Con ordinanza pubblicata il 28 ottobre 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate contro il decreto di rigetto del reclamo proposto avverso il decreto di omologa del concordato preventivo, che non aveva considerato il voto negativo dell’Agenzia stessa.
Secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe errato: (i) ad omologare il concordato malgrado il voto negativo espresso dall’Amministrazione Finanziaria, tenuto conto che l’art.180 l.fall. nella versione applicabile ratione temporis (ossia nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art.3, comma 1bis, D.L. n. 125/2020) rende possibile l’omologa solo nell’ipotesi di astensione dal voto dell’amministrazione, (ii) a non effettuare, a fronte dell’opposizione proposta, una valutazione anche della fattibilità economica del piano.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo preferibile un’interpretazione estensiva della norma citata e affermando il seguente principio di diritto “l’art. 180, comma 4, l.fall., anche nel testo introdotto dal D.L. n. 125/2020, convertito dalla l. n. 159/2020 ma non ancora modificato dal D.L. n. 118/2021, convertito con l. n. 147/2021, trova applicazione sia nel caso in cui l’amministrazione finanziaria non abbia espresso alcuna voto sulla proposta concordataria sia nel caso in cui abbia manifestato voto contrario all’approvazione della stessa; l’adesione coattiva può (anzi deve) essere, di conseguenza pronunciata dal giudice, in presenza delle residue condizioni, tutte le volte in cui, tanto nel concordato preventivo, quanto negli accordi di ristrutturazione, l’amministrazione, rimanendo inerte o votando contro, non abbia prestato adesione alla soddisfazione ivi prospettata”.
D’altro canto, tale interpretazione si impone anche alla luce di una lettura sistematica delle norme del Codice della Crisi, che consentono l’omologazione forzosa del concordato preventivo (e dell’accordo di ristrutturazione) anche laddove manchi l’adesione dell’Agenzia delle Entrate.
È stato altresì rigettato il secondo motivo, avendo la Corte ribadito l’impossibilità di estendere il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla convenienza della proposta concordataria alla sua fattibilità economica.