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Approfondimenti

Le imprese di assicurazione captive

Inquadramento, regolamentazione e opportunità

21 Novembre 2024

Silvia Lolli, Counsel, Hogan Lovells

Davide Valloni, Associate, Hogan Lovells

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo affronta il tema delle imprese di assicurazione captive, soffermandosi sulle caratteristiche specifiche, sulla normativa di riferimento e sulle opportunità nel contesto europeo e italiano.


1. Introduzione

Le imprese di assicurazione e riassicurazionecaptive” stanno diventando uno strumento sempre più comunemente utilizzato per la gestione dei rischi da parte di grandi gruppi industriali e multinazionali. Per impresa captive s’intende una società assicurativa o riassicurativa il cui capitale sociale è detenuto da una società che può operare in diversi settori industriali o finanziari, il cui oggetto sociale è principalmente quello di coprire i rischi della stessa società controllante e/o delle altre società appartenenti al gruppo. Questo modello consente ai gruppi industriali di gestire i propri rischi internamente in modo più efficiente, beneficiando di premi assicurativi agevolati nonché di ottenere la copertura di rischi complessi o difficilmente assicurabili da parte degli operatori del mercato assicurativo, come i rischi cyber, property, supply chain e i rischi legati alle calamità naturali o alla business interruption, generalmente esclusi dalle polizze standard. La caratteristica distintiva delle imprese captive è quindi la loro struttura mirata, che consente di coprire i rischi di un gruppo specifico e garantisce un maggiore controllo sulla gestione dei medesimi, sull’importo dei premi e sulle riserve rispetto all’assicurazione tradizionale.

L’aumento del numero di compagnie captive nell’Europa continentale negli ultimi anni è stato infatti in gran parte una risposta ad un mercato assicurativo caratterizzato da un aumento dei premi, una riduzione della capacità di copertura dei rischi – in termini di dimensione e tipologia – e da condizioni più severe e restrittive nella sottoscrizione delle polizze, anche alla luce delle recenti vicende geopolitiche mondiali. Le aziende e i privati si sono trovati, di conseguenza, a dover sostenere costi più alti per le loro polizze assicurative o a trovare maggiori difficoltà nell’ottenere coperture adeguate ai propri bisogni, soprattutto per rischi particolari o settori ad alta intensità di rischio, come il settore energetico ed informatico.

2. Lo sviluppo delle assicurazioni captive nel contesto europeo e internazionale

L’idea di costituire una compagnia assicurativa con il fine di assicurare i rischi dei relativi proprietari può essere fatta risalire agli albori dell’assicurazione; infatti, già nel 1782 si trovano casi di società di mutua assicurazione costituite da membri di un determinato settore industriale per fornire copertura assicurativa. Tuttavia, il concetto moderno di impresa assicurativa captive ha avuto origine soltanto negli anni ‘50 del secolo scorso negli Stati Uniti[1] e si è in seguito sviluppato in giurisdizioni più favorevoli (come le isole Bermuda o le Cayman) al fine di ovviare alle normative rigide ed ai requisiti di capitale elevati che rendevano difficile la costituzione di captive sul suolo statunitense[2].

L’Associazione internazionale dei supervisori assicurativi (International Association of Insurance Supervisors – IAIS[3]) ha riconosciuto[4] che esistono diverse tipologie di assicurazione captive nel mercato assicurativo internazionale e la stessa associazione la definisce come “un’entità assicurativa o riassicurativa costituita e posseduta, direttamente o indirettamente, da una o più entità industriali, commerciali o finanziarie, il cui scopo è fornire copertura assicurativa o riassicurativa per i rischi dell’entità o delle entità a cui appartiene, o per entità collegate a tali entità e solo un’esigua parte, eventualmente, della sua esposizione al rischio è legata alla fornitura di copertura assicurativa o riassicurativa ad altre parti“.

La IAIS ha poi identificato diversi tipi di imprese captive, che si distinguono in base alla struttura e alla finalità che si propongono di perseguire, come di seguito definite:

  • Captive pura: una captive a socio unico che copre unicamente i rischi della propria casa madre e/o delle sue affiliate. Questo tipo di impresa captive presenta un profilo di rischio più basso rispetto ad altre tipologie, proprio perché non copre rischi relativi a soggetti terzi.
  • Captive di gruppo e/o associative: compagnie assicurative multiproprietarie che coprono solo i rischi dei loro proprietari e/o società affiliate, di solito nell’ambito di determinati settori o attività.
  • Captive diversificata: una captive che, oltre ai rischi del proprio azionista e/o delle affiliate, copre una quota limitata di rischi non relativi al gruppo di appartenenza.
  • Rental captive: assicuratori specificamente costituiti al fine di fornire strutture captive a società non appartenenti al gruppo a fronte di un corrispettivo. Vengono utilizzate da soggetti giuridici che preferiscono non costituire una propria captive dedicata, soprattutto per non dover sostenere le spese e non dover possedere le competenze necessarie per la gestione di una captive.
  • Protected cell company (PCC): sviluppatasi a Guernsey nel 1997, è una forma di compagnia assicurativa captive che funziona come un’unica entità giuridica ma suddivisa in “celle” separate e protette. Ogni cella opera come una divisione distinta all’interno della PCC, con attività e passività proprie, isolata giuridicamente e finanziariamente dalle altre celle. Questo modello permette a più assicurati (o gruppi all’interno di una stessa azienda) di partecipare ai benefici di una captive condividendo la struttura e i costi operativi della PCC, ma senza il rischio di contaminazione finanziaria tra le celle, rendendolo uno strumento efficiente per la gestione del rischio.

Attualmente, la scelta della giurisdizione in cui costituire e operare un’impresa captive varia in modo significativo in base ad una serie di parametri da valutare, tra cui i tempi di autorizzazione per avviare l’operatività, i requisiti patrimoniali, la regolamentazione, i requisiti fiscali e le modalità gestionali. Le giurisdizioni maggiormente interessate dal fenomeno sono le isole Bermuda, Guernsey e la Svizzera per quanto riguarda gli stati extra UE, mentre il Lussemburgo e da ultimo la Francia sono le giurisdizioni che si contendono il primato europeo.

Le isole Bermuda sono il più grande domicilio captive a livello mondiale, con più di 600 imprese captive attive. L’autorità di vigilanza competente, la Bermuda Monetary Authority (BMA), ha adottato un approccio alla regolamentazione basato sul rischio, che incorpora i principi fondamentali dell’Associazione internazionale dei supervisori assicurativi (IAIS), consentendo una vigilanza più penetrante il relazione a compagnie più esposte al rischio. Il regime commerciale delle Bermuda, nonostante i requisiti patrimoniali siano generalmente inferiori a quelli dell’UE, gode dell’equivalenza con il regime europeo Solvency II.

La Svizzera ha di recente condotto una revisione sostanziale e un ammodernamento delle leggi sulla vigilanza assicurativa. Le nuove leggi hanno introdotto un nuovo regime di vigilanza basato sul rischio, e per gli assicuratori che coprano rischi relativi a contraenti/assicurati “professionisti”, tra cui le imprese captive, si applicano o possono essere richieste esenzioni significative dalle disposizioni e dai parametri di vigilanza prudenziale.

Guernsey, nelle Isole del Canale non facenti parte dell’Unione Europea, è un altro dei principali mercati per le imprese di assicurazione e riassicurazione captive grazie a un quadro normativo flessibile e specializzato che garantisce stabilità e una regolamentazione proporzionata al rischio ridotto di tali imprese. La Guernsey Financial Services Commission (GFSC) adotta un approccio regolamentare mirato, facilitando la compliance per le captive rispetto alle compagnie assicurative tradizionali. Inoltre, Guernsey offre un regime fiscale vantaggioso che attrae molte aziende internazionali, rendendo la giurisdizione particolarmente competitiva per la domiciliazione delle captive.

Il Lussemburgo è attualmente il più grande mercato di riassicurazione captive dell’Unione Europea. La maggior parte delle compagnie di riassicurazione domiciliate in Lussemburgo sono di tipo captive, ossia filiali all’interno di un gruppo che riassicurano i rischi delle altre compagnie appartenenti al medesimo, servendosi di un assicuratore con accordi c.d. di fronting[5]. Tale posizione è dovuta al regime legislativo e regolamentare vigente in Lussemburgo, all’approccio flessibile e pragmatico dell’autorità di vigilanza sul settore assicurativo lussemburghese (Commissariat Aux Assurances – CAA) e al personale altamente qualificato per guidare e gestire tali imprese.

Recentemente, la Francia ha introdotto un regime specifico per le imprese captive, con l’obiettivo di incentivare le società francesi a localizzare le loro captive di riassicurazione sul territorio nazionale. La nuova normativa introduce una “provision pour resilience” (letteralmente, “riserve di resilienza”), che consente alle riassicuratrici captive di costituire riserve deducibili destinate a coprire eventi futuri, creando quindi una riserva temporale sui profitti generati in un esercizio per fronteggiare eventuali sinistri in anni successivi​​.

3. La costituzione di un’impresa di assicurazione captive: vantaggi e svantaggi

3.1 Principali vantaggi

(a) Controllo e risparmio di costi

Uno dei principali vantaggi delle imprese captive risiede nella capacità di garantire un maggiore controllo sui costi assicurativi. Le captive offrono alle società la possibilità di assicurarsi direttamente contro i propri rischi, eliminando la necessità di acquistare coperture sul mercato assicurativo tradizionale. Questa disintermediazione può comportare una significativa riduzione dei premi assicurativi, poiché la società madre non deve pagare margini di profitto o costi aggiuntivi imposti dagli assicuratori esterni. Inoltre, le captive permettono una gestione più trasparente dei sinistri e dei premi, in quanto tutti i costi sono sostenuti internamente e senza l’intermediazione di terzi. Questo controllo diretto consente anche di stabilire riserve finanziarie in modo più efficiente, accumulando fondi per future passività invece di pagare costi elevati in anticipo al mercato assicurativo tradizionale.

(b) Flessibilità e personalizzazione delle coperture

Dal punto di vista della flessibilità, un’altra significativa forza delle captive consiste nella possibilità di personalizzare le polizze assicurative in base alle specifiche esigenze aziendali. Le polizze assicurative tradizionali, infatti, sono spesso standardizzate e non riescono a rispondere adeguatamente a rischi peculiari o complessi. Le imprese captive, al contrario, permettono una notevole libertà nella definizione delle clausole e delle coperture, offrendo polizze su misura in grado di gestire rischi particolari che potrebbero non essere coperti dagli assicuratori tradizionali. In aggiunta, la maggiore personalizzazione delle coperture permette anche di gestire in modo più efficiente i sinistri, poiché la compagnia captive ha un interesse diretto nella riduzione e mitigazione dei rischi, portando a pratiche di gestione del rischio più rigorose.

(c) Vantaggi fiscali

In alcune giurisdizioni le captive possono beneficiare di regimi fiscali favorevoli, come l’esenzione da determinate imposte sui premi assicurativi o la possibilità di differire le imposte sui redditi derivanti dagli investimenti della compagnia captive. Questo rende la costituzione di una captive particolarmente attraente per multinazionali che operano nel mercato globale che possono sfruttare la differente regolamentazione fiscale di alcune giurisdizioni per ridurre l’onere fiscale complessivo.

3.2 Principali criticità

(d) Ingente investimento iniziale e complessità regolamentare

La costituzione di un’impresa captive comporta un investimento significativo in termini di capitale iniziale e la procedura per l’ottenimento dell’autorizzazione da parte dell’autorità di vigilanza competente può essere complessa, così come la fase di gestione operativa, alla luce della compliance normativa e regolamentare. Inoltre, le imprese captive sono soggette a requisiti regolamentari rigorosi nelle giurisdizioni in cui operano, con obblighi di capitalizzazione e reportistica paragonabili a quelli delle compagnie assicurative tradizionali, quanto meno in Europa, salvo alcune semplificazioni di cui si dirà in seguito. Questi fattori possono rappresentare una barriera all’ingresso per molte società, specialmente per quelle di piccole e medie dimensioni, che potrebbero non avere le risorse finanziarie o organizzative necessarie per gestire in modo efficace una captive.

(e) Rischi operativi e legali

Un ulteriore svantaggio risiede nei rischi operativi e legali connessi alla gestione di una captive. Le imprese captive, per loro natura, assumono direttamente il rischio del gruppo a cui appartengono, il che significa che devono essere in grado di gestire sinistri significativi senza compromettere la propria stabilità finanziaria.

4. Regolamentazione delle imprese di assicurazione captive nell’Unione Europea

A livello europeo, le imprese di assicurazione e di riassicurazione captive sono soggette alle disposizioni della Direttiva Solvency II (Direttiva 2009/138/CE), che disciplina l’accesso e l’esercizio dell’attività di assicurazione e riassicurazione all’interno dell’Unione Europea, la vigilanza dei gruppi assicurativi e riassicurativi nonché il risanamento e la liquidazione delle imprese di assicurazione.

La suddetta direttiva definisce l’impresa di (ri)assicurazione captive come “un’impresa di (ri)assicurazione detenuta da un’impresa finanziaria diversa da un’impresa di assicurazione o di riassicurazione o da un gruppo di imprese di assicurazione o di riassicurazione ai sensi dell’articolo 212, paragrafo 1, lettera c), oppure da un’impresa non finanziaria, il cui scopo è fornire copertura (ri)assicurativa esclusivamente per i rischi dell’impresa o delle imprese cui appartiene o di una o più imprese del gruppo di cui fa parte“.

Con riferimento alla portata dei rischi che una captive può coprire, è interessante notare che il termine “esclusivamente” utilizzato nella suddetta definizione implica che una captive non può assumere rischi di soggetti esterni al gruppo: qualora stipulasse coperture per rischi esterni al gruppo, la società perderebbe la sua qualificazione di captive. Diversamente, a livello internazionale l’International Association of Insurance Supervisors (IAIS) adotta una definizione più estesa ai sensi della quale un’impresa captive può coprire anche rischi afferenti a soggetti esterni al gruppo, seppur per una “esigua parte” della propria attività, senza compromettere il proprio status.

La Direttiva Solvency II (recepita in Italia con Decreto Legislativo 12 maggio 2015, n. 74 che ha modificato il Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, di seguito il “Codice delle Assicurazioni Private”) prevede alcune semplificazioni per le imprese captive rispetto alle (ri)assicurazioni tradizionali, riconoscendo la natura specifica del loro business, in particolare per quanto riguarda i requisiti di capitale e l’informativa di vigilanza. Le captive, infatti, essendo generalmente esposte a un numero limitato di rischi riferibili al gruppo industriale o commerciale cui appartengono, possono beneficiare di alcune esenzioni e semplificazioni in applicazione del principio di proporzionalità, alla luce della ridotta natura, portata e complessità della loro attività. In particolare:

  • Informazioni da fornire a fini di vigilanza: l’art. 35 della Direttiva impone agli Stati membri di prescrivere alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di presentare alle autorità nazionali competenti le informazioni necessarie a fini di vigilanza, tenuto conto degli obiettivi di tutela dei contraenti e dei beneficiari nonché di stabilità del sistema finanziario. In tale contesto, il paragrafo 8 dell’art. 35 della Direttiva concede alle autorità di vigilanza di valutare se l’informativa risulterebbe eccessivamente onerosa in rapporto alla natura, alla portata e alla complessità dei rischi insiti nell’attività dell’impresa, tenuto conto di una serie di elementi, tra cui il fatto che l’impresa sia o meno un’impresa di assicurazione o riassicurazione captive che copre unicamente i rischi del gruppo industriale o commerciale cui appartiene.
  • Calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità (SCR): La Direttiva ha delegato, all’art. 111, paragrafo 1, lett. l), la Commissione europea ad adottare atti delegati che prevedessero, inter alia, i calcoli semplificati per specifici sottomoduli e moduli di rischio ai fini del calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità nonché i criteri che le imprese di assicurazione e di riassicurazione, comprese le imprese di assicurazione e di riassicurazione captive, sono tenute a soddisfare per avere diritto a utilizzare le singole semplificazioni in questione. A tale proposito, l’art. 89 del Regolamento Delegato (UE) 2015/35 prevede che ai fini del calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità di base le imprese di assicurazione e di riassicurazione captive possono utilizzare calcoli semplificati[6] a condizione che (i) sia rispettato il principio di proporzionalità e (ii) siano soddisfatti tutti i seguenti requisiti:
  1. in relazione alle obbligazioni di assicurazione dell’impresa di assicurazione o di riassicurazione captive, tutti gli assicurati e i beneficiari sono soggetti giuridici del gruppo di cui detta impresa fa parte;
  2. in relazione alle obbligazioni di riassicurazione dell’impresa di assicurazione o di riassicurazione captive, tutti gli assicurati e i beneficiari dei contratti di assicurazione sottostanti alle obbligazioni di riassicurazione sono soggetti giuridici del gruppo di cui detta impresa fa parte;
  3. le obbligazioni di assicurazione e i contratti di assicurazione sottostanti alle obbligazioni di riassicurazione dell’impresa di assicurazione o di riassicurazione captive non riguardano un’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile verso terzi.
  • Requisito patrimoniale minimo (MCR): per quanto riguarda il requisito patrimoniale minimo (i.e. l’importo di fondi propri di base ammissibili al di sotto del quale i contraenti e i beneficiari sarebbero esposti ad un livello di rischio inaccettabile qualora alle imprese di assicurazione e di riassicurazione fosse consentito di continuare la propria attività) nel caso delle imprese di assicurazione la Direttiva non prevede alcuna deroga qualora queste siano imprese captive, fissandolo ad Euro 2.700.000[7] per le imprese di assicurazione non vita (ivi comprese le captive) e ad Euro 4.000.000 per le imprese di assicurazione vita, ivi comprese le captive (art. 129). Una deroga è prevista tuttavia per le imprese di riassicurazione captive, per le quali il requisito patrimoniale minimo non può essere inferiore a Euro 1.300.000, contrariamente al più alto requisito previsto per le imprese di riassicurazione tradizionali, pari a Euro 3.900.000.

Inoltre, per assicurare un’armonizzazione coerente, la Direttiva delegava inoltre l’EIOPA ad elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione per specificare, inter alia, i metodi e le tecniche semplificati per calcolare le riserve tecniche, al fine di garantire che i metodi attuariali e statistici per calcolare la migliore stima e il margine di rischio siano proporzionati alla natura, alla portata e alla complessità dei rischi cui sono esposte le imprese di assicurazione e di riassicurazione, comprese le imprese di assicurazione e riassicurazione captive, al momento non ancora emanati.

Da ultimo, l’art. 19 bis della Direttiva 2013/34/UE[8] prevede semplificazioni per la rendicontazione di sostenibilità di alcune categorie di imprese, tra cui le imprese di assicurazione e riassicurazione captive. Tali imprese possono infatti limitare la loro reportistica relativa alla sostenibilità ad alcune informazioni fondamentali, riducendo così gli oneri di compliance rispetto alle grandi imprese.

Ad eccezione di quanto sopra, la costituzione e la gestione di un’impresa captive è disciplinata dalle stesse norme applicabili alle imprese di assicurazione e di riassicurazione non captive.

5. La posizione di EIOPA nel recente parere del 2 Luglio 2024

Il 2 luglio 2024, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) ha pubblicato un parere in merito alla vigilanza delle imprese di assicurazione e riassicurazione captive[9], a valle di una pubblica consultazione avviata il 6 ottobre 2023. Il parere è rivolto alle autorità competenti degli Stati membri e delinea le aspettative di vigilanza tenendo conto delle specificità del modello di business di un (ri)assicuratore captive, mirando a facilitare una vigilanza proporzionata e basata sul rischio e a sostenere la creazione di un level playing field all’interno dell’UE, anche al fine di evitare fenomeni di arbitraggio normativo tra le varie giurisdizioni europee.

Il parere definisce le aspettative di vigilanza con riferimento a diverse aree, tra cui le operazioni infragruppo (con particolare riferimento agli accordi di cash pooling) e l’applicazione coerente del principio della persona prudente e gli aspetti di governance in relazione alle funzioni fondamentali e all’esternalizzazione.

(a) Operazioni infragruppo e principio della persona prudente: il cash pooling

La prima questione affrontata dall’EIOPA in relazione alle imprese captive riguarda gli accordi di cash pooling e l’applicazione del principio della persona prudente. Come noto, il termine “cash pooling” fa riferimento ad un accordo all’interno di un gruppo, con l’obiettivo di condividere la liquidità tra le società appartenenti al medesimo, allo scopo di ottenerne una gestione efficiente. Le società che partecipano al cash pooling e che hanno un’eccedenza di liquidità ricevono interessi dalle società che presentano saldi negativi. Il cash pooling rappresenta uno strumento comunemente utilizzato dalle imprese captive per la gestione della liquidità, ma la sua configurazione solleva questioni significative, specialmente in relazione alla classificazione delle attività e delle passività in bilancio in base alla sostanza economica dell’accordo di cash pooling e alla corretta applicazione del calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità (Formula Standard). Infatti, la classificazione di un’attività nell’ambito dell’accordo di cash pooling come credito o come liquidità ha delle implicazioni relative ai tipi di rischi da considerare ai fini del calcolo del suddetto requisito. In tale ambito, l’EIOPA sottolinea l’importanza della trasparenza e della chiarezza nonché quella di fornire, su richiesta, elementi che provino che le operazioni di cash pooling sono effettuate a prezzi di mercato.

(b) Governance

Considerando il modello di business delle imprese captive di (ri)assicurazione (imprese che accettano un numero limitato di rischi e hanno una strategia di investimento piuttosto semplice), nella maggior parte dei casi non è ritenuto economicamente conveniente assumere personale e le captive si affidano a risorse afferenti alla casa madre o a gestori professionali. Inoltre, è frequente che l’organo di gestione comprenda almeno un rappresentante del gruppo industriale a cui appartiene la captive, al fine di allineare gli interessi dell’impresa di (ri)assicurazione captive e dell’impresa madre. L’EIOPA ha evidenziato come le autorità nazionali di vigilanza debbano verificare che gli organi amministrativi e di controllo delle captive siano composti da membri con competenze adeguate e comprovata esperienza, non beneficiando a tal proposito di alcuna esenzione rispetto alle compagnie tradizionali. Inoltre, viene trattato il tema dell’esternalizzazione delle funzioni fondamentali. L’EIOPA sottolinea che, qualora una captive decida di esternalizzare alcune funzioni, come la gestione del rischio o la compliance, deve sempre essere designata una persona interna alla captive con responsabilità generale sulla funzione esternalizzata che sia idonea e che possieda conoscenze ed esperienze sufficienti in merito alla funzione esternalizzata per essere in grado di vigilare sulla prestazione del servizio da parte del fornitore. Il responsabile interno può essere alternativamente (i) un dipendente dell’impresa di (ri)assicurazione captive; (ii) un membro dell’organo di amministrazione o di controllo dell’impresa; (iii) un soggetto che abbia comunque un legame con l’impresa in considerazione della partecipazione a un apposito comitato istituito specificamente dall’impresa e che si occupi esclusivamente delle questioni di tale impresa; oppure (iv) un dipendente di una società appartenente allo stesso gruppo dell’impresa di (ri)assicurazione captive, a condizione che tale ruolo sia adeguatamente documentato nell’ambito degli accordi di esternalizzazione e nel contesto della valutazione circa l’idoneità. Nel caso in cui tale soggetto non sia un dipendente della captive, le autorità di vigilanza dovrebbe assicurarsi che siano in atto adeguate misure per mitigare eventuali conflitti di interesse o rischi operativi derivanti dall’esternalizzazione.

Il parere dell’EIOPA segna un passo significativo verso una vigilanza più armonizzata e proporzionata delle imprese di assicurazione e riassicurazione captive. Le autorità di vigilanza nazionali, pur tenendo conto delle specificità nazionali del settore della (ri)assicurazione captive, dovranno considerare attentamente le indicazioni dell’EIOPA.

6. Le imprese di assicurazione captive nel contesto della revisione di Solvency II: semplificazione e proporzionalità

Con l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento europeo, nella seduta del 23 aprile scorso, e da ultimo da parte del Consiglio dell’Unione Europea nella seduta del 5 novembre scorso, della proposta di Direttiva che modifica la Direttiva Solvency II[10], il settore delle assicurazioni captive si trova di fronte a un’importante occasione per un’evoluzione normativa della materia.

Tra gli altri aspetti, la proposta di revisione di Solvency II mira a rendere il quadro legislativo più proporzionato e adatto alle caratteristiche peculiari delle imprese di assicurazione e riassicurazione captive. La riforma introduce pertanto norme che riducono gli obblighi di compliance e semplificano alcuni requisiti per le imprese captive, considerando il particolare profilo di rischio che le connota.

(a) Semplificazioni nella reportistica di vigilanza

In primo luogo, le imprese di (ri)assicurazione captive saranno esentate su base analitica dalla presentazione di informazioni periodiche a fini di vigilanza, quando i periodi predefiniti entro cui le imprese sono di norma tenute a presentarle sono inferiori a un anno, purché soddisfino determinate condizioni (es. riconducibilità degli assicurati e dei beneficiari a soggetti giuridici del gruppo o idonei a beneficiare della copertura di polizze assicurative di tale gruppo, la circostanza che le obbligazioni di assicurazione e i contratti di assicurazione sottostanti le obbligazioni di riassicurazione dell’impresa di (ri)assicurazione captive non consistano in un’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile nei confronti di terzi). Inoltre, viene attribuito alla Commissione europea il compito di adottare atti delegati intesi a specificare i criteri per la trasmissione di informazioni di vigilanza limitate per le imprese di (ri)assicurazione captive e le imprese di riassicurazione captive, tenuto conto della natura, della portata e della complessità dei rischi di tali tipi specifici di imprese, al fine di garantire un grado appropriato di convergenza delle informazioni di vigilanza.

(b) ORSA

Una delle novità più rilevanti riguarda la frequenza della valutazione interna del rischio e della solvibilità (cd. Own Risk and Solvency Assessment ORSA), la cui periodicità viene ridotta da un anno a due anni per le captive che soddisfino le medesime condizioni sopra menzionate. Come noto, la valutazione ORSA è un elemento centrale dell’impianto regolamentare di Solvency II, in quanto richiede alle imprese di valutare in modo indipendente la propria esposizione ai rischi e il fabbisogno di solvibilità necessario per coprirli. Tale modifica tiene conto della particolare struttura di rischio delle captive che è solitamente stabile e meno esposta alle fluttuazioni di mercato rispetto alle compagnie assicurative tradizionali. Tuttavia, sebbene la frequenza sia stata ridotta, rimane l’obbligo di effettuare la valutazione ORSA senza indugio qualora si verifichino variazioni significative del profilo di rischio.

(c) SFCR

La Direttiva Solvency II attualmente prescrive la pubblicazione con cadenza almeno annuale di informazioni essenziali attraverso la Relazione relativa alla Solvibilità e alla Condizione Finanziaria (SFCR). Al fine di rispondere alle esigenze e alle aspettative di diversi destinatari, la proposta di riforma suddivide il contenuto della relazione in due parti: la prima parte, indirizzata principalmente ai contraenti e ai beneficiari, deve contenere le informazioni chiave in merito all’attività, alle prestazioni, alla gestione del capitale e al profilo di rischio; la seconda parte, destinata ai professionisti del mercato, deve contenere informazioni dettagliate sull’attività e sul sistema di governance, informazioni specifiche sulle riserve tecniche e su altre passività, sulla solvibilità nonché altri dati rilevanti per gli analisti specializzati.

In tale quadro, si prevede che le imprese di assicurazione captive, purché soddisfino determinate condizioni, non siano tenute a pubblicare la parte destinata ai contraenti e ai beneficiari e debbano soltanto includere nella parte destinata ai professionisti del mercato i dati quantitativi richiesti dalle norme tecniche di attuazione adottate dalla Commissione Europea.

Inoltre, in considerazione del particolare profilo di rischio e della specificità delle imprese di (ri)assicurazione captive, la proposta di riforma di Solvency II non estende a tali imprese l’obbligo di sottoporre a revisione lo stato patrimoniale nel contesto della relazione SFCR.

(d) Imprese captive di piccole dimensioni

Qualora le imprese di assicurazione captive e le imprese di riassicurazione captive siano classificate come imprese piccole e non complessepotranno inoltre beneficiare di alcune ulteriori misure di proporzionalità specificamente individuate in materia di informativa, comunicazione, governance, revisione delle politiche scritte, calcolo delle riserve tecniche, valutazione interna del rischio e della solvibilità e piani di gestione del rischio di liquidità[11].

Per impresa piccola e non complessa s’intende un’impresa di assicurazione o di riassicurazione, compresa un’impresa di (ri)assicurazione captive che soddisfa determinate condizioni e che è stata classificata come tale ad esito positivo (o in caso di silenzio assenso) della procedura di notifica dinanzi all’autorità di vigilanza competente.

Con specifico riferimento alle imprese di assicurazione e riassicurazione captive, queste possono essere classificate come imprese piccole e non complesse se soddisfano specifici criteri per due esercizi consecutivi[12]. A seconda del tipo di attività esercitata (nel settore vita, danni o entrambi), tali imprese devono limitare l’esposizione al rischio in specifiche aree. Per le attività nel settore vita, ad esempio, è richiesto che il sottomodulo del rischio di tasso d’interesse non superi il 5% delle riserve tecniche, mentre per il settore danni il combined ratio medio al netto della riassicurazione deve rimanere inferiore al 100% per tre anni. Indipendentemente dal settore di operatività, ai fini della classificazione tutte le imprese devono mantenere le riserve tecniche sotto determinati valori soglia e limitare le esposizioni rischiose al di sotto del 20% degli investimenti totali, nonché naturalmente rispettare il requisito patrimoniale di solvibilità[13].

Nell’eventualità in cui le imprese di (ri)assicurazione captive non rispettino i suddetti requisiti generali, tali imprese possono comunque essere classificate come imprese piccole e non complesse a condizione che soddisfino entrambi i criteri seguenti:

a) la totalità degli assicurati e dei beneficiari rientra in una delle seguenti tipologie:

  1. soggetti giuridici del gruppo di cui fa parte l’impresa di (ri)assicurazione captive;
  2. persone fisiche idonee a beneficiare della copertura di polizze assicurative di tale gruppo, a condizione che l’attività che copre tali persone fisiche rimanga inferiore al 5 % delle riserve tecniche;

b) le obbligazioni di assicurazione e i contratti di assicurazione sottostanti le obbligazioni di riassicurazione dell’impresa di assicurazione captive o dell’impresa di riassicurazione captive non consistono in un’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile nei confronti di terzi.

La revisione della Direttiva Solvency II rappresenta pertanto un importante passo verso una regolamentazione più adattabile e mirata per le captive. Tuttavia, l’effettiva applicazione di queste misure dipenderà in larga parte dalle linee guida che l’EIOPA e da come i singoli Stati membri recepiranno le modifiche sopra descritte, al fine di garantire una valutazione accurata del profilo di rischio delle captive e la corretta implementazione delle norme di proporzionalità.

Una volta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il testo definitivo della Direttiva che modifica Solvency II entrerà in vigore 20 giorni dopo e gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepire le modifiche nella loro legislazione nazionale.

7. Conclusioni

In Italia, il mercato delle imprese di assicurazione captive è in crescita, con diverse imprese industriali di primo piano che hanno ottenuto l’autorizzazione dall’IVASS per costituire imprese di riassicurazione captive nel paese. Autorizzazioni sono state concesse recentemente dall’IVASS a gruppi come Enel[14] e Prysmian[15], che hanno costituito imprese riassicurative per realizzare, tramite fusione per incorporazione, la domiciliazione in Italia delle attività svolte dalle compagnie di riassicurazione captive del gruppo aventi sede rispettivamente in Olanda e in Irlanda e, da ultimo, al gruppo Eni[16] che ha ottenuto l’autorizzazione a costituire in Italia un’impresa abilitata non solo all’esercizio dell’attività riassicurativa ma anche di quella assicurativa, con l’obiettivo di domiciliare nel Belpaese le attività sinora svolte dalla propria captive in Irlanda.

Nonostante l’assenza di un quadro normativo specifico per le captive in Italia, la crescita di questo settore testimonia l’interesse da parte di grandi gruppi industriali nel localizzare e centralizzare la gestione dei propri rischi sul territorio nazionale, garantendo maggiore efficienza operativa e controllo. La regolamentazione italiana, tuttavia, non ha ancora adottato criteri proporzionati che tengano pienamente conto delle peculiarità di tali imprese, che operano con profili di rischio significativamente ridotti rispetto alle compagnie assicurative tradizionali. Ciò pone le captive italiane in una posizione meno competitiva rispetto a quelle domiciliate in Paesi europei dotati di normative specifiche e più favorevoli, come il Lussemburgo e l’Irlanda.

Alla luce delle proposte di modifica alla Direttiva Solvency II, che introducono semplificazioni e esenzioni per le imprese captive, si confida che anche l’Italia nel recepire le norme comunitarie adotterà una regolamentazione più snella e calibrata sul principio di proporzionalità, favorendo ulteriormente la domiciliazione delle captive in ambito nazionale. Le modifiche alla Direttiva mirano infatti a semplificare i requisiti patrimoniali e ridurre gli oneri di compliance per queste strutture, incentivando la creazione di captive locali e valorizzando così il ruolo del mercato assicurativo italiano. Una normativa specifica per le captive consentirebbe all’Italia di attrarre un maggior numero di queste realtà, contribuendo non solo alla crescita del settore assicurativo nazionale, ma anche alla competitività del sistema produttivo italiano.

 

[1]  Fred Reiss, ingegnere antincendio negli Stati Uniti, capì che le grandi aziende si trovavano di fronte a costi esorbitanti per ottenere coperture assicurative nei mercati tradizionali, specialmente per rischi legati alla salute e alla sicurezza, alla confisca di beni o per danni a impianti industriali. La sua intuizione fu quella di creare società controllate (le captive) per assicurare i rischi delle società madri, abbattendo così i costi netti delle polizze.

[2]  Nel 1962 Reiss trasferì la propria attività alle Bermuda, dove fondò la sua società, International Risk Management. Grazie al contesto normativo favorevole offerto dalle Bermuda, molte aziende statunitensi iniziarono a costituire captive nella giurisdizione, trasformandola rapidamente in uno dei principali hub mondiali per queste imprese.

[3]  La IAIS è un’organizzazione ad adesione volontaria che riunisce le autorità di vigilanza e regolamentazione del settore assicurativo di oltre 200 giurisdizioni. È l’organismo di regolamentazione globale responsabile dell’elaborazione e dell’assistenza all’attuazione di principi, standard e linee guida, nonché di materiale di supporto per la vigilanza del settore assicurativo. La missione della IAIS è quella di promuovere una vigilanza efficace e coerente a livello globale sul settore assicurativo, al fine di sviluppare e mantenere mercati assicurativi equi, sicuri e stabili, a beneficio e tutela degli assicurati, e di contribuire alla stabilità finanziaria globale.

[4]  Cfr. IAIS Issues paper on the regulation and supervision of captive insurance companies, ottobre 2006 e IAIS Application paper on the regulation and supervision of captive insurers, novembre 2015.

[5]  Il fronting assicurativo è una pratica in cui una compagnia assicurativa tradizionale (la “compagnia fronting”) emette una polizza per conto di una captive (ossia, una compagnia assicurativa interna a un gruppo aziendale), assumendosi formalmente i rischi ma trasferendoli poi integralmente alla captive tramite un contratto di riassicurazione. In questo modo, la captive può operare anche in mercati in cui non ha licenze dirette, utilizzando l’intermediazione della compagnia fronting per conformarsi alle normative locali.

[6]  Gli articoli 90, 103, 105 e 106 degli Atti Delegati citati disciplinano rispettivamente i calcoli semplificati per il rischio di tariffazione e di riservazione per l’assicurazione non vita per le imprese di assicurazione e di riassicurazione captive, per il rischio di tasso di interesse per le imprese di assicurazione o di riassicurazione captive, per il rischio di spread relativo a obbligazioni e prestiti per le imprese di assicurazione o di riassicurazione captive e per la concentrazione del rischio di mercato per le imprese di assicurazione o di riassicurazione captive.

[7] Salvo nel caso in cui siano coperti, in tutto o in parte, i rischi compresi in uno dei rami da 10 a 15 elencati all’allegato I, parte A, della Direttiva, nel qual caso non può essere inferiore a Euro 4.000.000.

[8] Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio.

[9] Opinion on the supervision of captive (re)insurance undertakings (EIOPA-BoS-24/176).

[10] Procedura 2021/0295/COD.

[11] In deroga al beneficio automatico delle misure di proporzionalità, le autorità di vigilanza, qualora nutrano gravi preoccupazioni in relazione al profilo di rischio di una singola impresa piccola e non complessa, dovrebbero avere il potere di imporre all’impresa interessata di astenersi dal ricorrere a una o più misure di proporzionalità. Tale potere può essere utilizzato qualora constatino che il requisito patrimoniale di solvibilità non è più rispettato, qualora esista un rischio di inosservanza, qualora il profilo di rischio di un’impresa cambi sostanzialmente o qualora il sistema di governance sia inefficace.

[12] Per le imprese che hanno ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività da meno di due anni, il rispetto dei criteri necessari ai fini della classificazione come imprese piccole e non complesse è valutato in riferimento all’ultimo esercizio antecedente la classificazione o, se l’autorizzazione è stata ottenuta da meno di un anno, al programma di attività presentato per l’ottenimento dell’autorizzazione.

[13] Diversamente dalle altre imprese di assicurazione e di riassicurazione, ai fini della classificazione quali imprese piccole e non complesse le impese captive sono esonerate dal necessario rispetto di alcuni requisiti ulteriori, riguardanti l’ammontare dei premi lordi contabilizzati da attività sottoscritte in Stati membri diversi dallo Stato membro di origine e il livello di riassicurazione accettata in rapporto all’incasso annuo totale di premi lordi contabilizzati.

[14] Provvedimento IVASS n. 0267969 del 21 novembre 2023: Enel Erre S.p.A. – Autorizzazione all’esercizio dell’attività riassicurativa nei rami danni 1, 2, 7, 8, 9, 10, 13, 15, 16, volta alla copertura dei rischi del gruppo Enel.

[15] Provvedimento IVASS n. 0293524 del 20 dicembre 2023: Prysmian Servizi S.p.A. – Autorizzazione all’esercizio dell’attività riassicurativa nei rami danni 8, 9, 13 e 14, volta alla copertura dei rischi del gruppo Prysmian.

[16] Provvedimento IVASS n. 0223887 dell’8 ottobre 2024: Eni Energy Italy S.p.A. – Autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa e riassicurativa nei rami danni 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 16, volta alla copertura dei rischi del gruppo Eni.

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