Con ordinanza n. 10889 pubblicata il 23 aprile 2024, la Corte di Cassazione (Pres. De Chiara, Rel. Catallozzi) si è pronunciata sulla validità della delibera con cui viene determinato il compenso degli amministratori, qualora sia adottata con il voto determinante dell’amministratore che partecipa all’assemblea in qualità di socio.
In particolare, ha chiarito che la delibera con cui viene determinato il compenso degli amministratori non può essere considerata invalida ai sensi dell’art. 2479 ter, c. 2, C.c. per il solo fatto che sia stata adottata con il voto determinante dell’amministratore stesso che partecipa all’assemblea in qualità di socio, ma è necessario che risulti pregiudicato l’interesse sociale.
In particolare, secondo la Suprema Corte, la situazione di conflitto di interessi tra socio e società presuppone che il primo si trovi nella condizione di essere portatore, con riferimento a una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse – da un lato il proprio interesse di socio e dall’altro l’interesse della società – e che questa duplicità di interessi sia tale per cui il socio non possa realizzare l’uno se non sacrificando l’altro.
Dunque, la circostanza che una siffatta delibera consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale interesse non comporta, di per sé, un pregiudizio all’ interesse sociale (cfr. Cass. 21 marzo 2000, n. 3312).
Nella vicenda in esame, gli Ermellini hanno rigettato il ricorso proposto ritenendo che il voto espresso dal socio privato, per il tramite dell’amministratore della società, in adozione della delibera avente a oggetto la determinazione del compenso dell’amministratore medesimo, non ha determinato una situazione di conflitto di interessi, rilevante ai sensi dell’art. 2479 ter c.c., non avendo né la Corte territoriale accertato – né la parte ricorrente dedotto di aver allegato – la presenza di elementi significativi che rappresentino una incompatibilità dell’interesse sociale con l’interesse individuale perseguito.