controllata [43]; avendo la fase espropriativa termine, davanti al giudice dell’esecuzione, quest’ultimo emetterebbe il decreto di trasferimento con il decreto purgativo dai gravami all’esito della gara espletata.
Potrebbe, peraltro, sostenersi che il promissario possa sortire il decreto di purgazione dei gravami da parte del giudice delegato (e non da parte del giudice dell’esecuzione), inibendo l’operatività del privilegio processuale fondiario per il fatto che sia stato stipulato un contratto preliminare “prima casa” per il quale non siano cessati gli effetti della trascrizione, il cui interesse sostanziale prevarrebbe sulla tutela del credito. In questo caso, la norma che tutela il promissario acquirente entra frontalmente in contrasto con il privilegio processuale fondiario. Una soluzione di questo tipo richiederebbe un delicato bilanciamento di interessi contrapposti (quello del promissario e della sua famiglia allargata al “bene casa” libero da gravami e quello della tutela del credito) che richiederebbe un vaglio preventivo da parte della Consulta.
In terzo luogo, il curatore che subentra in un contratto pendente è equiparabile a un avente causa (successore) del debitore, posizione che assume anche ove il curatore fa valere diritti patrimoniali di quest’ultimo (recupero crediti), ovvero ove assolve ad obblighi del debitore, in particolare fiscali [44]. Nel caso, invece, in cui il curatore liquidi un bene immobile, lo fa nell’interesse dei creditori quale rappresentante della massa e lo fa con procedura competitiva. Ove il curatore liquidasse l’immobile nell’interesse del promissario, lo farebbe nell’interesse di un rivendicante, ossia di un soggetto in conflitto con la massa dei creditori.
Questa soluzione potrebbe risultare, oltre che deprimente per la garanzia ipotecaria [45], incompatibile con il diritto dell’Unione, nella parte in cui configura il curatore quale ausiliario del giudice che opera nell’interesse dei creditori ex artt. 1, 7, comma 2, lett. c) Reg. (UE) 2015/848 [46].
7. Gli sviluppi del codice della crisi
Nonostante le cennate criticità, il legislatore delegante ha perseguito senza indugio la linea già tracciata dal giudice di legittimità, fornendo due puntuali criteri di delega al legislatore delegato, invitando (peraltro genericamente) il legislatore delegato a chiarire se, in caso di subentro del curatore nel “contratto preliminare di vendita” (quindi, astrattamente anche non trascritto) il giudice delegato avesse il potere di cancellare i gravami ex art. 108, comma 2, l. fall. (art. 7, comma 2, lett. d) l. n. 155/2017), nonché a introdurre una disciplina organica (anche in questo caso) del “contratto preliminare” (art. 7, comma 6, lett. c) l. ult. cit.). Va, peraltro, incidentalmente osservato che vi è un parziale disallineamento tra i criteri di delega e la disciplina del contratto preliminare trascritto, posto che la disciplina positiva del contratto preliminare attiene, propriamente, alla disciplina del contratto preliminare trascritto di beni immobili e non, in generale, a quella del “contratto preliminare di vendita” indicato dalla legge delega.
Il legislatore delegante ha avuto il compito di dirimere il conflitto tra l’opinione secondo cui il contratto preliminare trascritto “prima casa” garantisse il solo diniego di scioglimento del curatore, ma senza alcun effetto purgativo (non diversamente che in caso di trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 cod. civ. prima della dichiarazione di fallimento), ovvero se tale disciplina avesse attitudine non solo reipersecutoria, ma anche purgativa dei gravami, come aveva precisato la giurisprudenza di legittimità.
Il legislatore delegato ha dato puntuale attuazione ai criteri di delega, prevedendo per il contratto preliminare trascritto “prima casa” la cancellazione dei gravami in caso di subentro forzoso del curatore nel contratto (art. 173, comma 4, CCII, ultimo periodo: “il giudice delegato, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, ordina con decreto la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo”) [47]. Tale disposizione imbocca con decisione l’impervia strada del curatore-parte che, subentrando negli obblighi del debitore insolvente, utilizza a favore del promissario rivendicante gli strumenti propri del curatore-terzo rappresentante della massa dei creditori, applicando alla stipulazione del contratto definitivo lo strumento principe della vendita forzata [48].
Viene, inoltre, espressamente previsto che il promissario acquirente è un terzo rivendicante nei confronti della massa dei creditori. L’art. 173, comma 3, CCII, ultimo periodo, chiarisce definitivamente che l’esecuzione del contratto preliminare che ha per oggetto l’immobile “prima casa” avviene con la rivendica da parte del promissario nell’ambito dello stato passivo (“nel termine e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura”). La richiesta di subentro nel preliminare, in quanto esercitata con domanda di rivendica ex rt. 201 CCII, consente il contraddittorio con il curatore e con i creditori.
Il legislatore delegato aveva, tuttavia, opportunamente messo una “pezza”, sterilizzando parzialmente gli effetti distorsivi di questo subentro del curatore nel contratto preliminare a uso abitativo trascritto, con particolare riguardo alla incidenza per la massa degli “acconti corrisposti” dal promissario al debitore insolvente. La norma originaria prevedeva, difatti, che questi acconti fossero opponibili al curatore nella misura della metà di quanto versato al debitore in bonis. In questo caso la norma, pur non contemplando espressamente l’esperimento di una procedura competitiva, agevolava il trasferimento di beni immobili di particolare rilevanza sociale senza che il peso economico di questo trasferimento – nel caso di versamento integrale degli acconti al debitore in bonis – fosse sopportato integralmente dai creditori.
Sotto quest’ultimo profilo, secondo la originaria formulazione della norma, la prova del pagamento degli acconti a fornirsi dal promissario non poteva essere paralizzata dal curatore servendosi della disciplina della data certa (art. 2704 cod. civ.), essendo il curatore subentrato nel contratto e, quindi, non potendo qualificarsi come terzo, la documentazione era liberamente apprezzabile dal giudice.
E rimasto, in ogni caso, il nodo gordiano del contrasto tra una attività del curatore-parte, che soggiace al diritto potestativo del terzo promissario subentrando forzosamente nel contratto preliminare (ove trascritto e ove abbia ad oggetto l’abitazione principale del promissario o della sua famiglia allargata) e quella del curatore-terzo, che procura al promissario una tutela sui generis (la cancellazione dei gravami) che viene posta in essere, in genere, all’esito di procedura competitiva, non avendo chiarito la norma se, dopo il subentro nel preliminare e prima della stipulazione del contratto definitivo, si sarebbe dovuto o meno procedere alla procedura competitiva prima dell’emissione del decreto purgativo dai gravami.
8. L’arresto delle sezioni unite
Questo nodo gordiano è stato tranciato (per la disciplina previgente) dalle Sezioni Unite, statuendosi che prima della cancellazione dei gravami il curatore debba procedere a una procedura competitiva del bene immobile oggetto di contratto preliminare.
La pronuncia origina, come spesso accade, da un caso limite. Il promissario acquirente, dopo avere trascritto il preliminare, aveva “interamente versato” al promittente venditore (debitore poi fallito) l’intero prezzo (preliminare a effetti anticipati interamente eseguito dal promissario). Una volta intervenuto il fallimento, il promissario aveva chiesto al curatore il subentro nel preliminare e l’emissione del decreto di cancellazione dei gravami. Il subentro del curatore del promittente venditore nel preliminare aveva prodotto il trasferimento del bene a un terzo rivendicante purgato dai gravami, senza che un centesimo fosse versato ai creditori [49].
Con la menzionata pronuncia, il curatore si riappropria nella fase esecutiva di questo subentro (stipulazione del contratto definitivo) del proprio ruolo di terzo rappresentante della massa dei creditori [50]. Si riafferma che la fase esecutiva del subentro del curatore nel contratto preliminare trascritto, ancorché “prima casa”, non può derogare alle modalità della liquidazione giudiziale e, quindi, in quanto vendita forzata (vendita invito domino), impone il rispetto delle procedure competitive ai fini dell’effetto purgativo. La vendita competitiva, per quanto deformalizzata, si pone come presupposto per procedere con l’emissione del decreto di purgazione dei gravami.
Questo effetto purgativo comporta una cesura netta tra la fase negoziale di subentro nel contratto preliminare trascritto e la fase ad essa esecutiva, frapponendo inderogabilmente tra il subentro nel preliminare e la stipula del contratto definitivo una fase a evidenza pubblica volta a stimolare la risposta del mercato sul cespite a trasferirsi al promissario. Nella prima fase, il curatore soggiace a un diritto potestativo del promissario, che gli impone il subentro nel contratto e lo rende parte del preliminare e, quindi, va considerato parte contrattuale e successore del debitore insolvente. Nella seconda, il curatore muta propriamente pelle e opera quale rappresentante della massa. Per procurare l’effetto traslativo al promissario, egli deve ricorrere a una procedura competitiva prima di trasferire l’immobile al promissario [51]. Il subentro forzoso del curatore nel preliminare implica, pertanto, l’applicazione del principio di competitività delle vendite forzate al pari delle altre attività liquidatorie, consentendo al curatore di sganciarsi dal ruolo di parte negoziale e di assumere il ruolo di rappresentante della massa, attribuendo alla vendita del bene l’effetto purgativo.
9. Applicazioni pratiche
L’arresto delle Sezioni Unite, pur avendo opportunamente operato questa transustanziazione del ruolo del curatore nel momento immediatamente successivo al subentro nel contratto preliminare (da parte del contratto in cui è subentrato a terzo rappresentante della massa), lascia aperti alcuni temi, attesa la stringatezza del principio di diritto, enunciato peraltro solo implicitamente.
Ove il decreto di purgazione non fosse stato eseguito, il curatore deve eseguire una procedura competitiva postuma. Avendo dato corso, benché forzosamente, a un contratto preliminare, egli può limitarsi a verificare che sul prezzo di cessione pervengano ulteriori manifestazioni di interesse. Il procedimento non è dissimile dall’esperimento di una procedura competitiva che si imponga all’esito dell’opponibilità al fallimento di un diritto di prelazione, in cui sul prezzo di cessione deve sondarsi l’interesse del mercato.
Gli è che, ove il promissario si aggiudicasse il bene immobile al prezzo risultante all’esito della procedura competitiva, quest’ultimo potrà opporre al curatore la compensazione in relazione al prezzo già versato, essendo il contratto opponibile al curatore e, conseguentemente, alla massa dei creditori; il promissario aggiudicatario versa solo la differenza, con un effetto analogo alla compensazione endoconcorsuale (art. 56 l. fall., art. 155 CCII). Su questa differenza a versarsi, si procederà alla distribuzione del ricavato tra i creditori [52].
Ove invece il decreto di purgazione fosse stato eseguito, non vi sarebbe restitutio in integrum, posto che il decreto di purgazione è self executing. Nel momento in cui il decreto viene emanato esso è immediatamente efficace, per cui – cancellate le ipoteche le – stesse non possono più rivivere per l’ordinamento [53]. Una soluzione di questo sfortunato caso potrebbe essere quella di distribuire tra i creditori ipotecari che hanno perso la loro garanzia all’atto del decreto di purgazione il surplus derivante dalla procedura competitiva virtualmente tra i creditori che, in tesi, avrebbero avuto prioritaria collocazione sul ricavato del bene.
10. Il correttivo-ter
L’arresto delle Sezioni Unite esclude espressamente da questa soluzione la disciplina del contratto preliminare trascritto “prima casa” contenuta nel Codice della Crisi (art. 173 CCII). Questa soluzione, che nella sostanza, nega un “ambito di continuità” tra vecchio e nuovo regime normativo [54], laddove – ad avviso di chi scrive – il percorso che ha portato alla enunciazione e alla attuazione dei criteri di delega, dimostra proprio il contrario [55] – pare destinata a consolidarsi alla luce della novella dell’art. 173 CCII disposta dal terzo correttivo.
Il legislatore, dopo avere precisato all’art. 173, comma 3, CCII che “con l’accoglimento della domanda, il curatore subentra nel contratto”), introduce un comma 3-bis che stravolge questo travagliato istituto. All’atto della rivendica del bene azionata dal promissario, il creditore ipotecario (solo lui, non altri creditori e non il curatore) è legittimato a impugnare ex art. 206, comma 3, CCII la rivendica ex art. 201 CCII del promissario, sul presupposto che il prezzo di mercato, calcolato illo tempore al momento della stipulazione del contratto, sia superiore di almeno un quarto a quello pattuito. Se si accerta in sede di impugnazione la non congruità del prezzo originario, il contratto si scioglie e si procede alla liquidazione, ma il promissario può evitarla procedendo al pagamento della differenza prima che il tribunale decida sull’impugnazione. Ciliegina sulla torta è, poi, la novella integrale del successivo comma 4 dell’art. 173, che non limita più l’opponibilità degli acconti alla metà di quanto versato al debitore (“sono opponibili alla massa in misura pari all’importo che il promissario acquirente dimostra di aver versato”), con la precisazione che i pagamenti devono eseguiti con “mezzi tracciabili”.
Il legislatore pare avere seguito la falsariga dell’art. 568-bis cod. proc. civ. per la vendita diretta nell’esecuzione immobiliare, in cui la procedura competitiva è rimessa all’opposizione di uno dei creditori. In realtà vi sono profonde differenze anche rispetto a questo istituto che ne fanno una tutela ancora più sui generis.
In primo luogo, nell’esecuzione forzata l’opposizione spetta a qualunque creditore titolato, mentre in questo caso è riservata al creditore che ha ipoteca, verosimilmente il creditore che ha ipoteca sul bene oggetto del contratto preliminare. Viene meno, non solo, la legittimazione degli altri creditori (che si vedono sfilare il bene immobile), ma anche del curatore, che rappresenta la massa dei creditori in una procedura sottratta al potere di impulso della parte.
In secondo luogo, la norma presuppone una sproporzione del prezzo di almeno ¼ rispetto al valore di mercato, peraltro calcolato “al momento della stipula” del preliminare, per cui gli eventuali incrementi di valore restano quesiti al promissario. Non basta, quindi, il mero disallineamento rispetto al valore indicato in perizia (che viene calcolato al momento della redazione della perizia di stima), come avviene per l’art. 568-bis cod. proc. civ. La perizia che deve redigersi in questi casi non è volta all’individuazione del prezzo al quale il mercato sarebbe interessato al bene, ma alla congruità del prezzo originariamente stipulato tra le parti.
In terzo luogo, nell’esecuzione forzata è sufficiente il dissenso di uno dei creditori a far naufragare la vendita diretta, mentre in questo caso è necessario un giudizio di impugnazione avverso la domanda di rivendica del terzo promissario. La procedura competitiva non è diritto dei creditori esercitabile de plano (o ad nutum), ma richiede un accertamento giudiziale di non congruità del prezzo indicato nel contratto stipulato illo tempore dal debitore insolvente.
In quarto luogo, la procedura competitiva può anche non avere mai luogo. Ove il promissario si rende conto che le cose nel giudizio di rivendica vanno male, può limitarsi a versare la differenza al curatore di quanto emerso nel giudizio senza correre il rischio di una procedura competitiva. Questo rischio può essere evitato in ogni caso, consentendo al promissario di versare questa differenza (o anche un importo inferiore che sconti il rischio di causa) prima di iniziare il giudizio di impugnazione. La procedura competitiva, per questi beni, è di fatto definitivamente scomparsa.
In ultimo, nel caso dell’art. 568-bis cod. proc. civ. l’offerente versa l’intero prezzo pari al valore di perizia, comprensivo della cauzione. Nel caso dell’art. 173 CCII, il promissario versa la sola differenza rispetto a quanto versato con mezzi di pagamento “tracciabili”, compensando (come si è visto) tutti gli importi già versati che risultino da mezzi di pagamento tracciabili.
Se il caso sottoposto alle Sezioni Unite (preliminare a effetti anticipati integralmente eseguito dal promissario) si fosse verificato nel vigore della nuova disciplina, il curatore avrebbe trasferito il bene immobile al terzo senza alcuna contropartita pecuniaria, ma pur sempre procurando il decreto purgativo al promissario.
A parere di chi scrive, questa soluzione normativa non fa che aggravare il conflitto, già esistente, tra la disciplina interna e il diritto dell’Unione. Se il curatore deve tutelare i creditori ex artt. 1, 7, comma 2, lett. c) Reg. (UE) 2015/848 non si vede come si possa derogare al principio di competitività per una attività di vendita forzata che, da un lato, deprime l’attivo concorsuale senza sondare il mercato, dall’altro consente al terzo promissario di beneficiare del decreto di purgazione dei gravami senza procedura competitiva, opponendo integralmente la compensazione al curatore (e alla massa dei creditori) per quanto già versato al debitore insolvente.
Si auspica che il legislatore rimetta mano alla disciplina, assicurando adeguata tutela ai creditori concorsuali.
[1] Cass., Sez. U., 19 marzo 2024, n. 7337, in Fall., 2024, 918, con Nota di V. ZANICHELLI, nonché su Riv. Esec. Forz., 2024, 328, con Nota di M. MONTANARI, nonché su Guida al Diritto, 2024, 15, 52, con Nota di F. VALENZA; sul tema cfr. F. TERRUSI, Il contratto preliminare tra vendita obbligatoria, vendita concorsuale e purgazione delle ipoteche, in Riv. Esec. Forz., 2024, 1 ss.
[2] G. D’ATTORRE, La concorsualità “liquida” nella composizione negoziata, in Fall., 2022, 301 ss.
[3] F. DE SANTIS, Relazioni normative ed interferenze pratiche tra le liquidazioni concorsuali e le esecuzioni individuali, in Fall., 2023, 1261 ss.; G. P. MACAGNO, Sospensione della vendita di beni mobili “deformalizzata”: prevalenza della struttura coattiva sugli elementi negoziali, in Fall., 2018, 425 ss.
[4] A. CRIVELLI, Le vendite fallimentari, in Fall., 2021, 696 ss.; G. D’ATTORRE, op. cit.
[5] Cass., Sez. I, 9 marzo 2018, n. 9087, una ricostruzione che h a fatto “breccia” nella giurisprudenza di legittimità; si vedano Cass., Sez. U., 31 dicembre 2021, n. 42093; Cass., Sez. V, 21 dicembre 2021, n. 40913; analogamente G. D’ATTORRE, op. e loc. citt.
[6] M. SPIOTTA, Meglio derogare (all’art. 2650, comma 2, c.c.) quam deficere, in Fall., 2024, 95 ss.; M. FERRO, Le vendite nella fase preconcorsuale e la transizione verso i pre-pack, in Fall., 2023, 1177 ss.
[7] M. SPIOTTA, Evoluzione del diritto concorsuale e modello concordatario: unitarietà o pluralità?, in Fall., 2023, 869 ss.
[8] Sulla natura di vendita forzata della liquidazione operata in sede di concordato preventivo Cass., Sez. U., 16 luglio 2008, n. 19506, richiamata da Cass., Sez. U., n. 7337/2024, cit.; analogamente Cass., Sez. I, 22 ottobre 2020, n. 23139 in tema di assegnazione di alloggi a soci di cooperative nell’ambito di una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni; analogamente Cass., Sez. I, 21 novembre 2019, n. 30454; in senso contrario M. FABIANI, La liquidazione dei beni nel concordato preventivo, in Fall., 2023, 1191 ss.
[9] V. ZANICHELLI, Le Sezioni Unite risolvono il contrasto: solo l’utilizzo di modalità tipiche della liquidazione competitiva dei beni in ambito fallimentare legittima il potere purgativo del giudice delegato, in Fall., 2024, 2024, 918 ss.; M. MONTANARI, La vendita conclusa dal curatore subentrato nel preliminare pendente come titolo per la cancellazione delle ipoteche: il punto delle Sezioni Unite tra legge fallimentare e Codice della crisi, in Riv. Esec. Forz., 2024, 328 ss.
[10] Si veda la ricostruzione di G. BOZZA, in Fall., 2023, Le vendite nella liquidazione giudiziale, 2023, 1235 ss.; F. DE SANTIS, op. e loc. citt.
[11] P. FARINA – S. SAJIA, La disciplina processuale delle vendite forzate concorsuali (anche alla luce del CCII): profili sistematici e applicativi, in Riv. Esec. Forz., 2021, 13 SS.
[12] L’art. 107, comma 2, l. fall. abr., introdotto dal d. lgs. n. 169/2007 aveva reintrodotto la celebrazione della procedura competitiva di individuazione del contraente davanti al giudice delegato secondo le disposizioni del codice di rito, per quanto con clausola di compatibilità. La norma è stata riproposta nel Codice della Crisi all’art. 216, comma 3, per quanto sia da tempo fuori contesto. Un altro esempio di procedura competitiva che si svolge davanti al giudice è quella concordataria ex art. 91, comma 5, CCII.
[13] P. FARINA – S. SAJIA, op. cit., 36 ss.; A. CRIVELLI, Il portale delle vendite pubbliche e le vendite forzate telematiche nelle procedure concorsuali, in Fall., 2018, 401 ss. La vendita telematica è, peraltro, incompatibile con la vendita condotta davanti al giudice delegato, salvo che si proceda nella forma della vendita sincrona mista ex art. 22 d.m. n. 32/2015, essa stessa destinata ad esaurirsi: cfr. F. D’AQUINO, Il Sole 24 Ore, ed. 28 febbraio 2023.
[14] G. D’ATTORRE, op. e loc citt.; P. FARINA – S. SAJIA, op. cit., 15, 16 e ss.
[15] A QUAGLI, Metodi di valutazione degli investimenti immobiliari, in Amministrazione e finanza, 2013, 11ss., 14.
[16] M. BINI, Le stime di fair value e i partecipanti al mercato, in Le Società, 2019, 1025 ss., 1027.
[17] M. VOLANTE, PPA, i tassi di royalty per la stima del fair value di un asset, in Amministrazione e finanza, 2020, 65 ss.
[18] P. FARINA – S. SAJIA, op. cit.
[19] Cass., Sez. I, 17 febbraio 2022, n. 19604: il prezzo giusto preso in esame dall’art. 108 l. fall. è quello conseguibile dal mercato in un determinato ambito geografico al momento dell’espletamento della procedura competitiva.
[20] Una volta, però, individuata una procedura competitiva, il curatore non può sottrarsi al rispetto delle regole ivi indicate. Pertanto, il rispetto del bando di vendita (es., termine per il pagamento del saldo), non può essere modificato successivamente dal curatore, in quanto l’alterazione delle originarie condizioni di partecipazione alla gara incide sulle regole di trasparenza e di correttezza e, di converso, falsa gli esiti della partecipazione alla gara: Cass., Sez. I, 1° luglio 2022, n. 21007, 21009, in Fall., 2022, 1371, con Nota di M. MONTANARI, Vendite competitive e derogabilità dell’iter procedendi fissato nell’avviso di vendita: la Cassazione dice no.
[21] F. ROLFI, Procedure competitive: trasparenza, ordine pubblico economico e poteri del giudice delegato, IN Fall., 2024, 324 ss., osserva come la rilevanza di ordine pubblico delle disposizioni che presidiano la vendita forzata induce la nullità per illiceità di qualsiasi patto volto ad eluderne gli effetti.
[22] Cass., Sez. I, 7 novembre 2023, n. 30917, con Nota di G. FEDERICO, in Fall., 2024, 969, secondo cui il sintagma utilizzato dall’art. 108 l. fall. “gravi e giustificati motivi”) non tollera l’imposizione dello stringente termine di decadenza previsto dalla seconda parte dell’art. 108 l. fall. (termine di decadenza di dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell’art. 107 l.fall.), posto che l’istanza volta alla sospensione delle operazioni di vendita in presenza di tali gravi e giustificati motivi può essere presentata fino all’emissione del decreto di trasferimento.
[23] In ogni caso, gli effetti della procedura competitiva sono destinati a stabilizzarsi, salva l’ipotesi residuale di cui all’art. 2929 cod. civ.: P. CAGLIARI, La vexata quaestio della stabilita` dei risultati del processo esecutivo, 384 ss., in Riv. Esec. Forz., 2021, 384, ss.
[24] Implicitamente P. FARINA – S. SAJIA, op. cit., 38. G. CARAMIA, L’assegnazione dell’immobile al creditore, Riv. Esec. Forz., 2024, 25 ss., 42-43. Cfr. Cass., Sez. I, 12 maggio 2022, n. 15246: in tema di esdebitazione prevista dall’art. 142 l. fall., la valutazione del presupposto oggettivo relativo al soddisfacimento “almeno parziale” dei creditori, pur rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, deve essere operata secondo un’interpretazione coerente con il favor debitoris che ispira la norma, sicchè ove ricorrano gli altri presupposti, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria”. Conf., Cass., Sez. I, 27 marzo 2018, n. 7550.
[25] Sulla natura purgativa degli atti esecutivi di una transazione stipulata tra curatore e terzi, in senso favorevole Trib. Messina 11 aprile 2018, in Fall., 2018, 1456 con Nota critica di A. CRIVELLI, secondo cui l’atto esecutivo della transazione non perde la natura di atto di liquidazione del patrimonio e beneficia del decreto di purgazione dei gravami. Sul punto A. PENTA, La liquidazione dell’attivo fallimentare, in Fall., 2018, 633.
[26] Nella giurisprudenza di legittimità, all’iniziale favor per la natura invito domino della vendita esecutiva a una più ampia transazione stipulata dal curatore (Cass., Sez. II, 14 ottobre 2008, n. 25136, con Nota critica di C. MAGGI), ha fatto seguito una più rigida interpretazione, secondo cui qualsiasi vendita che abbia luogo nella procedura concorsuale a trattativa privata è nulla: Cass., Sez. I, 10 maggio 2017, n. 11464. Sul punto C. MAGGI, La transazione con cessione di immobili acquisiti al fallimento: validità e natura del trasferimento, in Fall., 2009, 948 e ss., secondo cui la natura contrattuale del trasferimento esclude si possa produrre l’effetto purgativo e preclude l’adozione da parte del giudice delegato del decreto purgativo.
[27] A. SALETTI, Riforma Cartabia: il nuovo processo civile (I parte) – La “vendita diretta”, in Giur. It., 2023, 484 ss.; E. SARESINI, Una delle novità più interessanti della c.d. riforma Cartabia nel processo esecutivo: la vendita diretta, in Riv. Esec. Forz., 2024, 264 ss.; S. STASI, Il notaio e la vendita diretta del debitore, in Notariato, 2023, 639 ss.
[28] Essendo, peraltro, imposta nelle procedure concorsuali la procedura competitiva inderogabilmente a tutela della massa dei creditori, l’espletamento della vendita diretta appare difficilmente praticabile all’interno delle procedure concorsuali, che non si svolgono a impulso di parte privata ma procedono su iniziativa del curatore come ausiliario del giudice sotto il controllo del comitato dei creditori.
[29] Ai sensi dell’art. 2645-bis, comma 3, cod. civ. gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale ex art. 2932 cod. civ.
[30] F. MACARIO, Il contratto preliminare, in Fall., 2018, 1193 ss.; G. D’AMICO, La vendita immobiliare (un ventennio di interventi normativi), in I Contratti, 2017, 87 ss.
[31] Cass., Sez. U., 16 settembre 2016, n. 18131, in Corriere Giur., 2016, 1238 con Nota di B. SIRGIOVANNI. Va sottolineato che già, all’atto della entrata in vigore del d. lgs. 5/2006, l’art. 72 l. fall. prevedeva al quinto comma l’efficacia reipersecutoria in danno del fallimento dell’azione di risoluzione trascritta prima della sentenza dichiarativa di fallimento, codificando il principio, già applicato nella prassi, dei diritti quesiti all’atto della dichiarazione di fallimento: Cass., Sez. I, 29 febbraio 2016, n. 3953; Cass., Sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2439; Cass., Sez. I, 9 dicembre 1998, n. 12396.
[32] La base normativa è stata rinvenuta sia nella continuità delle trascrizioni, sia nell’art. 2915 cod. civ., che risolve i conflitti tra creditore pignorante e terzi in base al medesimo principio. Cfr. TARZIA, La sorte dell’ipoteca sull’immobile venduto dal curatore per subentro nel preliminare stipulato dal fallito, in Dir. fall,, 2017, 889 ss., 892.
[33] TARZIA, op. cit., 893.
[34] Cass., Sez. II, 23 novembre 2021, n. 36241; Cass., Sez. II, 27 maggio 2020, n. 9953; Cass., Sez. I, 15 aprile 2016, n. 7584; Cass., Sez. II, 26 febbraio 2016, n. 3855. In questo caso il promissario non resta soggetto alla sola alternativa adempimento – risoluzione, ma può modulare la domanda di adempimento ricorrendo a uno strumento giudiziale di riequilibrio dell’originario sinallagma contrattuale.
[35] Diverso sarebbe ove si valorizzasse il revirement del giudice di legittimità, che ha internalizzato nello stato passivo le controversie reipersecutorie originariamente proposte davanti al giudice ordinario: Cass., Sez. I, 7 febbraio 2020, n. 2990.
[36] M. MONTANARI, La vendita, op. cit., pag. 331.
[37] TARZIA, op. e locc. citt.
[38] Cass., Sez. I, 8 febbraio 2017, n. 3310 (confermata da Cass., Sez. I, 21 novembre 2019, n. 30454): “vertendosi in tema di vendita fallimentare – non importa se attuata in forma contrattuale, e non tramite esecuzione coattiva – trova applicazione l’art.108, secondo comma, legge fallimentare: con la conseguente cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione ed ammissione del creditore ipotecario al concorso, con rango privilegiato sull’intero prezzo pagato, incluso l’acconto versato al venditore in bonis”.
[39] Cass., Sez. V, 3 febbraio 2014, n. 2261.
[40] E. CAPOBIANCO, M. MANDICO, Esecuzione forzata, tra adempimenti fiscali a carico degli ausiliari alla vendita e i benefici e/o agevolazioni tributarie per gli aggiudicatari, in Riv. Esec. Forz., 2022, 479 ss.; cfr. anche A. BORGOGLIO, Salvo il bonus “prima casa” con riacquisto infrannuale e senza residenza nel primo immobile, in Il Fisco, 2024, 3287 ss.
[41] F. D’AQUINO, Il Sole 24 Ore, ed. 15 febbraio 2023.
[42] Persiste nella disciplina della liquidazione giudiziale il privilegio processuale fondiario, anche se solo per la fase espropriativa, essendo rimessa alla successiva fase distributiva la discussione in ordine alla attribuzione del ricavato: Cass., Sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482. Secondo M. MONTANARI, La vendita, op., cit., p. 336 “la vendita effettuata dal curatore in adempimento del preliminare stipulato dal fallito non possiede natura coattiva, né funzione liquidatoria dell’attivo, neppure quando il preliminare abbia riguardato la casa di abitazione del promissario e sia stato trascritto prima del fallimento”.
[43] Cass., Sez. I, 19 agosto 2024, n. 22914.
[44] Questo avviene quando il curatore cura gli obblighi fiscali del debitore contribuente, come ad es. la dichiarazione IVA dell’anno solare precedente la procedura (art. 8, comma 4, d.P.R. n. 322/1998) o le dichiarazioni delle frazioni del periodo di imposta in corso all’apertura della procedura (art. 74-bis d.P.R. n. 633/1972 per l’IVA e art. 5, comma 4, d.P.R. n. 322/1998 per le imposte dirette).
[45] F. TERRUSI, op. cit., pag. 7.
[46] F. D’AQUINO, Il Sole 24 Ore, ed. del 29 marzo 2024.
[47] A. FAROLFI, Commento all’art. 173, in Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza Diretto da Di Marzio, Milano, 2022.
[48] Cfr. le puntuali obiezioni di A. LUMINOSO, Alienazioni non coattive in sede fallimentare (o concordataria) e cancellazione delle ipoteche: i giudici di legittimità ci ripensano, in Fall., 2021, 19 e ss., che auspica una correzione dell’art. 173, comma 4, CCII, osservando che la vendita in esecuzione del contratto preliminare trascritto non è esercizio del potere espropriativo ma adempimento di una obbligazione contratta con il promissario dal promittente fallito. Viceversa, le ipoteche garantiscono i creditori e la prelazione deve essere fatta valere sul ricavato. Nel qual caso, è innegabile fare ricorso alle procedure competitive, laddove la norma introdotta dal legislatore delegato tutela contraddittoriamente il promissario acquirente. In questo caso, la liberazione dalle ipoteche è un plus che non ha nulla a che vedere né con al disciplina concorsuale, né con al disciplina della garanzia ipotecaria di diritto comune, che giungerebbe a disapplicare il disposto dell’art. 2808 cod. civ.
[49] Il commento alla pronuncia impugnata è di V. ZANICHELLI, esecuzione obbligata del preliminare di vendita nelle procedure concorsuali e assimilabilità alle vendite forzate: una questione ricorrente, in Fall., 2022, 243 ss.
[50] Osserva M. MONTANARI, op. cit., 338, “l’atto al quale é tenuto il curatore, dopo il subentro ex lege nel preliminare, esaurisce la sua funzione nel contesto del preesistente rapporto obbligatorio, cosa che ne impedisce la ventilata comune prospettiva funzionale rispetto alla disciplina dei trasferimenti coattivi, quali che siano”
[51] F. D’AQUINO, Il Sole 24 ore, 24 marzo 2024, cit.
[52] Analogamente M. MONTANARI, op. e lo citt.: il curatore, essendo la stipulazione del definitivo obbligatoria a seguito del subentro nella posizione del fallito previsto per legge, si trova a operare, ai fini del definitivo, come sostituto del fallito, non in rappresentanza della massa e a tutela delle ragioni di questa. Egli non può che vendere al prezzo indicato nel preliminare e non può recuperare in alcun modo gli acconti già versati”
[53] Cass., Sez. III, 12 marzo 2014, n. 5628.
[54] Cass., Sez. U., 25 marzo 2021, n. 8504; Cass., Sez. U., 24 giugno 2024, n. 12476.
[55] In senso favorevole alla soluzione adottata dalle Sezioni Unite in relazione alla nuova disciplina V. ZANICHELLI, Le Sezioni Unite, op. cit., 931, secondo cui la possibilità che il promissario esperisca la rivendica a tutela dell’esecuzione del subentro nell’esecuzione del contratto preliminare ne rafforza la posizione quale soggetto titolato ad ottenere il decreto di purgazione dai gravami. In termini analoghi M. MONTANARI, op. cit., pag. 340.