Il presente contributo analizza le novità apportate all’istituto del concordato nella liquidazione giudiziale dal decreto legislativo 13 settembre 2024 n. 227, di modifica del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (c.d. correttivo-ter).
Scorrendo i dati disponibili, le procedure di fallimento e di liquidazione giudiziale ad oggi pendenti sul territorio nazionale sarebbero circa 55.000. Il dato, seppur in (leggera) diminuzione rispetto al passato, appare ancora significativo e merita una riflessione in ottica sistemica in funzione dell’auspicata riduzione dell’aggravio – per i tribunali e, in generale, per la collettività – dipendente dall’inevitabile (mal)funzionamento di così tante procedure.
In questo contesto una delle soluzioni “deflattive”, sostitutivo delle tradizionali vendite giudiziali ed incentivante ipotesi di investimento (industriale e finanziario, a seconda dei casi), andrebbe individuata anzitutto nei rimedi che la legge conosce da prima dell’entrata in vigore del Codice della Crisi e, segnatamente, nello strumento del concordato nella liquidazione giudiziale, già previsto dalla legge fallimentare tra le cause di cessazione della procedura fallimentare (Titolo II, Capo VIII, Artt. 124 e ss., legge fallimentare) e oggi quale “evento” della liquidazione giudiziale secondo il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (Titolo V, Capo VII, Artt. 240 e ss. CCII).
Nel corso dell’ultimo ventennio l’istituto è stato interessato da modifiche normative tutto sommato marginali, inidonee a far “decollare” definitivamente questo strumento quale soluzione (di chiusura) delle procedure di fallimento o di liquidazione giudiziale pendenti (e ciò anche in ottica di attrazione degli investitori lato sensu). A titolo esemplificativo, si consideri infatti che, a livello normativo, il Codice della Crisi e dell’Insolvenza, nel testo entrato in vigore il 15 luglio 2022, poco o nulla prevedeva di diverso, rispetto alla legge fallimentare, sull’istituto in questione.
Il correttivo-ter, in vigore dal 28 settembre 2024, ha il merito di considerare anche lo strumento de quo, apportando alcune modifiche di rilevanza non secondaria qui di seguito brevemente commentate anche alla luce della Relazione Illustrativa del correttivo-ter:
- l’art. 240, comma 4, CCII, sulla proposta di concordato e, in particolare, sull’ipotesi di degrado dei creditori privilegiati, ora prevede che la proposta debba prevedere una soddisfazione “in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione” (anziché, come in precedenza disposto, “non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”) pur sempre “al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali, indicato nella relazione giurata di un professionista indipendente”: l’intento della modifica è di semplificare i limiti del c.d. degrado dei creditori privilegiati;
- l’art. 240, CCII è integrato con il seguente comma 4-bis: “Quando il tribunale dispone l’apertura di una procedura di liquidazione giudiziale unitaria ai sensi dell’articolo 287 la proposta di cui al comma 1 può essere presentata con unica domanda, con più domande tra loro coordinate o con domanda autonoma. Resta ferma l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. La domanda unica o le domande coordinate devono contenere l’illustrazione delle ragioni di maggiore convenienza, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori delle singole imprese, rispetto alla scelta di presentare una domanda autonoma. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 286, commi 5, 6 e 8”: lo scopo della nuova norma è quello di disciplinare l’ipotesi di proposta di concordato formulata all’interno di una procedura di liquidazione giudiziale che coinvolge un gruppo di imprese, ammettendo così la possibilità di presentare la proposta di concordato con più domande coordinate o con unica domanda, si prevede l’autonomia delle masse attive e passive della società delle società e si puntualizza che la domanda o le domande coordinate, devono illustrare le ragioni di maggiore convenienza della proposta unitaria, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori nelle singole società appartenenti al gruppo;
- l’art. 241, comma 2, ultima parte, CCII, sull’esame della proposta di concordato e comunicazione ai creditori, è stato modificato prevedendo che, in caso di presentazione di più proposte – o se comunque ne sopraggiunga una nuova prima che il giudice delegato ordini la comunicazione – non è il comitato dei creditori che sceglie quella da sottoporre all’approvazione dei creditori, bensì che “tutte le proposte sono sottoposte all’approvazione dei creditori, salvo che il curatore e il comitato dei creditori, congiuntamente, ne individuino una o più maggiormente convenienti”: lo scopo della modifica è quello di sottoporre alla valutazione dei creditori tutte le possibilità di ristrutturazione del debito dell’impresa contenute nelle diverse proposte pervenute, temperando tale massima apertura, che – secondo la Relazione Illustrativa – potrebbe determinare una poco utile dilatazione dei tempi di valutazione delle proposte, si prevede che il curatore e il comitato dei creditori possano sottoporre ai creditori una o più proposte ritenute maggiormente convenienti;
- l’art. 244, comma 4, CCII, sull’approvazione del concordato, è sostituito come segue: “Quando sono sottoposte al voto più proposte di concordato, si considera approvata quella tra esse che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto a norma dei commi 1, 2 e 3, e, in caso di parità, la proposta presentata per prima”: l’intento della modifica sarebbe quello di evitare problemi applicativi, invero non di agevole soluzione anche in base al dettato normativo, in caso di ammissione al voto di più proposte di concordato;
- l’art. 245, commi 4 e 5, CCII, sul giudizio di omologazione, sono sostituiti come segue: (i) comma 4: “Il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, nonché, se sono state proposte opposizioni, il contenuto delle stesse, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio, omologa con decreto motivato il concordato”; (ii) comma 5: “Nell’ipotesi di cui all’articolo 244, comma 1, secondo periodo, se un creditore appartenente a una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale omologa il concordato se ritiene che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alla prosecuzione della liquidazione giudiziale. Allo stesso modo provvede anche in caso di voto contrario da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando il voto è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 244, comma 1, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente di cui all’articolo 240, comma 4, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o dei predetti enti è conveniente rispetto all’alternativa della prosecuzione della liquidazione giudiziale”: le modifiche hanno lo scopo di snellire il procedimento di omologazione e di individuare, anzitutto, il parametro di riferimento del giudizio di convenienza in quello, più puntuale, della prosecuzione della liquidazione giudiziale; nonché di prevedere, anche nel concordato nella liquidazione giudiziale, una opportuna forma di cram-down in caso di voto contrario da parte dei creditori pubblici rendendo possibile l’omologazione quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento dei medesimi creditori risulti essere conveniente rispetto all’alternativa della prosecuzione della liquidazione giudiziale;
- l’art. 246, comma 1, CCII, sull’efficacia del decreto di omologazione, prevedendo del tutto opportunamente che “Il decreto che omologa il concordato produce i propri effetti dalla data della pubblicazione” e non già, come precedentemente previsto, dalla scadenza per proporre le relative impugnazioni, così evitando l’alea temporale connessa alla durata del giudizio di reclamo e di cassazione;
- l’art. 249 CCII, sull’esecuzione del concordato, che, coerentemente con la modifica dell’art. 246, comma 1, CCII appena vista, è stato integrato con il comma 1-bis, secondo cui “In caso di riforma o cassazione del provvedimento di omologazione sono fatti salvi tutti gli atti legalmente compiuti in esecuzione del concordato e i provvedimenti ad essi collegati”.
Una lettura sistema di queste previsioni induce a ritenere, ma sarebbe più corretto dire ad auspicare, che lo strumento del concordato diventi un effettivo mezzo di investimento nella duplice prospettiva, che gli è propria, di accellerare il processo liquidativo e di consentire un ripagamento dei creditori sicuramente migliore, temporalmente e quantitativamente.
Il che consentirebbe, tra l’altro, di dare un concreto abbrivio al principio unionale del fresh start, giacché una liquidazione giudiziale immediata, in luogo di un (vano) tentativo di ristrutturazione, consentirebbe di preservare valore che andrebbe, in caso contrario, disperso, consentendo all’imprenditore di riavviare, ove ritenga, nuove iniziative ed all’azienda di proseguire in mani più solide.