La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 24 ottobre 2024 (Pres. D. Gratsias, Rel. Z. Csehi), ha precisato la portata della definizione di “consumatore” contenuta all’art. 2, lett. b), della Direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
In particolare, secondo i giudici comunitari, tale previsione deve essere interpretata nel senso che «una persona fisica che stipula un contratto di mutuo ipotecario al fine di finanziare l’acquisto di un unico bene immobile residenziale per concederlo in locazione dietro corrispettivo rientra nella nozione di “consumatore”, […] qualora tale persona fisica agisca per fini che non rientrano nell’ambito della sua attività professionale».
Peraltro, sempre secondo la Corte, «Il solo fatto che detta persona fisica intenda ricavare redditi dalla gestione di tale immobile non può, di per sé, condurre ad escludere la suddetta persona dalla nozione di “consumatore”, ai sensi di detta disposizione».
La pronuncia in commento è stata resa a seguito di un rinvio pregiudiziale promosso dal Tribunale regionale di Varsavia circa la portata della nozione di consumatore ai fini della citata direttiva.
In particolare, i giudici polacchi erano stati chiamati a decidere sulla domanda di nullità promossa da una coppia che, nel 2008, aveva contratto un mutuo ipotecario con una banca per l’acquisto di un immobile residenziale in Varsavia, con l’obiettivo di cederlo in locazione e con il relativo canone rimborsare il mutuo.
Estinto il mutuo, essi demandavano l’accertamento della nullità del medesimo ed il rimborso delle somme versate alla banca in ragione della presenza di clausole contrattuali abusive.