Il presente contributo fornisce un primo commento alle novità che, a partire dal 1 gennaio 2025, interesseranno il trattamento IVA dei prestiti e distacchi di personale.
Con l’art. 16-ter del D.L 131/2024, è stata disposta l’abrogazione del comma 35 dell’art. 8 della Legge 67/88 con cui si prevede(va) l’irrilevanza ai fini IVA di prestiti e distacchi purché venisse rimborsato il puro costo del personale al distaccante. L’intervento si è reso necessario in recepimento della sentenza della Corte UE, Causa C-94/19, pubblicata nel marzo 2020 ove è stata sancita l’incompatibilità delle disposizioni nazionali con la Direttiva n. 112/2006/CE, con l’effetto di dover ricondurre anche tali transazioni alle ordinarie regole di tassazione IVA.
Il trattamento IVA del distacco del personale è stato oggetto di numerose pronunce ministeriali e della giurisprudenza già a partire dagli anni Settanta. Le ragioni del dibattito vertevano prevalentemente circa la corretta qualificazione dell’operazione nell’ambito del sistema IVA, tenuto conto dell’ambiguità derivante dalla matrice giuslavoristica del distacco del personale e della conseguente incertezza circa la corretta natura da attribuire alle somme versate a fronte dell’utilizzo del personale: in particolare, se le stesse fossero da considerare quale “mero rimborso” della retribuzione pagata dal datore di lavoro e, quindi, escluse da IVA, ovvero somme corrispettive per prestazioni di servizi rese dalla società distaccante e, pertanto, rilevanti ai fini dell’imposta. In ragione di ciò è intervenuto il legislatore con l’introduzione dell’art. 8, comma 35, della Legge n. 67/1988, definendo a livello normativo un criterio interpretativo che si era nel frattempo consolidato a livello di prassi e giurisprudenza, in base al quale sono irrilevanti ai fini IVA i prestiti o distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo.
Sullo specifico tema, infatti la posizione del Ministero delle Finanze italiano è risultata sostanzialmente costante nel tempo: tali operazioni “non realizzano i presupposti per l’applicazione dell’IVA, sempreché, naturalmente, le somme pagate dalla Società utilizzatrice in dipendenza del “prestito”, siano esattamente commisurate alla retribuzione spettante al dipendente “prestato” ed ai relativi oneri previdenziali ed assistenziali; in tale ipotesi, infatti, le somme in questione sono da ritenere pagate non già a titolo di corrispettivo ma di semplice rimborso di spese di lavoro subordinato, come tali, non soggette al tributo.” (cfr. R.M. 5.7.73 n. 502712, R.M. 6.2.74 n. 505366, R.M. 19.1.76 n. 500013, R.M. 5.10.79 n. 410670, R.M. 20.3.81 n. 411847). Da ciò, dunque, ne deriva che il mero rimborso del costo del personale sostenuto dell’impresa distaccante non avrebbe potuto configurare una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 del testo IVA (D.P.R. 633/72), non rappresentando un corrispettivo per il servizio ricevuto.
Questa impostazione, rivolta ad assoggettare ad imposta il distacco solo laddove non sia rimborsato il relativo costo, risulta estranea ai principi impositivi della Direttiva IVA che invece attraggono a imposizione tutte le operazioni effettuate a titolo oneroso a prescindere dall’importo pattuito. La questione è stata in epoca recente sollevata dalla Cassazione che, con l’ordinanza n. 2385 del 29 gennaio 2019, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea il giudizio di conformità della normativa nazionale con la disciplina IVA comunitaria chiedendo, in particolare, se l’esclusione da IVA dei riaddebiti del puro costo del personale distaccato di cui all’art. 8, comma 35, Legge 67/88, sia confliggente con la natura di prestazione di servizio della messa a disposizione del personale a favore della società distaccataria.
Con la sentenza dell’11 marzo 2020, causa C-94/19, la Corte UE ha definitivamente messo la parola fine sul quid disputandum. Infatti, dopo aver compiuto un’attenta disamina dei principi della Direttiva IVA in ordine ai requisiti rilevanti per la qualificazione delle operazioni quali prestazioni di servizi rilevanti ai fini Iva, giunge alla conclusione che la fattispecie in oggetto è da ricondurre nell’alveo delle prestazioni di servizi “a titolo oneroso”, qualora sia dimostrata – circostanza rimessa alla decisione del giudice nazionale – l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le parti a nulla rilevando l’importo del corrispettivo pattuito (che può essere pari, superiore od inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione). In conclusione secondo la Corte UE la Direttiva IVA “(…) osta a una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’IVA i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente (…)”.
In recepimento dei principi comunitari sopra esposti, dunque, l’art. 16-ter del D.L 131/2024 ha disposto l’abrogazione del comma 35 dell’art. 8 della citata Legge 67/88 con la conseguenza che il distacco di personale deve ritenersi assoggettato all’IVA sulla base dei principi generali armonizzati che prevedono l’applicazione dell’imposta in presenza di una prestazione di servizi a titolo oneroso caratterizzata da un nesso di corrispettività tra il distacco di personale, da un lato, e il pagamento da parte del distaccatario di somme a titolo di corrispettivo per il distacco, dall’altro.
Per espressa previsione normativa, le nuove disposizioni (i.e. l’abrogazione del comma 35 dell’art. 8 della citata Legge 67/88) si applicano ai prestiti e ai distacchi di personale stipulati o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2025 facendo inoltre salvi, in ossequio al principio del legittimo affidamento, tutti i comportamenti tenuti dai contribuenti sino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Ciò vale sia nel caso alla prestazione di distacco sia stata applicata l’IVA in conformità all’orientamento comunitario espresso con la citata sentenza della Corte di giustizia UE, sia nel caso in cui sia stato applicato il regime “interno” di esclusione dall’imposta. Restano, in ogni caso impregiudicati gli accertamenti divenuti definitivi.
Considerato che la decorrenza delle nuove disposizioni impatta solo sui contratti che si perfezionano o rinnovano a decorrere dal 1° gennaio 2025, per i rapporti in itinere a tale data le imprese sono tenute a confermare il regime di esclusione adottato in conformità alla previgente normativa. Ciò, da un punto di vista operativo, potrebbe comportare la gestione di un “doppio regime IVA” laddove coesistano contratti in essere (ancora da rinnovare) e nuovi contratti, posto che stando alla formulazione della disposizione, non sembrerebbe consentita l’applicazione del regime IVA ordinario a qualsiasi rapporto di distacco esistente, prescindendo dalla data di stipula o rinnovo ante o post 1 gennaio 2025; d’altra parte, una tale soluzione comporterebbe un aggravio economico in quei contratti già stipulati con controparti che hanno regimi di detrazione limitata (es. soggetti c.d. pro-ratisti) dovendo sopportare, in tutto in parte, anche il relativo costo dell’imposta indetraibile.
Peraltro, oltre agli effetti derivanti dall’indetraibilità – che per quanto detto potranno verificarsi solo in relazione ai nuovi contratti – si dovrà tener conto altresì dell’obbligo di determinare il valore normale della prestazione in ossequio a quanto previsto dall’art. 13, c. 3, del DPR n. 633/72 nei distacchi tra società appartenenti ad un gruppo di imprese.
Da ultimo, si osserva che l’interpretazione della Corte UE, volta a sancire l’irrilevanza del criterio “quantitativo” ai fini della attrazione in campo IVA del distacco non sembra “interferire” con la similare disposizione prevista in materia di somministrazione di lavoro, in relazione alla quale trova ancora applicazione il vigente art 26 bis- del D.L 196/1997 che prevede l’irrilevanza ai fini IVA del rimborso degli oneri retributivi e previdenziali e l’assoggettamento ad imposta del solo markup. L’assenza di una formale abrogazione di detta norma, potrebbe indurre a ritenere che, al pari di quanto previsto per le somministrazioni di lavoro, anche nel caso di distacco di personale il corrispettivo a cui applicare l’IVA possa essere il solo margine realizzato dall’impresa distaccante. Tuttavia, a parere di chi scrive, una tale lettura della norma rischierebbe di contrastare con gli stessi chiarimenti forniti dalla Corte UE nel punto in cui è stato precisato che, in presenza di una prestazione di servizi “a titolo oneroso”, a nulla rileva l’importo del corrispettivo pattuito tra le parti che può essere pari, superiore od inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione. D’altra parte, alla luce della sentenza qui in commento, pare lecito chiedersi se anche il citato art. 26 bis in materia di somministrazione di lavoro presenti le medesime “incompatibilità” con le norme UE.