Il presente contributo analizza le principali novità apportate all’istituto della composizione negoziata della crisi dal decreto legislativo 13 settembre 2024 n. 227, di modifica del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (c.d. correttivo-ter).
Il 27 settembre 2024 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale, il Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136, noto, tra gli addetti ai lavori, come Correttivo ter, che introduce rilevanti modifiche al Codice della Crisi d’Impesa e dell’Insolvenza (CCII). Il presente contributo si propone di passare in rassegna le principali innovazioni normative apportate dal Correttivo ter all’istituto della composizione negoziata della crisi, che, pur permeato da diverse contaminazioni di natura concorsuale, altro non è che un mero procedimento che mira a traghettare l’impresa verso la conclusione di un accordo con i suoi creditori ovvero, quando ciò non sia possibile, all’adozione di uno strumento di regolazione della crisi.
Tra le innovazioni introdotte dal Correttivo ter, meritano menzione, in primo luogo, quelle riguardanti l’Esperto, di cui è rafforzato il ruolo di figura centrale per il successo della composizione negoziata. In tale prospettiva, l’art. 13, co. 5, prescrive l’aggiornamento del curriculum dell’Esperto iscritto negli elenchi delle Camere di Commercio, da corredare con l’indicazione delle procedure seguite e del relativo esito. Con la modifica dell’art. 16 si è inteso agevolare, altresì, l’attività successiva alla composizione negoziata, introducendo una deroga al divieto di instaurare rapporti professionali con l’imprenditore per i due anni successivi, apprezzabile soprattutto in relazione alle attività di attuazione dell’accordo o dello strumento di regolazione della crisi adottato. Inoltre, l’inserimento del co. 2-bis ha chiarito il contenuto dei pareri resi durante le trattative, ribadendone la rilevanza nell’ambito della procedura. Ulteriori indicazioni circa il ruolo potenziato dell’Esperto si rinvengono nell’art. 17, co. 5, che impone all’imprenditore l’obbligo di informarlo riguardo alle trattative svolte senza la sua presenza. Infine, mediante la modifica dell’art. 19, co. 4, è stato specificato che l’Esperto, oltre a esprimere un parere sulla funzionalità delle misure protettive richieste dall’imprenditore rispetto al buon esito delle trattative, deve riferire al giudice le attività che intende svolgere nell’esercizio delle sue funzioni.
Passando ad un altro argomento, la modifica della lett. d) dell’art. 17 – che elenca la documentazione da presentare a corredo dell’istanza di nomina dell’Esperto – dovrebbe consentire, ora, l’accesso alla composizione negoziata anche in pendenza di una domanda di liquidazione giudiziale presentata da uno o più terzi nei confronti del debitore. È previsto, difatti, che l’imprenditore debba attestare di non aver presentato istanza di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, mentre, con riferimento a eventuali procedimenti di liquidazione giudiziale, deve certificarne unicamente la loro eventuale pendenza. La modifica si muove nella direzione del superamento di una tematica su cui si erano registrati indirizzi opposti in giurisprudenza, anche se, per fugare ogni dubbio, sarebbe stata preferibile una formulazione più chiara, che riservasse, espressamente, la facoltà del debitore di ricorrere alla composizione negoziata anche in pendenza della liquidazione giudiziale, anziché lasciar desumere tale possibilità dalla circostanza che, in caso di presentazione di una domanda di avvio di tale procedura “maggiore”, l’imprenditore deve autocertificare, la “pendenza” di tale ricorso nei suoi confronti, mentre per gli ulteriori strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, la dichiarazione deve avere contenuto negativo, prevedendo che l’imprenditore attesti di “non aver depositato” una domanda di accesso a tali strumenti.
Meritano una menzione, inoltre, le novità in materia di doveri degli intermediari creditizi in caso di avvio della composizione negoziata, attraverso la modifica, tra le altre, dell’art. 16, co. 5, secondo cui le banche sono obbligate a mantenere le linee di credito esistenti durante la procedura di composizione negoziata della crisi e non possono sospenderle o revocarle semplicemente a causa dell’avvio della procedura stessa. Viene quindi rafforzato il principio secondo cui l’avvio della procedura, di per sé, non determina la revoca degli affidamenti né una diversa classificazione degli stessi, prevedendo che tali modifiche possano essere disposte solo sulla base del piano presentato e in applicazione della normativa sulla vigilanza prudenziale, e fermo restando, in ogni caso, l’obbligo di motivare ogni decisione assunta a tal riguardo. Particolarmente felice e lodevole appare la scelta di precisare che “la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario“, che dovrebbe proteggere gli intermediari da eventuali addebiti (si pensi, ad esempio, alla concessione abusiva del credito), nel caso in cui il tentativo di risanamento dovesse naufragare. I doveri degli intermediari finanziari sono ripresi, con una formulazione quasi del tutto analoga, anche dall’art. 18, co. 5, che regola gli effetti dell’applicazione e della successiva convalida delle misure protettive nei confronti delle controparti contrattuali in bonis, creditrici dell’impresa in crisi, tra cui, non di rado, si annoverano gli istituti di credito. Tale disposizione, che si distingue dalla precedente fattispecie poiché regola il caso specifico dell’inadempimento del debitore alle obbligazioni pecuniarie pregresse in presenza di misure protettive, preclude agli intermediari creditizi di modificare l’esecuzione dei contratti pendenti, facendo salvo, tuttavia, il diritto alla sospensione e alla revoca degli affidamenti solo in conseguenza dell’applicazione della disciplina sulla vigilanza prudenziale. La differenza tra le due fattispecie sembra doversi individuare nella facoltà, per gli istituti intermediari, di revocare le linee nei casi in cui l’impresa, che non abbia chiesto o ottenuto le misure protettive, acceda alla composizione negoziata dopo essersi già (in epoca anteriore, quindi) resa inadempiente nei loro confronti. In tale contesto, mentre l’accesso alla procedura non può costituire, di per sé, causa di revoca o sospensione delle linee, tali provvedimenti potrebbero essere adottati non solo per aderire alle prescrizioni in materia di vigilanza prudenziale, ma anche in applicazione delle disposizioni contrattuali e codicistiche in materia di inadempimento.
Ulteriori innovazioni procedurali sono finalizzate a superare le inefficienze emerse nella prassi riguardo alla raccolta della documentazione necessaria per l’accesso alla procedura. In particolare, nel caso di mancata approvazione dei bilanci – circostanza non rara per un’impresa in crisi – sarà comunque consentito l’accesso alla procedura, a condizione che vengano presentati i progetti di bilancio relativi agli ultimi tre esercizi. Tale norma realizza, a parere di chi scrive, un corretto equilibrio nella distribuzione dei poteri e delle responsabilità nell’ambito della governance societaria, giacché gli amministratori restano comunque obbligati a redigere i progetti dei bilanci non approvati, assumendosi le relative responsabilità, mentre l’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale sono dispensati dall’arduo compito di dover rilasciare pareri positivi sulla sussistenza dei requisiti per la continuità aziendale, che possono rivelarsi, in presenza di uno stato di crisi, molto complessi. Non è chiaro, invece, se la presentazione di una situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni dalla data di deposito dispensi l’impresa ricorrente dall’obbligo di produzione dei progetti di bilancio. Così sembrerebbe potersi desumere dalla lettera a)-bis aggiunta al co. 3 dell’art. 17, ma permangono dubbi di coordinamento con la novellata disposizione di cui alla lettera a), che, nel fare riferimento all’obbligo di deposito dei bilanci e della situazione aggiornata, utilizza la congiunzione “nonché”, lasciando intendere che la situazione aggiornata vada depositata in ogni caso, e lasciando un dubbio, quindi, sul se tale produzione documentale dispensi l’impresa dall’obbligo di allegare anche i progetti di bilancio relativi agli ultimi tre esercizi.
In merito al procedimento, spiace constatare che il Legislatore non ha colto l’occasione di rettificare una serie disfunzioni procedurali che hanno creato non pochi problemi nella prassi, tra cui, in primis, l’obbligo per l’imprenditore, in caso di richiesta di misure protettive, di dover allegare al ricorso una nuova situazione aggiornata a non oltre 60 giorni, dopo averla depositata (normalmente non più di 15 giorni prima) con l’istanza di nomina dell’Esperto. Ciò costringe l’imprenditore ad un non sempre agevole aggiornamento dei dati contabili dell’impresa in una fase molto delicata della sua esistenza, in cui sarebbe più opportuno che le risorse aziendali e i professionisti esterni siano dedicati ad altre mansioni. Resta inalterata, poi, la disposizione che sancisce l’inefficacia delle misure protettive in caso di mancata fissazione dell’udienza, da parte del Giudice assegnatario del procedimento di convalida, nel termine di 10 giorni dal deposito del ricorso: tale norma fa ricadere sull’imprenditore gli effetti negativi dell’eventuale inefficienza del sistema. Ad onore del vero, non sono noti agli scriventi casi in cui tale fattispecie si sia concretizzata; nella prassi consolidatasi, infatti, le udienze vengono fissate e celebrate nel rispetto dei termini previsti dal rito. Sarebbe auspicabile, ad ogni modo, anche solo per principio, una modifica di tale disposizione. Eccessivamente penalizzante e privo di ratio appare, ancora, il termine per il deposito del ricorso di convalida delle misure protettive in seguito alla pubblicazione dell’accettazione dell’incarico, sul registro delle imprese, da parte dell’Esperto. Tale termine, che nella versione originaria della composizione negoziata disciplinata dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118, scadeva addirittura lo stesso giorno in cui avveniva la suddetta pubblicazione (“con ricorso presentato lo stesso giorno al tribunale competente“), spira, ai sensi dell’art. 19, “il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto“. Ebbene, se, da un lato, sono comprensibili le ragioni che inducono il Legislatore ad accelerare il coinvolgimento del Tribunale in merito alla permanenza delle misure protettive, dal momento che queste ultime sono immediatamente efficaci per effetto della pubblicazione sul registro delle imprese (pregiudicando, così, le iniziative individuali dei creditori e delle controparti contrattuali), sembra ingiustificato, dall’altro lato, prevedere che determinate attività processuali debbano avvenire, a pena di decadenza, entro termini così stringenti, che impongono continui controlli sul registro delle imprese da parte del debitore e dei professionisti che lo assistono.
Merita una menzione, poi, l’estensione ai revisori legali dell’obbligo di segnalazione tempestiva del verificarsi delle condizioni per l’accesso alla composizione negoziata, con un termine di 60 giorni che decorre dalla data di conoscenza delle stesse. Tale modifica all’art. 25-octies costituisce un ulteriore strumento di sollecitazione all’avvio di un percorso di risanamento nella fase embrionale della crisi, e, quindi, in un momento in cui si presume che la stessa risulti ancora reversibile. Il coinvolgimento del revisore esterno sembra, in tale ottica, senza dubbio virtuoso, giacché non sempre gli amministratori e i sindaci si dimostrano inclini, per varie ragioni, ad intercettare tempestivamente le avvisaglie di una possibile situazione di crisi. L’obbligo di segnalazione gravante sui revisori potrebbe fungere da contrappeso, quindi, a possibili condotte omissive dell’organo amministrativo e di controllo, operando anche come deterrente contro la minaccia di azioni di responsabilità, in caso di successiva apertura di una procedura di insolvenza maggiore.
Nell’ambito del concordato semplificato, viene richiamata la possibilità di soddisfare parzialmente i creditori assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, attraverso il ricorso alla cd. perizia di degrado, di cui all’art. 84, co. 5, ora specificamente richiamato dall’art. 25-sexies. A dire il vero tale modifica non dovrebbe avere una rilevante portata innovativa, giacché la tutela di tali creditori era già sufficientemente garantita dal dovere del tribunale, in base alla previgente norma, di verificare che la proposta concordataria non arrecasse pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. Nella prassi, difatti, pur in assenza della perizia di degrado, la tutela dei già menzionati creditori è stata realizzata attraverso il deposito di un’attestazione atipica da parte del debitore, ovvero rimettendo all’ausiliario di nomina giudiziale il compito di determinare il valore spettante a ciascuna categoria di creditori nell’alternativa liquidatoria, al fine di garantire un trattamento non pregiudizievole confronto a quello stimabile nella liquidazione giudiziale.
In conclusione, si può affermare che – anche al netto delle pur rilevanti e considerevoli novità in materia di transazione fiscale, qui non trattate – il Correttivo ter abbia rafforzato significativamente l’istituto della composizione negoziata della crisi, rendendone più agevole l’accesso, rafforzando il ruolo dell’Esperto e delineando i confini di legittimità dei rimedi esperibili da parte degli intermediari finanziari.
Le novità introdotte dal Correttivo ter si inseriscono in una fase di mutamento del quadro economico-finanziario del Paese, caratterizzata da un rallentamento della crescita del periodo post-pandemico e da un graduale ribasso dell’inflazione e dei tassi di interessi a livelli più sostenibili per le imprese italiane. In tale contesto, è plausibile che la composizione negoziata, che negli ultimi anni aveva già registrato un significativo incremento di richieste, si affermerà come strumento più utilizzato dagli imprenditori per il superamento di situazioni di crisi e di insolvenza.