Alla luce di una recente pronunzia del Tribunale UE 5 giugno 2024 causa T-134/21, il presente contributo esamina i profili di potenziale responsabilità della BCE nell’ambito dell’attività di vigilanza sugli enti creditizi europei esercitata bilanciando le esigenze di corretta applicazione del diritto europeo e di tutela dei diritti dei cittadini dell’Unione con la garanzia di un sufficiente margine di manovra dell’istituzione nella salvaguardia dei pubblici interessi che essa mira a tutelare.
1. La BCE e la supervisione bancaria
La BCE svolge un ruolo cruciale nel sistema bancario europeo, non solo come istituto che definisce la politica monetaria, ma anche come autorità di vigilanza deputata a garantire la stabilità finanziaria nell’eurozona attraverso il Single Supervisory Mechanism (SSM) finalizzato alla prevenzione del rischio sistemico e alla protezione dei depositanti, con il fine ultimo di mantenere la fiducia nel sistema bancario europeo.
Nella sua funzione di supervisione, la BCE può decidere di collocare una banca sotto sorveglianza speciale qualora emergano segnali di potenziale instabilità. La vigilanza consiste in un monitoraggio continuo dell’ente creditizio che include l’esame della solvibilità, della gestione dei rischi e della conformità alle normative di riferimento e può sfociare nell’adozione di misure di intervento precoce nei confronti dell’ente creditizio in crisi.
La responsabilità della BCE nell’attuazione delle funzioni di sorveglianza delle banche e di adozione di misure è tema complesso che richiede un’attenta analisi delle normative regolatrici e dei compiti dell’ente.
2. Il quadro regolamentare
I riferimenti normativi sono principalmente i regolamenti europei che stabiliscono le funzioni di supervisione demandate alla BCE oltre ai trattati fondativi dell’Unione.
In particolare, il Regolamento (UE) 1024/2013[1] stabilisce il ruolo della BCE quale organismo di sorveglianza diretta sugli enti creditizi significativi dell’Unione.
Se tuttavia le azioni di controllo risultassero errate o connotate da negligenza, a determinate condizioni (come meglio si vedrà) potrebbero sorgere questioni di responsabilità giuridica dell’ente sulla base del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Le ipotesi di responsabilità nel contesto della supervisione bancaria appaiono comunque limitate poiché la BCE gode di ampia autonomia nello svolgimento delle proprie attività: tuttavia, l’ente non sarebbe completamente esente da censure in caso di gravi errori o violazioni sufficientemente manifeste del quadro normativo europeo o di specifiche disposizioni proprie dei singoli Stati Membri UE.
In proposito, nel quadro normativo meritano attenzione l’art. 340 TFUE, il Regolamento 1024/2013 e, a valle, i princìpi generali del diritto europeo.
L’art. 340 TFUE stabilisce le basi per la responsabilità giuridica delle istituzioni europee, inclusa la BCE, disciplinando in particolare la responsabilità di natura extracontrattuale dell’Unione Europea e delle sue istituzioni. Rispetto alla BCE, la norma trova applicazione laddove la responsabilità possa derivare da atti di vigilanza o misure o provvedimenti adottati che siano lesivi di diritti e causativi di danni, sempreché sia soddisfatto il presupposto della violazione sufficientemente manifesta delle normative di volta in volta invocate.
Il Regolamento (UE) 1024/2013 detta il quadro normativo per la vigilanza prudenziale delle istituzioni finanziarie significative nell’area Euro attraverso l’operato del SSM. Nell’assegnare alla BCE compiti di diretta supervisione sulle principali banche europee, il Regolamento non disciplina specifiche ipotesi di responsabilità (aquiliana). Tuttavia, stabilisce le funzioni della BCE in materia di vigilanza bancaria affidandole un ruolo centrale e prevedendo, per quanto qui rileva, all’art. 1 l’obiettivo di vigilanza finalizzata a garantire la stabilità del sistema finanziario nell’area Euro, e all’art. 4 un’elencazione dei poteri della BCE nell’ambito dell’attività di supervisione, tra cui spicca quello dell’adozione di misure per la protezione della stabilità finanziaria, anche sostituendosi agli organismi di vigilanza degli Stati Membri. Come si vedrà, tale norma è di rilevo nella recente giurisprudenza esaminata.
Quanto ai princìpi generali del diritto europeo, se le istituzioni comunitarie, compresa la BCE, devono rispettare i diritti fondamentali e l’ordine giuridico dell’Unione, una violazione manifesta dei princìpi generali che sia lesiva di diritti e causativa di danni potrebbe condurre ad ascrivere profili di responsabilità. Nella pronunzia esaminata sono emerse significative valutazioni in merito all’operato della BCE, con particolare riguardo alla sua discrezionalità, ai princìpi di proporzionalità e di parità di trattamento, ai diritti sottesi e ai fondamenti per far valere pretese risarcitorie.
3. La pronunzia del Tribunale UE
Sulla base di detti riferimenti normativi, recentemente il Tribunale UE si è pronunciato sul tema della responsabilità della BCE nell’ambito dello svolgimento dell’attività di vigilanza sugli istituti di credito europei. Con la sentenza resa dal Tribunale (Decima sezione ampliata) del 5 giugno 2024 nella causa T-134/21 Malacalza Investimenti S.r.l. e Vittorio Malacalza contro BCE, avente ad oggetto pretese risarcitorie di alcuni azionisti della banca Carige che invocavano una responsabilità della BCE nell’esercizio dell’attività di sorveglianza e nell’adozione di misure nei confronti dell’ente creditizio in crisi, il Tribunale si è espresso sulla portata e sui limiti della responsabilità della BCE nel contesto dell’attività di vigilanza bancaria.
Legittimazione della BCE ad adottare misure di intervento precoce – Tra le varie contestazioni mosse dagli azionisti della banca, spicca quella circa l’adozione da parte della BCE di una “misura di intervento precoce” su Carige.[2] Sul punto, il Tribunale ha dato atto che la misura era stata adottata dalla BCE sulla base della semplice constatazione di un rischio di violazione del quadro normativo applicabile, chiarendo che i presupposti per l’adozione di misure di intervento precoce nei confronti delle banche previsti dall’art. 69 octiesdecies del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB, D. Lgs. 385/1993) italiano si applicano alla BCE in forza dell’art. 9 del Regolamento 1024/2013 che prevede l’intervento della BCE in qualità di autorità competente in luogo dell’autorità nazionale quando, come nel caso di specie, gli enti da sorvegliare (nella specie, le banche) rientrano nella sua competenza in forza dell’art. 4 del medesimo Regolamento.
Il Tribunale ha poi osservato che la BCE aveva motivato l’adozione della misura evidenziando il rischio per la banca di non ottemperanza ai requisiti stabiliti dal quadro normativo applicabile. In particolare, alla luce dei criteri dettati dall’art. 69 octiesdecies del TUB, ove si menziona il rapido deterioramento della situazione della banca sottoposta a vigilanza come uno degli indizi di possibili inottemperanze ai requisiti in materia di capitale. Posto che Carige versava da tempo in situazione di crisi, tale rischio era effettivamente concreto nel caso di specie.
Assenza di diritti individuali da tutelare – Degna di menzione tra le statuizioni più significative del Tribunale è quella secondo cui per poter vantare e veder riconosciute le loro pretese risarcitorie, gli azionisti della banca avrebbero dovuto dimostrare una violazione sufficientemente grave di norme finalizzate a conferir loro diritti individuali o comunque riconducibili a singoli individui o imprese.
Tale rilievo è del tutto in linea con quanto affermato dal Tribunale UE in relazione alla crisi dell’ente creditizio spagnolo Banco Popular[3] e dalla Corte di Giustizia Europea in un caso di pretese risarcitorie di natura extracontrattuale contro la BCE ai sensi dell’art. 340 TFUE,[4] ove si è precisato che occorre la dimostrazione di “una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli”.[5]
Nella vicenda qui in esame, il Tribunale ha precisato che laddove la disposizione di cui all’art. 69 octiesdecies del TUB si limiti a conferire all’autorità di vigilanza, al termine della sua valutazione, il potere di adottare una misura di intervento precoce purché ricorrano talune condizioni, detta norma non conferisce diritti agli individui e la misura di intervento precoce è adottata per garantire la realizzazione di obbiettivi di interesse pubblico.
L’attitudine del quadro normativo di riferimento a tutelare interessi pubblici e non individuali è ribadita dal Tribunale in relazione anche ad un’ulteriore censura mossa dai ricorrenti, ove viene enfatizzata una violazione del diritto italiano perché la misura di intervento precoce della BCE avrebbe fissato l’obbligo per la banca di cedere mutui in sofferenza a condizioni poco vantaggiose. Sul punto, con ragionamento analogo a quello svolto per l’art. 69 octiesdecies, il Tribunale ha affermato che si applica alla BCE anche l’art. 69 noviesdecies del TUB[6] che si limita a conferire all’autorità di vigilanza il potere (a determinate condizioni) di chiedere alla banca di predisporre o attuare un piano finalizzato a negoziare una ristrutturazione del debito: pertanto, nemmeno in tale contesto vengono conferiti, di per sé, diritti agli individui.[7]
In sintesi, il Tribunale ha giudicato che l’art. 69 noviesdecies persegue finalità di interesse pubblico senza essere preordinato a conferire diritti ai singoli, nemmeno se essi sono degli azionisti della banca interessata dalla misura. Mentre per poter vantare e veder riconosciute le loro pretese risarcitorie, gli azionisti della banca avrebbero dovuto dimostrare una violazione di norme finalizzate a conferir loro specifici diritti individuali.[8]
Sull’invocata violazione del principio della parità di trattamento[9] – questo sì, di per sé, tale da conferire diritti agli individui[10] – per effetto dell’adozione della misura di intervento precoce, il Tribunale ha rilevato che nell’esercizio della sua funzione prudenziale, la BCE, pari passu con l’ampio potere discrezionale di cui gode nel vigilare sulle banche europee,[11] deve effettuare valutazioni tecniche tenendo conto di un’ampia gamma di variabili, tra cui i livelli di capitale e di liquidità, i modelli aziendali adottati, la corporate governance della banca, i rischi, l’impatto sistemico e gli scenari macroeconomici. Nel caso di Carige, nel compiere tali valutazioni, la BCE ha, sì, constatato la mancata ottemperanza ai requisiti patrimoniali, ma ha anche rilevato diversi elementi che testimoniavano, a suo avviso, la fragilità della banca nel suo complesso: il rischio di credito, le perdite subite negli anni, i modesti redditi di esercizio, l’elevato rapporto costi-ricavi, le incerte misure di risparmio dei costi, la debole liquidità. Il Tribunale ha dunque ritenuto che tra le condizioni della banca e le azioni della BCE non vi fosse una correlazione tale da determinare una vera e propria disparità di trattamento tra le misure adottate nei confronti di Carige e quelle disposte per altre banche in situazioni simili.
Sulla pretesa violazione del principio di proporzionalità[12]– anch’esso idoneo a conferire diritti agli individui[13] – in ragione dell’imposizione alla banca di un termine troppo breve per consentirle di rispettare i requisiti ad essa imposti in materia di capitale, provocando un’immediata svalutazione dei mutui e perdite considerevoli, il Tribunale ha ribadito che la BCE dispone ampia discrezionalità[14] nell’esercizio dei suoi compiti di vigilanza prudenziale.
Inoltre, ha ritenuto che in un’ottica di ottemperanza ai requisiti relativi al capitale previsti dalla normativa comunitaria, la misura imposta dalla BCE risultava proporzionata, tenuto conto della situazione critica complessiva riguardante i mutui in sofferenza della banca e in difetto di elementi offerti dai ricorrenti idonei a fondare la censura di manifesta disproporzionalità della misura adottata. Pertanto, opportunamente la BCE ha ritenuto necessario adottare la misura di intervento precoce in assenza di alternative percorribili per superare le difficoltà in cui la banca versava.
Responsabilità della BCE e condotte censurabili – Nel concludere, il Tribunale ricorda che per accertare una responsabilità di natura aquiliana per l’operato della BCE, come di ogni altro ente comunitario, individui e imprese debbono dimostrare in via cumulativa (i) l’illiceità del comportamento imputabile all’istituzione o ai suoi operatori nell’esercizio delle loro funzioni, (ii) l’effettività del danno e (iii) l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento denunciato e il danno lamentato.[15] Nel caso di specie non è stata ritenuta soddisfatta la prima di tali condizioni, divenendo così superfluo valutare il nesso eziologico tra condotta della BCE e danno asseritamente subìto dai ricorrenti, o l’effettività del danno stesso.[16]
Ad avviso del Tribunale, il requisito dell’illiceità della condotta è soddisfatto quando il comportamento contestato implichi la violazione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti agli individui e alle imprese ricorrenti e quando la violazione contestata all’istituzione europea sia sufficientemente qualificata. Nel caso qui in esame, spettava agli azionisti (1) dimostrare la grave e manifesta violazione da parte della BCE, abusando del suo potere discrezionale, (2) di una norma comunitaria che conferisse loro diritti individuali. Circostanze, queste, non debitamente sostanziate (la prima) o per nulla soddisfatte (la seconda) dai ricorrenti nella fattispecie.
Le conclusioni cui giunge il Tribunale sono del tutto in linea con la citata giurisprudenza comunitaria quanto ai presupposti per il risarcimento di danni di natura extracontrattuale ai sensi dell’art. 340 TFUE, che deve avere alla base la violazione sufficientemente manifesta di norme tese a tutelare diritti degli individui.[17] La pronuncia conferma dunque l’ampia discrezionalità che connota l’operato della BCE nell’adottare misure di intervento precoce nei confronti delle banche europee in crisi, in coerenza con la giurisprudenza comunitaria secondo cui la bilancia pende per il riconoscimento di pretese risarcitorie di natura extracontrattuale soltanto in ipotesi di palese violazione di norme poste a tutela di diritti riconducibili a singoli individui.
[1] Regolamento (UE) 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013 (GU 2013, L287).
[2] Misura consistente nell’aver richiesto alla banca di presentare un piano strategico e un piano operativo per la riduzione delle emissioni di mutui in sofferenza.
[3] Cfr. sentenza del 1° giugno 2022, Eleveté Invest Group, SL contro Commissione europea e Comitato di risoluzione unico (CRU), punto 597.
[4] Cfr. sentenza della Grande Sezione del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a. contro Commissione e BCE, punto 65 ove si citano a supporto le sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil contro Commissione, C-352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42 e del 10 luglio 2014, Nikolaou contro Corte dei Conti, C-220/13 P, EU:C:2014:2057, punto 53
[5] Il criterio decisivo per stabilire se una violazione sia sufficientemente qualificata è la violazione grave e manifesta dei limiti posti al potere discrezionale dell’istituzione (nella specie, la BCE): cfr. la già citata sentenza 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil contro Commissione, C-352/98 P, EU:C:2000:361, punto 43; sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a. contro BCE, T-79/13, EU:T:2015:756, punto 67 e sentenza del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadynomène e Banque d’Escompte contro BCE, T-749/15, EU:T:2017:21, punto 69.
[6] Tale norma disciplina la richiesta alla banca di attuazione di un piano di risanamento. Ancora una volta, essa si applica alla BCE in forza dell’art. 9 del Reg. 1024/2013 che prevede l’intervento della BCE quale autorità competente in luogo dell’autorità nazionale quando le banche da sorvegliare rientrano nella sua competenza in forza dell’art. 4 del medesimo Regolamento.
[7] Nello specifico caso della richiesta formulata dalla BCE a Carige, la misura di intervento precoce avente ad oggetto la presentazione di un piano strategico e un piano operativo, non era accompagnata dall’esigenza che la banca cedesse mutui in sofferenza, e ancor meno a prezzi definiti in un determinato periodo. Soprattutto, tale richiesta era sottesa al conseguimento di finalità di interesse pubblico, ossia garantire il buon funzionamento e la stabilità dei mercati. Tuttavia, tali piani dovevano essere predisposti e approvati dalla banca, alla quale spettava in particolare di individuare e attuare le misure adeguate indicando, ad esempio, i mutui in sofferenza che potevano essere ceduti e le modalità di cessione.
Inoltre, l’art. 69 noviesdecies del TUB non osta a che la misura di intervento precoce indichi obiettivi minimi e fissi termini per la riduzione dei prestiti in sofferenza.
[8] L’accento è posto sul fatto che la tutela offerta dalla norma invocata sia effettiva nei confronti del soggetto che la invoca, talché una norma non rileva se non conferisce diritti allo specifico individuo che la pone a fondamento della pretesa, neppure se essa conferisce diritti ad altre persone fisiche o giuridiche (cfr. sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a. contro BCE, T-107/17, EU:C:2000:361). Tale posizione è ribadita anche nell’affrontare il tema del rispetto, in un determinato periodo, dei requisiti imposti in materia di capitale: sul punto il Tribunale ricorda che anche l’art. 16 del Regolamento 1024/2013 attribuisce poteri alla BCE in materia di vigilanza prudenziale perseguendo finalità di interesse pubblico senza conferire diritti agli individui.
[9] Il principio di parità di trattamento è sancito dagli artt. 20 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ed esige che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa o che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale (cfr. sentenza del 7 marzo 2017, RPO, C‑390/15, EU:C:2017:174, punto 41).
[10] Cfr. le già citate sentenze del 7 ottobre 2015, Accorinti e a. contro BCE, punto 87, e del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadynomène e Banque d’Escompte contro BCE, punto 110.
[11] La giurisprudenza europea si è pronunciata a chiare lettere sull’ampio potere discrezionale riconosciuto alla BCE nel valutare i profili di rischi delle banche e determinare gli eventi che possono influenzare tali rischi tenendo conto delle peculiarità, dimensioni e modello aziendale di ciascun ente creditizio (sentenza dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg contro BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 86; sentenza del 4 maggio 2023, BCE contro Crédit Lyonnais, C‑389/21 P, EU:C:2023:368, punto 55; sentenza del 13 dicembre 2017, Crédit Mutuel Arkéa contro BCE, T‑712/15, EU:T:2017:900, punto 181).
[12] Il principio di proporzionalità è sancito dall’art. 5.4 del TUE ed esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano tali da consentire che siano raggiunti i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa, senza che siano violati i limiti di quanto è necessario per il conseguimento di tali obiettivi.
[13] Cfr. sentenza del 6 dicembre 2001, Emesa Sugar contro Consiglio, T‑43/98, EU:T:2001:279, punto 64, e sentenza del 29 novembre 2016, T & L Sugars e Sidul Açúcares contro Commissione, T‑279/11, EU:T:2016:683, punto 58.
[14] In relazione al potere discrezionale della BCE, è stata respinta dal Tribunale la censurata nomina, per l’amministrazione straordinaria di Carige, dell’ex presidente del CDA e dell’ex AD di Carige, ritenuti dai ricorrenti in conflitto d’interessi (con pretesa violazione dell’art. 71 co. 6 del TUB) per la loro impossibilità di esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e controllo nel frattempo sciolti.
Il Tribunale rilevava che l’amministrazione straordinaria era stata disposta non per irregolarità dei precedenti organi amministrativi bensì per il significativo deterioramento delle condizioni della banca. Ciò premesso, il Tribunale ha qualificato il perimetro di discrezionalità che connota l’operato della BCE, ritenendo che detta discrezionalità sia stata esercitata con ragionevolezza designando soggetti sufficientemente introdotti nelle vicende di Carige, come tali in grado di agire rapidamente di fronte alla situazione di crisi in cui la banca versava.
[15] In linea con la migliore giurisprudenza del Tribunale europeo, secondo cui “il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato” (v. sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a. contro Commissione e BCE, da C-8/15 P a C-10/15 P, EU:C:2016:701, punto 64 e giurisprudenza ivi citata; del 16 dicembre 2020, Consiglio e a. contro K. Chrysostomides & Co. e a., C-597/18 P, C-598/18 P, C-603/18 P e C-604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 79 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 febbraio 2021, Dalli contro Commissione, C-615/19 P, EU:C:2021:133, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
[16] Secondo giurisprudenza costante del Tribunale UE, “quando uno dei tre presupposti non è soddisfatto, il ricorso deve essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione” (cfr. Sentenza del 1° giugno 2022, Eleveté Invest Group, SL contro Commissione europea e Comitato di risoluzione unico (CRU), punto 596). Inoltre, il giudice dell’Unione non è obbligato a esaminare tali presupposti in un determinato ordine (v. sentenze del 5 settembre 2019, Unione europea contro Guardian Europe e Guardian Europe contro Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 marzo 2021, AM contro BEI, T‑134/19, EU:T:2021:119, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).
[17] Occorre che sia dimostrata una “violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli” (v. sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a. contro Commissione e BCE, da C-8/15 P a C-10/15 P, EU:C:2016:701, punto 65 e giurisprudenza ivi citata; del 25 febbraio 2021, Dalli contro Commissione, C-615/19 P, EU:C:2021:133, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 24 ottobre 2019, Liaño Reig contro CRU, T-557/17, non pubblicata, EU:T:2019:771, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).